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lantidiplomatico

25 aprile: la vera lotta oggi è contro il nichilismo storico

di Leonardo Sinigaglia

Anche questo Venticinque Aprile, con l’assunzione di Antonio Scurati al ruolo di novello Matteotti e la “contro-sfilata” milanese della Brigata Ebraica e delle associazioni ultranazionaliste ucraine, promette di coprirsi di ridicolo per opera del cosiddetto “antifascismo istituzionale”, aiutato, da destra e “sinistra”, dalla vasta area dei disobbedienti di ogni specie.

Questo è il secondo anniversario della Liberazione con in carica il governo Meloni, e quale migliore occasione per i fieri “partigiani” del centrosinistra per rinnovare la propria caricaturale e macchiettistica identità “antifascista”! Le forze attualmente al governo sarebbero “fasciste”, l’unico ostacolo rimasto alla piena instaurazione di una nuova dittatura in Italia non sarebbero che loro, i valorosi parlamentari piddini, con la loro visione europea, la loro coscienza progressista e l’attenzione rivolta verso i problemi dei diseredati, come il maschilismo e la fluidità sessuale. Poco importa che il Partito Democratico e Fratelli d’Italia, assieme a praticamente ogni forza dell’arco parlamentare, abbiano sostenuto ottusamente e fanaticamente la guerra per procura della NATO in Ucraina, diffondendo ogni genere di menzogne sulla Russia e armando la mano di veri e propri nazisti che non fanno mistero dei propri propositi genocidi.

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linterferenza

L’antifascismo ridotto a marketing

di Ferdinando Pastore

Non esiste un antifascismo sconnesso da una cultura antifascista. Ma è proprio la seconda a essere stata immiserita negli anni del progresso di mercato. Prendiamo ad esempio la filosofia del merito, quella secondo cui un curriculum vitae prestigioso consentirebbe meccanicamente di esercitare le funzioni politiche o di governo. Un medico alla Sanità, un avvocato alla Giustizia, un ingegnere ai Trasporti, un economista al Bilancio; anzi un economista al vertice del Governo, perché oggi sono i mercati a dettare regole e limiti alla democrazia. Nessuna visione dunque, la tecnica è neutra e va applicato buon senso, o intelligenza studiata, perché sia raggiunta l’efficienza amministrativa. D’altronde lo Stato è un’azienda e anche l’essere umano lo è. Quindi perché logorarsi nella militanza, perché immaginare orizzonti collettivi quando l’applicazione scolastica dei vademecum d’impresa coincide con la razionalità? Chi si è formato nel patinato mondo dell’internazionalismo del business, chi ha accumulato patenti di onorabilità tra le correnti dei fiumi azionari, non ha impostazioni ideologiche; è legittimato di per sé nel porsi al comando delle truppe.

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lantidiplomatico

Il "piano Draghi": ora sappiamo in cosa evolverà l'UE

di Giuseppe Masala

 

Io credo che le prossime elezioni europee andrebbero inquadrate nel modo più corretto possibile. Provo a dare la mia interpretazione.

 

1 Si dà troppo spazio alla candidatura di quella sciagurata di Ilaria Salis alle elezioni europee. Siamo di fronte alla solita arma di distrazione di massa utile a far distogliere lo sguardo dell'opinione pubblica dai problemi che contano (vedi punto 2). L'unico aspetto interessante della candidatura della Salis è che dimostrano come le elezioni siano solo puro teatro che non influisce sui destini né dei singoli né dei popoli europei. Puro intrattenimento orientato alla distrazione delle masse mentre le élites hanno già deciso i nostri destini nella nostra totale inconsapevolezza.

 

2 Le élites europee indipendentemente dalla "volontà popolare che verrà espressa nelle elezioni" hanno già deciso il da farsi. Per esporci il progetto hanno messo come front man il miglior cavallo di razza della scuderia: Mario Draghi dal quale il piano prende il nome. Di fatto il cosiddetto "Piano Draghi" non è nient'altro che la evoluzione dell'UE fino alla sua definitiva trasformazione in "Stati Uniti d'Europa".

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ilpungolorosso

Una sola parola d’ordine: armarsi. Come anche le ferrovie vanno alla guerra

di Il Pungolo Rosso

Non sarà una sorpresa, ma ora è ufficiale: esiste un vero e proprio programma articolato per settori che riguarda i molti reparti dei preparativi di guerra. Uno di questi è il Piano d’Azione Military Mobility 2.0 più volte implementato e di origini non recentissime1.

L’Italia fa la sua parte in questi adempimenti richiesti da NATO e UE con sicuro ardore. e così il ministero dei trasporti ha dato immediatamente seguito al bando CEF 2 Transport dotato di 330 milioni di euro sotto forma di sovvenzioni a fondo perduto, una pacchia che convince subito gli antieuropeisti alla Salvini. Il bando era intitolato agli adattamenti delle reti di trasporto civile a scopi di “difesa” sviluppando la mobilità militare. Naturalmente partecipa – e viene ammessa a pieni voti – la Leonardo, che stipula un apposito accordo con le Ferrovie Italiane per intervenire in questo senso sui 24.000 km della rete ferroviaria nazionale. Qui è obbligatoria una pausa per denunciare che questo governo al soldo dei guerrafondai impiega per le spese militari miliardi di euro mentre non dedica neppure un centesimo alla sicurezza dei lavoratori delle ferrovie, alla sicurezza dei passeggeri e all’efficienza del servizio di trasporto ferroviario, e neanche alla riduzione dei prezzi di quel servizio.

