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lacausadellecose

Il vecchio di fronte al thàlatta

di Michele Castaldo

turnerChe sia, quello attuale, un periodo confuso e di magra per le sparute forze ideali che si richiamano al comunismo è fuori discussione. Che si allunghi perciò la lista di chi scrive necrologi nei confronti degli oppressi e sfruttati, pure. Che gli intellettuali e professoroni di “sinistra” facciano la fila per la respirazione bocca a bocca al capitalismo in crisi, passi, è una storia che si ripete. Ma che si pretenda addirittura di impartire lezioni su cosa sia o debba essere un movimento di massa, beh, è troppo! Dunque, per dirla con Totò, ogni limite ha una pazienza! E in certi casi la si perde, come in questo periodo, nei confronti di personaggi circondati da aureola di cartone.

Mi riferisco al professor Gianfranco La Grassa, un nome una garanzia, che in un articolo su questo sito suona la campana a morto per la lotta degli oppressi e sfruttati. Dopo un corposo articolo in cui cincischia fra autori alla ricerca del tempo che fu, scarta l’economia – da “bravo” economista - per ergersi a consigliere politico e sparare nel mucchio. Sentiamolo: «[…] Sottolineo che si deve attaccare a più non posso l’economicismo, l’assenza totale di ogni analisi dell’evoluzione politica e sociale in quest’epoca di sempre crescente disordine e conflittualità internazionale». Ovvero in una fase di caos dell’economia e della politica, molti direbbero della “geopolitica”, come se a un certo punto la storia la facesse la geografia piuttosto che le forze sociali in rapporto ai mezzi di produzione, ecco che il professorone tira fuori dal profondo dell’anima liberaldemocratica l’anatema: «Non si cerchi però, nel breve (e forse medio) periodo, di voler riproporre la “riscaldata minestra” del conflitto sociale o addirittura “di classe”».

La “riscaldata minestra” del conflitto di classe? Ma dove ha vissuto questo signore la sua vita oltre che nelle aule universitarie e nei salotti bene? Perché solo chi ha quel tipo di frequentazioni può pensare che la lotta di classe sia una minestra riscaldata, perché per gli oppressi e sfruttati – ebbene dirsele le cose con chiarezza – essa è il cibo quotidiano, non per ideologia banderuolesca, no, ma per necessità che il modo di produzione obbliga a intraprendere.

Ma il nostro professore ci va giù duro nella sua mistificazione della realtà e per giustificare il suo opportunismo ripercorre all’indietro la storia come certi vecchi sulle panchine dei parchi, scrivendo: «Siamo ancora, […] a quella che in tempi passati e con differente sistema di interrelazioni mondiali fu definita “epoca dell’imperialismo” (in realtà, detto con definizione più generale, del conflitto policentrico). In quell’epoca si svilupparono le grandi rivoluzioni che si credé orientate al socialismo: “rivoluzione d’ottobre” durante il primo grande conflitto “inter- imperialistico”; quella cinese con il secondo grande conflitto (anche se la nascita ufficiale di quello Stato avvenne nel 1949). E anche le altre (Cuba, Vietnam, ecc.) furono favorite dalla situazione “bipolare” creatasi con la seconda guerra mondiale».

Altrimenti detto: o poveri noi illusi del tempo che fu, che credemmo alla befana! E così il grande professore, a 85 anni, che coraggio da leone, scende dalla cattedra dell’economia per salire su quella della storia, della politica, della filosofia, cioè per ergersi a teorico della controrivoluzione preventiva proprio quando il modo di produzione capitalistico ha cambiato fase ed è entrato in una crisi senza precedenti della sua storia e non sa come uscirne, proprio perché le sue leggi impersonali gli impediscono di correggere la rotta. Come dire: scava scava, e dentro ogni giovane o vecchia carcassa democratica, al dunque scopri sempre l’animo arrivista di chi difende lo status quo capitalistico.

