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Europa 1914 – 2024. Di nuovo i sonnambuli?

di AntonGiulio De' Robertis

Alla vigilia della Prima guerra mondiale il sentimento dominante in Europa, il “topos”, era quello della improbabilità della guerra. Un sentiment che le spregiudicate prese di posizione di molti governanti europei tendono a riproporre

In queste settimane si è tornati a parlare di un libro del 2013 di Christopher Clark sulla genesi della prima guerra mondiale, “I Sonnambuli. Come l’Europa arrivò alla Grande Guerra”, nel quale i leader che portarono i loro paesi in guerra vengono definiti sonnambuli. Cioè attori che incedevano irresistibilmente verso una meta di cui non erano pienamente consapevoli.

Lo studio analizza la dinamica che portò allo scatenamento della Grande Guerra da parte di paesi le cui società, fino ai più alti vertici, rimasero legate fino all’ultimo al topos della “improbabilità della degenerazione” in un conflitto generale della pur grave crisi Austro-Serba.

Oggi la guerra russo-ucraina rischia di provocare una dinamica analoga perché per tutta la seconda metà del 900 e i primi decenni di questo secolo ha dominato la convinzione diffusa, cioè il topos, della impossibilità di un conflitto fra potenze dotate di armi nucleari per l’enormità delle distruzioni che essa comporterebbe e alle quali non sfuggirebbe neanche l’ipotetico vincitore.

Nel concludere la sua analisi sulla genesi della guerra che oppose la potenza dell’Intesa, Francia Gran Bretagna e Russia, a quelle della Triplice Alleanza orbata dalla defezione dell’Italia, Austria-Ungheria e Germania, Clark cita una frase emblematica del topos dell’improbabilità pronunciata nel 1936, sul balcone del municipio di Sarajevo, da Rebecca West, un’opinion leader del mondo anglosassone del suo tempo: “Non capirò mai come sia potuto succedere”.

Una frase che ribadiva, a distanza di più di vent’anni, il sentiment diffuso e largamente prevalente in tutti gli ambienti responsabili delle potenze che poi si trovarono coinvolte nella guerra.

In realtà, quella convinzione rimase dominante sia nei vertici politici che in quelli militari di quei paesi fino all’ultimatum di Vienna alla Serbia. Fino a quel momento, quegli ambienti, pur dopo l’attentato all’arciduca Francesco Ferdinando, conservando il loro ottimismo sugli sviluppi della crisi non rinunciavano alla tradizionale pausa estiva né alla routine degli scambi internazionali.

Il capo di stato maggiore tedesco Helmut von Moltke (nella foto sotto), per esempio, non interrompeva le sue cure termali a Carlsbad; il kaiser Guglielmo Secondo si metteva in viaggio per la Norvegia il 21 luglio, in piena crisi, mostrando di escludere che potesse degenerare in un vasto conflitto. Analogamente, nel campo opposto, il presidente francese Poincaré, di ritorno con il primo ministro Viviani dalla visita di stato in Russia, trovava fuori luogo l’aver richiamato in Francia alcune unità militari dal Marocco. Il primo ministro inglese Asquith si dedicava, invece, tutto il mese di luglio alla questione dell’Ulster.

Assai meno ottimista, e in sostanza preveggente, era invece un osservatore esterno assai autorevole come il colonnello House, ascoltato consigliere del presidente americano Wilson, al quale già nel maggio del ’14 faceva presente che la corsa degli Europei agli armamenti terrestri e navali avrebbe portato al conflitto. (1)

È ben noto come la dichiarazione di guerra alla Serbia e la mobilitazione russa avviarono una dinamica di misure militari indifferibili per gli alti comandi dei due campi, smentendo quel topos dell’improbabilità che aveva retto nonostante il perdurare e l’aggravarsi della crisi Austro-Serba. A partire dal 1945, dopo l’impiego dell’arma nucleare contro il Giappone, si è diffusa una convinzione per un certo verso analoga a quella dell’improbabilità del primo Novecento: è “il topos dell’impossibilità” della guerra nucleare.

