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gliasini

Marx revival

di Antonino Morreale

120 1024x723Pubblicato a fine 2019 da Donzelli, Marx Revival, raccolta di “Concetti essenziali e nuove letture” a cura di Marcello Musto, è già uscito in inglese a giugno 2020; e per il 2021 sono previste le pubblicazioni in cinese, tedesco, giapponese, coreano e portoghese. Con le sue 469 pagine può incutere qualche preoccupazione; e si rivela invece, scorrendo l’indice, ventaglio amplissimo e godibile di temi e di punti di vista.

I titoli dei saggi – li cito tutti per dare un’idea compiuta – rivelano l’ottica non banale secondo cui la raccolta è costruita: Capitalismo, Comunismo, Democrazia, Proletariato, Lotta di classe, Organizzazione politica, Rivoluzione, Lavoro, Capitale e temporalità, Ecologia, Eguaglianza di genere, Nazionalismo e questione etnica, Migrazioni, Colonialismo, Stato, Globalizzazione, Guerra e relazioni internazionali, Religione, Educazione, Arte, Tecnologia e scienze, Marxismi.

È evidente che in questo volume non è Marx a interrogare il presente, ma sono piuttosto i temi dell’attualità a interrogare Marx, ottenendo risposte più o meno convincenti, più o meno strutturate, ma sempre stimolanti; senza forzature per trovare in Marx quel che non c’è.

Per il lettore italiano, che viene da una tradizione di studi e di elaborazioni teoriche di alto livello, ma anche molto diversa da questa, è un’occasione importante, che speriamo voglia cogliere.

Cominciamo dagli autori dei 22 saggi. Pochi gli studiosi già da noi conosciuti. Infatti dei 19 non italiani, solo cinque hanno opere già tradotte (Achkar, Antunes, Löwy, van der Linden, Wallerstein. Quest’ultimo, appena scomparso, già molto noto fin dagli anni Settanta, però solo come storico, per opere fondamentali).

Ci volevano tante diverse mani per riuscire a disegnare un profilo di Marx che, col tempo, appare sempre più poliedrico: originari di 11 diversi paesi (7 statunitensi, 3 inglesi, 3 italiani, 2 francesi; 2 tedeschi; uno a testa Canada, Paesi Bassi, Corea, Brasile, Nuova Zelanda, India); insegnano in nove diversi paesi. Non è pertanto un volume eurocentrico, ma davvero “globale”.

Altro pregio: i saggi – nessuno su un tema marginale – sono tutti molto brevi.

Il volume è il risultato ben riuscito degli intenti del curatore, Marcello Musto, che vuole “presentare un Marx per molti aspetti differente da quello conosciuto attraverso le correnti dominanti del marxismo novecentesco. Esso muove dal duplice intento di ridiscutere, in modo critico e innovativo, i temi classici della riflessione di Marx e di sviluppare un’analisi approfondita di alcune tematiche fino a oggi ancora non sufficientemente accostate al suo pensiero. Questo volume si offre, dunque, come uno strumento prezioso sia per riavvicinare Marx a quanti ritengono, erroneamente, che sia già stato detto tutto sulla sua opera, sia per presentare questo autore a una nuova generazione di lettori che non hanno ancora avuto modo di avvicinarsi ai suoi scritti” (p. XIII). Criteri e scelte azzeccate dal curatore che è, di suo, autore di opere ormai imprescindibili come Ripensare Marx (2011), L’ultimo Marx (2016), K. Marx, Biografia intellettuale e politica (2018).

La lettura – anche “a saltare” – a cui si viene invitati, è una bella esperienza. Coniugare varietà, novità, solidità scientifica su temi così impegnativi è stata una sfida vinta.

Si sa, per la tradizione, Marx ha una origine “tripla”: filosofia tedesca, economia politica inglese, politica francese. Un Marx profondamente ”europeo”, e questo ha comportato spesso una divisione tematica. Questo libro incorpora invece una nuova e fondamentale acquisizione interpretativa: Marx viene letto e ricostruito seguendo passo passo sul filo del tempo la molteplicità dei suoi interessi, teorici e pratici; avanzando nella lettura, nello studio, su tutti i fronti contemporaneamente, piuttosto che ritagliando, di volta in volta, il Marx “filosofo“, “l’economista”, “il politico” eccetera. Superando così note difficoltà: come è possibile analizzare la “Miseria” scartando la polemica con Proudhon sulle questioni politico-organizzative contemporanee? Come è possibile considerare come rituali retorici i richiami di Marx al “dovere di fronte al partito” o alla “vittoria scientifica per il nostro partito”, riferiti ai “Grundrisse” e a “Per la critica”?

