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Ha vinto Renzi. Il berlusconismo è risorto, più forte e più bello che pria. Grazie. Prego

Lanfranco Caminiti

europee-renzi-300x179L’astensionismo non ha sfondato. Più di metà degli elettori che non votano non è certo un “dato fisiologico” (sarebbe come dire che la disoccupazione giovanile al 45 per cento è fisiologica), ma non è un valore sufficiente per parlare di delegittimazione del parlamento europeo.

L’affluenza europea è nella media delle votazioni precedenti, sempre in calo, cioè, ma benché in alcune nazioni importanti (Olanda, Gran Bretagna) ci siano state punte notevoli di non-voto, in altrettante nazioni importanti (Germania, Francia) c’è stato addirittura un aumento dei votanti. La sovrapposizione fra voto europeo e voto “nazionale” non è stata solo una prerogativa italiana: vale per la Francia, la Germania, la Spagna, la Gran Bretagna, la Grecia (a proposito, auguri a Tsipras). E non poteva essere altrimenti, è uno dei “sensi” del voto di cui l’elettore si riappropria ed esercita: protestare, approvare, investire, ritirare. Paradossalmente, però, è forse proprio dove l’astensionismo raggiunge cifre altissime (in Polonia, nella Repubblica ceca, in Finlandia, in Svezia, in Gran Bretagna) che si può misurare lo “stato dell’arte” dell’Europa. Benché i numeri dei seggi sembrino dare una maggioranza inevitabile alla Grande Intesa tra popolari e socialdemocratici, cioè a un governo di stabilità, l’Europa esce indebolita. L’asse franco-tedesco è in crisi, e la stabilità europea è tutta sulle spalle della Germania.

L’Unione europea che esce dal voto è ancora più tedesca, anzi è tedesca in solitudine. C’è da immaginare, e anche da sperare, che la Merkel dovrà tenere conto di questo.

Quanto all’Italia, la polarizzazione dello scontro fra Renzi e Grillo ha funzionato, cioè ha mobilitato. Grillo, forse malgrado lui, è stato funzionale al sistema politico, nel senso che avergli (ed essersi) costruito addosso la figura dell’«uomo nero» ha finito con lo spostare buona parte del voto di centro e moderato verso Renzi, e riassorbire una parte del voto di protesta in libera uscita. Il voto “contro” è una componente significativa del proprio comportamento elettorale, e questo voto si è caratterizzato alla fine “contro Grillo” e attorno al Pd.

Renzi rappresenta la stabilità del sistema politico italiano tutto (come ha già argutamente osservato Casini in tempi non sospetti). Questo è il suo ruolo, questa è la sua chance. L’ha giocata bene. Ha vinto. Ha vinto senza avere fatto nulla. A parte gli 80 euro. Vince quindi il renzismo, ovvero la prosecuzione del berlusconismo con gli stessi mezzi.

Vince un bisogno di stabilità, piuttosto che di cambiamento, o di stallo o di crisi. Proprio il contrario dell’ultimo voto politico. Non credo dipenda dalle maggiori o minori stupidaggini di Grillo, o dalle maggiori o minori furbate di Renzi: questo è il segno che gli elettori hanno voluto dare.

C’è un uomo solo al comando. Benché sia stata evocata, questa non è la Democrazia cristiana. La Dc aveva cento cavalli di razza e mille correnti, e almeno venti uomini capaci di fare cinquanta governi diversi con ministri e squadre diverse, garantendo continuità di governo. Renzi non è la Dc.

Non lo è perché questa non è l’Italia dello sviluppo ma l’Italia della crisi. Perché questa non è l’Italia dell’alleanza atlantica e dell’impero americano.

Questa è l’Italia di un’Europa che arranca. Appunto.

Cercate – lo suggerirei sommessamente ai vari commentatori politici che si sfregano le mani, io non voglio gufare, io voglio battermi – di non essere così provinciali da ubriacarvi di vittoria (e Clinton, e Blair, e l’unico leader in Europa che può tenere testa alla Merkel, ma davero?)

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