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laboratorio

Turchia-Grecia, uno scontro locale, anzi globale

di David Insaidi

Il 12 agosto scorso tra la nave greca Limnos e quella esplorativa turca Oruc Reis c’è stata, sembra, una collisione. O, in ogni caso, un motivo di contrasto. Ciò è avvenuto in una zona marina contesa tra Atene e Ankara.

Alla base dell’incidente c’è un vecchio contenzioso tra questi due paesi riguardante le acque a sud della Turchia, e, in modo particolare, l’isoletta di Kastellorizo, che si trova a soli due chilometri dalla costa turca, ma appartiene alla Grecia.

Ma, volgendo lo sguardo un po’ oltre, la faccenda riguarda anche un altro contenzioso: Cipro, isola che si trova sempre a sud della Turchia. Com’è noto, infatti, nel 1974 la Turchia invase la parte settentrionale di Cipro e vi creò uno stato turcofono, peraltro riconosciuto solo da Ankara.

Ovviamente queste sono le premesse storico-geografiche locali dell’incidente e non il vero motivo. Non si sarebbe mai arrivati ad uno scontro simile se non ci fosse stata la questione dei giacimenti di gas naturale scoperti 11 anni fa (nel 2009) in quelle acque. Il Mediterraneo orientale, infatti, sembra essere ricco di questi gas e la Turchia sta esplorando la zona a nord di Cipro proprio a tal fine.

E quando si parla di Mediterraneo orientale e di gas, il discorso inevitabilmente non può che allargarsi ad altri paesi dell’area (e anche non), ossia, Libano, Siria, Egitto, Cipro e Israele. Ma anche Francia, e, indirettamente, Libia.

Come se ciò non bastasse, c’è anche la questione dei migranti, che la Turchia utilizza come spada di Damocle per ricattare i paesi europei. E non si tratta soltanto di quelli stanziati nel suo territorio, bensì anche di quelli che si trovano nella parte della Libia controllata da Tripoli e da Al Serraj, uomo fortemente influenzato dal leader turco Erdogan.

La questione principale, dunque, è energetica e soprattutto geopolitica, e si innesta in un’area del mondo già fortemente instabile e “calda”, come il Medio Oriente, allargandola pericolosamente in direzione dell’Europa.

Vi è un progetto di un gasdotto che dovrebbe partire da Israele per giungere in Europa attraverso Cipro e la Grecia (Eastmed) e che vede d’accordo questi tre paesi (e l’Egitto), ma che taglierebbe fuori la Turchia e che crea malumori in paesi arabi come la Siria, il Libano e la Giordania, preoccupati da un ulteriore rafforzamento di Tel Aviv. Inoltre questo finirebbe per fare concorrenza anche al gas fornito dalla Russia all’Europa.

Contemporaneamente, però, ci sono altre questioni. La UE si è schierata formalmente in difesa della Grecia, ma in realtà in pochi, in Europa e in Occidente, vogliono alimentare lo scontro con Erdogan. In parte, come già accennato, per via del ricatto-migranti. Ma anche perché la Turchia fa pur sempre parte della NATO (come anche la Grecia d’altronde). E anche se negli ultimi anni sta agendo un po’ troppo di testa sua, l’Occidente, USA in testa, teme una sua fuoriuscita, che altererebbe pesantemente gli equilibri geostrategici in una zona di fondamentale importanza. La Turchia si trova, infatti, proprio a cavallo tra il Medio Oriente e l’Europa.

Un ruolo centrale, nelle tensioni in corso, spetta alla Francia, la quale è già in forte contrasto con la Turchia per via della Libia. La prima, infatti, sostiene il governo Haftar, ossia quello di Tobruk, mentre la seconda, come già detto, quello di Tripoli di Al Serraj. I quali, come è noto, sono in guerra tra di loro. Parigi, peraltro, è subito corsa a difendere la Grecia dopo l’incidente di cui sopra.

Da notare come in tutto ciò l’Italia, nonostante la sua collocazione geografica, sembra occupare una posizione abbastanza defilata.

Il primo elemento che emerge da questi eventi è che la NATO si sta rivelando un’alleanza sempre più conflittuale al suo interno. Turchia, Grecia e Francia, infatti, sono tutti membri di quest’organizzazione, ma non esitano a contrastarsi a vicenda. Forse sono anche segnali di come questo patto, nato in funzione della vecchia guerra fredda con l’URSS, stia diventando sempre più obsoleto.

Gli stessi Stati Uniti non riescono a gestire bene questa situazione potenzialmente esplosiva. Da una parte sostengono il progetto Eastmed, soprattutto per indebolire la Russia, dall’altra, però, intendono mantenere buoni rapporti con la Turchia – come si è visto anche in Siria, dove hanno appoggiato l’attacco di Ankara ai curdi – onde evitare che questa si sganci dalla NATO e si avvicini troppo alla Russia.

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