Cosa possiamo fare?
di Andrea Zhok
Gli ultimi mesi hanno visto un’accelerazione dei processi di dissoluzione dei paradigmi democratici e dei diritti costituzionali inedita nella storia della Repubblica. Che di questa situazione una parte ampia della popolazione italiana non abbia alcuna contezza va registrato con rammarico, ma non può essere un motivo per rimanere alla finestra.
A) Qual è la situazione in cui ci troviamo?
Riassumiamo quanto accaduto negli ultimi mesi sotto il profilo democratico.
• Con la Certificazione Verde si è istituito di fatto un trattamento sanitario obbligatorio sotto mentite spoglie, in violazione dell’articolo 32 della Costituzione.
• Le massive proteste di piazza che si sono succedute per mesi in decine di città italiane sono state ignorate dall’esecutivo e rimosse dalla vista e dal giudizio dai media, salvo nelle occasioni in cui era possibile stigmatizzarne qualche eccesso. L’unica risposta alla protesta di milioni di persone è stata ad un certo punto l’imposizione di un divieto di manifestare, in violazione sostanziale dell’articolo 17 della Costituzione.
• Intanto su molti manifestanti, identificati nel corso di eventi pacifici, senza che gli venisse ascritto alcun reato, hanno iniziato a piovere provvedimenti di DASPO urbani, annuali o triennali.
• Per rendere facile l’operatività dei controlli e l’implementazione del sistema certificativo da inizio ottobre è stata modificata la normativa sulla Privacy, scavalcando il Garante e legittimando di default il trattamento dei dati personali da parte dell’amministrazione pubblica, ogni qualvolta venga dichiarato che tale trattamento avviene per ragioni di pubblico interesse.
• Nel frattempo il Parlamento è stato svuotato di funzioni, ridotto ad un tinello dove i parlamentari possono ritrovarsi ed intrattenersi in un contesto elegante. La decretazione è praticamente l’unica forma legislativa rimasta in piedi (nel 2021, 229 decreti legge, uno ogni 38 ore) e i parlamentari ricevono comunicazioni intorno a cosa dovranno votare con brevi preavvisi, sufficienti per non farsi trovare alla toilette.
• L’intero arco costituzionale è ridotto ad una macchietta, i parlamentari a passacarte e vidimatori. Il dibattito parlamentare è stato sterilizzato. Il dibattito pubblico azzerato. Vengono fatte trapelare le intenzioni dell’esecutivo sui giornali con qualche giorno d’anticipo sul voto, per poi passare dopo qualche settimana in Gazzetta Ufficiale. Questioni enormemente controverse, come la disciplina delle concessioni di spiagge, taxi, servizi assicurativi, ecc. o la rimessa in discussione della natura pubblica dei servizi idrici, sono decise senza dibattito, come indiscutibili applicazioni di indirizzi europei.
• Gli scioperi stancamente e timidamente indetti dai sindacati, come lo sciopero CGIL del 16 dicembre, sono stati degnati da parte dell’esecutivo esattamente della stessa attenzione dedicata alle manifestazioni di piazza della protesta No-Pass: non pervenuti.
• I partiti (con l’eccezione di una piccola realtà neocostituita) sono ridotti al loro fantasma, schiacciati in un’imbarazzante supina adesione alle decisioni del presidente del Consiglio, cui, al mero fine di segnalare la propria perdurante esistenza in vita, fanno seguito qualche dichiarazione o qualche mugugno senza conseguenze, rilasciati ai giornali.
• Giornali e televisioni, con marginali eccezioni, hanno retto in modo corale e senza sbavature la narrativa emergenziale del governo, da un lato alimentando costantemente il terrore (e l’odio sociale verso l’elastica categoria dei “No-Vax”), e dall’altro presentando le iniziative del governo, anche le più aggressivamente insensate, come l’unica doverosa e razionale risposta ad una minaccia travolgente, rispetto a cui ogni dubbio e questione doveva cedere il passo.
