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la citta futura

Idealismo vs. materialismo nella fisica quantistica

di Ana Pato[1]

Cosa c'è dell'idealismo nell'interpretazione ortodossa della meccanica quantistica? La necessaria considerazione del materialismo dialettico nella scienza

fisica dei quantiIl tema che tratterò è lo studio di un caso particolare. E per questo, soprattutto per chi si dedica allo studio di altre aree del sapere, l'esposizione correrà il rischio di risultare noiosa.

Ciò detto - pur senza essere in grado di ovviare a questo rischio -, la sua finalità è di attirare l'attenzione sull'importanza del pensiero materialista dialettico nella scienza a cui Marx, Engels e Lenin hanno dato un contributo fondamentale

La scienza e la filosofia sono legate indissolubilmente. In altre parole, non vi è dubbio che anche gli scienziati siano immersi in un dato sistema di rappresentazioni. Come affermava Engels nella sua Dialettica della Natura, la questione sta nel sapere se gli scienziati "vogliono essere dominati da una cattiva filosofia di moda o da una forma di pensare teorico che si basa sulla conoscenza della storia del pensiero e delle sue realizzazioni” [2].

La scienza è Tributaria di una filosofia materialista dialettica. Come afferma Engels, questa volta nell’Antidühring: "un'esatta rappresentazione dell'universo, della sua evoluzione, dello sviluppo dell'umanità e del riflesso di questa evoluzione nella mente degli uomini può pertanto essere ottenuta soltanto con i metodi della dialettica" [3]. E, aggiungerei io, nello spirito delle idee di Engels: con una base materialista.

Lenin, in Materialismo ed Empiriocriticismo, nello studiare con profondità la scienza del suo tempo, pose in evidenza come le correnti materialista e idealista si confrontino anche nella scienza. In particolare, evidenziò il sorgere di quello che lui chiama "l'idealismo fisico", e cioè la tendenza di alcuni fisici a interpretare in modo idealista i risultati di questo ramo delle scienze.

L'opera di Lenin costituisce un inestimabile strumento che ci aiuta a comprendere meglio il confronto tra queste due linee filosofiche fondamentali nel nostro tempo.

La meccanica quantistica è un campo della scienza dal quale emergono importanti problemi filosofici. E questo è un dibattito che emerse immediatamente nei primi momenti della disciplina in oggetto e che perdura fino ad oggi.

Penso che in questo dibattito, sotteso al confronto tra le differenti interpretazioni della meccanica quantistica, si trovi, al livello dei suoi fondamenti e presupposti, la lotta tra materialismo e idealismo.

Nel secolo scorso, lo sviluppo della fisica mostrò agli scienziati che la materia presentava un comportamento ondulatorio e corpuscolare, sia che si trattasse di radiazione elettromagnetica, sia che si trattasse di particelle.

Si sapeva che la radiazione elettromagnetica è costituita da onde. Tuttavia si scoprì che, in determinate circostanze, essa si comporta anche come composto di corpuscoli. Partendo dall'ipotesi di Planck, si scoprì che l'energia degli atomi non è rilasciata in forma continua, come ci sarebbe da aspettarsi per le onde, ma piuttosto a frazioni, vale a dire quantizzata.

D'altra parte, partendo dall'ipotesi di Louis de Broglie, durante ciò che sembrava essere una corrispondenza generale tra onde e particelle, si scoprì il comportamento ondulatorio delle particelle attraverso l'osservazione della diffrazione di elettroni.

In sintesi: abbiamo le onde elettromagnetiche che mostrano un comportamento da particelle, così come abbiamo le particelle che esibiscono un comportamento ondulatorio. Ma mai simultaneamente. Qui sta la difficoltà. Una procedura sperimentale rivelerebbe le caratteristiche ondulatorie e un'altra procedura sperimentale rivelerebbe le caratteristiche corpuscolari. E in ciò consiste l'essenza del problema del cosiddetto dualismo onda-particella. Secondo Niels Bohr, questo "ovvio contrasto" ci pone un dilemma di un "carattere fino ad allora sconosciuto nel campo della fisica" [4]. Per far fronte a questo dilemma, Bohr formula il cosiddetto principio di complementarità. Questo è il problema centrale. Ora svilupperò questo aspetto.

Il fisico danese Niels Bohr è, si può dire, uno dei principali fondatori della meccanica quantistica. La sua indagine e la sua interpretazione dei risultati hanno segnato fortemente lo sviluppo di quest'area della conoscenza.