Ma, si domanda il malcapitato lettore, con chi ce l’ha costui? Ecco servito: «In definitiva, basta con il micragnoso e gretto (e dunque sviante) economicismo, la malattia degli intellettuali blanditi da una classe dominante come quella “occidentale”; ma in modo speciale da quella europea, infame e inetta come forse non è mai accaduto nella lunga storia delle società umane.» Chiaro il messaggio: in Europa non esiste una borghesia al passo dei tempi come in passato, ovvero quella colonialista prima e imperialistica poi. L’attuale classe dirigente è «inetta e infame». Che paroloni! Diceva Luciano Rispoli, l’uomo della trasmissione televisiva del Tappeto volante. Ma il vecchio adagio dice che più roboanti sono le parole minore è il contenuto. E difatti il professore non si smentisce: «Le nostre popolazioni, che ancora accettano simili ceti dirigenti sono al momento inermi e imbelli». Dunque – si chiede ancora il malcapitato lettore – i rappresentanti esprimono i rappresentati, di che si meraviglia il professore? E l’illustre docente dopo aver passato una vita tra aule universitarie e salotti bene è afflitto dall’amletico dubbio: «Si formerà una Forza Nuova capace di fare piazza pulita, in senso veramente definitivo ed esaustivo di tali ceti»?

Come dicevano i latini, in cauda venenum, ovvero: «Per il momento nulla si vede», dice il nostro, e prosegue: «E finché la situazione resterà come ormai è da alcuni decenni, la si smetta di sognare addirittura le rivoluzioni dei dominati;». Dunque il messaggio è chiaro e forte per i poveri disgraziati che vivono nella miseria, nello e dello sfruttamento, quando gli dice bene, nella e della precarietà, per i poveri immigrati che vengono fatti arrivare nelle nostre metropoli per metterli in concorrenza con i lavoratori autoctoni e abbassare il costo della mano d’opera, per sostenere l’economia italiana, europea, dunque occidentale contro quella asiatica in modo particolare. Ma perché questo freddo cinismo da parte di un ex “comunista” e di un ex “maoista”, verrebbe da chiedersi? Il professore argomenta così il suo cinismo: «Perché […] anche se questi dovessero avere qualche sussulto di ribellione (e di dubbi ce ne sono tanti), verrebbero schiacciati e massacrati in assenza di una effettiva direzione strategica al loro vertice. Si ricominci a ragionare». Il professore legge il futuro e anticipa la rivolta negli Usa con estrema precisione!

Tempo al tempo; il professore viene da una scuola di lungo corso: si laureò con la tesi Modelli di sviluppo e dualismo in un'economia, che ottenne la lode e un premio della Confindustria, non dai delegati operai della Fiat del luglio 1962. Che si pretende? Il povero lettore a un certo punto è incredulo, gli pare di ascoltare un vecchio pensionato al parco, piuttosto che leggere di un ex economista, ex comunista maoista, che è sceso dalla sua cattedra di economia per ergersi in trono, dall’altezza dei suoi anni, a storico e politico. Gli pare, al nostro lettore, di leggere sulla faccia dell’85enne professore quella smorfia che storce la bocca a sinistra e manda in su la pelle della gote in quanto molto dubbioso su quelle che potrebbero essere le sue aspirazioni e previsioni, come da uno stratega del bar dello sport per una complicata partita di calcio della propria squadra.

Quando si comincia la discesa, specialmente verso l’età della “saggezza”, questa diventa sempre più ripida e i capitomboli si susseguono a ripetizione, specialmente in tempi di magra come quelli attuali. Un conto è il vento in poppa di una rivoluzione come quella russa, cinese, cubana, vietnamita, o iraniana, tutt’altra cosa è un periodo come quello attuale che, a rigor di logica materialistica, ho definito di Interludio torbido. Va detto senza mezzi termini e senza nasconderci dietro una foglia di fico: è complicato, molto complicato orientarsi in una situazione come quella attuale. Con una certa amarezza dobbiamo prendere atto, purtroppo, che ci sono anche personaggi, gruppi di “sinistra” e di “estrema sinistra”, più “giovani” anagraficamente del professor La Grassa, nel coro del Dies irae alla lotta di classe e che si candidano continuamente come paggetti del nazionalismo rigorosamente di “sinistra”.

Lasciamo il professor La Grassa ai suoi dubbi e al suo sconforto, pregandolo – se ci è consentito – di rispettare la legge più saggia della storia dell’uomo: piuttosto che dire sciocchezze, meglio tacere, ne guadagna il buon senso. A questo punto cerchiamo di rispondere brevemente all’eventuale malcapitato lettore dicendo alcune poche cose.

