Print Friendly, PDF & Email

la citta futura

Aspetti materialistici della guerra in Ucraina

di Pasquale Vecchiarelli

Esaminiamo alcuni aspetti economici che hanno portato alla guerra in Ucraina

dca484dba216197752a5e926c627d5f1 XL.jpgSpesso accade che distratti dalla geopolitica, dalle intricate “dinamiche internazionali” o anche semplicemente dalla “cronaca di guerra”, si finisce per perdere di vista le vere ragioni, molto più semplici e materialistiche, che portano alla guerra. Questo è il caso della guerra in Ucraina. Abbiamo letto tante ipotesi su questa guerra che probabilmente si intrecciano e hanno un comune denominatore: la crisi generalizzata del capitalismo giunto alla sua fase suprema, il carattere reazionario dell’imperialismo, la necessità di trovare mercati di sbocco e contenderli ad altri paesi dunque la necessità di accerchiamento, di espansione della capacità di attacco e anche la guerra come elemento stesso di uscita dalla crisi. Tutti punti di analisi corretti ma perché proprio l’Ucraina? Lo studio delle radici economiche di questa guerra è davvero uno studio istruttivo per comprendere le dinamiche dell’imperialismo e inoltre si tratta di uno studio imprescindibile per chi assume come punto di partenza della comprensione del mondo sempre la realtà economica determinata storicamente. Certo indagare questa realtà è complesso perché bisogna scavare molto oltre lo spesso strato di menzogne con il quale le classi dominanti ricoprono ogni comprensibilissima dinamica della realtà, rendendola nei fatti incomprensibile. Sulla guerra in Ucraina la macchina della menzogna ha diffuso di tutto tranne che la pura e semplice verità: si è parlato di guerra di civiltà, di leader pazzi o malati, ma mai in nessun caso sui canali mainstream è stata tentata una ricostruzione su basi minimamente scientifiche. Certo una tale ricostruzione non potrebbe che partire da una critica radicale al modo di produzione capitalistico, aggredendone le fondamenta come ad esempio la viscerale e immanente necessità di ricorrere alle guerre di conquista per ottenere nuovi mercati di sbocco.

Questo è proprio il punto di partenza e la guerra in Ucraina sta esattamente all’interno di questa dinamica e cioè la dinamica di una guerra per la conquista di nuovi mercati, specificamente nell’industria agroalimentare. L'escalation ha un punto preciso di innesco: il rifiuto, alla fine del 2013, da parte del presidente Yanukovich di firmare un accordo con l’UE che avrebbe ulteriormente aperto il commercio e integrato l’Ucraina. L’accordo era legato a un prestito di 17 miliardi di dollari da parte del Fondo monetario internazionale (FMI). Invece dell’accordo tra UE e FMI, Yanukovich ha scelto un pacchetto di aiuti russi del valore di 15 miliardi di dollari più uno sconto del 33% sul gas naturale russo [1]. Citiamo da uno studio molto dettagliato prodotto da Anuradha Mittal and Melissa Moore dell’ Oakland Institute:

“Questo accordo è stato poi messo fuori discussione con il governo ad interim filo-UE che ha accettato il nuovo pacchetto multimilionario del FMI nel maggio 2014. L’accordo con il FMI che Yanukovich ha rifiutato alla fine del 2013 non è stata la prima volta in cui ha rifiutato prestiti vincolati a programmi di riforma da parte delle istituzioni finanziarie internazionali (IFI). Nel 2010, il presidente pose il veto sulla riforma fiscale che faceva parte delle misure di austerità richieste dal FMI come condizione per un pacchetto di aiuti. Nel 2011, il FMI ha sospeso l’accordo perché il governo non è riuscito ad approvare un disegno di legge di riforma pensionistica molto impopolare, che mirava a tagliare la spesa pubblica innalzando l’età pensionabile per le donne e aumentando il periodo di contribuzione salariale dei lavoratori ai loro fondi pensione.”

