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lafionda

L’inedito attuabile

di Davide Sabatino and L'Indispensabile

Uno scoglio difficilmente aggirabile per chiunque volesse impostare una riflessione generale sulla situazione politica attuale, è quello che potremmo definire “opportunismo politico”. In pratica, questa vecchia soggettività politica decadente invece di sforzarsi di articolare una linea programmatica propria, che tenga conto di valori condivisi, di responsabilità comuni, di studio delle fonti, di apertura mentale e di compromessi mai del tutto snaturanti, preferisce cavalcare l’umore del momento. Umore che, tra l’altro, è per lo più indotto da luoghi comuni messi in circolazione dalla propaganda commerciale e informativa.

Qualche giornalista mainstream chiamerebbe questo modus operandi “populismo”, ma io credo che tale atteggiamento non sia affatto riconducibile né solo a una parte dello schieramento politico né solamente alla volontà di ricercare un grande consenso popolare (facendo leva sulle paure della gente, sulle allucinazioni collettive o sui “bisogni dei poveri” che di certo non mancano mai). Il lato peggiore di questo tipo di demagogia equilibrista risiede nell’autoconvinzione di poter rimanere sempre a galla, qualunque cosa si dica o si faccia.

Come se non si possedesse una propria storia, un prima e un dopo, ma si volesse procedere per continue cancellazioni. Questa però non può essere in alcun modo una strategia politica vincente. Piuttosto, occorre dirlo, abbiamo a che fare con veri e propri sepolcri imbiancati, che, come si sa, appaiono candidi al primo sguardo ma sotto sotto puzzano di decomposizione.

L’ipocrisia dell’odierna “opposizione” ha ormai raggiunto vette imbarazzanti. Ed è diventato quasi impossibile ascoltare seriamente un confronto politico, senza avere l’impressione di non potersi fidare proprio di nessuno. In questa fase poi, grazie alla salita in auge del governo Meloni, tutti, ma proprio tutti, si riscoprono di colpo sostenitori del pensiero critico e della libertà di espressione, dopo aver organizzato e sostenuto il grande ricatto sanitario di stato, il controllo poliziesco armato, la paranoia della discriminazione sociale e, soprattutto, dopo aver dichiarato guerra a qualsiasi posizione che non fosse allineata a quella dell’ancien régime tecno-scientista. E adesso? Adesso eccoli pronti a uscire allo scoperto per gridare alla corruzione endemica (vedi Qatar-gate), alla propaganda ideologica, al sopruso costituzionale, allo scandalo della compressione salariale…

Purtroppo per loro però nessuna rimozione o indulto sbrigativo potrà mai far procedere il discorso politico verso la costruzione di un’autentica (e credibile) nuova compagine politica. Se si pensa cioè di poter andare avanti parlando d’altro, come se in questi ultimi anni nulla di rilevante fosse accaduto, si sbaglia di grosso. Gli stessi che fino a ieri hanno governato in modo palesemente antidemocratico (checché ne dica il comunicato della Consulta sull’obbligo vaccinale[1]) sono gli stessi che adesso vorrebbero farci credere che la sofferenza del popolo e la pace siano le loro uniche priorità. Si chiama retorica gattopardesca o, se vogliamo, assimilazione della logica del “falso indiscutibile” o “menzogna generalizzata”[2] (Debord), che se non fossimo così intellettualmente assuefatti ci sarebbe quasi da indignarsi. Recuperare parte di quel sano esercizio al “sospetto”, tanto caro alla sinistra sessantottina, forse, visto come siamo messi, aiuterebbe. E non poco.