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piccolenote

I fondi all'Ucraina, escalation della follia

di Piccole Note

Una nuova dose di droga per la tossica macchina da guerra americana che ha inebriato Zelensky

Il partito della guerra americano, che abbraccia democratici e parte dei repubblicani, vince il braccio di ferro contro la pattuglia dei repubblicani avversi a fornire altri aiuti all’Ucraina. La legge destina 52 miliardi di dollari al complesso militar industriale Usa e al Pentagono e 8 miliardi direttamente a Kiev per pagare stipendi e altro, ma 10 sono di prestiti, che l’Ucraina non potrà mai restituire (la trappola del debito usuale per le colonie).

Una nuova dose di droga per la tossica macchina da guerra americana che ha inebriato Zelensky, il quale ha rilanciato le sue stupefacenti narrazioni sulla vittoria, e i tanti corifei delle guerre infinite.

Su quest’ultimo punto è di interesse l’articolo di Matthew Blackburn, pubblicato su Responsibile Statecraft, che riferisce di come l’Institute of Study of war ha commentato questa svolta.

L’ISW, annota il cronista, “è stato uno dei think tank più citati nei media mainstream relativamente alla guerra ucraina e ha svolto un ruolo di primo piano nel creare e sostenere l’ottimismo” sulle sorti del conflitto. “I suoi report quotidiani sul campo di battaglia hanno ripetutamente messo in risalto le vittorie ucraine e sottolineato i fallimenti e le perdite russe, riproducendo quasi sempre acriticamente la versione di Kiev”.

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ilchimicoscettico

La lotta alle fake news: uno strumento versatile per il potere

di Il Chimico Scettico

https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/04/20/le-questioni-emerse-con-la-pandemia-non-sono-alle-spalle-alcuni-temi-sono-ancora-tabu/

Fake news, definizione: tutto quello che non è in linea con il pensiero unico. Durante la pandemia sono state derubricate alla voce fake news cose che provenivano da Peter Doshi e dal British Medical Journal, da Tom Jefferson, da Ioannidis, da Guido Silvestri, dalla stessa Sara Gandini e via dicendo. Che la lotta alle fake news debba essere centrale in una pandemia non deve stupire, perché ormai lo avrete capito, anche se poi ve lo siete scordato: in una epidemia, vera o presunta (cfr vaiolo delle scimmie), non importano i dati, importa il messaggio, e il messaggio è quello teso a disciplinare la popolazione. E per produrre sparate moralizzanti (il new normal, lo zerocovid etc) non servono competenze particolari. Infatti dalla prima delle virostar all'ultimo dei divulgatori le competenze e le capacità di comprendere qualcosa della dinamica delle malattie infettive erano nulle, e il termine "esponenziale" aveva un puro valore metaforico. Ma attenzione, non era una questione di incompetenza, per niente.

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lantidiplomatico

Caso Scurati. Censura, antifascismo e gli "indignati in poltrona"

di Paolo Desogus

Sappiamo già che nei banchi del governo siedono gli eredi del vecchio fascismo. E stiamo facendo esperienza di come quella tradizione sia del tutto compatibile con la ragione neoliberale, oggi egemone, e con il paradigma euroatlantico. 

Arrivare alla vigilia del 25 aprile e scoprire che questi signori applicano il principio della censura all’antifascismo è dunque un tantino ingenuo. Può andare per i lettori di Repubblica, cioè agli indignati in poltrona.

Quello su cui mi concentrerei riguarda piuttosto le condizioni di possibilità che consentono al governo di intervenire, senza una reazione generale, agli atti di censura.

Io credo che il governo si possa permettere tutto questo perché il 25 aprile non è più rappresentativo del paese. E non lo è perché i valori dell’antifascismo sono stati svuotati del loro senso politico da parte dei partiti che si sono impossessati della sua bandiera, in particolare Pd e affini.

L’Italia del 25 aprile si proponeva di trasformare il paese, di renderlo migliore, più giusto, vicino alle istanze del lavoro, ostile alla guerra e soprattutto democratico, non solo in senso formale, ma sostanziale attraverso il coinvolgimento diretto delle classi popolari nella vita politica nazionale.

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lantidiplomatico

L'avviso (finale) del Fondo Monetario Internazionale all'Impero Americano

di Giuseppe Masala

Abbiamo sempre sottolineato che questa enorme crisi geopolitica in corso abbia una origine di tipo economico e monetario. Del resto solo le persone ingenue possono credere che agenti razionali come sono gli USA (o per meglio dire le sue élites) possano rischiare la distruzione di buona parte del mondo a causa di una guerra termonucleare per delle mere rivendicazioni territoriali peraltro relative a paesi neanche particolarmente ricchi e importanti come l'Ucraina. Si può rischiare il mondo per quale stato – tra Ucraina e Russia – avrà la sovranità su Mariupol o Krivoy Rog? Senza offesa per queste ridenti e senza dubbio graziose cittadine ipotizzare che si possa rischiare di uccidere miliardi di persone per quale stato debba controllarle è letteralmente impensabile.

