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ilsimplicissimus

L’Argentina e la peste neoliberista

di ilsimplicissimus

E’ di questi giorni la notizia che il Fondo monetario statunitense eufemisticamente chiamato internazionale è sbarcato in Argentina imponendo una svalutazione e misure antisociali la cui entità sarà drammatica, in cambio di un prestito di 50 miliardi dollari necessario per evitare il crollo dell’economia. La cosa ha il sapore di un apologo perché il presidente Mauricio Macrì, neoliberista di ferro, è stato sventatamente eletto dagli argentini proprio per fare le politiche del Fondo monetario che ancora una volta si sono rivelate letali. Come del resto i “consigli” dati dallo stesso istituto negli anni ’90 e che portarono al default del Paese.

Grazie a questi eventi possiamo mettere chiaramente in luce una terza natura del neoliberismo oltre a quella di teorizzazione economica fallimentare e di ideologia politica dei ricchi: ovvero l’uso imperialista di tale dottrina per subentrare nel controllo effettivo dei Paesi. Non si tratta certo una novità perché stesse cose cono accadute nella crisi asiatica degli anni ’90, sono accadute in Grecia e accadono in Europa: la vicenda argentina suggerisce però più chiaramente di altre situazioni che il neo liberismo non è una malattia esantematica contro la quale si sviluppano abbastanza anticorpi da impedire una ricaduta. E’ invece una peste, una tubercolosi dell’anima che lascia immuni per poco tempo e poi può ritornare falcidiare speranze, futuro e diritti.

E’ accaduto negli anni ’90 con Menem, fedele esecutore delle volontà del Fondo monetario che portò a vaste privatizzazioni soprattutto in favore di multinazionali nord americane, tagli alle spese sociali, deregulation in molti settori e infine alla parità tra peso e dollaro: l’inflazione fu domata, ma si ebbe uno straordinario aumento dei licenziamenti in massa, del taglio ai sussidi economici e alla spesa sociale.Il numero dei poveri aumentò esponenzialmente cancellando la classe media. La crescita economica sulla carta corrispondeva a un impoverimento effettivo, secondo un meccanismo molto simile nella sostanza a quello europeo dove lo stesso risultato è stato raggiunto grazie all’euro che ha fermato l’inflazione, ma creato un’epocale crisi sociale nei Paesi a moneta scalabile. Alla fine degli anni ’90 l’Argentina che avrebbe dovuto essere in buonissima salute era invece sull’orlo del baratro e dopo settimane di manifestazioni, scontri, crisi istituzionali sale finalmente alla Casa Rosada, Nestor Kirchner che tarpa qualche penna all’Fmi facendo intendere che il debiti contratti sarebbero stati onorati, ma non a scapito della sopravvivenza della popolazione argentina. Ottiene così delle dilazioni e degli sconti sui pagamenti, mentre l’economia del Paese comincia a riprendersi e continua a farlo in anche sotto l’infuriare della crisi dei subprime con la moglie di Kirchner, Cristina divenuta a sua volta presidente del Paese. Gli effetti di questa inversione di marcia si fanno sentire: in un decennio la povertà passa dal 21% all’11,3% mentre l’indigenza scende dal 7,2% al 3,8% anche grazie alle rinazionalizzaioni e al ritorno al settore pubblico di alcune attività, quali ad esempio le estrazioni petrolifere. A quel punto però interviene Washington che comincia a fermare gli investimenti, fa sì che il Fondo monetario non conceda più dilazioni sui pagamenti e aizza anche creditori privati a rivolgersi ai tribunali (naturalmente americani) per contestare gli sconti ottenuti dall’Argentina anni prima e infine muove le sue pedine, anzi i suoi untori all’interno del Paese, analogamente a quando avverrà poi in Brasile, per creare uno scandalo e costringere la presidenta alle dimissioni.

A questo punto gli argentini ci cascano nuovamente ed eleggono un miliardario locale tale Mauricio Macrì che fa le stesse promesse di Menem vent’anni prima con tutta l’informazione che trasforma le sue ricette nella formula magica ed ottiene gli stessi risultati: ricchi più ricchi, riprivatizzazioni. popolazione impoverita e allo sbando, solo molto più fretta. Si vede che certi batteri sono endemici se è vero che il prode Mauricio ha come nonna una ricchissima fascistona romana che fece fruttare al meglio la vicinanza al regime per favorire la sua azienda di trasporti e come nonno un nobile calabrese, ancorché omonimo di una ‘Ndrina nota in tutto il Nuovo Continente, cofondatore assieme a Giannini dell’ Uomo Qualunque: l’insuccesso politico fu all’origine dell’emigrazione. Buon sangue non mente.

Ora cosa rende gli organismi sociali così poco resistenti a questo virus? Certamente il fatto che esso come quello dell’aids infetta per primi propri i gangli vitali di una risposta immunitaria, ossia l’informazione e la comunicazione e poi perché grazie a un’egemonia culturale pervasiva raggiunta a forza di soldi riesce a mimetizzarsi come facesse parte del progresso sociale e non ne fosse invece un antigene: solo quando ha prodotto le sue tossine lo si comincia a riconoscere come nemico. Quasi sempre troppo tardi, ma in ogni caso senza lasciare una memoria che consenta di sconfiggerlo appena si ripresenta. Forse questo avviene anche perché le difese sono poco attrezzate, poco incisive, fondate su un’antropologia astratta mentre il nemico, sia pure in maniera estremamente rozza, riesce a far sentire ciascuna vittima come al centro del mondo. Di certo qualcosa dovrà cambiare.

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