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lafionda

Serve essere liberi: è un obbligo!

di Rosso Malpelo

Come abbiamo appreso a preoccuparci di ogni “ritorno alla normalità”: una risposta alla Professoressa Michela Marzano (La Stampa, 18 luglio 2021)

È un gentile invito quello che la Professoressa Michela Marzano, dalle pagine de “La Stampa” del 18 luglio, rivolge al lettore: «Proviamo a ragionare insieme sull’obbligo vaccinale. Un passo dopo l’altro. Senza salti logici e senza argomenti d’autorità». Una tale gentilezza non può che essere accolta, soprattutto perché, di questi strani tempi, l’invito è raro e per questo tanto più lodevole. Per l’appunto, allora, ragioniamo. D’altronde, l’intenzione ci pare sincera e sembra proprio che ci si rivolga all’intera comunità. Perché dunque non accogliere l’invito, porgendoci in posizione dialogante?

La Prof.ssa Marzano afferma che non ci sia nessuno che non voglia «tornare (o ritornare) alla normalità». Se questo è il fine, continua Marzano, allora è necessario essere coerenti con questo fine e individuare il mezzo migliore che possa condurci a questo fine. Il mezzo migliore, a detta dell’Autrice, è quindi l’obbligo di vaccinazione.

La Prof.ssa Marzano imposta la propria argomentazione su un presupposto formale: il sillogismo pratico. Ora, il sillogismo pratico è argomento scivoloso e pieno di insidie. Ne siano testimoni i vari lavori che, sulla scia di Wittgenstein, hanno animato un vivace dibattito sviluppatosi nella seconda metà del Novecento (per esempio cfr. G. E. Anscombe, Intention, 1957). Introdotto da Aristotele nell’Etica Nicomachea, il sillogismo pratico viene presentato sempre come ciò che viene animato dal desiderio particolare del singolo individuo.

Questo è il ragionamento proposto dalla Prof.ssa Marzano:

Se il fine o lo scopo dei nostri comportamenti deve essere «il ritorno alla normalità»,

e se il mezzo per «il ritorno alla normalità» è la vaccinazione,

allora «ci si deve vaccinare».

Il lettore frettoloso dirà subito: “ineccepibile!”, d’altra parte, invece, il lettore attento sarà subito preso da un solletico intellettuale che si concretizzerà nella domanda: “perché utilizzare un sillogismo che implica il legame tra l’intenzione del singolo individuo e la sua azione (statuto psicologico o personale) per una questione che riguarda la complessità del corpo sociale e il diritto che è espressione di esso? (statuto politico e generale)”. In altre parole, Marzano vorrebbe giudicare della necessità dell’obbligo vaccinale per tutta la popolazione italiana attraverso un ragionamento formale di questo tipo:

Se il mio fine è quello di perdere peso,

e se per perdere peso devo ridurre l’apporto calorico e/o fare attività fisica

allora devo ridurre l’apporto calorico e/o fare attività fisica.

Il problema è qui che nel primo caso, indicato da Marzano, ciò che verrebbe desiderato è uno stato vago, generalissimo e indeterminato, mentre, nel secondo caso, ciò che è desiderato è determinato in maniera chiara e individuale.

Marzano, allora, assume due premesse che non sono necessarie, e non lo sono sia per quel che riguarda l’accuratezza della descrizione della volontà dell’individuo, sia per quanto concerne la realtà del legame tra vaccinazione e non trasmissibilità. Per quanto riguarda la prima:

1. Chi ci assicura che il «ritorno alla normalità» sia l’obiettivo di tutti? Infatti, la prima premessa del sillogismo descrive la volontà dell’individuo, e dunque, per assunto, di ogni individuo. Come fa Marzano ad esser certa che la descrizione che ci offre, ovvero quella di una sorta di volontà generale, si adatti bene alla volontà di ogni singolo. Chi può tener per vero che ognuno voglia e dica «lo scopo è il ritorno alla normalità», invece di “voglio (io) tornare alla vita che facevo nel 2019”, “voglio uscire”, “voglio tornare alla piena libertà”, etc? Ognuno, infatti, aristotelicamente, seguendo l’esercizio della facoltà calcolante dell’anima, desidera un fine individuale per il quale sceglie individualmente un mezzo. Aderire alla campagna vaccinale è dunque una scelta individuale, senza che ciò possa rivestire alcun valore sociale o intersoggettivo sul piano medico-sanitario. Come ampiamente dimostrato, purtroppo, da alcuni recenti fatti di cronaca.

2. Chi o cosa assicura del fatto che l’obbligo vaccinale, e dunque una copertura vicina al totale della popolazione, comporti poi necessariamente un “ritorno alla normalità”? E se ciò non accadesse? Se dunque il presunto legame tra la premessa (voler tornare alla normalità) e l’azione (aderire alla campagna vaccinale) non confermasse l’esito (il ritorno fattuale alla normalità), chi ne risponderebbe?