Dopo le esplosioni di Hiroshima e Nagasaki esso si è imposto saldamente negli ambienti scientifici più responsabili, oltre che in quelli diplomatici e dell’alta politica, culminando nella celebre dichiarazione di Reagan e Gorbaciov a Ginevra nel 1985: “la guerra nucleare non poteva essere vinta e non avrebbe dovuto essere mai combattuta”.

Nella crisi Ucraina il topos che sembra tentennare è quello dell’impossibilità del conflitto nucleare, anche se fin dal primo deflagrare della belligeranza il presidente americano ha escluso ogni ipotesi di intervento diretto delle forze americane, proprio per evitare l’innesto di un’escalation che potesse sfociare in un confronto nucleare. La complicazione, rispetto a questa posizione lineare, è la diversa modalità dell’impegno degli altri paesi NATO nel sostegno all’ “Ucraina aggredita”.

Le forme e le dinamiche di questo sostegno si sono andate evolvendo in un’escalation continua di misure e forniture di mezzi che da difensivi hanno teso ad acquisire progressivamente caratteristiche offensive – con sviluppi i cui limiti vengono dichiarati indefiniti – così come indefinita rimane la potenziale risposta russa, anche se, a più riprese, Mosca non ha escluso il ricorso in estremo all’arma nucleare.

Ma al di là dell’andamento delle operazioni sul terreno e del tipo dei rifornimenti inviati a Kiev, nelle dichiarazioni degli alcuni leader occidentali sull’inaccettabilità della sconfitta dell’Ucraina ricompare l’attitudine della San Pietroburgo del 1914 che, rifiutando a priori che la Serbia potesse essere écrasé, diede il là a quelle misure che sfociarono nello scoppio della Grande Guerra.

Ipotizzare l’assenza di limiti nell’assistenza all’Ucraina per impedirne la sconfitta, e compiacersi dell’ambiguità strategica che ne deriva, implica l’adozione di un’analoga attitudine della controparte, la cui panoplia include anche l’arma nucleare. Non può non esserci, dunque, la preoccupazione di evitare l’avvio dello stesso meccanismo inarrestabile del 1914 che spinse i leader europei a entrare in guerra come sonnambuli.

L’ipotesi di inserire nel teatro bellico ucraino unità militari di paesi atlantici accentuerebbe questo rischio, aggiungendo un altro tassello a quella guerra mondiale a pezzi denunciata dal Pontefice romano, e rischierebbe di provocare malauguratamente la saldatura di quei pezzi in un aperto conflitto globale.

Indipendentemente dai compiti che questi contingenti potrebbero svolgere, se alcuni di essi cadessero sotto il fuoco russo si configurerebbe la situazione, sempre esclusa dal “topos dell’impossibilità”: lo scontro diretto fra forze russe e forze atlantiche.

In aggiunta a questi rischi vi è poi l’intenzione di avviare una vera e propria corsa agli armamenti in Europa. Una deriva che già nel primo Novecento, come abbiamo visto, aveva indotto un acuto osservatore come il colonnello House a prevedere correttamente l’inevitabile scoppio della guerra, in aperta contraddizione con l’opinione allora dominante.

È una massima assai diffusa quella secondo cui “la Storia è maestra di vita”. Perché la vita ne possa approfittare è però necessario che la lezione della Storia venga compresa dai responsabili del nostro destino. In questo momento non sembra che ciò stia avvenendo.


Da Pluralia del 22 marzo 2024

Note
(1) Sappiamo bene che il “topos dell’improbabilità” fu smentito dalla dinamica inarrestabile innescata dopo le misure militari dell’Austria e della Serbia dalla determinazione di San Pietroburgo di impedire ad ogni costo la débacle della Serbia, avviando la mobilitazione delle proprie forze. Uno sviluppo che a sua volta mise i militari tedeschi nella condizione di imporre, come irrinunciabile per la sicurezza dell’Impero, l’avvio di analoghe misure preventive. Si trattò di una dinamica dettata dalla strategia militare, al di là della preoccupazione per la pace delle autorità civili, che si trovarono nell’impossibilità di fare scelte ispirate appunto a quelle preoccupazioni.