Mettendo da parte le differenze nelle posizioni filosofiche degli elementi che componevano quel circolo di fisici, che un'analisi più raffinata richiederebbe di non considerare di poco conto, si può parlare, in senso lato, di un'interpretazione di Copenaghen o di un'interpretazione ortodossa della meccanica quantistica. Tenendo conto del ruolo preponderante di Bohr, prendo in considerazione qui le sue idee come quelle centrali dell'interpretazione ortodossa. È questa interpretazione che segna con più forza il tempo presente, essendo accettata più tacitamente che esplicitamente. Sicché lo studio è fatto a partire da testi di Bohr e ciò che è sotto esame non sono i risultati scientifici, ma l'interpretazione che di essi è proposta e le posizioni filosofiche sottostanti (manifeste e non).

Rispondere alla domanda: "cosa c'è di idealista nell'interpretazione ortodossa della meccanica quantistica?" significa collocare i problemi della meccanica quantistica a confronto con quella che Engels, nel suo Ludwig Feuerbach, designò come "la questione fondamentale della filosofia" [5], e cioè la questione della relazione tra l'essere e il pensiero. Per i materialisti l'elemento originario è l'essere, mentre al contrario per gli idealisti è il pensiero.

Non mi è possibile qui sviluppare una spiegazione diffusa delle ragioni per le quali affermo che l'interpretazione ortodossa sia fortemente segnata da tendenze agnostiche e idealiste. La scelta che faccio è di cercare di delineare l'ossatura di quello che ritengo essere il problema.

 

La costituzione della conoscenza in Bohr: la correlazione oggetto quantico-strumento di misura

Cominciamo con il problema della costituzione del sapere. È questo un punto nevralgico a partire dal quale derivano le altre posizioni di Bohr. A differenza dei materialisti, per i quali la materia - cioè la realtà oggettiva che esiste indipendentemente dal soggetto - è il dato primario di conoscenza, Bohr istituisce come istanza originaria della conoscenza la correlazione tra oggetto e strumento di misura, oltre la quale non si può andare.

Contrariamente a quanto fino ad allora era possibile nella meccanica classica, nella meccanica quantistica - poiché essa tratta di fenomeni che si verificano a livelli molto più piccoli, cioè i livelli atomici e subatomici - l'interazione tra lo strumento di misura e l'oggetto quantistico cessa di essere trascurabile. A partire da ciò, Bohr concluse che non fosse possibile conoscere l’oggetto quantico al di là della sua relazione con lo strumento di misura. Con parole sue: "l'interazione inevitabile tra gli oggetti e gli strumenti di misura pone un limite assoluto alla possibilità di parlare di un comportamento degli oggetti atomici che sia indipendente dai mezzi di osservazione" [6].

In questo caso dell'interpretazione ortodossa, non si tratta di far dipendere direttamente l'oggetto dalla coscienza o da altra istanza ideale, come nel caso delle più tradizionali filosofie idealiste. Non si tratta di, diciamo, stabilire direttamente quella dipendenza a livello della sensazione, dell'esperienza soggettiva, nella misura in cui l'interazione tra l'ente quantico e lo strumento di misura è un'interazione materiale. Tuttavia, non cessa innegabilmente di stabilire come istanza originaria della conoscenza una correlazione che, in ultima analisi, dipende dal soggetto: in questo caso da un'istanza materiale, la pratica umana, l'esperimento.

Si tratta di conclusioni agnostiche sul piano epistemologico. Ed è da notare come esse si leghino, sul piano ontologico, a concezioni segnate da un orientamento idealista. Sicché, anche al di là della conoscenza dell'ente quantico, sono le stesse determinazioni di tale ente che Bohr colloca in quella dipendenza. Esempio di ciò è il collasso istantaneo della serie di onde: secondo l'interpretazione ortodossa, prima di una data misurazione il sistema è costituito da diverse onde di probabilità e, nel preciso momento in cui la misurazione è eseguita, tutte le onde di probabilità collassano istantaneamente in una sola; cioè, prima della misurazione tutti i possibili risultati esistono simultaneamente, di fatto, ed è la misurazione a determinare che la particella passi a mostrare un valore determinato di velocità o di posizione. Qui è la stessa esistenza del fenomeno che Bohr pone come dipendente dall'interazione con gli strumenti. Abbiamo quindi la realizzazione dell'esperimento, la pratica, come costitutiva del fenomeno stesso.

