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Movimento 5 stelle: la strada è tracciata

di Aldo Giannuli

Non mi pare che i 5 stelle abbiano da gridare al successo per la manifestazione romana di sabato: alcune migliaia di persone per un partito che, ancora alle europee, contava 4 milioni e mezzo di voti ed in una città dove ha il sindaco, non mi pare un gran risultato. Sono lontanissimi i tempi in cui il M5s metteva insieme 30.000 persone al Circo massimo. Il punto è che il M5s è entrato nella fase calante della sua parabola e la sta percorrendo a velocità crescente.

Stanno venendo al pettine nodi presenti sin dall’origine e poi nascosti per un certo periodo da un contesto favorevole al movimento.

Il progetto di Roberto Casaleggio aveva intuizioni notevoli (la valorizzazione degli elementi di democrazia diretta, lo sfruttamento delle potenzialità del web, la polemica contro la casta che assumeva le vesti dell’attacco al bipolarismo Fi-Pd, il ruolo dell’innovazione nelle prospettive di crescita del paese ecc.) ma aveva anche elementi utopici o di grande debolezza (la possibilità di sostituire del tutto la democrazia rappresentativa con quella diretta, la polemica anti ideologica che lo portava a negare l’utilità delle categorie di “destra” e “sinistra”, la dimensione totalizzante del web, soprattutto la negazione della necessità di una dimensione organizzativa…).

Però, Gianroberto era anche una persona di grande onestà intellettuale e di grande abilità nel correggere la rotta in corsa, quando questo si rivelava necessario, per cui sono sicuro che avrebbe “riaggiustato” molti tratti del suo progetto.

A differenza di chi lo ha indegnamente sostituito, lui era uomo di letture ed era capace di imparare dall’esperienza. Per questo nel suo progetto c’era l’idea della elaborazione di una cultura politica propria del movimento, intorno alla quale cementare le adesioni, a cominciare da quella dei parlamentari poi rivelatisi assai inferiori al compito.

Purtroppo, alla sua morte, a succedergli è stato un giovanotto vestito da statista, ma di scarse letture e, perciò stesso, insensibile a qualsiasi idea di cultura politica, sostituita da un mazzetto di slogan, ed assolutamente incapace di imparare dall’esperienza.

Gianroberto era ostile all’ideologia in quanto tale perché era un ingegnere convinto che esiste una ed una sola soluzione giusta per ogni problema, Di Maio è ostile alle ideologie perché non ha mai aperto un libro di teoria politica.

Nel 2018 il movimento ebbe un clamoroso successo che convinse tutti (Capo politico in testa) che le cose stavano andando bene e non ci fosse bisogno di correggere nulla. Non si comprese la congiuntura che aveva portato a quel successo: la spinta del progetto originario, che ancora aveva qualche effetto, la protesta che montava per il modo in cui era stata gestita la crisi iniziata dieci anni prima, ma, soprattutto, la disfatta di Renzi al referendum costituzionale di due anni prima, il cui merito primario fu attribuito al M5s che, infatti, sul montare di quell’onda, conquistò Roma e Torino sin da prima del referendum.

A quel punto molti pezzi del progetto casaleggiano caddero uno dopo l’altro: della democrazia diretta non si ricordò più nessuno, l’ “uno vale uno” venne sostituito dall’onnipotenza del Capo politico, di innovazione non si parlò più così come della produzione di una cultura politica propria e la fregola governista di chi non vedeva l’ora di sedersi sulle poltrone ministeriali fece in resto.

Una torma di dilettanti allo sbaraglio si proiettò verso ministeri, sotto segreterie, presidenze di commissioni con poche idee ben confuse. Ne scaturì una serie di leggi una più sbagliata dell’altra come il reddito di cittadinanza, la legge spazza corrotti, taglio dei parlamentari e questione dei vitalizi, ed, ora, questa disastrosa norma sulla prescrizione.

Spesso si è trattato di provvedimenti giustissimi nelle intenzioni ma realizzati tecnicamente assai male, costruiti con grande superficialità e nella totale ignoranza dei principi giuridici.
Non abbiamo ancora visto la Corte Costituzionale al lavoro su gran parte di queste norme, ma sarà divertente vedere quante resteranno.

Il punto è che i 5stelle (che forse hanno studiato legge nell’Università della Savana) non si sentono affatto condizionati dal diritto precedente, Costituzione inclusa, per cui non sanno cosa siano i diritti acquisiti, il garantismo, la divisione dei poteri, l’equilibrio sistemico delle norme eccetera.

Della rivoluzione promessa non c’è neppure l’odore ed i risultati elettorali parlano chiaro: nelle europee il M5s ha perso 6 voti su 10 rispetto ad un anno prima (una cosa da Guynness dei primati) e poi, nelle amministrative ha continuato dimezzando quel che era restato e poi diminuendo ancora.

Il M5s non è stato un partito ed ora paga l’assenza di un assetto organizzativo; è stato uno stato d’animo, un incanto e, quando un incanto si rompe non c’è nulla fa fare: si scioglie tutto.

Ora il problema non è se il M5s si dissolverà (cosa ormai certa) ma come e con quale sedimento.

Comments

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GianMarcoMartignoni
Saturday, 22 February 2020 21:28
Da sempre il M5S si è configurato come una formazione neo-qualunquista all'interno dell'involuzione politica che ha investito il paese e la sinistra almeno dall''89. Se si dissolverà - sinceramente me lo auguro per il bene delle classi subalterne - la politica in generale ne trarrà senz'altro un guadagno. D'altronde, come ha ben rilevato l'economista Daniel Cohen su L'Espresso del 26-1 " la psicologia sociale degli elettori del M5S è molto più simile a quella degli elettori della Lega ".Tra l'altro, meglio tardi che mai, anche Marco Morosini in " Snaturati " si è tolto i suoi sassolini dalle scarpe.....
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