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sinistra

Rinnovare la concessione ai Benetton: un premio ai principali responsabili del crollo del ponte Morandi

di Eros Barone

Quanti furono i morti causati dal crollo del ponte Morandi avvenuto il 14 agosto 2018? Come tutti sanno, essi furono quarantatré.

Può essere allora istruttivo ricordare il nome, il cognome e l’età delle vittime di quella strage. Gli ultimi ad essere riconosciuti furono, oltre a Mirko Vicini, 30 anni, di Genova, operaio Amiu, Cristian Cecala, la moglie Dawna e la figlia Kristal, di 9 anni, di Oleggio (Novara). Ed ecco gli altri: Marian Rosca, camionista romeno di 36 anni, che viaggiava col collega Anatoli Malai, di 44 anni. Una famiglia arrivava da Pinerolo: Andrea Vittone, nato a Venaria Reale, 50 anni, la moglie Claudia Possetti, nata a Pinerolo, 48 anni, i figli della donna Manuele e Camilla di 16 e 12 anni. Un'altra famiglia sterminata dal crollo è quella dei Robbiano che vivevano a Campomorone (Genova): il padre Roberto, 44 anni, nato a Genova, la madre Ersilia Piccinino, 41 anni, nata a Fersale (Catanzaro), il figlio Samuele, 8 anni. E ancora: Andrea Cerulli, 48 anni, di Genova; Elisa Bozzo, 34 anni, nata a Genova e residente a Busalla (Genova); Francesco Bello, 42 anni, di Serrà Riccò (Genova); Alberto Fanfani, 32 anni, nato a Firenze, fidanzato con Marta Danisi, 29 anni, nata a Sant'Agata di Militello (Messina); Stella Boccia, 24 anni, nata a Napoli e residente a Civitella Val di Chiana e il fidanzato Carlos Jesus Erazo Truji, 27 anni peruviano.

Ed erano quattro gli amici di Torre del Greco (Napoli) che tornavano a casa dopo una vacanza in Spagna: Giovanni Battiloro, 29 anni, Antonio Stanzione, 29 anni, Gerardo Esposito, 27 anni e Matteo Bertonati, 27 anni. Ed ancora: Giorgio Donaggio, 57 anni, nato a Genova e residente a Toirano (Savona); Alessandro Campora, 55 anni, nato a Genova; Giovanna Bottaro, 43 anni, di Novi Ligure (Alessandria); Vincenzo Licata, 58 anni, nato a Grotte (Agrigento); Luigi Matti Altadonna, 35 anni, nata a Genova; Angela Zerilli, 58 anni, nata a Corsico (Milano); Gennaro Sarnataro, 43 anni, nato a Volla (Napoli); Alessandro Robotti, 50 anni, nato a Alessandria; Bruno Casagrande, 57 anni, nato a Antonimina (Reggio Calabria) residente a Genova, collega di Mirko Vicini in Amiu. Un gruppo di vittime erano francesi: Axelle Place 20 anni, Nathan Gusman 20 anni, Melissa Artus 22 anni, William Pouza 22 anni. I morti cileni furono Juan Ruben Figueroa Carrasco 59 anni residente a Genova, Leyla Nora Rivera Castillo 48 anni, Juan Carlos Pastenes 64 anni. Due i morti albanesi: Admir Bokrina 32 anni, Marius Djerri 22 anni. Una vittima era colombiana: Henry Diaz Henao, 38 anni.

Perché ho definito istruttivo riportare questi dati? Perché da essi è facile desumere l’identità sociale delle persone che, dirette alle loro destinazioni per motivi di lavoro o di vacanza, videro all’improvviso, nell’attraversare quel maledetto ponte mentre infuriava il temporale, aprirsi sotto i loro piedi e le loro macchine il vuoto che li avrebbe fatti precipitare nel torrente Polcevera e sulle case sottostanti, travolti e seppelliti da un enorme cumulo di macerie. La verità è che le vittime predestinate di quel crollo erano tutte persone appartenenti alle classi subalterne, principalmente al proletariato.

Quello che non deve sfuggire ad un’ottica comunista è allora il carattere eminentemente proletario delle vittime di quel crollo, che fa di esso una strage di classe e di Stato nell'accezione più rigorosa del termine. Il crollo si configura infatti come un episodio sanguinoso della pratica economica e speculativa condotta, a fini di profitto, dal capitale privato e dal suo Stato. Tanto più derisorio apparve allora il comportamento del pubblico genovese, quando in occasione dei funerali di Stato salutò con un applauso grottesco la lettura dei nomi dei morti, come se essere vittime del blocco speculativo-clientelare-mafioso tra la Società Autostrade e lo Stato capitalistico fosse un titolo di merito anziché il tragico destino di persone a cui era stata tolta la vita con una duplice violenza, sia reale sia simbolica.

Del resto, tutti sanno che le cause di questa tragedia vanno ricercate nella criminale incuria e nella carente manutenzione del ponte da parte della Società Autostrade per l’Italia, azienda controllata dalla ‘holding’ Atlantia la cui proprietà è detenuta dalla famiglia Benetton.