Questa fase che va a cavallo del primo decennio degli anni duemila è stata dunque contraddistinta per una serie di tentativi di sottomissione dell’Ucraina sul piano strettamente economico, ricordiamo che l'Ucraina è divenuta una prateria per le scorribande dei capitali stranieri proprio dalla fine dell’Unione Sovietica che ne garantiva una certa impenetrabilità sia economica che ideologica. Questi tentativi di penetrazione economica con la solita tattica del debito vs controriforme neoliberiste non è stata sufficiente visto che la sfera politica era sotto l’egemonia del capitalismo Russo. Difatti da questo momento -fine del 2013- si innesca il primo livello di escalation con il passaggio dalla guerra economica a quella politica. Non potendo effettuare una piena penetrazione economica, infatti, l’establishment euro-atlantico, ha dovuto necessariamente alzare il livello dello scontro portato avanti una vera e propria battaglia politica, potendo contare su una certa capacità di egemonia costruita nel tempo proprio grazie a una perniciosa infiltrazione ideologica condotta a vari livelli della sfera culturale specialmente nella parte occidentale del paese. Questa battaglia è sfociata con il colpo di stato di Maidan e la destituzione di Yanukovich. Citiamo ancora dallo studio della Mittal:

“Il rapporto con le istituzioni finanziarie internazionali è cambiato rapidamente sotto il governo pro-UE insediato alla fine di febbraio 2014. Solo una settimana dopo l’istituzione del nuovo governo, il FMI ha lanciato una missione a Kiev valutando le condizioni del prestito di 17 miliardi di dollari. Reza Moghadam, direttore del dipartimento europeo del FMI, ha dichiarato al termine della visita di essere “positivamente impressionato dalla determinazione, dal senso di responsabilità e dall'impegno delle autorità verso un programma di riforme economiche e trasparenza. Annunciando un pacchetto di aiuti da 3,5 miliardi di dollari il 22 maggio 2014, Jim Yong Kim, l’allora presidente della Banca Mondiale, elogiò le autorità ucraine per aver sviluppato “un programma completo di riforme, che si sono impegnate a intraprendere con il sostegno del Gruppo della Banca Mondiale”. Il pacchetto di misure finanziato dalla Banca comprendeva la riforma della fornitura pubblica di acqua ed energia, ma, cosa ancora più importante, mirava ad affrontare quelle che la Banca Mondiale ha identificato come le “radici strutturali” della crisi economica in Ucraina, e cioè i costi elevati per fare affari nel paese. La Banca Mondiale ha imposto condizioni neoliberiste per prestare denaro all’Ucraina, chiedendo al governo di limitare il proprio potere “rimuovendo le restrizioni che ostacolano la concorrenza e limitando il ruolo del ‘controllo’ statale nelle attività economiche”. Appaiono la Banca Mondiale e il FMI essere fortemente coinvolti nell’attuazione di riforme strutturali e misure di austerità che influenzeranno notevolmente la vita di tutti gli ucraini. Mentre la Banca e il FMI svolgono le loro attività in molti paesi con il pretesto di democrazia, sviluppo e crescita economica, nel caso dell’Ucraina il loro intento è chiaro. La fretta di fornire nuovi pacchetti di aiuti al paese indica che entrambe le istituzioni hanno premiato il passaggio a un governo pro-UE allineato all’agenda neoliberista. Il 27 maggio 2014, il New York Times ha svelato come la fedeltà all’Occidente non riguardasse certamente solo la geopolitica e la democrazia. Il giornale osservava che “gli interessi occidentali premono per un cambiamento” e che le grandi multinazionali hanno espresso un timido interesse per l’agricoltura ucraina”.

Dunque subito dopo la destituzione di Yanukovic e l’insediamento di un governo filo UE si apre la strada alla penetrazione economica dei capitali occidentali in Ucraina interessati specialmente all’enorme mercato agroindustriale. Citiamo ancora dal medesimo articolo (che ricordiamo risale al 2014):