• Simultaneamente l’unica fonte rimasta di informazioni non compromesse o non predigerite attraverso gli imprimatur governativi, cioè la comunicazione sui social media, è stata sottoposta a crescenti interventi censori, rendendo difficilissima la circolazione di qualunque notizia e di ogni documentazione che potesse scalfire significativamente la narrazione governativa (che è anche la narrazione europea). Sedicenti gruppi di “fact checker” hanno operato come truppe cammellate di disturbo e discredito, senza alcun limite, neanche il senso del ridicolo.
• In sintesi il potere è stato esercitato in questi mesi al di fuori di qualunque reale controllo democratico, senza voce né spazio lasciati a forme di dissenso e opposizione, irrigidendo l’attenzione del paese su un problema sanitario che si è fatto tutto il possibile per non allentare, creando inoltre un capro espiatorio (“No Vax”) su cui scaricare le responsabilità.
B) Cosa possiamo provare a fare?
• Oggi per molti la domanda fondamentale, come spesso nelle svolte storiche, non è più come giudicare, ma che fare? Che fare per riuscire a porre un argine a questa situazione di arbitrio, censura, erogazione di diritti a tempo, coltivazione strumentale di un emergenzialismo infinito con la complicità dei media? Che fare per uscire da questo gorgo in cui siamo risucchiati e che blocca con una manovra a tenaglia in sempre maggior misura ogni movimento?
• Credo che gli spiragli di movimento rimasti non siano molti. Il principale spiraglio è dato dal fatto che siamo ancora formalmente in una democrazia e che plausibilmente le prossime elezioni avranno luogo.
• Sotto queste premesse, per poter muovere qualcosa, il primo, immediato e minimale obiettivo consiste nel minacciare credibilmente una punizione elettorale alle forze politiche che reggono il presente esecutivo. Come si può farlo? Non basta far sapere che non si voterà nessuno dei complici di questo scempio (a titolo personale, allo stato dell’offerta politica disponibile in Parlamento, oggi potrei votare solo L’Alternativa). Non basta perché essendo tutti i partiti principali concordi, sanno che forse perderanno voti in termini assoluti, ma non in percentuale, e che dunque non ci sarà sacrificio in termini di seggi.
• Com’è possibile rendere questa minaccia reale? Esiste un unico modo: bisogna dare forma ad una rappresentanza politica capace di contendere lo spazio elettorale ai partiti attuali, dunque ad una formazione politica capace di presentare delle candidature alle prossime elezioni e di entrare in parlamento. Il fatto stesso che qualcosa del genere venga alla luce produrrà immediati effetti sul comportamento degli attuali partiti.
• Ma come si può dare forma a questa rappresentanza alternativa? Dopo tutto le persone, milioni di persone, che rifiutano i processi in corso provengono da retroterra politici e culturali molto variegati.
• Prima di rispondere, voglio premettere che l’esperienza di questi mesi mi fa ritenere che le divergenze in termini di retroterra politici tradizionali siano assai sopravvalutate (io sono del tutto certo di riuscire a trovare estesissimi punti di contatto su proposte politiche positive con l’80% dei soggetti coinvolti nella presente protesta).
• Ma, sia come sia, in prima istanza non abbiamo bisogno di preoccuparci di questo punto: non c’è bisogno di dare forma ad una rappresentanza politica con pretese generaliste. Ciò di cui c’è bisogno è innanzitutto un coordinamento unitario della moltitudine di gruppi, associazioni ed individui che già si è mobilitata in antitesi alla narrativa del governo e alle conseguenti normative. Tale coordinamento si deve costituire in un’associazione innanzitutto a carattere “difensivo”, il cui intento non è quello a lungo termine di proporre politiche strutturali, ma quello a breve termine di ripristinare condizioni di agibilità democratica al momento sospese.
• In tale associazione a carattere difensivo devono confluire su base individuale tutti i soggetti accomunati dalla contestazione alle presenti politiche, con un’agenda minima ed un’agenda seconda ed eventuale.