I morti non si possono difendere, ma se potessero non vi è alcun dubbio sul fatto che le sanguisughe cui lo Stato ha concesso di riscuotere i pedaggi e cui intende rinnovare la concessione, insieme con i loro referenti e protettori politici - ‘in primis’, il governo Conte e il M5S, e ‘in secundis’, il Partito democratico che, ribadendo la sua natura di destra liberista, è il più ostile alla parola d’ordine della nazionalizzazione - riceverebbero l’unica lezione possibile1.

Per dirla con Amadeo Bordiga, cui dobbiamo ricognizioni magistrali di questo genere di eventi, anche una siffatta vicenda rientra perfettamente nei “drammi gialli e sinistri della moderna decadenza sociale”. Ormai il capitale non è in grado di assolvere la funzione sociale di trasmettere il lavoro dell’attuale generazione alle future e di utilizzare per questa il lavoro delle passate. Esso non ricerca appalti di ordinaria manutenzione, ma solo giganteschi affari legati alla costruzione di opere pubbliche (si pensi al Tav della Val di Susa o al Terzo Valico genovese). Tutto ciò ha inoltre trovato conferma in quanto ha denunciato l’ANAC (l’Autorità Nazionale Anticorruzione) nei giorni scorsi, e cioè che la Società Autostrade per l’Italia aveva spesso rinviato le manutenzioni necessarie alla stabilità della struttura, oltre che sottrarsi pervicacemente al dovere (ancorché formale, ma tuttavia inderogabile) di una comunicazione trasparente riguardo all’intera vicenda.

Concludo: ancora una volta è chiaro come il sole che l’unica soluzione dei problemi or ora evocati è una rivoluzione che strappi gli artigli alle classi possidenti e ai detentori attuali dei mezzi di produzione, e che la sola via di uscita dal disfacimento della società borghese sta nella collettivizzazione dei mezzi di produzione, di scambio e di comunicazione. Diversamente, continueremo a vivere in una società dove alla classe di “coloro che non contano nulla” e alle esigenze di sicurezza e di tutela della pubblica incolumità viene riservato il trattamento venale, spietato e sprezzante che la Società Autostrade sta cercando di porre in atto con il rinnovo della concessione e della stessa gestione del nuovo ponte ai responsabili del crollo di quello vecchio.


Note
1 Vale la pena di rammentare che, quando fu terminata l’Autostrada del Sole, il pedaggio fu introdotto con lo scopo di pagare i costi dell’opera; era inteso che, finito di pagare tali costi, il pedaggio sarebbe stato abolito. I costi dell’opera furono completamente ammortizzati nel 1998. A quel punto il pedaggio è diventato nella sostanza un’imposta, talché, quando i governi, a partire da quello presieduto da Prodi, hanno privatizzato queste infrastrutture, hanno praticamente venduto ai privati il diritto di riscuotere tale imposta. Sennonché le imposte che vengono riscosse dovrebbero affluire nelle casse dello Stato ed essere usate per il benessere pubblico, non intascate, dietro licenza dello Stato, da un imprenditore privato privo di scrupoli. È poi opportuno ricordare che l’Autostrada del Sole, capolavoro dell’IRI, fu costruita in sei anni (1958-1964). Quell’autostrada tutto è stata tranne che un “carrozzone inefficiente”, come oggi amano affermare gli esponenti del PD contrari alla nazionalizzazione. Era invece una struttura efficiente. Ma la cosa che colpisce di più è che i Benetton, divenuti nel 2002 titolari della quota di controllo della Società Autostrade (SA), si sono ritrovati nelle loro mani, senza averci messo una lira, una Società che gli garantiva 35 anni di concessione e che fornisce mediamente dai sette agli otto/nove milioni l’anno di utili netti.
Di fronte ad un caso così aberrante l’unica parola pronunciabile è: vergogna! Siamo di fronte ad uno Stato e ad un ceto politico che hanno fatto un accordo sfacciatamente asimmetrico per favorire, non si sa con quali transazioni, un gruppo di imprenditori privati. Quando il PD era all’opposizione, sembrava rendersi conto del fatto che il settore delle autostrade era un settore di rendite eccessive, ma, giunto al governo, il ministro Del Rio è quello che ha concesso più proroghe a tutto il verminaio privato che lucra su quel bene pubblico. Si è assistito, così, ad una sfilata di ministri e di governi che, nel corso del tempo, non hanno fatto altro che perpetuare questo sistema con nuove regalie. Basti pensare che alla fine del suo mandato il ministro Del Rio ha affermato di “non aver fatto abbastanza” (testuali parole). Forse voleva dire di non aver fatto abbastanza proroghe dei contratti di concessione della rete autostradale.

 

Comments

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Alfonso
Wednesday, 15 July 2020 00:12
Riguardo la "difesa", una applicazione rigorosa dei controfattuali aprirebbe una strada. Negli USA, ad esempio, ci sono tentativi in quella direzione. Prima occorre ribaltare la logica processuale, ragionamento troppo lungo per questa sede. Spero avremo occasione di approfondire, Grazie di nuovo
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Alfonso
Wednesday, 15 July 2020 00:01
Ottima disamina, Eros. Aggiungerei come fu lesto Toti a presentare il conto in mancati ricavi per lorsignori. Miserabile, soppesava la spada non di Brenno, ma della Merce. Umani che svicolano nel flusso eterno della produzione di valore? Esternalizzazioni, vuoti a perdere. Grazie
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