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coniarerivolta

Altro che abolizione della Fornero: il Governo che verrà è già all’attacco delle pensioni

di coniarerivolta

melonipensioniIl Governo Meloni non ha ancora preso forma, ma il contenuto reazionario della sua agenda è stato, sin dai primi giorni della campagna elettorale, orgogliosamente sbandierato ai quattro venti. In piena continuità con i precedenti governi, il programma della prima ministra in pectore si sviluppa sugli assi tradizionali delle politiche degli ultimi trent’anni: austerità di bilancio, attacco alla forza contrattuale dei lavoratori e allo Stato sociale (pensioni, istruzione, sanità, trasporti pubblici, etc.), riduzione delle tasse per i ricchi.

Più nel concreto, i partiti che si accingono a comporre la compagine di governo hanno agitato in campagna elettorale alcuni temi chiave esemplificativi della volontà di incarnare la variante “destra” di un programma neoliberista pienamente condiviso da tutto l’arco parlamentare: flat tax, eliminazione del Reddito di cittadinanza, esacerbazione del conflitto tra lavoratori autoctoni e stranieri. Nessun accenno, in questo coacervo di misure e spinte reazionarie, a qualsivoglia tematica sociale. Anzi, anche qui in perfetta continuità con la diffusa retorica padronale, le destre in ogni loro forma si sono più volte scagliate contro il Reddito di cittadinanza, reo – a loro avviso – di ridurre il numero di lavoratori (leggasi: schiavi) utili agli interessi delle imprese. Vi è, a dire il vero, un’altra apparente eccezione: l’annunciato intervento sulle pensioni per contrastare ancora una volta gli effetti più brutali della Legge Fornero che dal 2023, scadute le varie tamponature di quota 100 e 102, tornerebbe pienamente in funzione.

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lafionda

Il mito dell’insostenibilità della spesa pensionistica

di Thomas Fazi

pensioniTra i tanti miti che continuano ad essere propagandati sul funzionamento dell’economia, uno dei più perniciosi riguarda senz’altro la spesa pensionistica e la sua presunta insostenibilità, uno dei mantra della politica italiana da almeno vent’anni. L’idea di fondo è che il “normale” nonché effettivo funzionamento dei sistemi pensionistici, e nella fattispecie di quello italiano, consista nel prelevare una certa percentuale dalla busta paga del lavoratore che poi viene “accantonata” in una sorta di “cassetta” previdenziale a cui lo Stato attingerà una volta che il lavoratore è andato in pensione per finanziare la pensione dello stesso.

A qualcuno che basi la sua concezione dell’economia sulla “saggezza convenzionale” – dunque alla maggior parte dei cittadini, ahinoi –, tale sistema potrebbe parere avere una sua logica. Peccato che questa rappresentazione del funzionamento del nostro sistema pensionistico non solo non abbia alcun senso, ma non corrisponda neanche alla realtà. Non ha senso perché gli Stati, a differenza di noi comuni mortali, non “risparmiano” oggi per aumentare la propria capacità di spesa un domani. La stessa idea che un surplus del bilancio pubblico rappresenti un risparmio nell’accezione tradizionale del termine, cioè una somma che viene “messa da parte” per poter essere spesa un domani, è errata: esso certifica semplicemente che in un dato periodo le entrate dello Stato sono superiori alle uscite, ma quei soldi non vengono accantonati, vengono effettivamente distrutti, tramite una semplice operazione contabile (giacché non paghiamo le tasse con i contanti ma per mezzo di trasferimenti bancari). Da ciò si evince come l’idea che lo Stato “metta da parte” i nostri contributi oggi per poi restituirceli un domani non abbia alcun senso.

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cumpanis

Debito pubblico: un mistero che si può illuminare

di Alessandro Volponi

In questo magistrale “viaggio” Volponi ci conduce lungo vie non praticate né pensate ma che portano, attraverso una macroeconomia alla Kalecki, a ben altre modalità, che non siano quelle liberiste, di sostenere lo Stato, il welfare e il lavoro

voponi foto debito pubblicoNell’epoca dell’imperialismo l’attività finanziaria (dello Stato) non viene contenuta nei limiti del pareggio del bilancio. Di conseguenza le entrate del Tesoro, ottenute mediante l’accensione dei debiti, costituiscono una condizione permanente dell’attività finanziaria. I limiti del debito pubblico, i suoi effetti... devono essere analizzati con una visione economica generale che tenga conto della moderna funzione del debito pubblico nell’economia nazionale”. (A. Pesenti, Scienza delle finanze e diritto finanziario,1972 p. 412).