Molto più congrua e razionale invece è l'ipotesi che il vero “Nodo di Gordio” che sta portando il mondo sull'orlo del baratro sia di natura economica e monetaria.

Gli Stati Uniti dalla fine della Seconda Guerra Mondiale hanno assunto il ruolo prima di finanziatore di ultima istanza per consentire la ricostruzione delle aree del mondo distrutte dal conflitto e poi, successivamente, hanno assunto il ruolo di “compratore di ultima istanza” (uso un'espressione molto felice coniata dall'economista Marcello De Cecco), ovvero sia, si sono incaricati il ruolo di assorbire le merci in eccesso prodotte nel resto del mondo inondando contemporaneamente il mondo di dollari.

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sinistra

Il punto in questione

di Algamica*

Ci sono momenti della storia dove non si ammettono fraintesi e tentennamenti, dove si è chiamati a stare da una parte contro l’altra. Questi anni ’20 del 21esimo secolo rappresentano esattamente il punto di arrivo di una svolta in cui la storia impersonale del modo di produzione capitalistico sta presentando il conto al mondo occidentale per i suoi crimini compiuti per oltre 500 anni in molte aree del mondo e da cui ha tratto straordinari benefici che ha distribuito a cascata fra le varie classi sociali.

Inutile fingere, non siamo in presenza di una crisi ciclica del “capitalismo”, no, siamo di fronte alla crisi generale del modo di produzione capitalistico e del suo epicentro: l’Occidente e fra questo gli Usa.

Contrariamente all’ultimo secolo appena trascorso l’Occidente è privo di prospettiva e proprio per questo diviene una variabile impazzita ma zavorrata nelle sue ali perché priva di quella straordinaria accumulazione di valore che gli permetteva di essere il faro del mondo nei confronti di altri paesi che facevano fatica a rincorrerlo proprio perché non avevano alle spalle secoli di dominio colonialista e imperialista.

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lantidiplomatico

Il momento esatto in cui si è deciso il suicidio di Ucraina ed Europa

di Andrea Zhok*

Tre giorni fa, il 16 aprile, l'autorevolissima rivista di provata fede atlantista "Foreign Affairs" ha pubblicato un articolo che mette la parola fine a tutte le chiacchiere intorno alle intenzioni di Putin di invadere l'Europa, di arrivare a Lisbona, di abbeverare i cavalli nelle acquasantiere di San Pietro, e con ciò anche alla relativa reazione bellicista da parte europea.

L'articolo è a firma di un docente dell'Henry A. Kissinger Center for Global Affairs della Johns Hopkins School of Advanced International Studies, e di un associato del think tank RAND, ex Senior Fellow per la Russia e l'Eurasia all'International Institute for Strategic Studies. Praticamente la crema dei falchi atlantisti.

Nell'articolo si ricostruisce, con documentazione, lo sviluppo di una trattativa tra Putin e Zelensky (tra le rispettive delegazioni) dal 28 febbraio 2022 (neanche una settimana dopo l'invasione russa!) fino alla fine di aprile. La trattativa ha avuto luogo in parte in Bielorussia e in parte in Turchia.

DI questa trattativa era già stata fatta menzione più volte, tra l'altro anche dallo stesso Putin che ne aveva mostrata una bozza ai leader delle nazioni africane e dall'ex primo ministro israeliano Bennett.

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fattoquotidiano

Gaza, le accuse di Israele a Unrwa sono fake news. L’Italia torni subito a finanziarla

di Paolo Ferrero

Il 26 gennaio, il Commissario generale dell’agenzia delle Nazioni Unite per gli aiuti ai palestinesi (Unrwa), Philippe Lazzarini, ha aperto un’indagine su alcuni dipendenti sospettati di essere coinvolti negli attacchi di Hamas del 7 ottobre in Israele e li ha licenziati. Tutto questo sulla sola segnalazione da parte delle autorità israeliane che non hanno a oggi prodotto alcun dossier con prove documentali. Sempre sulla base di questa segnalazione, vari paesi tra cui Australia, Canada, Italia, Germania, Finlandia, Paesi Bassi, Svizzera, Gran Bretagna e Scozia hanno sospeso i finanziamenti alla Unrwa.

Alcuni giorni fa il Guardian, giornale inglese, ha pubblicato l’anteprima dei risultati della commissione d’inchiesta indipendente guidata dall’ex ministra degli Esteri francese Catherine Colonna, che ha condotto una indagine sulle accuse presentate da Israele all’indomani dell’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre dello scorso anno. Da questa inchiesta risulta che Israele non ha fornito – 3 mesi dopo la denuncia – prove a sostegno delle sue affermazioni secondo le quali i dipendenti dell’agenzia Unrwa dell’Onu a Gaza avrebbero legami con organizzazioni terroristiche.

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lantidiplomatico

Le tecniche dell'Impero e il disgusto delle coscienze sane

di Alberto Bradanini

1. Seguendo un copione creato a tavolino per ingannare la mente di chi si abbevera ai telegiornali della sera, gli Stati Uniti continuano a tirare il guinzaglio legato al collo del cagnolino d’oltremanica. Quel cagnolino era un tempo l’Impero britannico’, oggi solo un maggiordomo che esegue gli ordini dell’Impero Atlantico: tenere Julian Assange in prigione fino alla morte.