È il taglio “biografico” proposto e ottimamente realizzato da Musto nel suo ultimo K. Marx. Biografia intellettuale e politica. Con Marx (e non so con chi altri) questo approccio risulta particolarmente funzionale, per niente “banale”; presenta anzi difficoltà che non tutti gli studiosi sono in grado di superare.

Oggi, certamente, questo approccio è più praticabile di ieri perché, grazie al procedere della edizione storico-critica delle opere conosciuta come Mega2 (“Marx-Engels-Gesamtausgabe).

Si può seguire il corso dei pensieri di Marx, da quando prende in mano un libro, ne discorre per lettera con Engels, comincia a farne sunti ed estratti, fino alla elaborazione di commenti e di bozze, fino al discorso filato e finito.

In questa ottica gli interessi appaiono “enciclopedici” e Marx riesce a soddisfarli appena, pur con la conoscenza di otto lingue.

Ogni lettore può scegliere in questa raccolta il tema che più lo interessa, oppure può utilizzarla come un libro di approfondimento e aggiornamento. La bibliografia citata è infatti la più abbondante e specializzata che possa trovarsi, e l’indice finale degli argomenti è un buon filo conduttore per orientarsi. E, naturalmente, porta il segno duro dello “spirito dei tempi” che a Lenin dedica 15 citazioni, 8 a Gramsci, 8 alla Luxemburg, 2 a Lukács, 2 ad Althusser, 13 ad Hegel, e zero a Korsch…

Possiamo riconoscere autocriticamente, noi italiani, che la “nostra” lettura è stata eurocentrica anche in quest’altro senso: abbiamo letto solo libri di italiani, francesi, tedeschi e qualche inglese. E invece qui troviamo “novità” nei temi, negli autori, nelle interpretazioni. Per un libro sul “vecchio” Marx che ci guarda dalla lontananza dei suoi 202 compleanni è una bella proposta.

Ma ci sono sorprese positive anche per chi ha qualche pratica di quel mare che è l’opera di Marx. Per cominciare, novità di contenuto, perché i saggi rendono conto delle ultime risultanze filologiche.

Marx si allarga dal suo blocco iniziale già amplissimo, filosofia-economia-storia-politica, terreni suoi da sempre, per dire la sua su territori più “marginali” (un esempio il Marx “giornalista”, sinora certamente sottovalutato come “lavoro per il pane”). Ed è questa la prova maggiore della sua attualità e imprescindibilità, pur nella profondità dei cambiamenti.

Un tempo serviva un Marx “dogmatico” per costruire una dottrina semplificata, non storicizzata, compattata sul leninismo e lo stalinismo, “guida per l’azione”, destinata alle masse da indottrinare e guidare alla lotta politica. Marx ha resistito a tanti di questi interventi, ai rimescolamenti della gerarchia delle sue opere, alla gabbia delle alternative secche: Marx giovane/Marx vecchio, Marx filosofo/Marx economista, delle “rotture epistemologiche”. Un Marx hegeliano; il Marx di Engels, del revisionismo di Bernstein e della Seconda Internazionale, del Lenin giovane che, anche come studioso di Marx. “sopra gli altri come aquila vola”, del marxismo-leninismo “d’acciaio”, ma inservibile, di Stalin; quello tutto “filosofico” di Lukàcs. In Italia quello del primo socialismo, di Loria e Labriola, di Croce, Gentile, Mondolfo. Il Marx al quale si concedeva la “scelta” tra “ciò che è vivo e ciò che è morto”. Quello tanto più complicato e creativo di Gramsci, e poi del così “diverso”, filosoficamente impegnativo, restauro (troppo sbilanciato sul ’43) di Della Volpe e della sua “scuola”…

Ma, alla fine, quel che resta, tra tante macerie e tanti monumenti, è il Marx che vive ancora nei suoi scritti, là dove sempre bisogna tornare, e che oggi ci è dato conoscere come mai prima, grazie a Mega2 che ha ripreso nel 1975 l’incredibile lavoro degli anni venti, di Riazanov, l’uomo che “sfilò” Marx dalle mani della Spd, lo fotografò e pubblicò, per finire vittima, anche lui, sommo marxologo, di Stalin, come tanti buoni marxisti.