“Noi deploriamo la lotta di classe, ma dobbiamo riconoscere che nel nostro paese l’hanno iniziata le classi dirigenti, applicando un sistema tributario profondamente ingiusto”. (G. Giolitti, Discorsi extraparlamentari, p. 237).

Così come esiste una spesa “buona” e una spesa “cattiva” esiste altresì un debito buono e un debito cattivo. La qualità della spesa non è determinata dalla sua classificazione come rozzamente sovente si fa, per cui spesa corrente e spesa per investimenti sarebbero, rispettivamente, sinonimi di spreco e di oculata gestione. Si può dare eccellente spesa corrente (ad es. medicina preventiva) e pessimo investimento (praticamente quasi tutte le grandi opere degli ultimi decenni). È chiaro però che ad un investimento in infrastrutture corrisponde un patrimonio tangibile mentre alla buona spesa corrente corrisponde un patrimonio immateriale composto da salute, istruzione, sicurezza etc.

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kriticaeconomica

Il debito italiano è sostenibile? Facciamo un po’ di chiarezza

di Serena Ionta

savings 2789112 1280 11. Introduzione

La crisi sanitaria innescata dal coronavirus è divenuta velocemente una crisi economica, facendo sì che molti Stati avessero la necessità di erogare ingenti risorse per finanziare la spesa pubblica e indirizzare la liquidità necessaria al sistema sanitario e agli operatori economici colpiti.

Come già evidenziato in un articolo precedente, la spesa pubblica può essere finanziata in due modi:

(1) Imposte, tendendo quindi verso un pareggio di bilancio.

(2) Deficit, finanziato da un aumento di debito pubblico o della base monetaria, operazione quest’ultima che rappresenterebbe la cosiddetta monetizzazione.

In questa sede ci si concentrerà principalmente sulla sostenibilità del debito pubblico italiano, attraverso un’analisi basata sui dati sino ad oggi disponibili. L’intento finale è quello di demistificare alcuni luoghi comuni poco fondati.

 

2. La situazione italiana pre-crisi

Nel caso in cui perdurino deficit non finanziati da moneta appositamente emessa è molto probabile che si presenti nel tempo un’accumulazione di debito: questo è quanto avvenuto in Italia e in altri paesi europei.

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sbilanciamoci

Ci vuole più Stato (sociale)

di Roberto Artoni

Per uscire dalla crisi avremo bisogno di un rafforzamento dello Stato sociale: ripristino della funzionalità del sistema previdenziale, allargamento dell’intervento nella sfera sanitaria e nell’area assistenziale, oltre a una maggiore equità, dovranno essere gli elementi chiave per una ripresa dopo la pandemia

78283253 welfare state rubber stampNella pubblicistica, non solo accademica, un tema ricorrente riguarda natura e ruolo dello stato sociale, cui si attribuiscono, o attribuivano, molte responsabilità per i problemi che affliggono le economie dei paesi avanzati, salvo poi ricredersi e chiederne il potenziamento nei momenti di crisi sociale.

Per chiarire i termini del problema, in queste note toccherò alcuni punti essenziali: articolazione dello stato sociale fra componenti private e pubbliche, dimensioni dello stato sociale in Europa, problemi specifici dell’Italia e quadro di politica economica necessario per un buon funzionamento del sistema di welfare.

 

Le funzioni e l’articolazione dello stato sociale

Tutte le società e tutte le epoche hanno affrontato i problemi connessi alle aree di intervento dello stato sociale (vecchiaia, invalidità, povertà e disoccupazione). Caratteristica dell’evoluzione degli ultimi 150 anni è stata l’istituzionalizzazione di queste funzioni, nel senso che un’estesa responsabilità pubblica è emersa per effetto dell’industrializzazione e del superamento della famiglia patriarcale, oltre che per il ridimensionamento del ruolo delle istituzioni ecclesiastiche. Nel secondo dopoguerra ha assunto rilievo il concetto di diritto di cittadinanza, realizzabile solo con una partecipazione consapevole di tutti i cittadini alla vita collettiva e certamente incompatibile con una situazione personale di deprivazione.

