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La Cina e i dazi Usa, keep calm…

di Claudio Conti

L’andamento ciclotimico dei mercati e dei media occidentali si nutre spesso di notizie poco verificate o di autentiche illusioni. Un sistema in crisi, del resto, fatica a fare i conti con la realtà perché ogni sforzo serio in questa direzione implicherebbe la necessità di riconoscere le cause del proprio stato.

Succede così che le borse crollino repentinamente all’annuncio dei dazi da parte di Trump e poi si risollevino in pochi giorni quando lo stesso presidente Usa sembra fare qualche marcia indietro. Specie nei confronti della Cina, al tempo stesso principale competitor strategico e fondamentale fornitore delle merci base per consumatori poveri, come sono diventati i ceti popolari yankee.

Venerdì scorso lo “scatto” è stato motivato sulla notizia che la Cina “era pronta a negoziare” a proposito dei dazi, dopo aver reagito con tariffe doganali al 125% sulle importazioni dagli Usa dopo che Trump aveva portato al 145% quelle sulle merci cinesi, provocando di fatto il blocco pressoché totale degli scambi commerciali tra i due paesi.

Se “i cinesi si arrendono e sono pronti a negoziare” – così hanno presentato i media una dichiarazione del Dipartimento per il Commercio di Pechino – allora si può ricominciare a far correre le valutazioni azionarie e tutte le speculazioni finanziarie a esse collegate. Evviva!

Il problema è che le cose non stanno esattamente in questo modo…

Il comunicato ufficiale cinese dice in effetti una cosa parecchio diversa, anche se certo non significa una “chiusura”. Vale perciò la pena di riportarla integralmente:

La Cina afferma che gli Stati Uniti hanno inviato più volte segnali attivi per negoziare, avanzando condizioni.

La Cina ha dichiarato di aver notato le ripetute dichiarazioni da parte di alte cariche statunitensi, che esprimono la volontà di avviare negoziati con Pechino sulla questione dei dazi doganali. Inoltre, recentemente, Washington ha attivamente trasmesso messaggi alla parte cinese attraverso canali pertinenti [non solo chiacchiere davanti ai microfoni dei media, insomma, ndr], manifestando l’intenzione di dialogare. Al momento, la Cina sta valutando la situazione.

La Cina ha sottolineato che qualsiasi possibile dialogo o trattativa sarà inefficace se gli Stati Uniti non correggeranno le loro misure unilaterali errate, dimostrando così una mancanza di sincerità e danneggiando ulteriormente la fiducia reciproca. Se gli Stati Uniti dicono una cosa e ne fanno un’altra, questa strada è assolutamente impraticabile.

Recentemente, la Cina ha risposto alle varie dichiarazioni e azioni degli Stati Uniti.

Ora due punti sono chiari:

1. Le cosiddette “trattative già in corso” menzionate da Trump sono completamente infondate, frutto della sua fantasia, e la Cina ha già chiarito la posizione ufficiale;

2. Gli Stati Uniti hanno effettivamente inviato segnali di negoziato attraverso molteplici canali, e la Cina li ha ricevuti.

Tuttavia, l’evoluzione concreta della situazione rimane incerta, poiché una serie di azioni statunitensi rendono difficile fidarsi, soprattutto considerando le continue menzogne di Trump. Non è ancora chiaro se le ripetute richieste di trattative da parte degli Stati Uniti siano sincere o nascondano qualche stratagemma del governo Trump.

Pertanto, la condizione posta dalla Cina è chiara: gli Stati Uniti devono correggere i loro comportamenti illegittimi, dimostrando una reale volontà di dialogare. Solo allora la Cina aprirà le porte al negoziato.

La guerra economica, giunta a questo punto, deve avere un esito definitivo. La lotta funziona così: non si può agire in modo confuso, né tanto meno tornare indietro come se nulla fosse accaduto. Gli Stati Uniti devono imparare la lezione, provare il dolore delle loro azioni, e Trump deve capire che non è il “padrone del mondo” e non può fare tutto ciò che vuole.

Questa questione non riguarda solo gli interessi cinesi, ma anche quelli di tutti i popoli del mondo.

A noi il significato sembra piuttosto chiaro. Ma per non correre il rischio di dare valutazioni sbagliate preferiamo riportare anche la “spiegazione articolata” fornita da Chen Hu Dian Bing, un noto esperto militare cinese.

Questa mattina ho letto la risposta più recente del Ministero del Commercio alla richiesta degli Stati Uniti di avviare negoziati sulle tariffe. La notizia è stata pubblicata dall’agenzia Xinhua con il titolo: “Il Ministero del Commercio risponde sullo stato dei dialoghi e delle consultazioni economiche e commerciali tra Cina e Stati Uniti“.

Il contenuto specifico è il seguente: un giornalista ha chiesto: “Recentemente, gli Stati Uniti hanno più volte affermato di essere in trattative con la Cina su questioni economiche e commerciali e di voler raggiungere un accordo. Il Ministero del Commercio ha ulteriori informazioni o commenti al riguardo?