Se la preoccupazione del nostro interlocutore, indipendentemente dall’età anagrafica, dovesse essere la stessa della stragrande maggioranza dei pensatori della sinistra attuale, beh allora «sciarmammo ‘a scopa e jammucenne ‘a casa», si dice a Napoli, ovvero: disarmiamo l’attrezzo e andiamocene a casa, tanto lo spettacolo è indecoroso. Quelli che la pensano come La Grassa “ragionano” capovolgendo l’uomo, ovvero facendolo camminare con la testa per terra e le gambe all’aria. Cerchiamo perciò di rimettere l’uomo coi piedi per terra e di farlo camminare in avanti piuttosto che con lo sguardo all’indietro, come fa la stragrande maggioranza dei pensatori di “sinistra” cui ovviamente La Grassa si rivolge per invitarli a non dare spago a illusioni rivendicazionistiche del proletariato o addirittura al pensiero della lotta di classe con finalità rivoluzionarie.

Un pensatore non è altro che un cervello che raccoglie in pensieri quello che si sviluppa nella società reale. Dal momento che la società reale è contraddittoria sviluppa pensieri diversi e necessariamente avversi. Dunque il povero professor La Grassa, non conoscendo questa semplice legge fisica parla a vanvera, lui e tutti i suoi simili. Tanto è vero che Marx e Engels nacquero – come teorici e politici – nel pieno dello sviluppo capitalistico; mentre il La Grassa è venuto fuori dopo la rivoluzione russa, quella cinese, nonché tutte le altre.

Contrariamente a quello che pensa la stragrande maggioranza di teorici, filosofi, politici e scrittori di sinistra, compresa quella che viene definita estrema, un’avanguardia politica di un movimento si sviluppa solo a seguito di un movimento, non lo precede. Solo gli illusi possono pensare di costituire una vera avanguardia rivoluzionaria per offrirla al movimento, al suo sorgere. Gli stessi bolscevichi nacquero col sorgere della lotta del proletariato in Germania e successivamente in Russia.

Il punto teorico in questione, espressione del materialismo storico e del determinismo scientifico, ci fornisce gli strumenti per captare le linee di tendenza dell’attuale movimento storico e di schierarsi dalla parte che ci attrae. E pazienza se un professor La Grassa si lascia andare allo sconforto per la crisi che attraversa il capitalismo.

Mettiamo allora le cose nei termini corretti dicendo:

  • a) Il Covid-19 è l’espressione della crisi del modo di produzione capitalistico e l’aggraverà ulteriormente. Chi pensa il contrario è fuori dalla storia, indipendentemente se di destra, di centro o di sinistra.

  • b) Chi pensa che il modo di produzione capitalistico possa riprendersi dopo l’attuale pandemia, come prima e più di prima, sogna ad occhi aperti, scambia i propri desideri per la realtà.

  • c) Chi da “sinistra” si immagina di contribuire a spostare lo Stato su un terreno statalista, centralista e sovranista per meglio gestire la crisi ed evitare i “torbidi”, vive in un altro mondo, quello delle rivoluzioni contro l’aristocrazia e le classi feudali; causate da una marea montante di un moto storico in straordinaria ascesa quale il modo di produzione capitalistico.

  • d) Chi, infine, da sinistra, pensa che si possa in qualche modo riproporre lo sviluppo della lotta del proletariato, capace di aggregare il resto degli sfruttati e oppressi, non ha capito che siamo in un’altra fase del modo di produzione capitalistico. Dunque non avremo una classe che cresce in forza, in condizione, in organizzazione, in programma come nella fase precedente in modo particolare in Occidente.

 

Come guardare avanti?

Tutti gli indicatori economici dicono che questa crisi è la più grave dell’attuale movimento storico degli uomini rispetto ai mezzi di produzione. Come il divulgatore scientifico Quammen nel suo Spillover non si stanca di ripetere, i virus che aggrediscono l’uomo sono in strettissima connessione con uno sviluppo industriale arrivato a ritmi parossistici con un’incidenza sull’ambiente e sull’atmosfera che rischiano di far estinguere la specie umana sul pianeta. Sicché abbiamo di fronte una chiara e marcata tendenza verso il caos che si aggraverà sempre di più per il tentativo di superare la crisi con una accelerazione nazionalistica e policentristica.