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Comments

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Mario M
Monday, 01 April 2024 20:35
La minaccia della bomba atomica atterrisce, al contrario dei viaggi spaziali che esaltano.  Le conquiste della scienza verso queste due opposte finalità, distruttive e progressiste del genere umano,  fanno perdere l'orientamento alle persone, fanno credere che si è in balia di un potere della tecnologia che ci sovrasta, ci annulla. Il progetto Manhattan, per la costruzione della bomba atomica, e il progetto Apollo, per la conquista della luna, erano genuini nei loro obiettivi, ma poi gli artefici, invece di confessare l'impossibilità del loro perseguimento, hanno preferito procedere con la finzione, si suppone per vari motivi: per non perdere la faccia, perché poteva far comodo avere questi stupefacenti mezzi - seppure falsi - di controllo psicologico, forse perché si riteneva che la strada fosse corretta, che occorreva insistere, e nel frattempo si poteva continuare a fingere.
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Dalla presentazione del libro di Akio Nakatani, Death Object  - Exploding The Nuclear Weapons Hoax (vi posso inviare il pdf del libro):

"Death Object Trickery is the way of war - thus has it always been. But the nuclear trick is the biggest, boldest and baddest-ass scam in all of mankind's ancient and eternal quest for power and profit through mass slaughter. DEATH OBJECT takes you behind the curtain and reveals the empty sound stage. The science, the history, the misery, the mystery - the full hoax is covered."
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Molte delle analisi che portano a negare la costruzione della bomba atomica, ad esempio quelle di Miles Mathis e Anders Björkman (dal sito http://heiwaco.com/bomb.htm ), si basano per lo più sullo studio delle fotografie e delle loro incongruenze: i vari funghi, le immagini delle città e dei militari che osservano le esplosioni, i siti di sperimentazione, gli aerei impiegati; si basano anche su incongruenze storiche, su testimonianze contraddittorie (di recente Miles Mathis ha confrontato il racconto del film Oppenheimer con i fatti storici, rilevando parecchie inesattezze, invenzioni storiche  e cinematografiche, http://mileswmathis.com/oppen.pdf )

Comunque, per essere certi della montatura storica sarebbe preferibile indagare sulle effettive possibilità offerte dalle leggi fisiche e dalla tecnica , gli eventuali limiti della fisica della materia. Ma i due autori che hanno trattato estensivamente l'argomento hanno anche lamentato una legge tutt'ora in vigore negli Stati Uniti che punisce, fino alla pena di morte, chi svela segreti sulla costruzione della bomba, che si applica anche all'inverso; pertanto i cosiddetti negazionisti non possono spingersi più di tanto nell'esame della fisica del processo all’interno della bomba. Senza scendere nei dettagli fisico-matematici del processo nucleare, che sarebbe vietato per legge divulgare, ecco una sintesi del meccanismo esplosivo: si considerano masse separate di Uranio235 fissile che vengono portate in contatto per determinare la cosiddetta massa supercritica, cioè quando i neutroni emessi per decadimento naturale non si disperdono, ma vengono catturati da altri nuclei di Uranio235 fissile che emettono a loro volta altri neutroni, così da generare la reazione a catena esplosiva. Ma, secondo Björkman e Nakatani, il processo non è possibile perché, contemporaneamente all’emissione dei neutroni, e con essi anche della radiazione, si generano anche pressioni e forze repulsive che fanno allontanare le due masse, così da spegnere la reazione. Nei reattori nucleari il materiale fissile è disperso in un altro materiale che fa da moderatore, cioè un materiale (grafite, acqua) che rallenta la velocità dei neutroni emessi, assorbe la loro energia e offre più tempo ai neutroni di incontrare altri nuclei di uranio per proseguire la reazione.