Per la più grande democrazia al mondo – da esportare, se del caso, a suon di bombe e che ormai solo i politici europei (e italiani) credono sia tale – il rischio più esecrabile è costituito dall’emergere della verità. Avendo coltivato l’impudenza di esporre al mondo i crimini commessi da americani e britannici in Iraq e Afganistan, esercitando la professione di giornalista, egli deve morire!

Quel bel tomo di H. Kissinger affermò un giorno che occorreva far rinsavire il popolo cileno che aveva osato votare per Allende, con le buone o con le cattive maniere. In analogia, secondo l’avariata narrativa a guida Usa, democrazia e verità sono valori da difendere solo se non interferiscono con le loro impudicizie e quelle dei loro compagni di merenda. Dietro tale narrativa si celano individui spietati, affetti da gravi patologie e per i quali ricchezze e potere non sono mai abbastanza.

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lantidiplomatico

La guerra (non dichiarata) tra Stati Uniti ed Europa

di Pino Arlacchi

Il detto latino “dagli amici mi guardi Iddio…”, è stato applicato alla geopolitica odierna da Henry Kissinger con la famosa battuta “Essere nemici degli Stati Uniti può essere pericoloso, ma esserne amici è fatale”.

Ed è proprio così che può essere definito l’attuale rapporto tra gli USA e l’Europa.

Dentro lo scontro palese con l’Ucraina alberga infatti, un conflitto non dichiarato ma, appunto, fatale che vede l’Europa soccombere alla prepotenza d’oltreatlantico con danni immensi e di lungo periodo alla sua economia e alla sua popolazione.

Nessuno parla dei veri termini della questione dei rifornimenti di energia. Troverete centinaia di articoli su quanto siamo stati bravi a ridurre le importazioni di gas e petrolio dalla Russia dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, senza che quasi alcuno di essi parli dei folli prezzi della bolletta energetica, che sono il costo vero della guerra.

Pressando l’Ucraina a combattere invece di concludere un accordo già quasi negoziato dopo poche settimane dallo scoppio delle ostilità, spingendo gli alleati europei verso sanzioni estreme contro Mosca, e distruggendo il gasdotto Nord Stream nel settembre 2022, gli Stati Uniti si sono assicurati il primo posto tra gli esportatori di gas liquefatto verso l’Europa e verso il mondo.

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antiper

Merci (non grazie)

di Antiper

Alcuni anni fa ci è capitato di partecipare a un ciclo di incontri di formazione sul Capitale di Marx organizzati da un gruppo di studenti di Pisa, tra cui spiccavano alcuni dottorandi presso la Scuola Normale Superiore. Una sera, avendo il relatore principale di questi incontri usato spesso la parola “merce” come di qualcosa di caratteristico della sola fase industriale del modo di produzione capitalistico, decidemmo di rivolgergli la seguente domanda: secondo te, compagno, le merci esistono solo dal XVIII-XIX secolo? Il relatore principale, forse preso un po’ alla sprovvista, rispose affermativamente. Di fronte alla nostra perplessità volle rispondere un secondo relatore, meno principale, secondo il quale la risposta del relatore principale era da considerarsi imprecisa perché in realtà le merci avevano cominciato a esistere già almeno dal XV-XVI secolo.

Evidentemente noi, il relatore principale e il relatore meno principale avevamo letto in 3 modi diversi come Marx parla delle merci nel Capitale.

Il primo libro del Capitale inizia con l’analisi della merce perché la merce, dice Marx, è la forma attraverso cui si presenta la ricchezza nelle società in cui domina il modo di produzione capitalistico.

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guerredirete.png

Guerra in Ucraina. Il ruolo di droni, della cyberwarfare (e delle altre tecnologie emergenti)

di Carola Frediani

Negli scorsi giorni un gruppo di hacktivisti ucraini chiamato Cyber Resistance ha affermato su Telegram di aver violato i sistemi informatici di un produttore russo di droni, Albatross, sottraendo 100 gigabyte di dati, e di stare coordinando una serie di pubblicazioni dettagliate col sito InformNapalm. Che in un articolo del 15 aprile sostiene di poter confermare come l’azienda di droni agricoli Albatross sarebbe coinvolta nello sviluppo dei droni “suicidi” Shahed, progettati dall'Iran, e impiegati dalla Russia contro l'Ucraina.

A febbraio un misterioso gruppo di hacker chiamati Prana Network aveva diffuso un leak su un’azienda militare iraniana, facendo circolare presunti documenti riservati (non confermati) secondo i quali, dall'inizio della guerra in Ucraina, la Russia avrebbe acquistato almeno 6.000 droni Shahed 136. E avrebbe ricevuto un ampio aiuto per la creazione di linee di produzione locali per i droni, pagando questi accordi in parte in lingotti d'oro (secondo i documenti, i russi avrebbero pagato quasi 200mila dollari a drone e il prezzo includerebbe il supporto per mettere in piedi una produzione autonoma, per poi far scendere il costo unitario a 48mila). “Ora la Russia sta cercando di acquistare e produrre migliaia di droni più avanzati”, scrive Hareetz, che ha esaminato i documenti e li considera autentici.

