Print Friendly, PDF & Email

sinistra

Come e perché scoppiano le guerre

di Diego Giachetti

Il libro di Giorgio Monasterolo, Ucraina, Europa mondo. Guerra e lotta per l’egemonia mondiale, pubblicato dalla casa editrice Asterios (2024), affronta l’argomento guerra in Ucraina e quella fra Israele e palestinesi della striscia di Gaza rispondendo contemporaneamente a due domande: come scoppiano i conflitti militari e perché. E’ opportuno, sostiene, spostare l’attenzione dal “come”, dalla logica aggressore-aggredito – secondo la quale la guerra ucraina è iniziata nel 2022, con l’attacco russo e quella di Gaza nell’ottobre 2023 con il tragico raid palestinese del gruppo di Hamas – alle concause del momento e del prima per comprendere, non giustificare, il perché di quegli attacchi.

La retorica aggredito-aggressore, che decade facilmente nel contrasto dei buoni contro i cattivi, cancella la complessità della storia, sbiadisce il ruolo, presente e passato, del terzo incomodo di quella guerra: la Nato. Non tiene conto della storia dell’Ucraina stessa, di una popolazione linguisticamente composita: ucraini ucraini, ucraini ungheresi, polacchi, russofoni, né di quella, altrettanto complessa della Russia. Stesso scollamento tra propaganda e realtà si è verificato in seguito all’azione di guerra di Hamas del 7 ottobre 2023 verso lo Stato d’Israele.

Differentemente dal conflitto ucraino-russo, in questo caso è stato più difficile far cominciare la storia da quel giorno. Il contrattacco israeliano verso la popolazione di Gaza ha suscitato un’ondata di sdegno internazionale e ha chiamato in causa le ragioni storiche di lunga data di quel conflitto.

L’autore prende le distanze dagli eventi in quanto tali per volgere lo sguardo al passato poiché è pressoché impossibile comprendere gli avvenimenti in corso limitandosi all’analisi politica e geopolitica. Un approccio del genere non svela le radici della questione e occulta la portata degli scontri in atto. Ridurre la guerra russo-ucraina alla volontà di Putin di restaurare l’impero russo-sovietico è un modo per non vedere i rischi estremi indotti da quella situazione, con la quale si manifesta la crisi del lungo dominio di accumulazione sistemica fondato sugli Stati Uniti. Quella guerra ha accelerato la corsa verso una situazione di caos mondiale e di conflitto e, in questo senso, non è sbagliato attribuire un significato storico al “come”, cioè all’inizio dello scontro il 24 febbraio 2022.

Certo, la Russia, invadendo l’Ucraina, ha dato un decisivo contributo a destabilizzare la situazione internazionale, accollandosi la responsabilità di quella scelta. Parallelamente però la motivazione per l’invasione è stata preparata e provocata dalle decisioni di politica estera statunitensi, dalla Nato e da alcuni Paesi europei. Lo scopo della politica estera americana è di condurre e continuare una guerra, assegnata per procura all’Ucraina, contro i russi per indebolirli, favorire un cambio di regime e ridurne la potenza, destabilizzando contemporaneamente l’autonomia dell’Europa e prepararsi, con gli alleati, a ripetere l’operazione in futuro verso la Cina.

L’attuale guerra segna la fine delle magnifiche sorti progressive della globalizzazione. E’ la manifestazione evidente della crisi capitalistica mondiale e del declino dell’egemonia dello sviluppo capitalistico incentrato sugli Stati Uniti. Apre una lotta politico-militare per l’egemonia imperialista del XXI Secolo. La guerra evidenzia la distopia secondo la quale i problemi internazionali si possono risolvere solo per via militare. Il tempo della diplomazia è finito o quantomeno rinviato al dopoguerra. In questo senso, da molti decenni, le guerre ribaltano l’assunto che esse siano la prosecuzione della politica con altri mezzi. Sono la negazione e il fallimento della politica, osserva nella prefazione Fabio Mini.

D’altronde, il mondo uscito dalla fine della Guerra fredda non ha mantenuto, fin da subito, le promesse di pace. Dal 1989 in poi guerre hanno insanguinato l’Europa e il Medio Oriente. L’inglobamento nella Nato dei paesi dell’Est Europa ha contribuito ad alimentare il senso di accerchiamento da parte della leadership russa, aggravato dalla prospettiva di includervi anche l’Ucraina. Ha costretto l’Europa a un’integrazione subordinata nel ciclo di espansione politico-militare nel blocco Stati Uniti-Alleanza Atlantica. Contemporaneamente i contrasti inter-imperialisti aumentavano d’intensità: la Russia si affermava come potenza regionale, la Cina come potenza economica mondiale, temuta dagli Stati Uniti più che come minaccia militare. Nessun paese, nemmeno la Cina può ambire a ricoprire il ruolo di attore egemonico del capitalismo globale. Nessun paese, da solo, oggi può ambire a governare il mondo.

In un mondo già guerreggiato che tende pericolosamente verso l’uso di armi nucleari, l’autore individua alcune controtendenze. Innanzitutto la collocazione dei Paesi del Brics, costituiti dalle economie mondiali emergenti, come il Brasile, la Cina, l’India, la Russia stessa e altri ancora, i quali oppongono resistenza alla narrazione occidentale della guerra. Americani e occidentali sono meno di un ottavo della popolazione mondiale e non godono quindi del consenso della stragrande maggioranza dell’umanità. Una “potenza”, altrettanto materiale, è rappresentata dal movimento operaio e contadino mondiale, sottovalutato e occultato, anche se le esperienze del passato non depongono a favore della capacità dei movimenti dei lavoratori di porre i propri interessi di classe versus quelli delle frazioni dominanti. Positiva la politicizzazione in atto del movimento ambientalista che connette la questione climatica alla critica del capitalismo. Debole il movimento pacifista: non intercetta la partecipazione giovanile ed è indebolito dall’arruolamento nelle file della Nato delle forze socialiste, socialdemocratiche, democratiche e dei verdi e di alcune tra le maggiori centrali sindacali. Pochi anche gli intellettuali che hanno saputo reggere la pressione dell’unanimismo massmediatico.

Al netto di tutto, conclude l’autore, oggi l’ipotesi di un mutamento radicale del sistema mondo rientra nel campo delle possibilità più di qualche decennio prima. Il terreno della pace è oggi quello da cui partire per dar vita a un radicale mutamento, è il luogo d’incontro di tutte le forze materiali e intellettuali, giovanili, femministe, ecologiste, dei lavoratori chiamati a organizzare il cambiamento più che mai necessario.

Add comment

Submit