La moltiplicazione dei temi, l’aumento dei testi disponibili, la caduta di tanti schemi, pongono oggi dinanzi a una “pericolosa” libertà, come è sempre, che può condurre a frammentare e a scombinare le tessere che compongono l’immagine di Marx. Il quale è, ci pare, un autore che si è mosso molto precocemente seguendo un proprio “filo conduttore”, che legge la propria vicenda regalandosi una patente di “coerenza”; ma che è, davvero, un autore che ha un “centro” da cui parte per andare a dar conto della realtà e a cui ritorna, e che ha un orizzonte teorico amplissimo. In Marx quasi mai la “cosa della logica” distorce o nasconde la “logica della cosa”, cioè l’analisi ravvicinata e puntuale; come rimprovera ad Hegel.

Anche chi appartiene alla “vecchia” generazione di lettori di Marx, leggendo questo libro, potrà rafforzarsi nella convinzione che “le fondamenta della sua analisi continuano a offrirci insostituibili armi critiche per ripensare la costruzione di una società alternativa al capitalismo”(Musto, Pref. p. XIII).

Nonostante intenti così ragionevoli e tanti ottimi risultati, qualche recensore ha visto in giro, nel libro, “sagrestani in adorazione”. E non si tratta di un improvvisato recensore ma di uno studioso che, già negli anni ‘60, ha pubblicato un apprezzato volume su “Alienazione e feticismo nel pensiero di Marx” e una monografia divulgativa. Buoni entrambi. L’accusa di “sacralizzare” Marx, sarebbe gravissima e antimarxista, se fosse vera. Ma è l’argomentare che zoppica: si rimprovera l’assenza di “Böhm-Bawerk, Bernstein, Pareto, Kelsen”: si ricorda il “formidabile attacco” di Bernstein; si stronca Marx per l’assenza di una “dottrina dello Stato”.

“Sacrestani in costante adorazione del Maestro”, ammonisce; mentre avremmo una “ricca tradizione del pensiero liberale” a cui inchinarci: Locke, Kant, Constant, e Toqueville. Parole in libertà, tanto più se aggiunge “dobbiamo studiare e meditare tutti i classici”. Futili consigli conditi da contraddittorie affermazioni: “Marx ha inaugurato un nuovo modo di guardare la storia” (di quanti filosofi si può dire?); “dopo Marx non è più possibile pensare come si pensava prima di Marx”(?); Marx è “un classico e non un Vangelo”(?).

Ma per mostrare, comunque, gratitudine per i contributi di tanto tempo fa, fornisco al recensore un primo elenco di pagine nelle quali potrà trovare osservazioni critiche a Marx: pp.26, 30, 99, 108, 117, 118, 156, 203, 204, 239, 240, 281, 305… alcune delle quali (Postone), puntano a una revisione radicale, a sua consolazione.

Per chiudere dando la parola al libro. Qualche riga da tre delle voci più riuscite del volume: “Capitalismo” di Kratke (Regno Unito); “Ecologia” di Bellamy Foster (Usa); “Democrazia” di Meiksins Wood (Canada).

Alla voce “Capitalismo” (p. 23): “(Marx) è da più parti considerato il primo ad aver scoperto e analizzato la tendenza alla “concentrazione e centralizzazione” del capitale (…), lo sviluppo del sistema industriale e la tendenza all’automazione, all’industrializzazione dell’agricoltura, alla diffusione della globalizzazione e alla creazione di una economia mondiale capitalista; e ancora, la tendenza all’ascesa del capitale associato e all’ascesa dei manager, l’accelerazione della circolazione, le rivoluzioni tecnologiche, l’ascesa di mercati finanziari del moderno sistema creditizio”.

Quanto poi alla sensibilità ecologica riscoperta in Marx in anni recenti: la verità è, al contrario, che è stata la nostra sensibilità ecologica, oggi, a essersi svegliata e che a quel risveglio non poteva che seguire una rilettura anche di Marx. A tal proposito è giusto ricordare le parole di M. Quaini del 1974 (!): “Marx (…) denunciò la spoliazione della natura prima che nascesse una moderna coscienza ecologica borghese”. Nel saggio di Bellamy Foster c’è una panoramica utile e chiara dell’incontro tra Marx e il tema ecologico e delle sue fasi: “La nozione marxiana del capitalismo come forza necessariamente dirompente e degradante rispetto ai processi della natura può essere rintracciata non solo nelle sue osservazioni su come il capitalismo ha depredato la natura, ma anche in quelle su come esso ha spogliato gli essere umani della loro essenza naturale-fisica (oltre che intellettuale), usandoli prematuramente per poi gettarli via, senza costi per il capitale” (p. 205).

Qualche riga da Meiksins Wood (p. 66): “L’essenza della ‘economia’ capitalistica consiste nel fatto che una gamma molto ampia delle attività umane, che in altri tempi e in altri luoghi erano soggette allo Stato o a regole comuni di vario genere, sono state trasferite all’interno del campo economico, sottoposte non solo alle gerarchie del luogo di lavoro, ma anche alle costrizioni del mercato, alle inarrestabili esigenze di massimizzazione del profitto e di accumulazione costante di capitale senza che nessuno di questi elementi sia assoggettato alla libertà o a un principio di responsabilità democratici”.