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lantidiplomatico

Mentre l’Ucraina affonda, l’Unione Europea si orienta verso un’economia di guerra

di Giacomo Gabellini

Il 12 aprile, l’Institute for the Study of War, think-tank ultra-atlantista riconducibile all’eminente rappresentante neoconservatore Frederick Kagan, ha riconosciuto che «l’esaurimento delle difese aeree fornite dagli Stati Uniti derivante dai ritardi nella ripresa degli aiuti militari statunitensi all’Ucraina, combinato con i miglioramenti nelle tattiche di attacco russe, hanno portato a una crescente efficacia degli attacchi missilistici e droni russi contro l’Ucraina senza un drammatico aumento delle dimensioni o della frequenza. di tali scioperi […]. In assenza di una rapida ripresa degli aiuti militari statunitensi, le forze russe possono continuare a infliggere gravi danni alle forze ucraine in prima linea e alle infrastrutture critiche ucraine nelle retrovie, anche con il numero limitato di missili». Ne consegue che «la sempre più efficace campagna di attacchi russi in Ucraina minaccia di limitare le capacità di guerra a lungo termine di Kiev e di stabilire le condizioni operative affinché la Russia possa ottenere vantaggi significativi sul campo di battaglia».

Considerazioni dello stesso tenore sono state formulate il giorno successivo dal comandante in capo delle forze armate ucraine Oleksandr Syrsky, secondo cui la situazione sul fronte orientale dell’Ucraina è «significativamente peggiorata negli ultimi giorni» a causa della penuria di munizioni che affligge l’esercito ucraino e dei sempre più intensi sforzi offensivi della Russia, che approfittando del clima caldo e secco ha incrementato portata e ritmo dei suoi attacchi corazzati nelle aree di Bakhmut, Lyman e Pokrovsk.

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mondocane

C’è chi fa dell’aggressione la sua ragione di esistenza--- --- DOMANDA: CHI HA COMINCIATO?

di Fulvio Grimaldi

Quella in fondo all'articolo è la copertina del docufilm che ho girato in Iran. Si racconta chi è questo popolo antico e giovanissimo, fa parlare giovani, donne, combattenti, dirigenti. Smantella il menzognificio in cui hanno cercato di rinchiudere l’opinione pubblica per prepararla all’aggressione che Israele da sempre sollecita e che altri vedono come propedeutica all’armageddon finale. E’ a disposizione per presentazioni e ordini.

Mio commento: https://www.youtube.com/watch?v=gvyrvE8Q1U4

https://youtu.be/gvyrvE8Q1U4

Byoblu-Mondocane 3/22, in onda domenica alle 21.30. Repliche, salvo imprevisti, lunedì 9.30, martedì 11.00, mercoledì 22.30, giovedì 10.00, sabato 16.30, domenica 9.00

Un’analisi di quanto successo prima, durante e dopo la “notte dei fuochi” iraniana che ha colpito Israele nella sua giugulare, la superiorità militare: una base del Mossad e le due basi dell’aeronautica da cui era partito l’attacco al territorio iraniano nella sede diplomatica di Damasco con relativo assassinio di 14 persone.

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lantidiplomatico

Reflazione salariale e sovrapproduzione: l'ultima sfida della Cina

di Pasquale Cicalese

Ieri ho letto da Enrico Tomaselli un post di AuroPronobis (non so se questo è il suo nickname) sulla ipercompetititvità della Cina e delle lagnanze Ue e Usa sulla sovrapproduzione. In effetti, stando al post, che invito a leggere, c'è la conferma dell'adozione del plusvalore relativo marxiano (istruzione, alte spese in R&S, innovazione, salto tecnologico, catena industriale totale) e reflazione salariale. Tutto giusto. Ma dobbiamo essere realisti. Stando ai dati dell'import degli ultimi 3 anni in effetti una tematica di sovrapproduzione esiste perché i consumi, sebbene siano a livelli che noi ce li sogniamo, non sono al passo con la produttività totale dei fattori produttivi (PTFP), dell'ipercompetitività sui mercati esteri, e la stessa reflazione salariale, iniziata con la Legge sul Lavoro del 2008, di cui parlo in Piano contro mercato, ha segnato il passo.

Intendiamoci. La reflazione salariale esiste tuttora, ma manca l'altra gamba. La sovraproduzione sin dal 2013 i cinesi cercano di gestirla attraverso la Belt and Road (la Via della Seta) che non è altro che aumentare gli interscambi commerciali con i paesi interessati.

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altrenotizie

Assange, le “non garanzie” USA

di Michele Paris

Nelle scorse settimane si erano intensificate le voci di una possibile risoluzione del caso di Julian Assange, con il presidente americano Biden che aveva anche ammesso di valutare la richiesta del governo australiano di lasciare cadere definitivamente le accuse contro il fondatore di WikiLeaks. Per il momento, il governo di Washington sembra essere però deciso a continuare la battaglia per ottenerne l’estradizione dal Regno Unito. Martedì, infatti, nell’ultimo giorno utile stabilito dall’Alta Corte di Londra, il dipartimento di Giustizia USA ha presentato ai giudici le “rassicurazioni” richieste a fine marzo circa il trattamento legale che verrà riservato ad Assange una volta giunto in territorio americano.