• L’agenda minima consta di un progetto:
a) di ripristino integrale dello status quo ante, della situazione antecedente all’introduzione dei blocchi, divieti, vincoli attuali;
b) dell’introduzione di norme positive che impediscano in futuro simili degenerazioni. Su un’agenda del genere ci può essere una convergenza integrale e trasversale massiva.
• Un’agenda seconda e più ambiziosa può essere ammessa come orizzonte eventuale, compatibile, ma non necessario di questa iniziativa. Si può accettare che laddove, nello scenario più felice, l’agenda minima venga ottenuta, poi iniziative più qualificate (es.: di difesa del mondo del lavoro dalle condizionalità neoliberali promosse da Draghi sulla scorta del PNRR), possono essere lasciate a sottoinsiemi di tale movimento, che su questi obiettivi ulteriori non avrebbe dunque una “disciplina di partito”.
• Un programma ed uno statuto di minima possono essere concordati senza troppe difficoltà, nella consapevolezza che il mandato principale ha carattere difensivo e di ripristino di istanze costituzionali tradite.
• Per dare concretezza a questa iniziativa tre passi operativi iniziali mi sembrano necessari:
1) bisogna munirsi di una piattaforma virtuale proprietaria, un sito autonomo, capace di svolgere alcune funzioni elementari;
2) bisogna raccogliere nominalmente attraverso questa piattaforma tutti coloro che in questi mesi hanno dato segno di opporsi alla degenerazione democratica in corso (anche con un versamento simbolico, da destinare alle spese di manutenzione e sviluppo della piattaforma);
3) bisogna, operando con la massima trasparenza sulla piattaforma, pervenire all’elezione di un certo numero di rappresentanti, che acquisiscano così titolo a parlare a nome del movimento e non dunque semplicemente come soggetti privati. Questa procedura può essere utilizzata successivamente anche per definire eventuali candidature. (Qui bisognerebbe discutere di alcune tecnicalità per impedire possibili manovre di “sabotaggio” o “dirottamento” da parte di gruppi organizzati, ma di questo a suo tempo.)
• In una fase successiva, in vista delle elezioni, dovrà aver luogo una fase di raccolta firme cui tutti verranno chiamati a dare un contributo materiale (la democrazia non può funzionare solo con i click in remoto). (Sperabilmente, ma questa in verità è l’unica cosa che è già ben avviata, questo comune progetto può ulteriormente facilitare l’interazione e la collaborazione tra gruppi.)
• L’ultima questione di carattere preliminare è: quale sarebbe il soggetto che dovrebbe farsi carico delle fasi iniziali del progetto? L’identikit ideale di tale soggetto (organizzazione) sarebbe un gruppo che abbia già dimostrato capacità organizzative, e che non abbia al momento una chiara caratterizzazione politica. Questo sarebbe il soggetto ideale per avviare l’iniziativa, in quanto maggiormente capace di fare posto inizialmente ad una pluralità di storie politiche, alcune già consolidate, limitando l’emergere di gelosie, personalismi e attriti.
• Di moltissime altre cose bisognerebbe discutere, ma questo è, credo, lo scheletro di ciò che bisogna iniziare a fare con urgenza.
Comments
Liberiamoci dai bizantinismi
Ora però ritorni ambiguo. Spiegami perché non dare del “negro” a una persona di colore o del “frocio” a un omosessuale o non usare espressioni sessiste (questo è il politicamente corretto) sarebbe “ideologia borghese liberale” . Quindi i veri comunisti possono tranquillamente essere razzisti, omofobi e sessisti?
En passant: Marx ha un visione "totale" della realtà, ma non è un "totalitario". Che Marx abbia una visione “totale” della realtà non vuol dire che sia totalitario. Sai cosa vuol dire “totalitario”?
Sono, a mio parere, quelle del professor Zhok , le proposte più opportune, più avanzate, tra quelle che le diverse forze che si oppongono oggi al draghismo indicano alla moltitudine di cittadini italiani che si trovano a dover fare i conti con le conseguenze delle libertà e dei diritti conculcati da un governo che sta trasformando in modo strisciante l'Italia in una specie inedita di monarchia al servizio dell'impero americano e dei suoi interessi geostrategici.
