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Gaza: il provvedimento dell'Aia, le sorprese e lo scopo della guerra

di Piccole Note

Scopo della guerra? Devastare e dividere Gaza, sfruttare i giacimenti di gas marini al largo della Striscia... Hamas, gli ostaggi sono cose secondarie

La Corte di Giustizia Internazionale dell’Aia ha ammonito Israele a permettere “senza indugio […] la fornitura… di servizi di base e di assistenza umanitaria urgentemente necessari”, cioè alimenti, medicine, carburante e altri beni essenziali.

 

La Corte e il genocidio di Gaza

È la seconda volta che la Corte, chiamata a vigilare sul crimine di genocidio, si pronuncia sulla guerra di Gaza. A gennaio emanò una sentenza nella quale richiamò Israele a prevenire il crimine di genocidio contro i palestinesi, imponendo, tra le altre cose, di cessare le uccisioni di civili e di garantire l’assistenza alla popolazione.

Il peggioramento della situazione della popolazione della Striscia ha spinto la Corte a pronunciarsi ancora una volta, con un provvedimento di urgenza che chiede, in modo “vincolante”, che sia assicurata l’assistenza dei civili.

L’urgenza è stata motivata dal fatto che, mentre in precedenza si era rilevato lo status emergenziale in cui versava la popolazione, ora Gaza “non si trova più ad affrontare solo il rischio di carestia”, ma “il dilagare della fame e della carestia”.

Né gli Stati Uniti né Israele hanno dato peso al provvedimento (tale il mondo basato sulle regole…), ma resta che si tratta di un passo ulteriore della Corte verso la sentenza conclusiva, che potrebbe bollare Israele col marchio di genocidio, crimine che già riecheggia da tante parti del mondo (ultima ad aver denunciato tale crimine, Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori palestinesi occupati). 

Non c’è da stupirsi dell’indifferenza degli interessati, basta vedere come Israele abbia snobbato la recente risoluzione delle Nazioni Unite per un cessate il fuoco immediato, potendo peraltro giovarsi dell’interpretazione che ne ha dato Washington, che per bocca della sua ambasciatrice all’Onu Linda Thomas-Greenfield, ha dichiarato che quella risoluzione “non è vincolante“, distorcendo il diritto internazionale ormai consolidato sul tema.

Per molto meno altri Paesi hanno subito azioni coercitive pesantissime, dalle sanzioni all’intervento armato, vedi alla voce Iraq, Libia, Siria, etc. Tant’è, resta comunque che il provvedimento aumenta la pressione internazionale su Israele e sugli Stati Uniti (con gli americani sempre più avversi alla guerra di Gaza, con punte altissime tra i democratici, il 75%, e tra gli indipendenti, che la rigettano quasi in toto; numeri che preoccupano il partito al governo…).

 

Le discordie di Israele

Altro fattore che ha un peso notevole sulla guerra le discordie all’interno di Israele. Quelle politiche, che vedono le forze contrarie a Netanyahu rinvigorirsi, con il ministro della Difesa Yoav Gallant sempre più avverso al premier (vedi InsideOver), una dialettica che rafforza la fronda guidata da Benny Gantz e Gadi Eisenkot (per rimanere nel ristretto ambito governativo).

Più importanti ancora le discordie innescate dal braccio di ferro sulla nuova legge riguardante la coscrizione militare, che riaffermava l’esenzione alla leva degli ultra-ortodossi, ma che è stata incenerita dalla sentenza della Corte Suprema di ieri nella quale si “vieta al governo di fornire fondi alle yeshivah ultra-ortodosse per gli studenti idonei all’arruolamento nell’IDF” (Timesofisrael). Una sentenza arrivata nonostante il premier avesse chiesto una dilazione dei tempi per tentare un compromesso.

Gli Haredi sono tanti e potenti, in patria e all’estero e, se davvero lo Stato inizierà ad arruolarli, hanno promesso sfracelli. Israele rischia di incendiarsi, con una guerra in corso – e su più fronti – da gestire.

Quanto alla mattanza di Gaza, è allo studio l’escalation nella zona di Rafah, una campagna che preannuncia nuove e più grandi catastrofi per la popolazione civile e supererebbe la linea rossa evocata da Biden. Ma si sa che Netanyahu non dà molto peso alle parole del presidente Usa.

Sul punto, per dovere di cronaca, va annotato un ripensamento di Netanyahu, che dopo aver ritirato la delegazione inviata a Washington per coordinare con l’alleato la campagna di Rafah, ha cambiato idea, rispedendo i suoi oltreoceano.

Tale coordinamento, che in teoria dovrebbe servire a mitigare la portata delle operazioni, come richiesto da Biden, serve solo ad attutire le tensioni con l’America, nulla più.

 

Le sorprese di Hamas e lo scopo della guerra

Così la parola per ora resta alle armi, a meno di una svolta improvvisa, che peraltro potrebbe anche peggiorare le cose con l’apertura di una guerra su vasta scala contro Hezbollah.

Per restare nel ristretto ambito di Gaza, si segnala un articolo del Jerusalem Post dal titolo: “Sorpresa! Hamas ha migliaia di combattenti in più di quanto Israele pensasse all’inizio”. Nella nota, un’analisi che dettaglia tale sorpresa, amara per Tel Aviv. 

Di interesse la conclusione dell’articolo: “Non c’è dubbio che, in un periodo di tempo illimitato, l’IDF potrebbe eventualmente eliminare Hamas […]. Ma il tempo non è infinito. Chiunque non lo sapesse se ne è ricordato quando gli Stati Uniti hanno deciso di non porre il veto alla recente risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiedeva un cessate il fuoco”.

“Gli Stati Uniti hanno chiarito che, nonostante quel voto, continuano a sostenere l’obiettivo di Israele di sconfiggere Hamas, ma solo entro certi limiti e probabilmente solo entro un periodo di tempo, [la cui scadenza] si avvicina rapidamente”.

Ma su quanto sta accadendo, interpella non poco l’incipit di un articolo di Ammyal Alcalay, docente presso il Queens College di New York: “Un amico di Gaza ha scritto di recente: ‘Gli obiettivi non dichiarati della guerra: uccidere quante più persone possibile, distruggere quante più case ed edifici possibile, restringere la superficie della Striscia e dividerla. Controllare le risorse di gas [scoperte di recente al largo di Gaza, vedi agenzia Reuters ndr]. Impedire la creazione di uno Stato palestinese; Hamas, gli ostaggi sono questioni marginali”. Interpella, appunto.

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