Erano due le questioni sollevate dalla Corte in risposta alle istanze della difesa. Gli Stati Uniti dovevano cioè garantire che nel processo che attende Assange non verrà richiesta una condanna alla pena di morte e che non ci saranno discriminazioni in base alla sua cittadinanza non americana.

Questo secondo punto potrebbe essere quello decisivo nel procedimento in corso. Il trattato di estradizione tra USA e Regno Unito si basa sulla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e se uno o più diritti fissati da quest’ultima rischiano di non essere garantiti nel paese dove l’imputato dovrebbe essere trasferito, la richiesta di estradizione viene respinta.

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la citta futura

G7, come ballare mentre il Titanic affonda

di Pasquale Vecchiarelli

Un commento alla passerella ormai del tutto fuori luogo dei potenti della terra. Ormai il protocollo, le frasi di rito sembrano sempre più farsesche e stridenti se confrontate con la pochezza delle proposte e il disordine bellicista all’orizzonte

Aree rosse, sommozzatori, zone blindate ma anche visite dell’isola, foto ricordo con vista sui faraglioni, gelatino, pizza, tanto buon vino e grasse risate. Questo è il diario di viaggio del primo giorno del G7 esteri a Capri. Certamente si potrebbe obiettare che criticare il “protocollo” è poca cosa, anche perché è una prassi consolidata che ormai sembra far parte del normale corso del mondo ma, che volete, siamo gente forse di altri tempi. Gente che si vergognerebbe, e non poco, a mostrarsi lieti e sorridenti, ipocritamente impegnati in foto di rito e appassionati discorsi sulla fuffa quando il mondo è letteralmente sul baratro della guerra mondiale. Fanno davvero rabbia questi finti risolini stampati sulle facce di politicanti al servizio dell’imperialismo, questo mostrarsi ipocritamente affaccendati mentre -si sa- tutte le decisioni sono prese altrove. A dire il vero anche il mainstream ha difficoltà a montare i servizi giornalistici di queste assise sempre più inutili dei potenti del mondo -inutili, s’intende, a risolvere le questioni di fondo che interessano noi proletari- perché deve essere terrificante anche per la morale dei giornalisti più asserviti al potere dominante staccare dall’immagine di bambini palestinesi mutilati per passare ai faccioni tronfi e pieni di sé che godono della meravigliosa vista che offrono i faraglioni di Capri.

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contropiano2

Da Bruxelles al G7. I guerrafondai europei: ipocriti, dilettanti e pericolosi

di S. C.

Al vertice dei ministri degli Esteri del G7 in corso a Capri, l’Alto responsabile della politica estera e di sicurezza dell’Unione europea, Josep Borrell, ha chiesto ai ministri della Difesa europei di prendere “decisioni concrete” per l’invio di più sistemi di difesa aerea all’Ucraina.

Secondo il capo della politica estera Ue (sic!), non solo gli Stati Uniti a doversi assumere la responsabilità di fornire sistemi di difesa aerea all’Ucraina. “Abbiamo Patriot e altri sistemi missilistici. Dobbiamo portarli fuori dai depositi”, ha dichiarato Borrel invitando i Paesi europei e occidentali a prendere decisioni “più rapide” per sostenere Kiev, che ha bisogno di armi che vanno fornite “molto più velocemente” per fronteggiare l’offensiva della Russia del presidente Vladimir Putin.

Forse Borrel non ha letto la disamina impietosa del generale Tricarico sul fatto che – ad esempio – la difesa antiaerea e antimissile dell’Italia già oggi sarebbe in difficoltà nel respingere di un’ondata di attacchi aerei come quella condotta dall’Iran su Israele.

Ma anche sul piano politico/diplomatico Borrel conferma di essere un guerrafondaio sul teatro bellico in Ucraina. “Non possiamo permetterci la vittoria di Putin”, ha affermato aggiungendo una sottolineatura che appare una vera e propria lapide su una seria ipotesi di negoziati per la fine della guerra in Ucraina (o per lo meno su un qualsiasi ruolo della UE su questo fronte).

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lantidiplomatico

La politica estera di Macron scredita la Francia

di Andrew Korybko

L'intercettazione da parte della Francia di missili iraniani sopra la Giordania all'inizio di questo mese rappresenta l'ultimo errore di Macron che ulteriormente scredita il suo Paese sul fronte della politica estera. Nel 2018, il leader francese si attribuì il merito di aver impedito una guerra civile in Libano l'anno precedente, dopo che il suo intervento diplomatico contribuì a risolvere la crisi nata dalle dimissioni scandalose dell'ex Primo Ministro Hariri mentre si trovava in Arabia Saudita. Fu intorno a quel periodo, alla fine del 2017, che Macron iniziò anche a parlare della creazione di un Esercito Europeo.

Questi passi hanno fatto pensare a molti che la Francia stesse cercando di rilanciare le sue tradizioni di politica estera indipendente, percezione rafforzata dalle parole di Macron a The Economist alla fine del 2019, quando dichiarò che la NATO era cerebralmente morta. Gli Stati Uniti presero poi la loro rivincita sulla Francia sottraendole un accordo da miliardi di dollari per un sottomarino nucleare con l'Australia due anni dopo, per creare AUKUS. Le divergenze di visione sulla politica estera tra questi due Paesi dal 2017 al 2021 erano chiaramente diventate una tendenza.