L'orientamento idealista sottostante è questo: è l'essere che appare come funzione della sua posizione per l'uomo. La sua indipendenza è offuscata e non costituisce più l'istanza fondante della conoscenza. Per queste ragioni, sostengo che ci troviamo di fronte a un caso di ciò che Barata-Moura chiama un "idealismo della prassi". Bohr, nell'anteporre come condizione di possibilità una correlazione tra oggetto e strumento di misura, oltre ad istituire un limite epistemologico invalicabile, fondamentalmente nega l'indipendenza ontologica dell'ente quantico dall'esperimento o, più in generale, dell'essere dalla pratica.

 

La non considerazione della contraddizione dialettica: la complementarità

Al centro di tutto si trova il cosiddetto dualismo onda-corpuscolo. Esso è secondo alcuni uno dei più grandi problemi ereditati dalla fisica del XX secolo.

In definitiva la materia è, allo stesso tempo, onda e corpuscolo. Ma, per rendere tutto più difficile, gli esperimenti non evidenziano mai tale carattere simultaneamente. La contraddizione oggettivamente esistente tra il carattere ondulatorio e corpuscolare della materia si manifestava ora nella teoria (cioè, quella che è una contraddizione materiale si rifletteva ora idealmente).

Il principio di complementarità fu la soluzione trovata da Bohr per ovviare a questa contraddizione sorta, portata allo scoperto dal progresso della scienza.

La complementarità traduce l'idea secondo cui i risultati ottenuti in condizioni sperimentali differenti non possono essere compresi, riuniti in un'unica immagine. Contrariamente a ciò che succedeva nel campo della meccanica classica, nel campo quantistico, dal momento che non è possibile stabilire una distinzione chiara tra oggetto e strumento di misura, dice Bohr, "gli apparentemente incompatibili tipi di informazione circa il comportamento dell'oggetto sotto esame che otteniamo attraverso differenti procedure sperimentali non possono chiaramente essere posti in connessione gli uni con gli altri in modo usuale, ma possono, in modo ugualmente essenziale per una considerazione esaustiva di tutto l'esperimento, essere visti come 'complementari' gli uni con gli altri" [7].

Cioè, a causa dell'interazione incontrollabile tra l'oggetto e lo strumento di misura, non sarebbe possibile conoscere simultaneamente le sue caratteristiche. Ad esempio, se si riuscisse a determinare la velocità di un elettrone, non sarebbe possibile conoscere con precisione la sua posizione. Al contrario, se si conoscesse la posizione di un elettrone in un dato istante, non sarebbe possibile sapere esattamente quanto velocemente si muoveva. Le informazioni circa l'oggetto così ottenute, cioè attraverso diverse procedure sperimentali, sono dunque caratterizzate come "complementari". Una determinata procedura sperimentale determina la velocità e un'altra la posizione e non è possibile costruire un'unica immagine completa della particella.

Sarebbe quindi necessario, nel dominio quantistico, rinunciare alle forme usuali di spiegazione. In compenso, la complementarità offrirebbe "strumenti logici" per la comprensione di questi nuovi campi di esperienza [8]. È l'introduzione del punto di vista della complementarità che, secondo Bohr, permette di rendere compatibili, "logicamente", risultati apparentemente contraddittori ottenuti tramite diverse procedure sperimentali [9]. È quindi solo attraverso il punto di vista della complementarità che il dilemma tra il carattere ondulatorio e corpuscolare della luce e della materia è evitabile, secondo Bohr [10].

Bohr, nel considerare il dualismo onda-corpuscolo, sta riconoscendo e identificando la contraddizione in quanto tale. Tuttavia, non la risolve. La individua. Bohr assolutizza la contraddizione esistente tra onda e corpuscolo, trattando con essa in modo metafisico, impedendo così la sua negazione dialettica, il suo superamento.

La mia posizione è che l'idea della complementarità che sta alla base dell'interpretazione ortodossa si fondi sostanzialmente su una non-considerazione (o su una considerazione scorretta) della dialettica.

La scoperta del fatto che le onde presentassero un comportamento corpuscolare e che i corpuscoli presentassero un comportamento ondulatorio è il venir meno di una di quelle linee di demarcazione rigide e fisse nella natura delle quali parlava Engels [11]. A fronte del progresso della scienza che dimostrava come la validità della distinzione tra onda e corpuscolo fosse giusto relativa Bohr, che non si munì delle leggi della dialettica, stabilì una linea di demarcazione rigida tra onda e corpuscolo: o onda o corpuscolo. Si tratta di una di quelle "antitesi assolutamente inconciliabili" caratteristiche del pensiero metafisico. La complementarità di Bohr è quindi il risultato di una negazione della possibilità di comprensione e di contraddizione.