“La posta in gioco attorno al vasto settore agricolo dell'Ucraina, il terzo maggiore esportatore mondiale di mais e il quinto maggiore esportatore di grano, costituisce un fattore critico che è stato spesso trascurato. Con i suoi ampi campi di fertile terra nera che consentono elevati volumi di produzione di cereali, l’Ucraina viene spesso definita il “granaio d’Europa”. Negli ultimi anni (questo articolo che citiamo risale al 2014 ma come vedremo a oggi la concentrazione è ancora maggiore n.d.r.), più di 1,6 milioni di ettari sono stati ceduti a società straniere per scopi agricoli.Gli accordi più grandi riguardano 405.000 ettari a una società quotata in Lussemburgo, 444.800 ettari a Cipro, 120.000 ettari a una società francese e 250.000 ettari a una società russa. La Cina ha firmato un accordo per 3 milioni di ettari di terreni agricoli di prima qualità nell'Ucraina orientale nel settembre 2013, ma non è chiaro se questo accordo andrà avanti con il cambiamento di governo. Secondo quanto riportato dai media, questo accordo è ora “contestato”. Se venisse attuato, l’accordo darebbe alla Cina il controllo su un’area grande all’incirca quanto il Belgio e che rappresenta il 5% di tutta la terra coltivabile in Ucraina. Mentre l’Ucraina non fa consentire l’uso di organismi geneticamente modificati (OGM) in agricoltura, l’articolo 404 dell’accordo UE, che riguarda l’agricoltura, contiene una clausola che generalmente è passata inosservata: indica, tra le altre cose, che entrambe le parti coopereranno per estendere il dell’uso delle biotecnologie. Non c’è dubbio che questa disposizione soddisfi le aspettative del settore agroalimentare. Come osserva Michael Cox, direttore della ricerca presso la banca d’investimento Piper Jaffray, “L’Ucraina e, in misura più ampia, l’Europa dell’Est, sono tra i mercati in crescita più promettenti per il colosso delle attrezzature agricole Deere, così come per i produttori di sementi Monsanto e DuPont. [...]”

Dunque questo studio del 2015 mostrava, con dettaglio raffinatissimo, i piani di spartizione del mercato ucraino della terra, spartizione che ovviamente è proceduta negli anni successivi seguendo necessariamente le dinamiche di centralizzazione e concentrazione fino ad arrivare ai giorni nostri. Citiamo in proposito uno studio altrettanto interessante sempre dell’Oakland Institute questa volta redatto a opera di Frédéric Mousseau e Eve Devillers e risalente al Maggio del 2023 [2].

“Con 33 milioni di ettari di terreno coltivabile, l’Ucraina possiede vaste aree dei terreni agricoli più fertili del mondo.Privatizzazioni fuorvianti e governance corrotta dall’inizio degli anni ’90 hanno concentrato la terra nelle mani di una nuova classe oligarchica. Circa 4,3 milioni di ettari sono destinati all’agricoltura su larga scala, la maggior parte dei quali, tre milioni di ettari, sono nelle mani di appena una dozzina di grandi aziende agroalimentari. Inoltre, secondo il governo, circa cinque milioni di ettari – la dimensione di due Crimea – sono stati “rubati” da interessi privati allo Stato dell’Ucraina. La quantità totale di terra controllata da oligarchi, individui corrotti e grandi imprese agricole supera quindi i nove milioni di ettari, superando il 28% della terra coltivabile del paese. Il resto viene utilizzato da oltre otto milioni di agricoltori ucraini. I maggiori proprietari terrieri sono un mix di oligarchi e una varietà di interessi stranieri – per lo più europei e nordamericani, tra cui un fondo di private equity con sede negli Stati Uniti e il fondo sovrano dell’Arabia Saudita. Tutte le dieci maggiori società immobiliari, tranne una, sono registrate all'estero, principalmente in paradisi fiscali come Cipro o Lussemburgo. Anche quando gestite e ancora in gran parte controllate da un fondatore oligarca, un certo numero di aziende si sono quotate in borsa, mentre le banche occidentali e i fondi di investimento ora controllano una quantità significativa delle loro azioni. Il rapporto identifica molti importanti investitori, tra cui Vanguard Group, Kopernik Global Investors, BNP Asset Management Holding, NN Investment Partners Holdings di proprietà di Goldman Sachs e Norges Bank Investment Management, che gestisce il fondo sovrano norvegese. Un certo numero di grandi fondi pensione, fondazioni e fondi universitari statunitensi investono anche in terra ucraina attraverso NCH Capital, un fondo di private equity con sede negli Stati Uniti, che è il quinto più grande proprietario terriero del paese. La maggior parte di queste aziende sono sostanzialmente indebitate nei confronti delle istituzioni finanziarie occidentali, in particolare la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), la Banca europea per gli investimenti (BEI) e la Società finanziaria internazionale (IFC) – il ramo del settore privato della Banca mondiale. . Insieme, queste istituzioni sono state i principali finanziatori delle imprese agricole ucraine, con quasi 1,7 miliardi di dollari prestati a sole sei delle più grandi aziende terriere ucraine negli ultimi anni. Altri finanziatori chiave sono un mix di istituzioni finanziarie principalmente europee e nordamericane, sia pubbliche che private. Questo debito non solo dà ai creditori partecipazioni finanziarie nella gestione delle imprese agricole, ma conferisce loro anche un significativo livello di leva finanziaria. Ciò è stato dimostrato dalla ristrutturazione del debito di UkrLandFarming, uno dei maggiori proprietari terrieri dell’Ucraina, che ha coinvolto creditori tra cui le agenzie di esportazione-importazione di Stati Uniti, Canada e Danimarca, tra gli altri, e ha portato a importanti cambiamenti organizzativi, tra cui il licenziamento di migliaia di dipendenti. lavoratori. [...]”