La risposta è stata: “La Cina ha notato che i vertici statunitensi hanno più volte espresso la volontà di negoziare con la Cina sulla questione delle tariffe. Inoltre, recentemente, gli Stati Uniti hanno attivamente inviato messaggi alla Cina attraverso canali rilevanti, auspicando l’avvio di trattative.

A questo proposito, la Cina sta “valutando”. Segue un lungo passaggio che, in sintesi, afferma: “Se si vuole combattere, siamo pronti; se si vuole negoziare, la porta è aperta.”

Avete notato? Questa volta, la risposta del Ministero del Commercio è un po’ diversa dal solito. Innanzitutto, il momento è particolare: il 2 maggio, durante le vacanze del Labor Day. Inoltre, l’orario di pubblicazione della notizia da parte di Xinhua è stato alle 8:28 del 2 maggio. Un orario insolito, persino in un normale giorno lavorativo, figuriamoci durante una festività.

Oltre al tempismo, anche il contenuto è insolito. Perché? La chiave sta in tre parole: “valutazione in corso“. In passato, la risposta sarebbe stata semplicemente che si trattava di “notizie false“. Questa volta, invece, vengono forniti dettagli: la Cina ha notato le ripetute dichiarazioni degli Stati Uniti, che hanno anche inviato messaggi attraverso canali terzi per chiedere negoziati. Questo non è più un dialogo a distanza, ma una comunicazione diretta.

La parte più interessante è proprio la frase: “A questo proposito, la Cina sta valutando.” Cosa significa “valutare“? Significa analizzare la posizione negoziale delle due parti, capire qual è il vero obiettivo del “ricatto tariffario” americano e quanto la Cina possa resistere. Solo con una valutazione chiara si potrà negoziare in modo efficace.

Ieri ho letto un commento di Ning Nanshan, che affermava: “Tutto il mondo sta aspettando il maggio degli Stati Uniti.” Ha menzionato un punto interessante: Trump ha annunciato le “tariffe equivalenti” il 2 aprile e il 9 aprile ha dichiarato che, per 75 paesi che non adottano ritorsioni, le tariffe sarebbero state sospese per 90 giorni, ridotte al 10%. Per la Cina, invece, lo stesso giorno è stato annunciato un aumento del 125%. Da allora sono passati più di 20 giorni.

Sappiamo che il trasporto di merci dall’Asia e dall’Europa verso gli Stati Uniti richiede circa un mese. Quindi, a maggio, gli USA si troveranno ad affrontare due situazioni:

1. I prezzi delle merci arrivate negli USA saranno aumentati a causa delle tariffe.

2. Soprattutto, la quantità di merci arrivate diminuirà drasticamente, entrando in una fase di esaurimento delle scorte.

Ning Nanshan ha sottolineato che questo è un momento cruciale per valutare quanto del “ricatto tariffario” americano sia reale e quanto sia solo una minaccia. Più il tempo passa, più gli USA mostreranno le loro carte.

Ma è necessario aspettare che gli USA siano completamente scoperti prima di negoziare? Non necessariamente, perché anche la Cina subisce perdite e pressioni. Ecco perché serve una “valutazione“: per capire come affrontare la situazione prima che accada. Più si aspetta, più chiaro sarà il quadro, ma la valutazione richiede tempo.

Ora resta da vedere come reagiranno gli USA alla risposta del Ministero del Commercio cinese. La “guerra tariffaria” è un gioco di strategia e coraggio. Ma il coraggio da solo non basta: serve anche l’intelligenza, che si manifesta nella comprensione delle posizioni reciproche. “Conosci te stesso e il tuo nemico, e vincerai cento battaglie.” La frase “valutazione in corso” riflette proprio questo principio.

Nessuna fretta, insomma, e soprattutto nessuna “resa”. Si stanno attendendo gli effetti concreti dei dazi di Trump, soprattutto sul piano interno agli Stati Uniti, e quindi – in base a quegli effetti – i reali cambiamenti nell’impostazione aggressiva data alla politica commerciale tra i due paesi.

Dopo, e solo dopo, si comincerà a vedere se e come “trattare”.

Tanta olimpica calma non è soltanto “il classico modo cinese di fare”, ma la prova concreta che i dazi – sicuramente dannosi anche per l’economia di Pechino – faranno certamente più male agli Stati Uniti che li hanno voluti. Un po’ come le sanzioni europee alla Russia insomma…

L’euforia di borsa dello scorso fine settimana sembra perciò più un fuoco di paglia alimentato da un’illusione sul “rapido ritorno alla normalità” e su una “trattativa da una posizione di forza Usa”, che non una manifestazione di potenza residua del capitalismo.

Ma vi sembra il modo in cui si può gestire ancora a lungo un sistema mondiale (e l’informazione relativa)?

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