La crisi del M5S e la stupidità dei propositori
di Michele Castaldo
Ma come? In piena estate, in piena pandemia, in piena guerra, in piena crisi economica, in piena crisi politica il Movimento 5 Stelle nega la fiducia al governo Draghi? Cosicché tutti i farabutti di questo paese si ergono a giudici dei poveri disgraziati posti da lungo tempo sulla brace. Si avvia ormai alla sua conclusione la parabola di un movimento politico che sembrava volesse spaccare il mondo. Diciamo movimento politico e non movimento sociale, volendo da subito stabilire una differenza tra le due cose. Dovrebbe pur insegnare qualcosa a tanti sociologi, intellettuali e baronetti di sinistra che si illudono sul ruolo “rivoluzionario” da poter svolgere all’interno delle istituzioni repubblicane. I fatti hanno dimostrato ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, che si rimane rivoluzionati prima nei comportamenti e poi, conseguentemente, nei pensieri. Basta osservare il precoce Di Maio per comprenderne la farsa scambiata, dai falsi ingenui, per tragedia. Ma sarebbe stupido gridare al tradimento di questi miserrimi personaggi, mentre vanno spiegate le cause che li fecero sorgere e quelle che li stanno annientando.
Che il M5S fosse un movimento composito ed espressione di un ceto medio castigato dalla crisi economica che avanzava, non ci voleva molto per capirlo. Al di là di facce più o meno pulite e dell’età 35/45 anni che lo componevano suscitava più di qualche perplessità il fatto che trovasse voce attraverso una vecchia volpe dei palcoscenici teatrali italiani, il comico Grillo, e alle sue spalle un pensatore idealista che si rifaceva al filosofo Rousseau.
Diciamo allora in modo semplice: tutto ciò che è composito può trovare soluzione in un moto che cresce e si sviluppa; ma quando si tratta di figure ibride che vengono castigate dai processi di maggiore concentrazione capitalistica e dalle moderne tecnologie, esse vanno incontro a una tremenda illusione. Facciamo solo qualche esempio per rendere l’idea: c’erano una volta i famosi camalli del porto di Genova, chi se li ricorda più? I taxisti sono nell’occhio del ciclone della grande impresa multinazionale: per quanto tempo possono ancora resistere? Stesso dicasi per le piccole imprese artigiane e commerciali.
Come si fa a mettere insieme in un programma di governo moderne gilde di professionisti, commercianti falcidiati da continue aperture di grandi magazzini, di artigiani liquefatti dalla grande industria, di diplomati e laureati che vagano da una città all’altra, da una impresa all’altra e cozzano contro le nuove tecnologie che aumentano la produttività e riducono le possibilità lavorative?
Volendo perciò assegnare il beneficio delle migliori buone intenzioni poniamo questa domanda: in che cosa è consistito l’errore del duo Casaleggio-Grillo? Nel ritenere che in Italia governasse la politica piuttosto che l’economia. È un errore teorico in cui incorrono tutti quelli che pensano di voler cambiare il mondo agendo su una sola leva. Sicché attaccando violentemente, ma verbalmente, la politica ed i partiti si è data voce a quel malcontento diffuso lamentoso e borbottante, fatto oltre che dal ceto medio anche da settori di lavoratori e disoccupati che, impossibilitati ad agire in prima persona attraverso un’azione di lotta nelle piazze, avrebbe utilizzato il minimo sforzo, il voto, pensando di ottenere il massimo risultato. Oplà e il gioco è fatto: un nuovo movimento dell’onestà contro i disonesti, dei puri contro i ladri, dei puliti contro i corrotti, dei giovani contro i vecchi, e via di questo passo. Il popolo ha dato ampia fiducia all’urlo di “rivolta” fino a far eleggere in una città come Roma una donna a furor di popolo, appunto, e a far varare un governo giallo-verde prima e giallo-rosa poi, e infine un fritto misto, con a capo – vuoi mettere – nientepopodimeno che Draghi. Chi poteva avere dubbi sulle capacità taumaturgiche di tal colosso di Rodi, dopo gli incarichi che aveva ricoperto. Così che i poveri disgraziati dei 5 Stelle si sono trovati con la pistola alla tempia e ingoiare il rospo, il sostegno a un governo insieme nientemeno che a Berlusconi, alla Lega di Salvini e al Partito Democratico. Cosa si poteva pretendere di più, dopo che il cavaliere aveva detto dei 5 Stelle che non potevano neanche essere impiegati a pulire i cessi nelle sue aziende? Com’è possibile salire così in alto? Prendi un giovanotto dalle “ampie vedute”, lo nomini Ministro per gli affari esteri e lui è disposto a dire tutto quello che chi conta veramente gli vuol far dire e firmare. Prendi un ragazzotto, rigorosamente “comunista”, ma votato alla speranza, lo nomini Ministro della Sanità e lui “eccelle” nel ruolo assegnatogli. Il pupazzo recita mentre il burattinaio dietro le quinte tira i fili. Semplicissimo gioco del rapporto tra l’economia e la politica.
E i tanti, pure di una certa “estrema” sinistra, che pure si illudevano di dialettizzarsi con le istituzioni e di sfruttare (sfruttare, capite?) gli spazi che queste offrivano? Dovranno rifare i conti e sono piuttosto salati. La storia, cioè quell’insieme di fenomeni impersonali che macina le persone, a ogni tornata porta i nodi al pettine, e quanti hanno voluto vedere quello che desideravano piuttosto che la realtà per le sue leggi oggettive, rimangono delusi.