Questo studio che abbiamo citato, molto preciso, inquadra nel modo più lampante la catena di eventi che riguardano gli interessi imperialistici nella contesa russo-ucraina mostrando peraltro l’interconnessione che vi è tra imprese e banche quale esemplificazione del concetto leninista di capitalismo finanziario. Lo studio procede oltre identificando precisamente tutte le grandi multinazionali, gli oligarchi e le banche dei diversi paesi che si sono concentrate per la conquista della terra ucraina. Non resta appunto che esaminare il terzo stadio di sviluppo dell’escalation e cioè, dopo la penetrazione economica e la eterodirezione politica, si è giunti al conflitto militare aperto. Ciò era inevitabile visto che dati gli investimenti calati sul campo certamente le multinazionali e le banche, sia europee che statunitensi, non potevano certamente lasciare il bottino a un’altra potenza regionale.

“L’invasione russa ha avuto numerose ripercussioni sull’agricoltura ucraina, inclusa la carenza di fertilizzanti, sementi e carburante.[...] Alcune aziende agricole riferiscono di aver perso l’accesso alle loro terre, come UkrLandFarming, che afferma di aver perso il controllo del 40% delle sue proprietà, inclusi 100.000 ettari nella regione meridionale di Kherson e 6.500 ettari nella regione orientale di Luhansk.HarvEast, controllata da SCM, ha dichiarato di aver perso quasi tutti i suoi beni nella regione di Donetsk a causa della guerra, perdendo il controllo di oltre 95.000 ettari di terreno vicino a Mariupol. Parte di questa terra è stata sequestrata da altre imprese agricole, che stanno approfittando del conflitto per accumulare più terra. Ad esempio, 100.000 acri (40.500 ettari) della terra persa da HarvEast sarebbero stati sequestrati dall’agroindustria russa Agrocomplex, che controlla oltre 800.000 ettari di terra in Russia ed è guidata dall’oligarca Alexander Tkachev, ex ministro dell’agricoltura russo.Agrocomplex è stata accusata di aver rilevato oltre 400.000 acri (161.874 ettari) di terreni agricoli ucraini.”

In conclusione.

Se per un verso è necessario partire dal particolare e con un approccio materialistico come si svolgono gli eventi e nel caso specifico le ragioni di fondo che portano alle guerre, anche per comprenderne il contenuto principale, che in questo caso è innanzitutto quello di una guerra predatoria imperialista per la conquista del mercato Ucraino, al contempo non bisogna sottovalutare l’aspetto “universale”, e cioè non bisogna dimenticare di calare il particolare in un affresco più generale. Questa guerra infatti va necessariamente anche inquadrata come una guerra per la distruzione di capitale per interposto esercito, come un leva per l’economia e come transizione verso un keynesismo di guerra che inevitabilmente condurrà a ulteriori escalation. Infine questa guerra deve essere necessariamente inquadrata anche come un scontro interno all’imperialismo euro-atlantico con quello europeo che finora ha subito l’eterodirezione di quello tra i due più forte e cioè quello anglo-americano. Infine si tratta anche di un scontro verso l'oriente cioè verso quei paesi come la Russia e la Cina che con il passare degli anni sono divenuti competitor di livello nella conquista dei mercati mondiali.


Note 
[1] Walking on the West Side di Anuradha Mittal and Melissa Moore.
[2] WAR AND THEFT THE TAKEOVER OF UKRAINE’S AGRICULTURAL LAND by Frédéric Mousseau and Eve Devillers

Add comment

Submit