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Alla fine il mostro è alla porta

di Mike Davis

Nei prossimi giorni il virus potrebbe devastare le baraccopoli di Africa e Asia, ma il pericolo per i poveri globali è stato quasi totalmente ignorato da media e governi occidentali. Intanto negli Usa sta per abbattersi un “Katrina sanitario”. Già la “semplice” influenza stagionale del 2018 ha sovraccaricato gli ospedali dopo vent’anni di tagli: milioni di lavoratori a basso salario, precari privi di assicurazione, disoccupati e senzatetto saranno gettati ai lupi. Su quanto sta per accadere negli slum e negli Usa scrive Mike Davis, secondo il quale il principale problema resta Big Pharma che preferisce dedicarsi ai farmaci che provocano dipendenza e alle cure dell’impotenza maschile invece di favorire l’accesso ai salvavita e la ricerca. È questo il tempo per spezzare il potere del monopolio dei farmaci e quello dell’assistenza sanitaria a fini di lucro

Screenshot from 2020 03 18 10 59 32Il Covid-19 è alla fine il mostro alla porta. Ricercatori stanno lavorando giorno e notte per identificare l’epidemia ma hanno di fronte tre grandi sfide.

 

Tre sfide

Innanzitutto la continua penuria o indisponibilità di kit di test ha fatto svanire ogni speranza di contenimento. Inoltre sta impedendo stime accurate di parametri chiave quali il tasso di riproduzione, la dimensione della popolazione infetta e il numero delle infezioni benigne. La conseguenza è un caos di cifre.

Ci sono, tuttavia, dati più affidabili sull’impatto del virus su certi gruppi di alcuni paesi. È molto pauroso. L’Italia, ad esempio, riferisce una percentuale impressionante del 23 per cento di morti tra i maggiori di 65 anni; in Gran Bretagna la percentuale è oggi del 18 per cento. L’”influenza corona” che Trump rifiuta, è un pericolo senza precedenti per le popolazioni geriatriche, con un potenziale pedaggio di morti dell’ordine di milioni.

Secondo: come le influenze annuali, questo virus sta mutando mentre attraversa popolazioni con diverse composizioni di età e immunità acquisite. La varietà che molto più probabilmente colpirà gli statunitensi è già leggermente diversa da quella del focolaio originale di Wuhan. Altre mutazioni potrebbero essere banali o potrebbero alterare la distribuzione attuale della virulenza che cresce con l’età, con neonati e bambini piccoli che mostrano scarsi rischi di infezioni gravi, mentre gli ottuagenari corrono un rischio mortale di polmonite virale.

Terzo, anche se il virus resterà stabile e poco mutato, il suo impatto sui gruppi dei minori di sessantacinque anni può differire radicalmente in paesi poveri e tra i gruppi a più alta povertà. Si consideri l’esperienza globale dell’influenza spagnola del 1918-19 che si stima abbia ucciso tra l’uno e il due per cento dell’umanità. Diversamente dal coronavirus fu prevalentemente mortale tra i giovani adulti e ciò è stato spesso spiegato come conseguenza dei sistemi immunitari relativamente più forti che reagirono eccessivamente all’infezione liberando “tempeste di citochina” contro le cellule polmonari. La H1N1 originale trovò notoriamente una nicchia favorita accampamenti dell’esercito e trincee dei campi di battaglia dove ha falciato soldati giovani a decine di migliaia. Il fallimento della grande offensiva tedesca della primavera del 1918, e dunque l’esito della guerra, è stato attribuito al fatto che gli Alleati, diversamente dai loro nemici, poterono reintegrare i loro eserciti malati con soldati statunitensi appena arrivati.

 

E nelle baraccopoli di Africa e Asia?

È raramente compreso, tuttavia, che un 60 per cento pieno della mortalità totale si è verificato nell’India occidentale dove le esportazioni di grano in Gran Bretagna e le brutali pratiche di requisizione coincisero con una grande siccità. La conseguente scarsità di alimenti spinse milioni di poveri sull’orlo della morte per fame. Divennero vittime di una sinistra sinergia tra malnutrizione, che soppresse la loro risposta immunitaria all’infezione, e polmoniti batteriche e virali rampanti. In un altro caso, nell’Iran occupato dai britannici, diversi anni di siccità, colera e scarsità di cibo, seguiti da una diffusa epidemia di malaria, furono una precondizione della morte di un quinto stimato della popolazione.

