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Il mito dell'Ucraina sovrana e la questione dei confini

di Donatella Di Cesare

Oggi il mio articolo sul Il Fatto Quotidiano

Sebbene lo scenario politico internazionale sia più che mai cupo e confuso, si vanno delineando due tendenze diverse nel modo di affrontare questo nuovo conflitto europeo.

Da una parte c’è chi lo racconta come la guerra di Putin contro il mondo, ricorrendo a consolidate antitesi: la follia contro la ragione, la barbarie contro la civiltà, la tirannide contro la democrazia. Il novello Gengis Khan, lo Hitler di turno, minaccia il progresso, semina distruzione, provoca l’apocalisse. In questa visione gli ucraini “si sacrificano per noi” costituendo un avamposto del mondo, una barriera indispensabile, prima che dilaghi ovunque la violenza cieca. Si tratta di un modo di interpretare gli eventi che, oltre a essere astorico, depoliticizza il conflitto, ignorando i motivi che lo hanno scatenato. Ciò non significa che questa tendenza, sostenuta soprattutto dagli Stati Uniti, non persegua un obiettivo ultrapolitico, che è l’estensione della guerra, presentata nella sua naturale ineluttabilità. Dall’ordine mondiale di qualche mese fa si passa allora a una confusione cosmica, a un caos illeggibile, dove ogni male, dalla recessione alla carestia, appare fatale, senza rimedio.

Dall’altra parte c’è una tendenza opposta che ha per scopo la delimitazione spaziale e temporale del conflitto. Per quanto destinato a rimanere sulla carta, il piano di pace italiano, bocciato dalla Russia, ha tuttavia un valore simbolico. E contiene un messaggio: ci sono quattro punti su cui le forze della diplomazia politica dovrebbero intervenire per spezzare una catena di effetti disastrosi. Peccato che l’Italia, inviando sempre più armi a una delle due parti, infici il piano vietandosi la possibilità di essere protagonista dei negoziati. Al di là di questa schizofrenia, resta il messaggio e l’individuazione dei punti.

Il terzo punto, forse il più problematico, ma certo il più concreto, riguarda la questione dei territori e dei confini, in particolare la Crimea e il Donbass. Proprio perciò è interessante sotto l’aspetto filosofico-politico. Non è un caso che le due espressioni lanciate come monito contro un eventuale accordo siano “sovranità” e “integrità territoriale”. Le ha riprese anche Draghi affermando: “sarà l’Ucraina e non altri a decidere quale pace accettare”. Si cela qui un modello di sovranità da tempo messo in discussione. Come è venuta meno la libertà astratta di un soggetto che si presume autonomo, perché si è liberi solo tramite gli altri e con gli altri, così è inconcepibile nello scenario attuale la sovranità di una nazione svincolata dalle altre. La coabitazione con i popoli mitiga e limita ogni sovranità – viene da qui l’idea stessa dell’Europa (a meno di non volerla cancellare). Perciò non può essere solo l’Ucraina a decidere quale pace accettare, dato che ne va del futuro di tutti i popoli europei, per non parlare dei più deboli e dei più esposti negli altri continenti.

La questione dell’“integrità territoriale” è ancora più controversa. La nazione è un singolare modo di raggruppare l’umanità in base alla nascita. Una nazione non coincide con lo Stato. Ci sono nazioni senza Stato, come i curdi, e Stati che contengono più nazioni come la Spagna. Suddividere il territorio europeo in Stati nazionali, soprattutto a est, è stato un compito arduo e controproducente. Pretendere l’omogeneità etnica e il radicamento al suolo significa aprire la porta a spinte ultranazionalistiche. Il separatismo – si pensi a quello altoatesino, o a quello catalano – è una risposta a ciò. Il confine, sempre artificioso, anziché essere la linea condivisa di comunità politiche e linguistiche aperte, diventa un fronte bellico. È quel che accade oggi in Ucraina, dove in centinaia e migliaia, definiti “eroi”, immolano la propria vita per una vecchia e indifendibile idea di “patria”.