Dal momento che Bohr non riesce a risolvere la contraddizione nella quale si trova, introduce, al fine di lavorare con essa nel quadro delle sue esigenze di "razionalità" - che non accetta la contraddizione -, la figura della complementarità con l'obiettivo di giungere a una contraddizione nella quale i poli contraddittori non siano posti in conflitto, di modo che non si compenetrino.

Accade che la realtà è essa stessa contraddittoria e le sue contraddizioni si traspongono nella teoria che pretenda di essere un riflesso adeguato della realtà oggettiva. La non dovuta considerazione della dialettica da parte di Bohr ha come conseguenza l'impossibilità della domanda circa il fondamento oggettivo cui corrisponde la contraddizione onda-corpuscolo. È la stessa realtà oggettiva che non viene presa in considerazione per com'è. Per questo motivo, Bohr non può porre l'ipotesi - che è molto importante - che la materia sia a un tempo onda e corpuscolo.

 

L'imposizione di limiti alla conoscenza

Bohr, prendendo l'essere per ciò che è immediatamente dato o ritenendo di non poter assumere dell'essere nulla più che la sua manifestazione fenomenica, finisce per stabilire limiti definitivi alla conoscenza nel campo quantistico. Fondamentalmente è questa la posizione che Bohr assume quando dice che i fenomeni quantistici sono indivisibili. Tutto ciò che di essi possiamo conoscere è l'impressione che lasciano su una lastra fotografica. Quel che ciò presuppone è la separazione di principio tra essenza e fenomeno.

Ancora una volta, le conseguenze ontologiche emergono. Non è soltanto il fondamento oggettivo della contraddizione onda-corpuscolo a non essere preso in considerazione. È anche l'essere che non viene considerato nella sua unità e come parte di una totalità. Bohr, avendo ridotto l'ente quantico alla sua manifestazione fenomenica, lo presenta allora come una somma di determinazioni poste parte per parte, come una somma di elementi isolati disgiunti dalla totalità in cui si inseriscono, cioè dal sistema relazioni e di condizionamenti reciproci con le leggi strutturali proprie. La formulazione del principio di complementarità è espressione diretta di ciò. È anche l'unità dell'ente quantico che risulta non poter essere riflessa dalla teoria.

 

La rinuncia alla causalità

La questione della causalità, come Lenin sottolineò, ha un'importanza molto particolare per la definizione di una linea filosofica. Anche in questo aspetto, Bohr si schiera dalla parte delle posizioni tipicamente agnostiche e idealistiche. Secondo Bohr, nella teoria quantistica non c'è spazio per la causalità: ve ne è solo per la nozione di probabilità. Nulla contro l'idea di probabilità o contro le leggi probabilistiche. Accade che, quando Bohr parla di leggi intrinsecamente probabilistiche, stia pensando a leggi che riflettono processi che non potremmo conoscere come necessarie. Bohr in definitiva serba un certo grado di indeterminismo per gli eventi quantistici, negando la causalità e la sua universalità.

 

Il valore della teoria di Bohr e lo svuotamento dell'oggettività

Bohr fa riferimento varie volte all'importanza dell'oggettività nella scienza. Ma la "oggettività" di Bohr non è oggettiva. E una "oggettività" fondata a livello del linguaggio. Essa è essenzialmente un problema di comunicazione. La razionalità bohriana è non contraddizione logica, non ambiguità.

Ciò che Bohr rivendica per la teoria scientifica è che essa sia una descrizione oggettiva dell'esperimento, intesa come comunicazione non ambigua, ciò che non offre garanzie per quanto attiene all'oggettività della teoria intesa come il riflesso della realtà oggettiva. Abbiamo, così, una pretesa "oggettività" che, per Bohr, è interna alla propria teoria e una razionalità svuotata del suo contenuto oggettivo. Dalla teoria non si esige nulla più della non ambiguità e della non contraddizione logica.