E queste altre, solo in apparenza paradossali, per chiudere: “Nessun signore feudale avrebbe potuto regolare così strettamente il lavoro del contadino come i processi di lavoro nel capitalismo sono regolati dal dominio del capitale”.

Questo volume ha tutto quel che serve per diventare un eccezionale, utilissimo, strumento di lavoro per chi, giovane e poco esperto volesse avvicinarsi alle tematiche essenziali del presente, con un occhio a Marx; e un libro di “meditazione”, come un “buon vino”, per chi, non più giovane, volesse ancora riprendere classici temi, per ricavarne che la “lotta” – per Marx il senso stesso della vita – è nelle cose stesse, e che la caduta del muro di Berlino ha dato solo un breve respiro al vecchio sogno di ogni buon borghese: il “capitalismo senza storia”. Ma era solo un “fermo-immagine”; la storia continua…

Comments

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michele castaldo
Friday, 24 July 2020 16:42
A mio modestissimo parere il Modo di Produzione Capitalistico ha avuto una storia, come ogni movimento storico. Proprio perché ha avuto una storia «la storia continua » ma contro di lui proprio perché non esiste un movimento storico infinito, dunque il vero punto in questione è chiedersi a che punto è il suo cammino.
Cosa fu realmente Marx? uno straordinario laboratorio, espressione di uno straordinario periodo storico perché un movimento rivoluzionario degli uomini con i mezzi di produzione si espandeva a macchia d'olio dall'Europa al resto del mondo con tutte le contraddizioni e le infamie in esso contenute.
Non mi hanno mai convinto i polpettoni tanto più se di nomi altisonanti per una ragione molto semplice: sono dispersivi e sfuggenti, sono degli elastici da poterli utilizzare tirandoli da ogni lato a seconda del punto di vista da accomodare.
La recensione del quale parte male, scrivendo:
« È evidente che in questo volume non è Marx a interrogare il presente, ma sono piuttosto i temi dell’attualità a interrogare Marx, ottenendo risposte più o meno convincenti, più o meno strutturate, ma sempre stimolanti; senza forzature per trovare in Marx quel che non c’è ».
Ma se Marx fu un laboratorio di un periodo storico trascorso, perché il presente dovrebbe interrogare il passato, cioè Marx? E poi: quale Marx? quello che ipotizza che la storia procede per successioni al potere di classi diverse, che una più avanzata disarciona quella più arretrata, fino alla classe operaia, la più autenticamente rivoluzionaria, taumaturgica che oggi vota Lega e Trump?
Oppure quello del Capitale che capovolge di 360° la visione dialettica della storia e definisce il capitalismo come un Movimento storicamente determinato, impersonale con leggi proprie che domina la volontà degli uomini? Siamo seri, a che serve un lavoro/polpettone se non a darlo in pasto ai critici critici e rendere totalmente inutilizzabile l'insieme del laboratorio? A che serve il bilancino del farmacista per definire pregi e difetti di Marx, come il recensore chiarisce esserci in esso.
Il militante o l'intellettuale serio, cioè colui che vuole capire la natura del contributo di Marx alla storia degli oppressi e sfruttali ha bisogno di capire poche ed essenziali cose: a) come si è dato un movimento storico durato finora 500 anni; b) quali vantaggi ha portato all'umanità e a quali costi; c) quali rischi corre oggi l'umanità per l'agire istintivo e criminale dell'uomo nei confronti del resto della natura; d) che speranze ci sono perché un modo di produzione crolli o debba essere abbattuto.
Questo sarebbe un parlare da intellettuali seri che userebbero, per quello che è possibile, Marx per spostare in avanti la ricerca e fornire delle lenti di lettura per interpretare correttamente il presente proiettandolo al futuro.
Oggi abbiamo una Pandemia che rischia di produrre più danni di quella del 1918, con riflessi sul Modo di Produzione già in crisi, inimmaginabili, di natura catastrofica. Che giudizio diamo, come ci comportiamo, c'è non c'è un Che fare? se si di che tipo e via di questo passo.
I polpettoni sono buoni, quelli di certe famiglie povere, che raccolgono gli avanzi, li impastano con le uova e mettono il tutto al forno. Il sapore sarà indistinto, sazierà gli affamati pargoli, ma di ben altro abbiamo bisogno noi adulti di quest'epoca.
Michele Castaldo
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