Questa storia – specialmente le conseguenze ignote delle interazioni con la malnutrizione e infezioni esistenti – dovrebbe ammonirci che il Covid-19 potrebbe avere un percorso diverso e più mortale nelle baraccopoli dell’Africa e dell’Asia Meridionale. Il pericolo per i poveri globali è stato quasi totalmente ignorato da giornalisti e governi occidentali. Il solo articolo pubblicato che ho visto afferma che poiché la popolazione urbana dell’Africa Occidentale è la più giovane del mondo, la pandemia dovrebbe avere solo un impatto leggero. Alla luce dell’esperienza del 1918 questa è una estrapolazione stupida. Nessuna sa che cosa succederà nelle prossime settimane a Lagos, Nairobi, Karachi o Kolkata. La sola certezza è che i paesi ricchi e le classi ricche si concentreranno su salvare sé stessi, escludendo la solidarietà e gli aiuti medici internazionali. Muri non vaccini: potrebbe esserci un paradigma più maligno per il futuro?

 

È in arrivo un Katrina sanitario

A un anno da oggi potremo guardare indietro con ammirazione al successo della Cina nel contenere la pandemia ma con orrore al fallimento degli Stati Uniti (sto basandomi sul presupposto eroico che la dichiarazione della Cina di un rapido declino della trasmissione sia più o meno accurata). L’incapacità delle nostre istituzioni di mantenere chiuso il vaso di Pandora, naturalmente, non è certo una sorpresa. Dal 2000 abbiamo visto ripetutamente crolli della prima linea dell’assistenza sanitaria.

L’influenza stagionale del 2018, ad esempio, ha sovraccaricato gli ospedali di tutto il paese, rivelando la sconvolgente penuria di letti d’ospedale dopo vent’anni di tagli mossi dal profitto di capacità di degenze (la versione dell’industria della gestione delle scorte “giusto in tempo”). Chiusure di ospedali privati e di beneficenza e scarsità di assistenza infermieristica, analogamente forzate dalla logica del mercato, hanno devastato i servizi sanitari in comunità e aree rurali più povere, trasferendo il carico a ospedali pubblici e strutture di assistenza ai veterani sotto-finanziati. Le condizioni dei pronto soccorso in tali istituzioni sono già incapaci di far fronte alle infezioni stagionali, dunque come faranno fronte a un imminente sovraccarico di casi critici?

Siamo nei primi stadi di un [uragano] Katrina sanitario. Nonostante anni di avvertimenti riguardo all’influenza aviaria e ad altre pandemie, le scorte di attrezzature elementari d’emergenza, quali i respiratori, non sono sufficienti all’attesa inondazione di casi critici. Sindacati di infermiere militanti in California e in altri stati si stanno assicurando che noi tutti comprendiamo i gravi pericoli creati da scorte inadeguate di mezzi essenziali di protezione, quali le mascherine N95. Ancora più vulnerabili perché invisibili sono centinaia di migliaia di assistenti domiciliari sovraccariche e di personale delle case di riposo sottopagati.

L’industria delle case di riposo e quella dell’assistenza domiciliare che si occupano di 2,5 milioni di statunitensi anziani – la maggior parte dei quali nell’ambito [del programma di assistenza sanitaria] Medicare – è da molto tempo uno scandalo nazionale. Secondo il New York Times un numero incredibile di 380.000 ospiti delle case di riposo muore ogni anno a causa della negligenza delle strutture riguardo a procedure elementari di controllo delle infezioni. Molte case – particolarmente negli stati del sud – trovano meno costoso pagare sanzioni per violazioni sanitarie piuttosto che assumere personale aggiuntivo e dotarlo di un addestramento appropriato. Oggi, come avverte l’esempio di Seattle, dozzine, forse centinaia di altre case di riposo diventeranno focolai di coronavirus e i loro dipendenti remunerati al minimo salariale sceglieranno razionalmente di proteggere le proprie famiglie restando a casa. In un caso simile il sistema potrebbe collassare e non dovremmo aspettarci la Guardia Nazionale per svuotare le padelle.