D’altro canto, anche la seconda premessa presenta dei problemi:

1. L’adesione alla campagna vaccinale non comporta necessariamente il ritorno alla “normalità”, poiché, in effetti, non garantisce il contenimento de «la circolazione del virus». Molti stati nazionali – Francia, Germania, Israele, UK, solo per citarne alcuni – prevedono l’accesso all’interno dei loro confini solo attraverso l’esibizione della certificazione di un test negativo per la presenza del SARS-CoV2. È di questi giorni la notizia di contagi nell’ambito di eventi (un concerto) o situazioni (l’equipaggio a bordo di una nave militare britannica) in cui l’accesso o la partecipazione era tassativamente permesso solo attraverso la presentazione del cosiddetto Green Pass vaccinale. Per citare una vicenda nota, lo stesso Ministro della Salute britannico, Sajid Javid, pur essendo stato vaccinato con doppia dose è risultato positivo al SARS-CoV2. Per essere stato a stretto contatto con Javid, lo stesso Primo Ministro, Boris Johnson, anch’egli vaccinato con doppia dose, è costretto, proprio in questi giorni, ad una quarantena di precauzione. Non è dunque sufficiente, né necessario, de facto il certificato vaccinale, proprio perché la vaccinazione non esclude il fatto di poter essere infettati e la trasmissibilità del patogeno.

2. Se il vaccino non serve a contenere la trasmissibilità, e tuttavia arriva da più voci – come la presente che commentiamo – che invece abbia proprio questa funzione, perché non assistiamo ad una corretta ed equilibrata informazione? Perché assistiamo ad una presentazione unidirezionale e pretestuosa e terrorizzante dei dati? Perché insieme alla strategia vaccinale non viene affiancata una seria strategia terapeutica? Se è vero che l’Italia è stato uno degli scenari peggiori per il numero di contagi e casi, è anche vero che ciò ha dato modo di osservare e studiare molti casi e di spingere molti medici e molti medici-ricercatori a cercare soluzioni innovative, perché allora non si sono aperti centri di ricerca sotto il coordinamento statale, connessi con altri centri di ricerca europei e internazionali?

Detto ciò, è del massimo interesse discutere di cosa vorrebbe dire per Marzano il «ritorno alla normalità». Per prima cosa, l’espressione, che compare sei volte all’interno dell’articolo, è equiparata all’espressione nel titolo: «tornare liberi». Quindi la “normalità” sarebbe identificata alla “libertà”. Marzano però riempie concretamente questa “normalità/libertà”, ci dice infatti che:

«tornare il più velocemente possibile alla normalità, ossia alla possibilità di andare al cinema, al ristorante, al bar, a spasso con gli amici, a una festa, in vacanza, a scuola e via di seguito, senza doversi porre il problema della capienza di un locale, dell’affollamento di un autobus o di un treno, dei gesti barriera, della mascherina, dei baci o degli abbracci. Una vita libera, quindi.»

Dunque, Marzano ci dice che attraverso l’adesione alla campagna vaccinale, presumibilmente estesa a tutta la popolazione, si possono evitare tutte le precauzioni nei confronti del contagio. Tuttavia, ciò contraddice tutto quello che ci è stato detto dall’inizio della campagna vaccinale ad oggi: la vaccinazione non implica l’abbandono delle pratiche anti-covid, né dei gesti barriera, ma c’è qualcosa che colpisce maggiormente in queste righe. La “normalità” indicata da Marzano è composta solo da eventi, situazioni e azioni che riguardano gli individui e il loro circolo familiare, affettivo o amicale: il cinema, i viaggi, i baci, lo svago, insomma gli ambiti del consumo (fa eccezione la scuola). Mentre nella presunta “normalità” di Marzano rimangono fuori la partecipazione politica (riunioni, congressi, manifestazioni, elezioni), la ripresa di un normale accesso alle cure e, soprattutto, il lavoro! Come mai questa scarsa attenzione per l’attività che sta a fondamento del nostro vivere insieme e, dunque, della nostra Costituzione?

Forse ne è causa la tendenza, fin troppo dominante, a scindere i rapporti umani, sociali e politici, da quelli legati ai rapporti economici. Tuttavia, ciò facendo, le analisi e le argomentazioni rischiano di lasciarsi sfuggire il carattere generale e la complessità del fenomeno. Se il fine deve essere il ripristino delle libertà, secondo il legittimo perimetro costituzionale, allora non soltanto si deve operare nell’ambito del diritto alla salute per quel che riguarda la diffusione di un solo patogeno, ma anche per il diritto alla salute che riguardi altri patogeni e tutte le altre patologie che siano esse fisiche e psichiche. Tutto ciò non può a sua volta che trovar luogo in una cornice in cui il diritto al lavoro e i diritti del lavoro siano pienamente realizzati. Diciamo questo non per sfuggire alla questione dell’adesione alla campagna vaccinale, né per indicare che il “vero” problema sarebbe riposto in “ben altro” (accusa di “benaltrismo”), ma solo per mettere in evidenza la complessità della questione affrontata contro un certo “riduzionismo risolvista” motivato da uno “stato di eccezione”. Infatti, il perimetro democratico della nostra società è descritto dalla Costituzione, la cui architettura non prevede che si possa spostare il carico della struttura su di un solo pilastro senza perciò alterare l’equilibrio della costruzione con effetti evidenti sulla vita democratica del corpo socio-politico. D’altronde, siamo sicuri che una persona, come la Prof.ssa Marzano, che ha un passato nelle istituzioni come rappresentante politico dei cittadini, sia sensibile all’appello che deriva dalla nostra Costituzione, nevvero?

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