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lordinenuovo

Eurosovranità o democrazia? Perchè uscire dall'euro è necessario

recensione di Fabio Nobile

“Nella sostanza quello che condivido a fondo con Moro è che i pericoli reazionari che provengono dalle classi dominanti non sono tanto legati al riemergere della nazione ma alla capacità del capitale e della borghesia transnazionale di utilizzare con grande disinvoltura la nazione insieme allo spirito cosmopolita finalizzandolo al dominio di classe, togliendo  alle classi subalterne qualsiasi capacità di resistenza e di difesa che nel corso del novecento in particolare in Europa erano riuscite a conquistarsi.”

Questo è quanto scrissi nella prima recensione che feci sul libro “La gabbia dell’euro. Perché è di sinistra e internazionalista”. Nel nuovo libro “Eurosovranità o democrazia? Perché uscire dall’euro è necessario” (Meltemi editore, euro 12) Moro approfondisce questo punto di vista sia in relazione alla pandemia sia analizzando in profondità il concetto di sovranità e scandagliando il senso del Trattato di Aquisgrana sottoscritto da Francia e Germania nel gennaio del 2019.

Ma andiamo con ordine.

La pandemia, afferma Moro, ha dimostrato l’assoluta incapacità dell’Unione di rispondere agli shock esterni, come già accadde nella crisi 2007/2008 ma soprattutto ha rafforzato, appunto, il ruolo degli stati nazionali. Su questo sciorina dati e passaggi che dimostrano quanto affermato arrivando a confermare la sua tesi.

Il fatto di essere impossibilitati a mettere in atto politiche monetarie espansive come gli Usa o il Giappone aumenta le asimmetrie tra gli stati della UE e li spinge ad acuire i loro contrasti. I fondi messi a disposizione, come se i singoli stati fossero delle imprese private aggiungo io, rende tali finanziamenti un’arma a doppio taglio che rischia in un futuro prossimo di indebolire ancora di più gli stati più indebitati rispetti a quelli con fondamentali e finanza pubblica più solida. In questo contesto aumenta la concorrenza, dentro e fuori lo spazio competitivo e non solidale della UE, per tutelare le frazioni di capitale che rischiano di essere fagocitate dai competitors più forti. Questo spiega l’interventismo e l’alleggerimento delle regole europee sulla presenza diretta dello stato nell’economie soprattutto a sostegno delle grandi aziende e allo stesso tempo a tutela della proprietà contro possibili scalate straniere.

Da questo punto di vista l’appendice che riflette sul trattato di Aquisgrana è un saggio che andrebbe letto con grande attenzione da tutti. Di questo trattato nessuno ne ha parlato in maniera sufficiente, probabilmente perché, nei fatti, evidenzia quanta ipocrisia ci sia attorno alla vulgata europeista.

Secondo Moro “Al di là dei numerosi esempi in tal senso degli ultimi anni, specie dopo lo scoppio della crisi del debito pubblico, il Trattato di Aquisgrana, siglato a gennaio 2019 dai governi di Francia e Germania, sancisce definitivamente l’inesistenza dell’Europa non solo come soggetto politico unitario, ma persino come terreno politico di coordinamento tra Stati.” Ed è proprio così. Lo scambio tra Francia e Germania si snoda nella sostanza nella necessità della seconda di assumere un ruolo di potenza anche sul piano militare attraverso il sostegno e la forza francese. In cambio ottengono, oltre all’acquisto continuo dei titoli di stato francesi che ne rendono lo spread più basso di quello italiano nonostante i fondamentali economici siano peggiori, il sostegno politico alla politica imperialista in Africa. È evidente che tale accordo cozza con ogni ipotesi europeista o di scomparsa degli stati nazionali.

Tutto ciò trova, dal mio punto di vista, un ulteriore argomentazione nell’Appendice 1 del testo, dove l’autore affronta il concetto di sovranità passando per un interessantissimo excursus storico sulla sovranità in Europa dalla nascita degli stati nazionali fino all’Euro con cui “l’appropriato meccanismo istituzionale, ossia la moneta unica e la Banca centrale europea, che, sottraendo ai singoli stati il controllo sulla politica monetaria, li costringe alla disciplina di bilancio, i cui limiti sono stabiliti dai Trattati europei.” Ed è proprio l’Euro – questo, secondo me, è un concetto importantissimo sottolineato nel libro – ad essere non soltanto un progetto economico ma in primo luogo un progetto politico. L’essenza di tale progetto, come si evince da tutto l’elaborato di Moro, non è togliere ruolo agli Stati nazionali, in quanto espressione delle frazioni di capitale che rappresentano, ma di ridimensionare la sovranità democratica e popolare spostando una serie di funzioni di politica economica e sociale sul piano Europeo e quindi sovranazionale. In sostanza introducendo il cosiddetto vincolo esterno (“lo dice l’Europa”) sono avanzati processi di ristrutturazione che hanno fatto andare indietro i lavoratori e i settori subalterni di trent’anni disarmandoli sul piano sociale, politico fino a quello culturale. In sintesi, ed è questo il messaggio potente del libro, non è l’uscita dall’Euro da intendersi come regressiva ma la sua creazione che mina in primo luogo la coesione delle classi subalterne rendendole facili preda del nazionalismo xenofobo che ne è una diretta conseguenza. A questo non posso non aggiungere che la battaglia per la sovranità democratica e popolare è una delle principali arterie strategiche per perseguire su basi nuove una prospettiva di cooperazione europea e mondiale fondata sulla solidarietà e non sulla competizione selvaggia. Questo libro aumenta gli strumenti per poterla affrontare alla giusta altezza.

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