L’assunzione di una responsabilità collettiva ha tuttavia posto il problema dell’assetto più appropriato, dovendosi scegliere fra sistemi pubblici (in cui la responsività collettiva copre sia il momento del finanziamento dei servizi, sia quello dell’erogazione) o privati (anche se gli assetti privati richiedono comunque un concorso pubblico sotto forma di regolazione e di agevolazioni fiscali).

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economiaepolitica

Finanziamento delle politiche e scenari del debito dopo il covid-19

di Riccardo Realfonzo

debito pubblico 2020La strada maestra per finanziare le politiche contro la crisi indotta dal coronavirus consiste nel finanziamento da parte delle banche centrali[1]. La monetizzazione dei nuovi deficit statali, infatti, permette di disporre della leva finanziaria per attivare le risorse necessarie a costo zero e senza appesantire il debito pubblico dei Paesi. Questa è la principale soluzione praticata nel mondo per fronteggiare l’emergenza, dagli USA alla Cina, dalla Gran Bretagna al Giappone. L’eurozona dovrebbe seguire il medesimo percorso, prevedendo un piano europeo anti-virus e politiche fiscali concertate tra gli Stati, adeguatamente finanziate dalla BCE[2]. Ciò potrebbe avvenire con varie modalità tecniche e soluzioni legali, anche mediante l’acquisto di titoli di debito comune (eurobond o recovery bond) da parte della BCE. D’altronde, in una fase recessiva come quella che si prospetta, non possono nemmeno essere paventati rischi inflazionistici. Una alternativa al finanziamento della BCE, ma si tratta di un second best, potrebbe essere l’emissione dei titoli di debito comune verso il mercato[3]. Questa seconda possibilità non è certo a costo zero, ma comunque permetterebbe di non contabilizzare una crescita del debito pubblico dei singoli Paesi. Al contrario, il ricorso al Fondo Salva-Stati (MES), non solo è a titolo oneroso ma soprattutto determina l’erogazione di crediti che vengono contabilizzati nel debito pubblico dei Paesi che li ricevono.

La discussione in Europa è ancora aperta sulla possibilità che vengano adottati strumenti di finanziamento comuni, che non determinino crescita del debito.

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coniarerivolta

Come l’austerità ha distrutto la sanità

di coniarerivolta

virus7820Nel pieno dell’esplosione dell’epidemia legata al Coronavirus, tutti sembrano concordare sull’esistenza di un serio pericolo di insufficienza di strutture e macchinari, quali respiratori e posti letto in terapia intensiva, che prima o poi metterà gli operatori del sistema sanitario nella posizione di dover scegliere a chi somministrare i trattamenti o meno, innalzando in questo modo la mortalità della malattia per ragioni che nulla avrebbero a che vedere con l’aggressività specifica del Covid-19. È datata 14 marzo la dichiarazione dell’assessore al welfare della Lombardia, Giulio Gallera, su un numero ormai limitatissimo di posti di terapia intensiva nella regione, del tutto insufficienti a fronte dei nuovi malati registrati ogni giorno.

A tal riguardo si sta accendendo una polemica politica sui motivi di tale incapacità del sistema ospedaliero di assorbire il numero crescente di pazienti gravi. Su una cosa sembrano essere tutti d’accordo: il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è evidentemente inadeguato per affrontare questa situazione. Tuttavia, due posizioni distinte emergono dal dibattito circa tale inadeguatezza.

Da più parti si è sottolineato che la causa principale di tali difficoltà siano i tagli alla sanità pubblica effettuati nel corso degli ultimi anni. Sul fronte opposto, invece, le cause sarebbero da ricercare nella cattiva gestione dei finanziamenti pubblici (la cui erogazione sarebbe addirittura cresciuta negli ultimi anni), attribuibile all’inadeguatezza dei dirigenti del settore sanitario e al malaffare. Proviamo a districarci in questo dibattito.

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coniarerivolta

L’amaro ricatto delle pensioni: flessibilità in cambio di tagli

di coniarerivolta

stangata2Il 27 gennaio si è tenuto un incontro istituzionale tra sindacati, governo e INPS, primo di una serie di appuntamenti – già calendarizzati a febbraio e marzo – finalizzati ad elaborare una nuova riforma delle pensioni. Ad oggi, al netto di casi particolari come “Opzione donna”, le pensioni di inabilità e la residuale pensione di anzianità (riservata a coloro che, al 31 dicembre 2011, potevano far valere determinati requisiti anagrafici e contributivi), sono previste tre modalità di pensionamento per la maggior parte dei lavoratori dipendenti: quota 100, la pensione di vecchiaia e la cosiddetta pensione anticipata.