Tale oggettività della descrizione, invece di fondarsi su una corretta corrispondenza tra le idee e le relazioni oggettive che la descrizione (la teoria scientifica) cerca di riflettere, si fonda nel seno dello stesso piano ideale poiché si riferisce ad una valutazione della "buona definizione " di idee. La "oggettività" in Bohr è in realtà un'intersoggettività, il soggettivo collettivamente accettato. A rigor di termini, è la realtà oggettiva, quella che esiste indipendentemente dal soggetto, a non trovare posto.

 

La negazione della possibilità della verità oggettiva

Lenin definisce la verità oggettiva come il contenuto delle rappresentazioni umane che non dipende dal soggetto. La verità oggettiva significa l'esistenza degli oggetti (vale a dire l'esistenza indipendente dalla nostra coscienza) riflessi veracemente dal pensiero.

Ora, se l'oggettività è interna al linguaggio, in essa non trova spazio la realtà oggettiva che non si rifletta nelle rappresentazioni umane.

Bohr, non prendendo in considerazione irrevocabilmente la materia come il dato primario della conoscenza, finisce per definire la scienza come lo sviluppo di "metodi per ordinare l'esperienza comune" (esattamente come gli empiriocriticisti che Lenin confutava). La teoria scientifica passa a essere una forma per ordinare l'esperienza umana, per ordinare fenomeni.

Ma, come ben dimostrò Lenin, si sottrae alla scienza il suo fondamento oggettivo se si nega la possibilità che essa sia un riflesso di una realtà oggettiva che non dipende dall'uomo né dall'umanità, insomma, se si nega la verità oggettiva; ne consegue che la scienza non si distingua da altre forme di conoscenza, come per esempio la religione, perché non vi è alcun dubbio che le dottrine religiose siano anche forme di organizzazione dell'esperienza umana comune. Le premesse di Bohr risultano, che egli volesse o meno, profondamente idealiste.

 

La smaterializzazione della teoria quantistica

Lenin sottolineò come una causa dell'idealismo fisico o "scomparsa della materia", cioè un tentativo di concepire il movimento senza materia, sia di eliminare la materia dalle equazioni concependo queste ultime solo come mere relazioni formali.

L'interpretazione bohriana della meccanica quantistica procede anch'essa a tale smaterializzazione. Le onde di probabilità di Bohr sono un modo di concepire il movimento senza la materia. La concezione di Bohr a proposito del formalismo quantistico, come "schema puramente simbolico", ha come conseguenza che restino solo le relazioni formali e trova elementi corrispondenti con la "teoria dei simboli" criticata da Lenin: soffre dello stesso convenzionalismo.

Però la scienza non si riduce a uno schema formale internamente coerente. Essa manca di un fondamento oggettivo. È l'essere che è il suo oggetto, ed è l'essere che la scienza deve cercare di riflettere con un grado crescente di approssimazione. Accade che l'essere non si riduca alla sua manifestazione fenomenica. In realtà la scienza, come dice Marx, "sarebbe superflua se la forma di apparenza e l'essenza delle cose coincidessero immediatamente" [12]. Pertanto, la scienza deve cercare, come una condizione di scientificità, la connessione interna [13] dei fenomeni e non soltanto una loro descrizione o coordinazione, come pretende Bohr. Non si tratta di una condizione imposta o creata da una coscienza ordinatrice, ma di cercare di riflettere l'essere, il quale si dà nella sua unità, nel suo movimento reale, oggettivo. È anche per questa ragione che, essendo la stessa realtà oggettiva contraddittoria, la scienza deve includere la contraddizione. Non farlo significa negare la possibilità di riflettere la stessa realtà oggettiva nella teoria scientifica, e così è la più fondamentale esigenza di scientificità a non essere soddisfatta.

In conclusione, mi sia dunque permessa la seguente schematizzazione della risposta alla domanda circa quanto vi sia dell'idealismo nell'interpretazione ortodossa della meccanica quantistica:

1) È stabilita come istanza originaria e ultima della conoscenza una correlazione tra oggetto quantico e strumento di misura e le proprie determinazioni dell'ente quantico sono poste in dipendenza da una pratica umana, ossia l'esperimento.

2) La contraddizione è assunta in modo non dialettico, motivo per cui viene creato il cosiddetto principio di complementarità, impedendo la comprensione e la risoluzione della contraddizione tra onda e corpuscolo.

3) Vengono imposti limiti alla conoscenza istituendo una indivisibilità dei fenomeni, ciò che presuppone una barriera non oltrepassabile tra fenomeno ed essenza a livello quantistico.

4) L'universalità della causalità finisce per essere rigettata venendo rimossa dal campo quantistico.