L’epidemia ha istantaneamente rivelato la forte divisione di classe nell’assistenza sanitaria: quelli con buoni piani sanitari che possono anche lavorare o insegnare da casa sono confortevolmente isolati, a condizione che rispettino prudenti misure di sicurezza. Dipendenti pubblici e altri lavoratori sindacalizzati con una copertura decente dovranno fare scelte difficili tra reddito e protezione. Nel frattempo milioni di lavoratori dei servizi a basso salario, lavoratori agricoli, lavoratori precari non assicurati, disoccupati e senzatetto saranno gettati ai lupi. Anche se Washington alla fine risolverà il fiasco dei test e fornirà un numero adeguato di kit, i non assicurati dovranno comunque pagare medici o ospedali per la somministrazione dei test. Le parcelle mediche complessive delle famiglie saliranno alle stelle nel momento stesso in cui milioni di lavoratori stanno perdendo il loro lavoro e l’assicurazione fornita dal loro datore. Potrebbe esserci un argomento più forte, più urgente a favore del [programma di assistenza sanitaria universale] Medicare for All?

 

Cosa ha fatto Big Pharma negli ultimi anni

Ma la copertura universale è solo un primo passo. È deprimente, per dire il minimo, che nei dibattiti delle primarie né Sanders né Elizabeth Warren abbiano sottolineato l’abbandono da parte di Big Pharma della ricerca e sviluppo di nuovi antibiotici e antivirali. Delle 18 maggiori compagnie farmaceutiche, quindici hanno abbandonato totalmente il settore. Farmaci per il cuore, tranquillanti che causano dipendenza e cure per l’impotenza maschile sono i leader dei profitti, non la difesa contro le infezioni ospedaliere, le malattie emergenti e le tradizionali patologie tropicali assassine. Un vaccino universale per l’influenza – cioè un vaccino che attacchi le parti immutabili delle proteine superficiali del virus – è una possibilità da decenni, ma non è mai stato una priorità redditizia.

Mentre la rivoluzione degli antibiotici sta facendo marcia indietro, vecchie malattie riappariranno accanto a infezioni nuove e gli ospedali diventeranno degli ossari. Persino Trump potrà opportunisticamente schierarsi contro gli assurdi costi delle ricette, ma abbiamo bisogno di una visione più audace che guardi a spezzare i monopoli dei farmaci e a provvedere alla produzione pubblica di farmaci salvavita (un tempo era così: durante la Seconda guerra mondiale, l’esercito arruolò Jonas Salk e altri ricercatori per sviluppare il primo vaccino per l’influenza). Come scrissi quindici anni fa nel mio libro The Monster at Our Door – The Global Threat of Avian Flu’ [Il mostro alla nostra porta, la minaccia globale dell’influenza aviaria]:

L’accesso ai farmaci salvavita, compresi vaccini, antibiotici e antivirali, dovrebbe essere un diritto umano, universalmente accessibile gratuitamente. Se il mercato non è in grado di offrire incentivi per produrre a basso costo tali farmaci, allora governi e organizzazioni non a fini di lucro dovrebbero assumere la responsabilità della loro produzione e distribuzione. Alla sopravvivenza dei poveri deve sempre essere attribuita una priorità maggiore che ai profitti di Big Pharma.

L’attuale pandemia amplia l’argomento: la globalizzazione capitalista oggi risulta biologicamente insostenibile in assenza di un’infrastruttura di sanità pubblica realmente internazionale. Ma una tale infrastruttura non esisterà mai se movimenti popolari non abbatteranno il potere di Big Pharma e dell’assistenza sanitaria a fini di lucro.


Tradotto da Giuseppe Volpe per Znetitaly.org (che ringraziamo). Fonte: Zcomm.org, originale Links.

Mike Davis è uno dei più noti e autorevoli saggisti della sinistra statunitense. Il suo libro su Los Angeles, Città di quarzo (edito in Italia da manifestolibri nel 2008) è stato tradotto in molte lingue – come del resto Il pianeta degli slum (Feltrinelli 2006) – ed è diventato un classico sulle trasformazioni e sul futuro delle megalopoli contemporanee.

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