♦ Con ‘Quota 100′, in via sperimentale fino alla fine del 2021, è possibile accedere al pensionamento con almeno 62 anni di età e 38 di contributi.

♦ Quanto alla pensione di vecchiaia, è necessario distinguere tra chi aveva già anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 e chi ha iniziato a versare i contributi dopo tale data. Quanto ai primi, essi possono accedere alla pensione di vecchiaia se hanno almeno 67 anni di età (da adeguare agli incrementi della speranza di vita) e 20 di contributi. Quanto ai secondi, essi, oltre ai requisiti che abbiamo appena elencato, devono aver maturato un montante contributivo tale da far sì che l’importo della prima rata di pensione sia non inferiore a circa 687 euro (pari all’assegno sociale moltiplicato per 1,5). Infine, sempre per quel che riguarda i lavoratori dipendenti che hanno iniziato a versare a decorrere dal 1° gennaio 1996, è possibile andare in pensione con 70 anni di età e con almeno 5 anni di contribuzione effettiva (al netto, cioè, dei contributi figurativi, quelli non derivanti da attività lavorativa).

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coniarerivolta

Previdenza complementare e pensioni da fame

Guardare il dito e ignorare la luna

di coniarerivolta

maialinoSiamo nel bel mezzo di un rinnovato dibattito sulle pensioni. Complice l’imminente fine della “sperimentazione” di quota 100 (che, ricordiamo, era prevista per il triennio 2019-2021) e del manifestarsi del cosiddetto “scalone”, si torna a parlare di come riformare il sistema pensionistico. Nelle settimane scorse, sulle pagine de “Il Foglio” si è sviluppato un dibattito circa la previdenza complementare. La discussione trae origine da due recenti proposte: da un lato, quella avanzata dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, di istituire un fondo pensione complementare gestito dall’Inps, volontario e a capitalizzazione; dall’altro, quella rilanciata da Massimo Mucchetti, giornalista ed ex senatore del PD, di istituire un fondo pensione complementare pubblico, sempre a contribuzione volontaria e gestito dall’Inps, ma a ripartizione.

Come si vedrà, nessuna di queste proposte è rivoluzionaria. I problemi del sistema pensionistico italiano, che difficilmente possono essere risolti con forme di previdenza complementare, sono ben più profondi e ben diversi da quelli normalmente indicati dai “tecnici”, che suggeriscono riforme sempre più draconiane. Senza politiche finalizzate alla piena occupazione e ad un aumento significativo dei salari sul mercato del lavoro, il problema del nostro sistema pensionistico è destinato ad acuirsi di fronte al progressivo invecchiamento demografico. Il dibattito menzionato, tuttavia, è interessante perché ci permette di evidenziare gli interessi che si muovono intorno alla ghiotta torta del risparmio dei lavoratori. Ma andiamo, come al solito, con ordine.

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jacobin

Sanità, la privatizzazione strisciante

di Carmine Tomeo

Far decadere le strutture pubbliche è un modo per lasciare alle spietate logiche del mercato il diritto alla salute. E non è detto che la riforma del ticket proposta dal governo rappresenti un'inversione di tendenza

WELFARE Jacobin Italia 990x361L’uomo più ricco del mondo, Jeff Bezos, ha deciso di tagliare l’assicurazione sanitaria a 1900 dipendenti di una controllata da Amazon, la Whole Foods. Quei lavoratori dovranno rinunciare alle cure in caso di necessità in un paese, come gli Stati uniti, dove anche una semplice visita medica può costare diverse centinaia di dollari. Pensate un po’ lo stato d’animo di quelle persone, alle quali viene imposta una pesantissima limitazione al diritto alla salute da parte di una società che fa capo ad un uomo che in un’ora (in un’ora!) guadagna grosso modo l’equivalente di due mesi di salario di tutti quei dipendenti messi insieme. Farebbe rabbia già questo dato da solo.

Intanto, già da quasi un anno Amazon, insieme a Berkshire Hathaway di Warren Buffet e alla banca d’affari JP Morgan, è protagonista di un’operazione per entrare nel business delle coperture sanitarie e proporsi come concorrente nel mercato della salute Usa. Considerate che da soli i tre colossi del business contano più di un milione di dipendenti. Una platea già enorme a cui proporre prestazioni e servizi sanitari. Un’operazione che nasce – dicono – dall’apprensione per i costi della sanità statunitense.