5) Il valore oggettivo delle teorie scientifiche è negato, ciò che finisce per costituire la negazione della possibilità della verità oggettiva.

6) Si dà luogo a quella smaterializzazione della teoria cui alludeva Lenin e che egli identificava come la base dell'idealismo fisico e della crisi della fisica.


Note
1. Laureata in Fisica alla Facoltà di Scienze dell'Università di Lisbona (FCUL), Dottorato in Storia e Filosofia delle Scienze presso la Sezione Autonoma di Storia e Filosofia delle Scienze della FCUL con una dissertazione intitolata "Materialismo e idealismo nella fisica alla dine del XIX secolo e inizio del XX secolo a partire da Materialismo e empiriocriticismo di Lenin. Il caso esemplare dell'interpretazione bohriana della Meccanica quantistica". Membro del Centro di Filosofia delle Scienze dell'Università di Lisbona. Il presente intervento è stato realizzato in occasione del congresso internazionale Marx em Maio 2014, tenutosi presso l'Anfiteatro I della Facoltà di Lettere dell'Università di Lisbona nei giorni 8,9,10 maggio 2014. Traduzione dal portoghese a cura di Paola Picozzi e Alessio Arena.
2. Engels, Friedrich, Dialectics of Nature, in Karl Marx-Friedrich Engels Collected Works, New York, International Publishers, v. 25, 1987, p. 491.
3. Id., Anti-Düring, in ibidem, p. 24.
4. Bohr, Niels, Light and Life (1933), in Atomic Physics and Human Knowledge, New York, Dover Publications Inc., 2010 (riedizione integrale di Atomic Phisics and Human Knowledge, New York, Science Editions Inc., 1961), p. 5.
5. Engels, Friedrich, Ludovico Feuerbach e il punto d'approdo della filosofia classica tedesca, in K. Marx- F. Engels, Opere scelte, Roma, Editori Riuniti, 1966, p. 1101.
6. Bohr, Niels, Natural Philosopy and Human Cultures, in Atomic Physics and Human Knowledge, New York, Dover Publications Inc., 2010 (riedizione integrale di Atomic Phisics and Human Knowledge, New York, Science Editions Inc., 1961), p. 25.
7. Bohr, Niels, Causality and Complementarity, in Philosophy of Science, vol.4, no. 3 (Jul. 1937), p. 291.
8. Id., Unity of Knowledge, in Atomic Physics and Human Knowledge, New York, Dover Publications Inc. 2010 (riedizione integrale di Atomic Physics and Human Knowledge, New York, Science Editions Inc., 1961), p. 78.
9. Cf. id., Causality and Complementarity, in Philosopy of Science, Vol. 4, no. 3 (Jul. 1937), p. 291.
10. Cf. id., Ibidem, p.294.
11. Cf. Engels, Friedrich, Anti-Düring, in Karl Marx-Friedrich Engels Collected Works, New York, International Publishers, v. 25, 1987, P. 14.
12. "Tutta la scienza sarebbe superflua [überflüssig] se la forma di apparizione [Erscheinungform, forma fenomenica o fenomenale] e l'essenza [Wesen] delle cose coincidessero immediatamente", K. Marx cit. da J. Barata-Moura, Materialismo e Subjectividade em Torno de Marx, Lisboa, Edições Avante!, 1997, p. 74 (a partire da K. Marx. Das Kapital, III, 7, 48; MEW, vol. 25, p. 825).
13. Cf. J. Barata-Moura, Materialismo e Subjectividade, Estudos em Torno de Marx, Lisboa, Edições Avante!, 1997, p. 91 (a partire da K. Marx. Das Kapital, III, 7, 48; MEW, vol. 25, p. 825).

Traduzione a cura di Alessio Arena

Comments

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Gianni
Monday, 01 May 2017 17:18
Io credo che il marxismo non sia un dogma ma una guida per l'azione. Pertanto alcune tesi espresse da Lenin in "Materialismo ed empirocriticismo" possono essere benissimo essere considerate superate da scoperte scientifiche sopravvenute. Ciò chiaramente non deve portare ad un'accettazione del capitalismo come ha fatto in passato il pensiero revisionista
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claudio della volpe
Monday, 01 May 2017 10:00
mi farebbe piacere sapere cosa l'autrice pensi dell'approccio di Bohm che a me appare invece come un tentativo materialistico di superare il problema ricostituendo l'unità di comportamento della materia ad un livello superiore.
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