Ottima la proposta di costituire un coordinamento unitario dei gruppi, associazioni ed individui che già si stanno muovendo con determinazione e spirito creativo, in opposizione alle misure in atto.
Opportunissima l'indicazione che il soggetto in costruzione non deve avere al momento chiara caratterizzazione politica. E' questa la condizione che ci permette di raccogliere il grande contributo creativo di intelligenze e di passioni che il vasto fronte del nuovo umanesimo ci offre attraverso la militanza attiva offerta da una moltitudine di persone in marcia; un fenomeno che non si registrava in Italia da almeno mezzo secolo.
La deriva dei partiti e delle associazioni di massa fiancheggiatrici degli stessi sancisce la fine di un'epoca che è stata caratterizzata da inauditi tradimenti a cominciare proprio da quella formazione che aveva basato i suoi successi popolari ed elettorali sulla forza rivoluzionaria dell'Ottobre sovietico e dei suoi echi nel mondo ovvero il PCI.
I tentativi degli orfani del PCI che in questi ultimi trent'anni del dopo '89 hanno cercato di ricostruire l' edificio basandosi solo su slogan e su pratiche prevalentemente elettoralistiche al di fuori delle lotte e della partecipazione operaia e popolare sono tutti falliti. Hanno solo prodotto formazioni “leaderistiche” senza ricambi, senza scambi generazionali e con uno spirito settario che ha impedito di cogliere ciò che di nuovo si è sviluppato in Italia e nel mondo.
C'è un obiettivo unificante che oggi (dopo il referendum del 2016) viene apprezzato e posto in primo piano dalla parte più avanzata della società: La difesa e la piena applicazione della Costituzione.
Dopo 73 anni dalla promulgazione della Costituzione, quello che si osserva è che ad esempio l’art.1 è stato progressivamente trasformato in “l'Italia è una Repubblica fondata sull'impresa e sul profitto privato”. La classe al potere che ha governato il Paese ininterrottamente dal 1948 ad oggi, ha costruito le sue fortune sullo sfruttamento dei lavoratori e su un modello di ricostruzione funzionale al profitto e non alla società a misura d'uomo, un modello sociale costruito per creare assistenzialismo, parassitismo e clientelismo e opportunismo politico.
I risultati di questa gestione dello Stato sono sotto gli occhi di tutti: esistenza di sacche di schiavismo e semi-schiavismo, disoccupazione e sottoccupazione giovanili; mondo del lavoro privato degli elementari diritti; fragilità del tessuto urbano e del territorio che non è capace neppure di reggere il confronto con gli eventi naturali; sanità incapace di fronteggiare situazioni, pur prevedibili, di epidemie ma anche delle più elementari necessità di salute della popolazione; privatizzazione dei beni dello Stato; scorribande del capitale monopolistico internazionale che saccheggia le imprese nazionali e trasferisce a suo piacimento attività produttive nazionali e sedi fiscali nel mondo, laddove le sue insaziabili mire di profitto lo inducono; deperimento della partecipazione dei lavoratori all'organizzazione politica e sociale del Paese.
Di fronte a questa situazione che è sotto gli occhi di tutti occorre un radicale cambio di rotta.
Occorre riportare la realtà a quei principi e a quegli ideali che hanno ispirato la Resistenza, in tutte le sue versioni, comunista, azionista, socialista, cattolica, liberale e anarchica attraverso l'attuazione di tutti gli articoli non pienamente attuati della Costituzione, in primo luogo di quelli che riguardano il lavoro ovvero il 1° e il titolo III che è lo sviluppo articolato dell'art. 1 e dei successivi 2, 3, 4 dei principi cardine fondamentali di cui è centrale il 4, specie al secondo comma sugli ostacoli di ordine economico e sociale da rimuovere.
Questa potrebbe essere la prima tappa del nostro percorso al quale ogni raggruppamento che aderisse dovrebbe attenersi senza deviazioni opportunistiche o fini secondari alle regole comunemente accettate.