A questo quadro, delineato in estrema sintesi, si vanno opponendo oltre a improvvisi focolai di lotta proletaria in varie regioni del globo, vari movimenti ambientalisti e settori del mondo scientifico di nuove generazioni che hanno lanciato un grido d’allarme, come quello della giovanissima Greta o di Roger Hallam col suo Altrimenti siamo fottuti!, che hanno il pregio di aver colto il problema, ma di non avere la forza di indurre alla ragione i “politici” e i governanti, per un motivo molto semplice: il modo di produzione capitalistico subordina alla sua volontà e alle sue leggi il “pensiero” e l’agire, cioè la volontà degli uomini di governo. Sicché non possiamo confidare nella possibilità della disobbedienza civile per abbattere il mostro, ma sapere che tutte le espressioni che esplodono alla sua crisi lo accompagnano verso la catastrofe e che nella catastrofe gli oppressi e sfruttati trovano e sempre di più saranno costretti a trovare la forza per sferrargli l’ultimo colpo.

Si vuole una prova di questi giorni? Si guardi agli Usa, da un lato, i morti per il Covid-19 e le difficoltà dell’establishment e, dall’altro lato, per tentare di mantenere l’ordine devono subire la rivolta dei neri che hanno trovato ancora una volta la forza di agire, addirittura assaltando un commissariato di polizia. Si dirà: sì, ma è una fiammata, poi la polizia arresta una parte, l’altra arretra, rientra e la fiammata si spegne senza nessuna continuità. Il che è vero, ma intanto salutiamo con entusiasmo quella rivolta nella consapevolezza di tutte le difficoltà nella quale si è svolta, nel paese più ricco e prepotente del mondo che ha dettato legge per decenni, e innanzitutto avendo la certezza che non sarà l’ultima rivolta. E smettiamola una volta per tutte di frignare, perché chi si deprime per le rivolte di destra non capisce che anche quelle hanno il segno delle difficoltà dell’impero e si avvolgeranno su sé stesse senza nessuna possibilità di ritorno ad uno status quo ante, e perché finalmente comincia a comparire all’orizzonte l’ipotesi reale di una vera crisi generale del modo di produzione capitalistico e del suo superamento.

 

Comments

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Marco
Monday, 08 June 2020 22:45
Rispoli diceva: ma che belle parole!
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Paolo Selmi
Wednesday, 03 June 2020 23:42
Caro Michele,

solo un anno fa, ancora su queste pagine, si dibatteva sulla OBOR cinese, sull'opportunità di svendere Vado Ligure e Trieste al capitalismo di Stato cinese e fornire loro usufrutto esclusivo, come nel Pireo, ai più vicini punti d'accesso ai Lander del sud tedeschi e al sud della Francia (Fos i francesi non lo mollerebbero neanche morti, quindi il problema si deve, come sempre "aggirare"...

A chi invece prefigurava mirabolanti strade spianate per l'export italico, facevo notare come in Cina avessero, periodicamente, il problema del rientro dei "vuoti", dal momento che le navi arrivavano a Genova (Sech, VTE, Messina, non cambiava la solfa) piene zeppe e partivano semivuote, che nonostante il nolo di un 40 piedi da Shanghai a Genova superasse il migliaio di euro e il nolo inverso, neanche per un completo, ma per un groupage, venisse venduto a poche manciate di dollari il metro cubo pur di non far rientrare i container vuoti, ciò nonostante, la bilancia commerciale pendesse sempre a favore della divisione capitalistica del lavoro che vedeva nel senso di marcia da Est a Ovest il maggior flusso di capitali e merci in esportazione e, da Ovest a Est, il maggior flusso di profitti, canalizzato peraltro in gran parte in conti off shore in nome e per conto di capitalisti privati e statali (da cui anche la continua "sparizione" di dollari dalla circolazione monetaria mondiale).