Considerazione che suona immediatamente ipocrita, anche se ammantata di una veste di utilità sociale, come se i colossi americani, con una mano sul cuore (sic!), avessero deciso di dare il loro contributo al benessere dei cittadini, dando vita a una società indipendente che avrà la missione dichiarata di ridurre gli oneri assistenziali a carico dei dipendenti e migliorare i servizi. Ovviamente, anche per dare una veste umanitaria all’operazione, la società che i colossi Usa stanno creando sarà una no-profit. Ma è proprio il sistema privatistico statunitense a produrre contemporaneamente una spesa sanitaria statale tra le più alte al mondo e un’aspettativa di vita così bassa da piazzare il modello sanitario statunitense tra quelli peggiori al mondo.

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coniarerivolta

Riforme lacrime e sangue

Storia recente del saccheggio pensionistico

di coniarerivolta

fornero1Il recente studio a cura del Fondo Monetario Internazionale “Italy: Toward a Growth-Friendly Fiscal Reform” (“Italia: verso una riforma fiscale amica della crescita”) pubblicato a marzo di quest’anno, oltre a tracciare la rotta ortodossa delle più congrue politiche fiscali e del lavoro per il nostro Paese, fissa anche le priorità di nuovi interventi in tema previdenziale. Evidentemente le riforme più recenti, che hanno già stravolto in senso restrittivo le pensioni dei lavoratori italiani, non sono state sufficienti a saziare gli appetiti dei sostenitori della presunta insostenibilità del sistema previdenziale italiano.

Dopo venti anni di stravolgimento del sistema previdenziale, cerchiamo di capire in modo più approfondito qual è il quadro attuale delle pensioni in Italia così come plasmato dalle ultime riforme del biennio 2010-2012, la duplice Riforma Sacconi 2010-11 e la Monti-Fornero del 2011. Tali riforme meritano particolare attenzione: in primo luogo poiché sono state le ultime vaste riforme che hanno fortemente modificato in direzione restrittiva il sistema pensionistico; in secondo luogo perché i contenuti stabiliti esprimono in modo palese la furia controriformistica dettata dal dogma dell’austerità finanziaria che, seppur già pienamente vigente dagli anni ’90, ha visto una forte accelerazione negli anni della crisi economica e in particolare in concomitanza con la crisi dei debiti sovrani dei Paesi periferici dell’eurozona (2009-2011).

I provvedimenti restrittivi hanno colpito due aspetti: l’età pensionabile e l’entità della pensione media attesa.

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coniarerivolta

Le pensioni fanno gola ai mercati

Ecco perché l’Europa chiede le riforme

di coniarerivolta

scippoNel dibattito politico recente si è parlato in lungo e in largo della famigerata Riforma previdenziale Monti-Fornero. Questo provvedimento, che ha avuto forti impatti restrittivi sui diritti pensionistici, è tuttavia soltanto il punto di arrivo di un processo di continue riforme in campo previdenziale avviato da ormai venticinque anni.

Avviato dal 1992 con la prima grande controriforma Amato, proseguito con la legge Dini nel 1995 e poi con successive riforme “minori”: Prodi (1997), Maroni (2004), Damiano (2007), Sacconi (2011) e infine la Fornero (2011-12), il groviglio di mutamenti legislativi ha seguito un iter coerente le cui direttrici fondamentali sono state almeno cinque:

  1. l’aumento dell’età pensionabile di vecchiaia, ovvero l’età minima per poter accedere alla pensione per motivi anagrafici;
  2. il progressivo aumento del numero di anni necessari per la pensione di anzianità, ovvero quella ottenibile in base al numero di anni lavorati, fino alla sua totale abolizione, avvenuta con la legge Fornero che l’ha sostituita con la pensione anticipata strutturata tuttavia come opzione penalizzante.
  3. il passaggio dal sistema retributivo, in cui la pensione è pagata in base al livello dei redditi ricevuti durante la vita lavorativa, a quello contributivo, nel quale la pensione è pagata in base ai contributi versati effettivamente all’INPS;

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coniarerivolta

Oltre il mito del debito pubblico: non ci sono i soldi o non ce li fanno toccare?