Nel vastissimo territorio ucraino, dove ci sono molte minoranze, si profila verso est una popolazione russofona, diversa sotto l’aspetto storico, politico, culturale. Dopo il capitolo emblematico della Crimea, annessa dalla Russia dopo il referendum del 2014, è stato certo un errore di Kiev non concedere uno statuto autonomo al Donbass. In entrambi i casi l’indipendenza tempestiva avrebbe ratificato quelle differenze che non potevano essere cancellate e avrebbe forse evitato il conflitto. Adesso le autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, riconosciute dalla Federazione Russa, vengono in fondo fagocitate dall’invasione. L’Europa, che era nata per superare le nazioni e garantire la coabitazione tra popoli, assiste invece impotente a una sorta di guerra civile fratricida. Proprio da qui si può però ripartire, da un canto mettendo radicalmente in discussione sovranità e integrità territoriale, dall’altro mirando ai grandi obiettivi politici della pace e della convivenza.


https://www.ilfattoquotidiano.it/.../il-falso.../6606442/

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leandro locatelli
Monday, 30 May 2022 09:25
Petizione diretta al Presidente Mario Draghi e al ministro Cartabia
Andrea Rocchelli, fotogiornalista italiano era andato a documentare gli orrori della guerra in Ucraina, precisamente nel Donbass, ed è stato ucciso per questo. E' stato assassinato insieme all'attivista per i diritti umani (e interprete) Andrej Nikolaevič Mironov, dal fuoco ucraino, il 24 maggio 2014. William Roguelon, unico sopravvissuto all'attacco, dichiarerà che il gruppo è stato bersagliato da numerosi colpi di mortaio e armi automatiche dalla collina Karachun, dove era stanziata la Guardia nazionale dell'Ucraina e l'esercito ucraino. Gli assassini non sono i russi ma i nostri alleati, addestrati e armati da noi. I "buoni". Quelli che difendono la libertà. Nel luglio 2017 le indagini hanno portato all'arresto di Vitaly Markiv mentre rientrava in Italia, militare della Guardia nazionale ucraina col grado di vice-comandante al momento dell'arresto ma soldato semplice all'epoca dei fatti, con cittadinanza italiana. Markiv è stato sottoposto a misure detentive di custodia cautelare in attesa del processo che si è aperto a Pavia nel maggio 2018. Durante lo svolgimento del processo, Markiv viene anche accusato dentro e fuori l'aula di simpatie neonaziste. Si legge su Wikipedia: "Il 12 luglio 2019 la corte penale di Pavia ha giudicato Vitaly Markiv colpevole per concorso di colpa nell'omicidio di Rocchelli e Mironov e lo ha condannato a 24 anni di reclusione. Lo stato Ucraino è stato anch'esso giudicato colpevole nella medesima sentenza quale responsabile civile". Markiv però se la cava, dopo l'intervento delle autorità dell'Ucraina che prendono le sue difese. Ed ecco il colpo di scena: "Il 3 novembre 2020 la Corte d'Assise d'appello di Milano, pur ritenendo colpevoli le forze armate ucraine dell'omicidio dei giornalisti, ha assolto Vitaly Markiv con formula piena escludendo alcune testimonianze chiave dall'impianto accusatorio per un vizio di forma". Sul tablet e sullo smartphone sequestrati a Markiv, secondo i Ros, sono conservate oltre duemila fotografie. Alcuni scatti mostrano un uomo incappucciato, con una catena di ferro al collo, rinchiuso nel bagagliaio di un’automobile, una Skoda Octavia. In alcune immagini scattate poco dopo, si vede lo stesso uomo, con il volto ancora coperto, gettato in una fossa mentre qualcuno non inquadrato nella ripresa lo ricopre di terra. Altre fotografie ritraggono Markiv davanti alla stessa Skoda Octavia. Quando nell’aula è stata mostrata una foto di agenti della guardia nazionale ucraina con alle spalle una bandiera nazista, Markiv ha chiesto di prendere la parola e ha detto: «Non voglio che la guardia nazionale sia presentata come nazista. La bandiera ritratta in quella foto è soltanto un bottino di guerra» Peccato che il nemico fossero gli autonomisti del Donbass. Non c'è pace senza giustizia, non si annulla una sentenza per vizio di forma, dopo l'intervento delle autorità Ucraine che hanno parlato di complotto e di processo politico, intervento supportato anche da politici di lungo corso italiani. Chiediamo al presidente del consiglio Draghi ed al ministro della Giustizia Cartabia la revisione del processo. Ci sono due vittime innocenti, assassinate perché testimoniavano con il loro lavoro verità scomode, non ci possono essere colpevoli in libertà. La responsabilità penale è personale, indicare come responsabile l'intero esercito ucraino è inutile e sbagliato. Verità e giustizia per Andrea e Andrej.
Puoi firmare la petizione qui: https://chng.it/J4kY6Zdj
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