Per onestà di cronaca si riporta il titolo di un dettagliato studio sulla tecnologia per produrre una bomba atomica, che è stato pubblicato, ed è pure in vendita, il libro di John Coster-Mullen, Atom-Bombs-Secret-Inside Story,  https://www.amazon.com/Atom-Bombs-Secret-Inside-Little/dp/B0006S2AJ0 . Ma appunto, siccome non rivela niente di segreto, perché è una compilazione di documenti liberamente reperibili in bibliografia o in rete, le autorità non sono intervenute a sanzionarlo, tanto, contrariamente alle promesse del titolo, nessuno potrà costruire la bomba.

Fra le incongruenze che vengono segnalate sul bombardamento delle due città, alcune riguardano l'aspetto del loro tessuto urbano, dove quasi tutte le abitazioni in legno sono rase al suolo e bruciate, ad eccezione degli edifici in muratura, che sono rimasti in piedi, anche quello all'epicentro (ground zero) dell'esplosione a Hiroshima. Molte città giapponesi (Yokoama, Osaka, Toyama, Nagoya e tante altre che il film The Fog of War - https://www.docsonline.tv/fog-of-war-eleven-lessons-from-the-life-of-robert-mcnamara/ - elenca al tempo 40’ 30’’) subirono pesanti bombardamenti a tappeto con bombe incendiarie nel corso della parte finale della guerra. Fra queste, Tokyo venne distrutta come Hiroshima e Nagasaki. Se si esaminano e si confrontano le foto dopo i bombardamenti di Tokyo con le altre due, si possono notare le somiglianze degli aspetti distruttivi fra le due città (un articolo di Jeremy James riproduce le foto di alcune città giapponesi bombardate, http://www.zephaniah.eu/index_htm_files/Why%20Explosive%20Nuclear%20Devices%20May%20Not%20Exist.pdf ). Tra l’altro, subito dopo la guerra il Giappone rifiorisce e diventa una potenza economica; rifioriscono allo stesso modo anche le due città, Hiroshima e Nagasaki, che subirono il supposto bombardamento nucleare. Cioè non sembra che il processo ricostruttivo sia stato differente fra le città che subirono il tradizionale bombardamento e le altre due che invece subirono il supposto bombardamento nucleare. Alcuni avanzano una spiegazione arrischiata ( https://principia-scientific.com/why-isnt-hiroshima-a-nuclear-wasteland ):  la bomba esplose a centinaia di metri dal suolo, pertanto il materiale fissile si disperse nell’aria. Ma si contraddice all’inizio riportando che molte persone perirono giorni dopo l’esplosione a causa dell’effetto delle radiazioni: quindi o l’una o l’altra, o… nessuna. Non va dimenticato che nei due anni della farsa pandemica è stato molto facile attribuire centinaia di migliaia di decessi a un virus mai isolato, mentre in realtà si moriva per tutt’altre ragioni. Michael Palmer ha indagato questo aspetto nel libro Hiroshima Revisited, https://archive.org/details/Hiroshima_revisited/mode/2up .

Ci si chiede anche come mai dopo oltre 70 anni dalle due esplosioni atomiche non ci sia stato alcun sciagurato - o dott. Stranamore - che abbia utilizzato e ripetuto questo tipo di bombardamento - e dire che pazzi e spregiudicati alla guida dei governi non mancano: basti solo pensare a quello che è successo ultimamente, con gli autoattentati alle torri gemelle, all’avvelenamento di miliardi di persone con sieri genotossici (si presume che milioni di persone possano avere subito un esito fatale da queste inoculazioni) C’è chi obietta che un bombardamento con una bomba nucleare subito innescherebbe una ritorsione che determinerebbe una distruzione globale, senza salvezza per nessuno, neanche per la nazione che per prima ha iniziato l’escalation. Già, e tutti questi invasati, condizionati da una propaganda mistico-religiosa, che abbiamo visto che si sacrificano con attentati kamikaze pur di eliminare tutti i peccatori dalla terra? Per loro è pronto il citato libro di libro di John Coster-Mullen per guidarli nella costruzione della bomba, ed è pronta una rete clandestina di trafficanti di materiale fissile - peccato che… NON FUNZIONA.
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