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Jeremy Corbyn vuole chiudere la fase neoliberista e riportare la produzione nel Regno Unito

di Redazione

La ricetta del Labour targato Corbyn è tanto semplice quanto radicale: il Regno Unito deve recuperare il controllo della propria economia

La lunga sbornia neoliberista nel Regno Unito cominciata con il governo della cosiddetta ‘lady di ferro’ Margaret Thatcher sembra finalmente avviarsi verso la conclusione. Con il governo conservatore di Theresa May in continua perdita di elementi e caratterizzato da forti sbandate. L’ultima disputa riguarda la Brexit con due fazioni che si fronteggiano riguardo le modalità di uscita dall’Unione Europea. Mentre i laburisti sono stati rigenerati dal vecchio Jeremy Corbyn. Sotto la sue gestione il Labour Party ha per la prima volta sopravanzato i Tories nei sondaggi e le iscrizioni al partito della sinistra britannica sono in grande ascesa. Soprattutto tra i giovani.

La ricetta del Labour targato Corbyn è tanto semplice quanto radicale: il Regno Unito deve recuperare il controllo della propria economia. Togliere spazio alla finanza speculativa. Ritornare a produrre in patria quanto adesso viene prodotto all’estero. Procedere con un forte piano di nazionalizzazioni in quei settori dell’economia ritenuti strategici. Consentire il recupero del potere d’acquisto della classe operaia e di quella media per stimolare l’economia. Insomma: chiudere il fallimentare periodo segnato dal neoliberismo più selvaggio.

In occasione di un incontro a Birmingham, seconda città del Regno dopo la capitale Londra, con i produttori dell'EEF, Corbyn ha spiegato che un governo laburista garantirebbe la produzione in patria invece che all’estero: «Costruire qui quelle cose che per troppo tempo sono state costruite all’estero».

Il leader laburista, come riporta la BBC, ha anche affermato di voler porre fine al «racket» dell’outsourcing nel settore pubblico.

La politica proposta dal partito laburista prevede un cambio di paradigma per il Regno Unito. Perché «il prossimo governo laburista si impegna a creare posti di lavoro di alta qualità in ogni regione e nazione del Regno Unito, per sviluppare nuovi settori e sostenere le buone imprese domestiche, grandi e piccole». Secondo quanto recita il programma laburista. Segnato così un netta linea di demarcazione con la linea neoliberista del New Labour di Tony Blair e successori.

A tal proposito Corbyn ha ricordato che «negli ultimi 40 anni, ci hanno detto che è positivo e perfino avanzato, che il nostro paese produca sempre meno, e si affidi la produzione a manodopera a basso costo all’estero, per poi procedere con importazioni mentre ci concentriamo sulla City di Londra e il settore finanziario».

Un errore grave perché: «La mancanza di sostegno all'industria manifatturiera sta risucchiando il dinamismo dalla nostra economia. Mancato sostegno pagato dalle tasche dei nostri lavoratori e dalla fine di ogni speranza di lavoro sicuro e ben retribuito da parte di una generazione di giovani».

Decisioni che secondo Corbyn non riguardano una «questione ideologica» ma bensì «buonsenso pratico». D’altronde quali sono i successi del neoliberismo in Europa?

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