L’alternativa al ponte sullo Stretto esiste
di Domenico Gattuso
Il ponte sullo Stretto torna alla ribalta a seguito dell’approvazione del Progetto Definitivo da parte di un CIPESS telecomandato. E spopola sui media un ministro che è una caricatura, fiero di sé e della sua mediocre cultura politica. Sotto i riflettori di una stampa di servizio, egli si propone a suon di slogan da bar, di assicurare che ormai è fatta, che lui ha raggiunto il suo scopo, che ora tocca ai tecnici passare alla fase esecutiva.
In realtà l’omino è solo uno strumento nelle mani di potenti lobby finanziarie e del cemento che impongono ancora oggi strategie e politiche finalizzate a grandi opere di ingegneria, senza guardare troppo alle reali esigenze della collettività. Attraverso mirate campagne promozionali su gran parte dei giornali, delle Tv e dei social addomesticati, le lobby vogliono far passare l’idea che solo con tali opere sia possibile garantire progresso e sviluppo. Tali opere purtroppo fagocitano ingenti risorse finanziarie a scapito di infrastrutture e servizi diffusi che dovrebbero avere la priorità, provocano impatti negativi notevoli sui territori, offrono benefici solo per frange di privilegiati. Spesso si tratta di opere impegnative che comportano grandi rischi, senza imprimere reali forme di sviluppo nelle aree in cui sono collocate.
Ciò che impressiona è la visione miope delle classi dirigenti in questa fase storica; una visione liberista e affarista, scevra di attenzione all’equità sociale e territoriale, direi anche spendacciona e sprecona. Da tempo ormai si vanno affermando in molte regioni del mondo delle politiche di mobilità alternative improntate alla sostenibilità e al bene comune.
Si stanno affermando nuovi paradigmi della mobilità che si fondano su una visione rovesciata delle priorità: in cima alla piramide dell’interesse collettivo si trovano i pedoni, le persone a mobilità ridotta, i ciclisti, i trasporti pubblici locali; l’autovettura privata perde la sua egemonia secolare e viene relegata in fondo, perché divora suolo, consuma energia, inquina, produce congestione e incidenti, limita la qualità della vita soprattutto nelle città.
Oggi si insiste con il ponte sullo Stretto, una mega infrastruttura dal costo previsto di 14,6 miliardi € (circa 5 Miliardi €/km), incuranti del fatto che la grande maggioranza dei cittadini italiani non condivida l’opera. Un sondaggio SGV del 2018, pubblicato sul Sole24Ore, indica un 30% di favorevoli contro un 53% di contrari; un sondaggio giornalistico di MessinaToday del 2023, tra i propri lettori, mostra che il 70% dice no alla costruzione. Un altro sondaggio del 2023 a scala nazionale promosso da GeoMagazine.it evidenzia i seguenti risultati: Il 66,1% degli intervistati è contrario alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, il 29,9% è favorevole, un 4% non si esprime; da notare che si riscontra un’opposizione ancora più forte a scala regionale (Calabria e Sicilia): il 73% degli intervistati è contrario al ponte.
Le risorse finanziarie sono scarse per loro natura, per cui prima di impegnarle in pochissime opere puntuali sarebbe bene fare una valutazione comparata di alternative di spesa in sede progettuale. Stranamente nel Progetto del ponte dello Stretto, viene escluso a priori uno scenario alternativo fondamentale: un intervento di potenziamento dei servizi marittimi e delle reti di trasporto circostanti. Quello che si nasconde alla comunità è il reale valore delle cose; allora proviamo a fare chiarezza e alcune valutazioni da buoni e seri genitori di una famiglia normale, non ricca: è preferibile indebitarsi e comprare un’auto di lusso o spendere il reddito per far fronte alle esigenze quotidiane, come la cura della salute, l’istruzione, il cibo, l’affitto della casa o il mutuo, la mobilità necessaria, alcune attività ludiche, sportive, ricreative?
Dunque ipotizziamo che il Governo, per miracolo, assuma consapevolezza che l’area dello Stretto sconta un forte ritardo di sviluppo, evidenzia un preoccupante trend demografico negativo da diversi decenni, manca di servizi essenziali, subisce fenomeni di dissesto idrogeologico frequenti, possiede infrastrutture primarie e secondarie carenti, presenta i valori più modesti a scala nazionale ed europea degli indicatori relativi alla qualità della vita. E decida di cambiare strategia: i fondi impegnati (14,6 Miliardi) non siano più destinati al ponte di Salvini, ma a una grande opera di bonifica, rigenerazione e qualificazione del territorio della conurbazione metropolitana dello Stretto: messa in sicurezza del territorio rispetto al dissesto idro-geologico, al rischio sismico, alle alluvioni; dotazione di servizi primari come acqua potabile ovunque e continua; sistema e strutture sanitarie, infrastrutture viarie, portuali, aeroportuali, logistiche acquedottistiche, energetiche, di telecomunicazione su standard europei; sistema scolastico adeguato alle esigenze a partire da una giusta dotazione di asili nido fino ad un sistema universitario potenziato e integrato; sistema socio-assistenziale che risponda bene alle esigenze delle componenti della popolazione più fragili; gestione del ciclo dei consumi finalizzato al riciclo e a Zero rifiuti; cura del territorio e delle persone in tutti i possibili aspetti; rigenerazione urbana e riqualificazione dei quartieri degradati e delle periferie. Non sarebbe certo meglio, più produttivo e meraviglioso?
Limitandosi allo Scenario alternativo per la mobilità fra le due sponde dello Stretto, si potrebbe puntare su 5 azioni sinergiche:
- una flotta navale ben strutturata e dimensionata. Un traghetto a doppio portellone costa circa 50-60 milioni €, un catamarano con 250 posti circa 8-10 milioni €; un traghetto di ultima generazione dotato di binari può ospitare un intero treno regionale senza necessità di scomporlo. Una flotta di 20 traghetti e 10 catamarani richiederebbe un investimento di 1,2 miliardi €, che potrebbe essere ridotto considerando che parte del naviglio in esercizio è di proprietà dello Stato (FS);
- l’adeguamento e il potenziamento dei porti, degli approdi, delle stazioni marittime intermodali;
- un riassetto dei servizi marittimi sullo Stretto, attraverso linee più razionali, frequenti e distribuite spazialmente;
- un’integrazione dei servizi di trasporto pubblico mare-terra, ivi compresi servizi ferroviari interregionali con treni su traghetti e manovre rapide nei porti;
- il superamento dell’egemonia degli operatori marittimi privati, con un pieno controllo pubblico dei servizi e conseguente adozione di tariffe sociali per i passeggeri dell’ordine di 1 €/persona, 5 €/auto, 15 €/camion; ciò non è velleitario e sarebbe ancora più praticabile qualora si garantisse una distribuzione delle risorse finanziarie governative tra i porti italiani in rapporto alla domanda di mobilità annuale attratta da ciascuno di essi in luogo di stantie soluzioni di ripartizione penalizzanti i porti dello Stretto.
In termini di investimenti per i trasporti stimo che si giocherebbe una partita da 4 miliardi € al massimo; con i 10,6 miliardi rimanenti si potrebbe avviare la citata grande opera di bonifica, rigenerazione e qualificazione del territorio metropolitano dello Stretto, ovvero dell’insieme delle due città metropolitane, in cui vivono oltre 1,2 milioni di abitanti.
Comments