E l’ideologia, dove la mettiamo l’ideologia? Si domanda ancora un certo mondo di “estrema” sinistra, compresi certi baronetti universitari, “studiosi” del marxismo che fanno proposte come se avessero il potere di dirigere l’Onu, il FMI, la Fao, immensi Stati come la Cina, piuttosto che essere semplici, miseri e meschini docenti universitari a far gioco di sistema, candidandosi a ruoli di rilievo. Dove la mettiamo l’ideologia? Lì, proprio lì dove va messa, nella stessa testa che la produce.
Intendiamoci bene: che la lotta di liberazione nazionale contro il colonialismo e l’imperialismo abbia dovuto poggiare su alcune ispirazioni marxiane è un dato di fatto. Ma quei tentativi si inquadravano all’interno del movimento generale del modo di produzione capitalistico. Non potevano essere altra cosa da esso, e sono finiti, perciò, per essere parte di esso, di un movimento ascendente sul piano storico. Un movimento di produzione di valore basato sull’estrazione di plusvalore. È l’abc e se non si riesce a capire l’abc è inutile continuare a declinare l’alfabeto.
Di conseguenza diciamo che certe economie capitalistiche, “statalistiche” o “centralistiche” asiatiche o sud-americane come quelle di Cina e Russia, per un verso, o cubana e venezuelane, per l’altro verso, alle quali fanno riferimento certi “marxisti”, sono parte del modo di produzione capitalistico e non un altro modello da finalizzare a uno scopo diverso dalla produzione di valore attraverso l’estrazione di plusvalore.
Pertanto chi oggi in piena crisi di produzione di valore e con un caos generale che si va sempre più espandendo, fa proposte correttive del modo di produzione capitalistico, alla maniera di certi “marxisti” studiosi di economia, o non ha capito in che mondo viviamo, e allora si sforzi di capire, oppure ha capito ed è iscritto all’albo dei suoi difensori. Il centralismo statalista è l’altra faccia della stessa medaglia del liberismo che un Federico Rampini, ex comunista e liberista, occidentalista e americanista ribadisce in tutta chiarezza dal suo ultimo libro: l’America – dunque l’Occidente – fa schifo, ma è il miglior mondo possibile.
Infine una domanda: ultimamente si sono sviluppati movimenti di massa di una certa potenza in Occidente e in Oriente, come negli Usa, nello Sri Lanka, in Colombia, in Algeria, in Libano, tanto per citarne alcuni. Non c’era un partito rivoluzionario, senza un programma rivoluzionario, senza un leader rivoluzionario. Insomma di “rivoluzionario” teorico non c’era niente ma ci sono stati i movimenti rivoluzionari. Come la mettiamo con i nostri teorici “marxisti”, programmisti, partitisti, comitatisti, sovietisti?
La storia la muovono solo i grandi movimenti di massa spinti da necessità che il modo di produzione capitalistico è destinato sempre più a negare.
Ringrazio per la delucidazione.
Con rif.to ad altri ns. intercorsi, faccio mia la Sua interlocuzione con Michele Castaldo. Così spero che sia un pò più chiaro quello che penso anch'io. In generale naturalmente.
Cordiali Saluti
voglio precisare che, se l'ho ringraziato per avermi precisato le sue posizioni, tuttavia NON condivido le opinioni del Sig.Castaldo, che comunque seguo sempre con interesse, e che, in questa sede, non mi voglio dilungare a controbattere (molto probabilmente ne uscirei sconfitto).
In riferimento al nostro dibattito sull'articolo di ByoBlu, io comprendo benissimo gli argomenti suoi e del Sig.Castaldo, ma rilevo che ogni variante della tesi che Sinistra e Destra non esistono (più), o non sono più effettuali, finisce per portare acqua, guardacaso, al mulino delle destre (autoproclamate), e a togliere acqua al mulino delle (sempre autoproclamate) sinistre. Da cui la mia conclusione che si tratta, in realtà, di una tesi qualunquista/opportunista, cioè di destra.
L'esempio dell'articolo di Messora dovrebbe essere illuminante in questo senso, laddove, stante per vera la mia analisi del testo, l'autore finge di porsi in una posizione di equidistanza da tutti gli schieramenti politici, quando poi, in effetti, distrugge senza appello l'operato dei partiti (sedicenti) di sinistra (PD e 5S) e, in concreto, salva l'operato del partito (sempre sedicente) di estrema destra (Fratelli d'Italia), suggerendo quindi, indirettamente, di votare per quest'ultimo.
In conclusione, ognuno scelga l'interpretazione che lo convince di più: o i partiti di sinistra non esistono, o sono superflui, perchè il modo di produzione si muove da sè, e allora anche la discussione su chi votare è perfettamente inutile; oppure destra e sinistra esistono ancora, e allora votare i partiti (con tutte le loro insufficienze e manchevolezze, che nessuno nega) un pò più a sinistra dei fascisti continua ad avere tutt'ora una sua utilità.
Cordiali saluti
Grazie per la replica. Prendo atto del suo pensiero. Ci mancherebbe altro.
Comunque non sostengo affatto che non ci sia più ne destra ne sinistra. Dico che è l'economia nella sua forma sociale che regola o sregola tutto. Per la Sinistra nei rapporti economici e sociali dominati dal denaro e dalla forma merce non c'è spazio.
Cordiali Saluti