Irrinunciabile la proposta di una fonte unitaria di informazione sostenuta da tutti noi, che può essere on-line e cartacea. Ritengo comunque più adeguata quella cartacea, che è stato il mezzo principale di informazione e formazione politica sperimentata dai militanti del secolo scorso.
Mi permetto da vecchio militante politico, sindacale e sociale di esprimere gratitudine al professor Zhok per l'inestimabile contributo che sta dando per la nostra comune strenua difesa dei valori della Resistenza.
Dalla speranza nel Comunismo al comunismo di Speranza.
Rizzo è da anni che adotta un linguaggio volutamente ambiguo, strizzando apertamente l’occhio ai settori reazionari. I suoi ammiccamenti alle chiusure dell'estrema destra (dai leghisti agli ambienti rossobruni), sui migranti e i diritti civili, sono noti. Il PD ha sostituito Marx con F.von Hayek, mentre Rizzo l'ha sostituito con Fusaro, Byoblu e Povia.
Ora, passare dalla critica a posizioni criticabili di Rizzo e arrivare a schierarsi con l'ideologia capitalistico- liberale del politicamente corretto è un bel salto: è il salto nel campo degli avversari.
E questo salto avviene nella totale incoscienza teorica del vero nodo della questione, che per i comunisti non è la tutela o meno delle minoranze o dell'estensione dei diritti civili (cosa scontata per un comunista), sotto la più completa sottomissione all'egemonia capitalistica.
Questo giochetto del pensiero associativo è furbo e menzognero: poiché anche i nazisti e i fascisti ostentavano e ostentano posizioni "anticapitalistiche", e poiché i comunisti esprimono posizioni anticapitalistiche, se ne deduce che i comunisti sono nazifascisti. Questo è il paralogismo del pensiero associativo usato in modo disonesto e ignorante.
a me "disonesto e ignorante" sembra chi sostiene che il politicamente corretto (cioè la difesa e il rispetto delle minoranze, per la loro provenienza nazionale, per il loro orientamento sessuale etc) vada contro la lotta di classe. Argomentando tra l'altro la sua tesi con un forzato e confuso discorso su differenza e totalità. Chi vuole dividere gli sfruttati sono i razzisti (e gli ambigui che gli strizzano l'occhio), non chi difende le minoranze.
In terzo luogo, la valutazione della portata di un pensiero, una visione, una ideologia non va fatta per se stessa ma guardandola nel contesto storico-sociale determinato in cui si trova, per verificarne la funzione, al di là di ciò che dice di se stessa.
Ciò detto, ammetto di non essermi espresso bene. Il mio commento è scritto maluccio, poco fluido e con errori. Un commento frettoloso per questioni complesse.
Ma ciò che invito a considerare è proprio questa complessità, che una visione semplicistica e duale, binaria, tipica del pensiero liberale, tende ad ignorare e sopprimere.
Pensiero borghese liberale postmoderno puro.
Pretendere di parlare a nome di Marx su questi presupposti è grottesco. Marx è un filosofo totalitario e mi dispiace per chi, terrorizzato dalle banali scempiaggini propagandiste della guerra fredda liberale fino al midollo, ha il terrore di questo termine.
Ed è una verità che invece, se presa sul serio e fino in fondo, non fa comodo al discorso liberista (al limite al discorso liberale che, da un certo punto di vista, se preso sul serio, contiene in nuce la sua inevitabile superazione dialettica in comunismo, ma non vorrei complicare il discorso). Contro il discorso comunista, quello liberista (soprattutto nei momenti di cisi cicliche del capitale) ha bisogno del discorso rossobruno per ridare nuova linfa ai nuovo ciclo di valorizzazione del capitale. Rizzo è un alleato dei liberisti.
Il giochetto utilizzato è vecchio, trito, falso ed ereditato dal vecchio arnese reazionario pds-pd del periodo berlusconiano. Se oggi Paragone fosse ancora nella lega, voi ci stareste insieme. Non siete voi a non stare con Paragone; semplicemente è Paragone a non stare con voi. Esattamente come il pd ha fatto con Berlusconi, Salvini e compagnia.