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linterferenza

Si vis bellum, para bellum

di Norberto Fragiacomo

Difficile stabilire, basandosi su dichiarazioni contrapposte e video falsificabili, se la ritorsione iraniana contro Israele sia stata un parziale successo (asseriti duri colpi inferti a una base aerea nel deserto del Neghev) o un flop (99% degli ordigni abbattuti, secondo NATO e sionisti): di certo è stata un’operazione dimostrativa cui la Repubblica Islamica non aveva modo di sottrarsi, pena la perdita di credibilità politico-militare presso alleati e fiancheggiatori.

Il fatto che gli USA e alcuni paesi dell’area siano stati preavvertiti rafforza il convincimento che la leadership persiana si sia mossa con la massima cautela dopo l’attacco terroristico (così l’ha correttamente definito Massimo Cacciari) commesso da Israele contro il consolato iraniano a Damasco il primo aprile scorso – attacco che, malgrado la data, non è certo derubricabile a scherzo. I fuochi artificiali che hanno illuminato il cielo sopra Gerusalemme significano in sostanza “siamo pari e patta, finiamola qui”: il problema è che, a differenza del Pakistan (ricordiamoci dello scambio di razzi a inizio anno), lo Stato ebraico non concorda mai le regole della partita, preferendo imporle a partner e contendenti.

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fuoricollana

Il mito dell’intelligenza artificiale

di Redazione

Per Erik J. Larson, mitizzare l’intelligenza artificiale è negativo, perché maschera un mistero scientifico con la narrazione di un progresso inevitabile. Ma è improbabile che si riesca a innovare, se decidiamo di ignorare un mistero fondamentale anziché affrontarlo.

Il mito non consiste nell’impossibilità di realizzare l’IA autentica. Da questo punto di vista, il futuro dell’intelligenza artificiale è un’incognita scientifica. Il mito consiste invece nella sua presunta inevitabilità, nel fatto che sia solo una questione di tempo, perché ormai abbiamo imboccato la strada che condurrà all’IA di livello umano e poi alla super-intelligenza. Non è così. Quella strada esiste solo nella nostra immaginazione. Eppure, l’ineludibilità dell’IA è talmente radicata nel discorso comune – alimentato da esperti dei media, maître à penser come Elon Musk e persino da molti scienziati del settore (per quanto non tutti) – che schierarsi contro è spesso considerato una forma di luddismo o quanto meno una visione miope del futuro della tecnologia e una pericolosa incapacità di prepararsi a un mondo di macchine intelligenti.

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lindipendente

Il Fondo Monetario smonta l’Occidente: la Russia crescerà più di tutte le economie avanzate

di Giorgia Audiello

Secondo gli aggiornamenti di aprile del Fondo Monetario Internazionale (FMI), la Russia nel 2024 crescerà più di tutte le economie avanzate del mondo, compresa quella statunitense. L’organismo finanziario internazionale prevede una crescita del 3,2%, superiore a quella di Stati Uniti (2,7%), Germania (0,2%), Francia (0,7%), Italia (0,7%) e Regno Unito (0,5%). Le stime economiche dell’FMI rappresentano un vero e proprio smacco per il blocco atlantico: hanno smontato, infatti, la propaganda dei capi di Stato e dei media occidentali, i quali dal 2022 hanno sostenuto che le sanzioni euro atlantiche imposte a Mosca avrebbero duramente colpito la sua economia, impedendogli di finanziare la guerra in Ucraina e facendola fallire. Era il 21 settembre 2022 quando l’ex presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, affermava all’Assemblea generale dell’ONU che «le sanzioni che abbiamo imposto a Mosca hanno avuto un effetto dirompente sulla macchina bellica russa, sulla sua economia. […] Il FMI internazionale prevede che l’economia russa si contragga quest’anno e il prossimo di circa il 10% in totale a fronte di una crescita intorno al 5% ipotizzata prima della guerra».

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comidad

Gli spot pubblicitari delle armi hanno sostituito la strategia

di comidad

In molti hanno notato che il “99%” è un topos pubblicitario dei prodotti antibatterici, i quali dichiarano appunto di poter eliminare il 99% dei batteri. Per la verità ci sono anche antibatterici più bravi dell’Iron Dome e dell’Arrow israeliani, infatti riescono a eliminare addirittura il 99,99% dei batteri. Magari è sufficiente quello 0, 01 a fregarti, ma bisogna sapersi accontentare.

Mentre lo spot pubblicitario reclamizzava trionfalmente i successi del sistema di difesa israeliano e l’abbattimento del 99% dei missili e droni iraniani, contestualmente ci si faceva sapere che così non era. Secondo fonti dei militari statunitensi, almeno settanta droni li avrebbero abbattuti loro. A difendere il suolo israeliano contro la preannunciata rappresaglia dell’Iran c’erano anche navi e aerei britannici e francesi; ma il dettaglio sorprendente è che ci fosse persino la Giordania, la quale, pur di difendere Israele, non ha esitato a mettere a rischio la propria popolazione, in quanto ci sarebbero tre morti giordani a causa dei detriti dei droni abbattuti. In più la Giordania si è presa anche le minacce dell’Iran, che ha avvertito che, in caso di ulteriore coinvolgimento della contraerea giordana (peraltro fornita da Macron), questa sarà considerata a sua volta un bersaglio.

