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Tutte le fake news di Marattin sullo spread

di Thomas Fazi

Benvenuti alla quinta puntata della nostra rubrica "Le fake news economiche di Luigi Marattin", quest'oggi dedicata allo spread. Questa puntata sarà più breve del solito perché buona parte delle questioni sono già state affrontate nelle puntate precedenti.

Nella sua ultima "video lezione di economia", Marattin spiega che l'aumento del cosiddetto spread - cioè la riduzione del valore, e il contestuale aumento del rendimento, dei titoli di Stato scambiati sul mercato secondario - rappresenta un problema per i conti pubblici perché lo Stato, sui nuovi titoli emessi sul mercato primario, sarà costretto ad offrire un tasso interesse uguale o superiore al rendimento che hanno i titoli già emessi sul mercato secondario, «perché altrimenti nessuno li comprerebbe».

L'assunto di fondo è che sono i mercati a fissare il tasso di interesse - come è giusto che sia, nella visione di Marattin - e che gli Stati non hanno altra scelta che quella di adeguarsi. Peccato che Marattin si dimentichi di menzionare due punti. Primo, che tra gli "operatori" che influenzano la domanda e l'offerta - e dunque il valore - dei titoli di Stato sul mercato secondario, il più potente di tutti, in quanto dispone di cartucce infinite, è proprio la banca centrale, che solitamente interviene attraverso le cosiddette operazioni di mercato aperto (o operazioni di quantitative easing), come stanno facendo le banche centrali di tutto il mondo da almeno un decennio a questa parte, che tra le altre cose hanno l'effetto di aumentare la domanda (e dunque il valore) dei titoli, riducendone contestualmente il rendimento.

Così facendo le banche centrali possono tranquillamente "fissare" il tasso di interesse al valore che desiderano. Questo vale, ovviamente, solo per questi paesi che emettono debito nella propria valuta; non vale, dunque, per i paesi dell'eurozona, i quali sono effettivamente sottoposti alla "disciplina di mercato" descritta - anzi, auspicata - da Marattin, date le limitazioni statutarie a cui è sottoposta la BCE nell'intervenire sui mercati dei titoli sovrani. Ciò detto, è ovvio che da un punto di vista meramente tecnico, la BCE potrebbe tranquillamente portare lo spread dell'Italia - o di qualunque altro paese - a zero se lo volesse; se non lo fa - e realisticamente non potrà mai farlo - è per motivi meramente politici.

Lo strumento a disposizione ci sarebbe già: il cosiddetto scudo anti-spread della BCE introdotto nel 2012 (e finora mai attivato), noto come programma Outright Monetary Transactions (OMT), che prevede l’acquisto illimitato di titoli di Stato sul mercato secondario a favore di paesi sotto attacco speculativo o comunque a rischio di instabilità. Peccato che questo comporterebbe per il paese beneficiario, come ha ricordato il vicepresidente della BCE Vítor Constâncio, un pesante programma di aggiustamento dei conti pubblici. Non è un caso che nessun paese ne abbia fatto richiesta finora. Questo per tutti quelli che «la BCE adesso è una banca centrale normale perché garantisce i debiti pubblici della zona euro». Normale, normalissima.

Secondo, se anche la banca centrale si rifiutasse di intervenire sul mercato secondario, da un punto di vista tecnico potrebbe tranquillamente intervenire sul mercato primario per comprare i titoli al tasso di interesse fissato dal Tesoro, come spiegato nelle prime due puntate (qui e qui).

Insomma, siamo sempre di fronte al solito tentativo da parte di Marattin di presentare come "naturale" qualcosa che di naturale non ha assolutamente nulla. D'altronde, lo scopo dei liberisti, dall'inizio dei tempi, è sempre stato questo.

Qui trovate le ultime due puntate: https://www.facebook.com/thomasfazi/posts/2360551354037989 e https://www.facebook.com/thomasfazi/posts/2367464006680057).

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