Comici spaventati guerrieri europei
di Dante Barontini
Se non fosse che stanno comunque prendendo decisioni di terribile portata, sarebbero una compagnia di comici a tratti irresistibile.
L’ultimo vertice europeo di giovedì aveva al centro, come previsto, il 19° pacchetto di sanzioni alla Russia – oggetto di esilaranti sfottò da parte di Maria Zakharova, portavoce del ministero degli esteri di Mosca – nonché lo spinoso tema del sequestro o “utilizzo improprio” dei fondi russi congelati in banche del vecchio Continente.
L’idea è sempre quella: usarli come garanzia per un prestito da 140 miliardi all’Ucraina. Prestito per modo di dire, visto che Kiev non è in condizioni di restituire nulla, semmai di chiedere altri “aiuti”.
Il problema al momento insuperabile resta però… il Belgio, sede di quelle banche, per nulla intenzionato a perdere il controllo di un asset che vale un quarto del suo Pil e rende un miliardo di entrate fiscali per il piccolo regno. Il Belgio teme ritorsioni legali e finanziarie da Mosca e vuole che altri condividano il rischio.
Ma comunque non ci sta a fare la parte del pauroso: “Un miliardo è un sacco di soldi, ma è un dettaglio se lo paragoni ai problemi legali che stiamo avendo e ai rischi che stiamo già affrontando“, ha detto il premier Bart De Wever, aggiungendo che “Sono andato a Kiev e ho detto: ho un miliardo di entrate fiscali, quindi puoi contare su un miliardo ogni anno“. Spiccioli…
D’altro canto il presidente ucraino Volodymyr Zelenskij aveva giurato ai leader che Kiev avrebbe dato priorità all’industria domestica ed europea quando avrebbe speso i soldi del prestito, ma allo stesso tempo ha insistito sulla possibilità di acquistare soprattutto armi americane. Per la UE, in pratica, un gioco tutto a perdere (prestare soldi propri a Kiev perché compri armi Usa, di qui l’idea di usare invece i fondi russi…)
Come per tutte le vicende europee di un certo peso si è deciso di rinviare la decisione. Se ne riparlerà al prossimo vertice, previsto a dicembre.
La situazione legale è tutt’altro che semplice, anche se gli sciroccati ai vertici della UE sarebbero pronti a ignorarle. Al di là dei trattati internazionali esistenti, infatti, sequestrare beni depositati in Europa ma appartenenti a un qualsiasi Stato extraeuropeo espone a due rischi certi: la ritorsione da parte dello Stato danneggiato (e ci sono molti beni europei basati in Russia, a cominciare da impianti industriali) e la fuga dei capitali appartenenti ad altri Stati, che temono di poter subire la stessa prassi per ragioni politiche.
Insomma, se si va a toccare la “proprietà privata” rischia di saltare un intero sistema costruito nei secoli. Qualcuno in effetti fa notare che neanche durante la Seconda guerra mondiale si era arrivati a proporre qualcosa del genere nei confronti della Germania nazista.
Così si capiscono meglio le cautele persino di Macron: “Dobbiamo procedere con metodo, perché non possiamo fare nulla che violi il diritto internazionale“, pur assicurando che il progetto di sequestro “Non è stato archiviato, siamo riusciti a discutere i dettagli tecnici“. Ma d’altro canto non ci sono sul tavolo altre soluzioni per finanziare direttamente l’Ucraina, visto che la UE è in recessione e si sta già indebitando a futura memoria per sostenere il riarmo continentale.
Sui “dettagli tecnici”, però, i leader hanno dovuto ascoltare Christine Lagarde, presidente della Bcel a quale ha detto che le attività immobilizzate che vengono sequestrate devono essere garantite, poiché “i mercati stanno osservando” (tradotto: “se cominciate a toccare i soldi di qualcuno scappiamo tutti”).
Se “la Russia dovesse effettivamente rivendicare i soldi per qualsiasi motivo… il contante deve esserci immediatamente“, ha spiegato poi il belga De Wever, aggiungendo che sarebbe in gioco “la fiducia dei mercati nell’intero sistema finanziario europeo“. “Questa è una grande domanda: chi darà questa garanzia [chi ci mette eventualmente i soldi, ndr]. Ho chiesto ai miei colleghi: Sei tu? Sono gli stati membri?… Questa domanda non ha ricevuto una risposta con un’ondata di entusiasmo attorno al tavolo“.
Il silenzio di tomba può essere più eloquente di tante dichiarazioni vibranti patriottismo europeo…
Del resto anche l’entusiasmo per la decisione di Trump – sanzioni contro i colossi petroliferi russi Lukoil e Rosneft – è durato il tempo di ascoltare la notizia. Cinque minuti dopo il presunto “falco” antirusso, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, annunciava di aspettarsi “una corrispondente esenzione per la filiale tedesca di Rosneft“.
Cose che succedono quando ti metti a fare il bullo cretino unilaterale all’interno di un sistema economici altamente interconnesso in cui la “nazionalità dei capitali” è sfuggente, ma la loro operatività è decisiva.
Questi “leader europei” sono guerrafondai nel cervello, ma “gli manca il fisico”. E quindi tendono irresistibilmente a recitare un sequel de “L’armata brancaleone“. Senza neanche riuscire a far ridere…







































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