Ebbene, domenica scorsa, non a marzo, non ad aprile, ma a giugno, quando la "ripresa" è ridotta a proclama (o auspicio), inesistente da nessuna parte del mondo, men che meno oltremuraglia dove, per la prima volta dal 2002, si è persino rinunciato a fissare degli obbiettivi di crescita economica, talmente è saltato tutto, è successa un'ultima cosa che son venuto a conoscere per caso da un collega di Genova, che come me ha mezza famiglia in cassa integrazione.

Casus belli, ovvero motivo della telefonata, una nave che doveva arrivare domenica e lunedì 1 era ancora a La Spezia. Per inciso, questa settimana chi deve ricevere quei contenitori ha tutti i dipendenti in cassa integrazione, giusto per dare un'idea preliminare di come siamo messi.

Per farla breve, chiedo a questo mio collega se secondo lui ce la faccio a ritirare i pieni entro venerdì, perché il Voltri è un terminal fra i più incasinati e, in certi momenti due giorni ancora dopo l'arrivo nave i container non sono ancora messi a terra, e perché uno è un fuori sagoma che richiede una certa lavorazione prima di essere posizionato, lavoro per cui occorre una certa pianificazione perché non sempre sono disponibili autisti di eccezionali. Mi dice: guarda che le navi viaggiano mezze piene, non avrai assolutamente problemi ad avere i container a disposizione già da mercoledì (e la nave è attraccata martedì).

Hai capito bene, ancora a giugno navi dalla Cina che viaggiano mezze piene!!! quando in tempo di pace all'origine, in questo periodo già ti ammazzavano con la PSS (peak season surcharge, o supplemento alta stagione), si faceva persino fatica a trovare gli spazi e i container venivano spesso lasciati a terra!!! E a destino, nei periodi di punta, le navi aspettavano il loro turno per andare sotto banchina ed essere svuotate anche per un giorno intero!!! E i trasporti prenotati dall'oggi al domani venivano salutati dagli autisti già da inizio luglio con dei pernacchi accompagnati da "ma in che mondo vivi? primo buco domani per dopo", e giù soste terminal e compagnia, e giù cazziatoni se non erano state proprio cause di forza maggiore a determinarle, e a volte anche con le cause di forza maggiore...

Ma c'è di più. Mi dice: "ieri (domenica) al Voltri dopo il primo turno avevano già finito di lavorare. Secondo, terzo e quarto tutti a casa! NON ACCADEVA DAL 1993!!!" E gli si rompeva la voce mentre me lo diceva, al punto che l'ho salutato subito dopo augurandogli di passarla bene ieri per evitare che quel nodo pigliasse pure me. La notizia, glissata da tutti i media (chissenefrega, roba da camionisti e scaricatori di porto e gentaglia come me...) è riportata qui: https://www.shipmag.it/il-terminal-psa-di-genova-chiude-per-mancanza-di-navi/
dove si riporta anche " la media del crollo dei volumi a maggio si attesta sul 40%." QUESTA LA SITUAZIONE NEL PORTO ITALIANO PIU' GRANDE PER VOLUME DI TRAFFICO.

Certi dibattiti sulla concessione ai cinesi dei porti italiani sono decaduti da soli, con buona pace di tutti, sotto i colpi di una situazione che fatica a riprendere per una concatenazione di fattori e che non basteranno tutti i defibrillatori targati BOC, BCE, FED a rianimare. La "V" degli economisti... ma si, certo, così come è scesa risalirà, poco o tanto, più poco che tanto, chi ne avrà per risalire, e in questo momento son davvero pochi a risalire. Ma così come i polmoni di chi il COVID-19 l'ha provato e ne è uscito vivo, ancora oggi, sono compromessi e lungi dall'essere funzionali come prima che il virus li maciullasse dall'interno, allo stesso modo il moto-modo di produzione capitalistico, globalizzato e globalizzante, di solo sei mesi fa, è oggi visibile in tutto il suo marciume: tolti gli interni in radica, tolte le marmitte, tolti tutti gli optional di serie, tolti anche i freni, è rimasto solo uno scheletro, quattro ruote svirgolate e un motore sempre più sbiellato sotto.

Staremo a vedere. In gamba, in gamba tutti! E non molliamo.

Ciao
Paolo
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