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lacausalitadelmoto

La deterrenza

di Alessio Galluppi

Constatiamo che gran parte della sinistra stia guardando alla risposta militare dell’Iran nei confronti delle provocazioni armate di Israele secondo le valutazioni di Alessandro Orsini, che definisce il bombardamento dello Stato ebraico con centinaia di droni e missili come una colossale messinscena, suffragando questa deduzione con il fatto che la ritorsione della Repubblica Islamica all’azione terroristica di Israele a Damasco fosse stata preannunciata e comunicata.  Solo che il famoso studioso di geopolitica non comprende la sostanza delle cose perché guarda i fatti con la lente superstiziosa dell’Occidente. 

Tanto per larghi strati delle masse arabe e per i palestinesi, quanto per i residenti ebrei israeliani, l’avvenimento è stato una novità. Una novità che scuote ed esalta i primi, preoccupa e deprime i secondi. La cosiddetta deterrenza ha il suo significato: nessuno mi attaccherà mai perché avrà assoluto timore della mia terrificante risposta. Israele sta dispiegando a Gaza e a West Bank la sua furia genocida anche con l’obiettivo di riaggiustarla dopo che essa era già stata incrinata e messa in discussione la sua inviolabilità il 7 ottobre dalla sacrosanta e giusta resistenza dei palestinesi.

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bastaconeurocrisi

Superbonus, il “buco” che non c’è

di Marco Cattaneo

Gli euroausterici vaneggiano a reti unificate in merito al “buco da 200 miliardi nei conti pubblici” che sarebbe stato prodotto dal Superbonus.

Naturalmente una prima risposta ovvia a questa affermazione è che sono stati emessi 200 miliardi di crediti fiscali, a fronte dei quali è stata però conseguita una crescita di PIL e di gettito. Parlare di “200 miliardi di buco” tiene conto di un elemento (i crediti emessi) ignorando l’altro (la crescita di gettito).

Ma in realtà l’errore dell’affermazione è ancora più basilare.

Immaginiamo che un’Italia in possesso della propria moneta decida di effettuare una manovra fiscale espansiva emettendo 200 miliardi (in lire) e distribuendoli ai residenti.

E immaginiamo che dopo un anno i 200 miliardi vengono utilizzati per pagare tasse. Si crea un buco ? no, perché l’Italia può, semplicemente, emettere altri 200 miliardi. La quantità di moneta in circolazione rimane la stessa, e non c’è bisogno di effettuare alcuna manovra fiscale restrittiva.

Poi, l’Italia può decidere di offrire al pubblico 200 miliardi di titoli di Stato. A quel punto la moneta in circolazione viene sostituita da titoli per pari importo. Cambia qualcosa nella solvibilità dello Stato ? no, perché i titoli sono rimborsabili in lire.

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aldous

La fine delle ideologie (degli altri)

di Marta Mancini

La nostra epoca non è certo contrassegnata dalla fine delle ideologie, dopo che, sbaragliata la concorrenza, la grande narrativa del pensiero unico gode di ottima salute; c'è invece da esitare sull'inconsistenza della tesi di Fukuyama della fine della storia giacché quella del mondo occidentale sembra aver trovato nel capitalismo un ancoraggio talmente saldo da impedire il benché minimo sommovimento capace di metterne in crisi gli ingranaggi. Anzi, il non funzionamento dell'attuale versione ultraliberista del capitale favorisce il rilancio dello stesso modello con una posta sempre più alta di crisi ricorrenti e acute ma mai in grado di dissolverlo.

In un passo della celebre Prefazione del 1859 a Per la critica dell'economia politica, Marx sosteneva che «il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza. A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti ... e allora subentra un'epoca di rivoluzione sociale».

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piccolenote

L'attacco a Israele in un Medio oriente cambiato

di Piccole Note

L'attacco dimostrativo dell'Iran ha cambiato il Medio oriente. Israele dovrà adattarsi alla nuova realtà o sarà la catastrofe

Mentre Israele informa il mondo che risponderà all’attacco iraniano, anche se sembra in maniera tale da evitare la grande guerra (cosa tutta da vedere dal momento che l’Iran ha detto che, nel caso, risponderà), proponiamo l’analisi di Peter Akopov pubblicata su Ria Novosti che ci appare alquanto lucida, anche se forse un po’ troppo deterministica. C’è un imponderabile, dato anche dalla follia di cui hanno dato dimostrazione negli ultimi tempi i falchi Usa e israeliani, che andrebbe comunque tenuto presente.

“Situazione sorprendente – scrive Akopov – quasi tutto il mondo chiede a Israele di non rispondere all’attacco iraniano, perché si trattava di una risposta all’attacco all’ambasciata iraniana a Damasco, e allo stesso tempo tutti si interrogano sui probabili scenari di una risposta israeliana”.

 

Israele e il dilemma di Netanyahu

“Israele colpirà il territorio iraniano nei prossimi giorni o preferirà vendicarsi contro gli alleati dell’Iran in Libano? La domanda non è futile. In caso di attacco all’Iran, seguirà un attacco di ritorsione che, come promesso da Teheran, sarà molto più potente dell’attacco del 14 aprile.