Il fatto è che ci ritroviamo continuamente soggetti alla tecnica illusionistica del “diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti” (Chomsky) che impediscono una valutazione stabile e riflessiva dell’operato politico globale e particolare. Viviamo un’accelerazione del degrado culturale (soprattutto delle nostre classi dirigenti) che, nonostante tutto, quasi paradossalmente, sta facendo crescere nella società il desiderio di una vita politica meno astratta e più lungimirante, meno antagonistica e più trasversale, meno sonnambula e più carismatica. Dunque è ora il momento di gridare: basta con questi leader fedifraghi che dicono solo parole inanimate! Basta con queste neo candidate di sinistra piene di ottimismo ingiustificato! E, ancora, basta con il richiamo al “progresso” o alla “conservazione” quando, in un senso come nell’altro, si fraintendono stupidamente le direzioni!

La linea di confine è stata tracciata. “Ricorderemo il mondo di prima come un’epoca passata”[3], scriveva nel 2020 la scrittrice premio nobel Olga Tokarczuk. Eppure, a distanza di 3 anni, quest’epoca non sembra affatto passare. La restaurazione dell’ordine politico (pre 2018) va avanti inesorabilmente: accentuazione dell’austerità, atlantismo spinto, settorialismo, bellicismo, neoliberismo, potere concentrato, digitalizzazione alienante, eccetera eccetera. Il governo Meloni è sotto molti punti di vista una pessima continuazione del governo Draghi. Ed è un peccato che colei che si definisce un “underdog”, quando si tratta di dimostrarlo, per esempio in materia economica o militare, finisca per accucciarsi buona buona sotto il tavolino dell’UE e della Nato.

Di fronte a questa situazione di stallo, ben descritta nell’articolo Il complice e il sovrano[4] di Giorgio Agamben, dove in sintesi si sostiene che chiunque tenti di immaginare una reale opposizione al Sistema partendo da presupposti costituzionali e politici, alla fine, si ritrova imbrigliato nella rete della “società di complici”, favorendo così (implicitamente) l’autorevolezza del sovrano; ecco, di fronte a questo rischio evidente, la mossa di chi (come noi) si ostina a reagire per orientare una nuova forma di rivoluzione pacifica e democratica, non può che essere scambiata per un’ingenuità utopista. E forse ciò spiega perché la proposta – salvo rare eccezioni – è ancora molto poco presente (o addirittura assente) nel campo variegato del cosiddetto “dissenso”. Eppure, siamo sicuri che prima o poi arriverà la resa dei conti. Non c’è alternativa. Anche perché sinceramente il vero complice del Sistema è colui che, pur anelando alla liberazione, per paura di finire inglobato, non fa nulla di concreto per cercare di cambiare lo stato delle cose. A questo punto allora, fra l’impotenza e il compromesso utopico, meglio il secondo. Almeno nel rischio c’è ancora vita!


Note
[1] https://www.lastampa.it/cronaca/2022/12/01/news/covid_la_consulta_salva_lobbligo_vaccinale-12282002/
[2] Guy Debord, La società dello spettacolo, Baldini&Castoldi, Milano 2021
[3] Il mondo che sarà. Il futuro dopo il virus, Gedi, Roma 2020 pag. 129
[4] https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-il-complice-e-il-sovrano

Comments

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Pantaléone
Monday, 19 December 2022 19:41
Il lavoro, il denaro, lo Stato, il soggetto, l'illuminismo, cioè con quelle categorie con cui la gente si è talmente fusa da vedere la fine del mondo piuttosto che la fine del capitalismo e delle sue categorie reali-astratte.

Anche se i "comunisti" fanno di tutto per "impedire il crollo del capitalismo". Nemmeno loro riescono a superare le barriere logiche e storiche con aggiustamenti sempre più volontari.

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Pantaléone
Monday, 19 December 2022 19:40
Le travail, l'argent, l'État, le sujet, les lumières, c'est-à-dire avec ces catégories avec lesquelles les gens se sont tellement fondus qu'ils voient la fin du monde plutôt que la fin du capitalisme et de ses catégories réel-abstrait.

Même si les "communistes" font tout ce qu'ils peuvent pour "empêcher l'effondrement du capitalisme". Même eux ne peuvent pas franchir les barrières logiques et historiques avec des ajustements toujours plus volontaires.
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