di coniarerivolta

debito pubblico 2Il mito delle risorse scarse, il mantra dei soldi che non ci sono, è la più potente retorica in mano alla classe dominante perché spoglia le questioni economiche della loro essenza politica trasformando, come per magia, precise scelte di campo in apparenti vincoli di necessità. Dietro alla chiusura di un ospedale non vi sarebbe la scelta di favorire la sanità privata ma il debito della Regione, che impone sacrifici. Dietro alla mancata manutenzione delle scuole non vi sarebbe lo smantellamento sistematico dello stato sociale ma la disciplina di bilancio. La possibilità stessa di immaginare un’alternativa politica a povertà, disoccupazione e sfruttamento viene negata sulla base di un’apparentemente lucida aritmetica della scarsità, una presunta razionalità economica che non lascia scampo, proiettando l’ombra lunga del debito pubblico su ogni rivendicazione e su ogni aspirazione ad un futuro migliore. Quel debito incombente significa che abbiamo già speso troppo, abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi ed ora non ci resta che pagare, rinunciando progressivamente a lavoro, sanità, istruzione, trasporti, stili di vita, cultura e tutto quello che il Novecento ci aveva, per l’appunto, solo prestato. Un tempo si scontravano visioni del mondo differenti in un conflitto a tratti appassionato, oggi ci viene raccontata una storia diversa e pacificante: saremmo pure d’accordo nel garantire quei diritti a tutti ma, purtroppo, sono finiti i quattrini – che ci possiamo fare?

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economiaepolitica

Pensioni: una bomba sociale pronta a esplodere

di Felice Roberto Pizzuti

Pensioni in Italia 640x281

  1. Introduzione: la "bomba sociale"

Oramai da molti anni, nel nostro sistema previdenziale sta maturando una vera e propria “bomba sociale” che va affrontata con urgenza[1]. Le sue origini affondano nella combinazione dei cambiamenti intervenuti nel mercato del lavoro e nel sistema previdenziale a partire dagli anni ’90 e, in particolare, con il passaggio dal metodo retributivo a quello contributivo per il calcolo delle pensioni.

Il metodo contributivo, in primo luogo, ha irrigidito il funzionamento del sistema pensionistico: lo ha ancorato alla logica dell’equilibrio attuariale, ma a discapito dell’equità previdenziale; ha uguagliato i tassi di rendimento interni, ma riducendo fortemente le possibilità redistributive. In secondo luogo, da un lato, ha stabilizzato la spesa  e, anzi, tende a ridurne l’incidenza sul PIL; d’altro lato, a ciascuna generazione ripropone con più forza per la vecchiaia la stessa distribuzione dei redditi della vita attiva. Non da ultimo, ostacola la possibilità di adattamenti micro e macro delle prestazioni pensionistiche alle condizioni economico-sociali correnti.

A quest’ultimo riguardo, va ricordato che i sistemi pensionistici – pubblici o privati, a capitalizzazione o a ripartizione – pur con diversa trasparenza, svolgono la funzione di redistribuire  parte del reddito correntemente prodotto dalle generazioni attive a quelle anziane contemporanee.[2]

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la citta futura

Pensioni: l’estremismo di Bankitalia e Corte dei Conti

di Vincesko

Pur nel quadro delle compatibilità neo-liberiste, c’è davvero bisogno di tanto rigore?

82cdc4575b4cb55c0f3c0b126c5d7873 XLIl governo ha da poco varato la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (DEF) sposando le considerazioni di Bankitalia e Corte dei Conti sulle pensioni. “Le ultime proiezioni sulla spesa pensionistica mettono in evidenza l’importanza di garantire la piena attuazione delle riforme approvate in passato, senza tornare indietro”, osserva palazzo Koch, mentre i magistrati contabili evidenziano che “non si tratta, evidentemente, di rispondere alle nuove evidenze con ulteriori restrizioni dei parametri sottostanti al disegno di riforma completato con la legge Fornero; si tratta invece di cogliere ancor meglio il senso della delicatezza del comparto e confermare i caratteri strutturali della riforma, a partire dai meccanismi di adeguamento automatico di alcuni parametri (come i requisiti anagrafici di accesso alla evoluzione della speranza di vita e la revisione dei coefficienti di trasformazione). Ogni arretramento su questo fronte, esporrebbe il comparto e quindi la finanza pubblica in generale a rischi di sostenibilità”.

Parole pesanti che chiudono la porta ai Sindacati che avevano chiesto un ammorbidimento del meccanismo introdotto dalla riforma Sacconi dell’adeguamento all’aspettativa di vita, che dovrebbe far scattare un altro aumento di ben 5 mesi a decorrere dal 2019, portando così l’età di pensionamento di vecchiaia esattamente a 67 anni per tutti.