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comuneinfo

Guarda in alto, non solo la cometa

di Massimo De Angelis

d88ed56Don’t look up è un film interessante per diversi motivi. Il principale, secondo Massimo De Angelis, ha a che fare con il possibile destino dei nostri sforzi di cambiare il mondo e di comunicare l’urgenza di questo cambiamento, ma anche di fare di questa comunicazione uno strumento di azione comune e collettiva. Non basta cominciare a guardare in alto per vedere la cometa in picchiata sulla Terra (il cambiamento climatico più della pandemia), c’è da riconoscere e sovvertire in basso l’ordine gerarchico della società nella quale il profitto viene prima di tutto.

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Il film Don’t look up è come uno specchio che riflette la coscienza del mondo, uno specchio che ci mostra attraverso quali meccanismi perversi sia possibile che la potenza collettiva accumulata in trecento anni di sviluppo economico si trasformi in impotenza collettiva nella salvaguardia della riproduzione sociale a fronte di una grave minaccia. E questo non per mancanza di conoscenza o tecnologia, ma semplicemente per il modo in cui il nostro mondo è organizzato.

Nel film, la questione della riproduzione sociale è posta dalla minaccia di una cometa gigantesca destinata a colpire la terra, con conseguenze catastrofiche per tutta la vita sul pianeta. Non credo siano concepibili emergenze più gravi della minaccia imminente dell’estinzione di massa (lontana poco più di sei mesi), e sebbene nelle intenzioni del regista il film voglia evocare altre reali minacce alla riproduzione sociale, a cominciare dal cambio climatico, quest’ultima non si presenta ai nostri occhi con lo stesso grado e intensità di catastrofismo di una gigantesca cometa che colpisce il nostro pianeta.

Nel peggiore dei casi del cambio climatico, un aumento di 4 o 6 gradi gradi della temperatura entro la fine del secolo seminerà tanta morte e distruzione di comunità umane e animali con intensità mai viste prima, ma non porterà all’estinzione di massa di tutta la vita del pianeta. Allo stesso modo, la pandemia al limite può fare milioni, decine di milioni e chissà magari anche centinaia di milioni di morti umane, ma non può distruggere tutta l’umanità e tutti gli ecosistemi nei quali essa vive (a questo ci ha pensato il capitalismo che ha creato le condizioni per la trasmissione zoonotica del virus). Questo per dire che la scelta dell’evento limite attorno al quale costruire la narrazione del film è stata una scelta accurata per dare una risposta alla domanda: come si comporta un sistema sociale costruito a piramide attorno al comando capitalistico nei confronti dell’emergenza più catastrofica immaginabile per la riproduzione sociale? E se per tale catastrofe è concepibile e plausibile che la società non sia in grado di mobilitarsi efficacemente, immaginiamoci con catastrofi “minori” rispetto a questa quali il cambio climatico o una pandemia che sono sciocchezze a confronto.

Una chiave di lettura del film la si ottiene attraverso il concetto di “differenza che fa la differenza” di Gregory Bateson. La differenza che fa la differenza è l’informazione che deve essere comunicata attraverso diversi nodi di un circuito affinché un’operazione possa essere portata a compimento realizzando così la sua finalità. Per Bateson questa idea dimostra come la soggettività – quella che lui chiama mente – non è concentrata nel cervello, ma diffusa appunto tra diversi elementi di un circuito produttivo.

Bateson fa un esempio molto semplice. Si prenda un boscaiolo, con tanto di scure, intento a tagliare un albero. Questo processo produttivo si attua attraverso un circuito, gli elementi dei quali sono costituiti dal manico della scure, la sua lama, il taglio nel tronco fatto dalla scure e l’albero. Mentre la scure si muove sotto il controllo del boscaiolo, progressivamente cambia la forma del taglio nel tronco dell’albero. In ogni momento, la dimensione e la forma del taglio avrà un effetto sulla decisione del boscaiolo su come oscillare la scure la prossima volta che si abbatte sull’albero. Ma questo significa che la “notizia” della differenza che fa la differenza viaggia attraverso il circuito produttivo del sistema “boscaiolo-albero” prendendo via via la forma di differenze particolari e specifiche. Il cambiamento nella forma del taglio è ricevuto come informazione della differenza dalla retina del boscaiolo, e cambiamenti nella retina portano l’informazione della differenza che fa la differenza al sistema nervoso centrale, che a sua volta passa l’informazione ai muscoli, questi ultimi al manico della scure che viene inclinato in un certo angolo che a suo modo “informa” la lama che viene mossa in un angolo specifico, la quale lama infine, abbattendosi sul tronco, cambia forma e dimensione del taglio a seconda della grana e dalla densità strutturale dell’albero. Per Bateson, ogni elemento coinvolto nella diffusione dell’informazione attraverso una particolare differenza è parte di quello che costituisce la mente che distingue la differenza. Ora, nel semplice sistema boscaiolo-albero, abbiamo in linea di principio due finalità messe in un chiaro ordine gerarchico, la finalità del boscaiolo (l’abbattimento dell’albero) e quella dell’albero (la cui finalità sarebbe quella di preservarsi). I rapporti di potere tra boscaiolo e albero fanno in modo che la finalità del primo sia quella dominante (e ci dispiace per l’albero).

Nel film la differenza che fa la differenza è la notizia dell’arrivo della cometa e della sua minaccia per la vita entro sei mesi. La circolazione di questa notizia dovrebbe servire alla mobilitazione della cooperazione sociale orientandola verso uno scopo, una finalità: salvare il mondo, quantomeno trovando il modo di ridurre i danni potenziali della cometa. Invece del sistema boscaiolo-albero dell’esempio di Bateson volto alla finalità dell’abbattimento dell’albero, si dovrebbe instaurare un sistema società umana – cometa volto alla finalità della deviazione del corso della cometa. Una scala e un grado di complessità certamente più grande del sistemino di Bateson, ma non impossibile da concepire. Basterebbe che la notizia dell’arrivo della cometa si materializzi in un ampio circuito di cooperazione sociale, un circuito in grado di mobilitare rapidamente risorse sociali di entità tali (testate nucleari, satelliti, space shuttle etc.) da poter deviare il corso della cometa e salvare la terra. Lo stato, e lo stato statunitense in particolare, è l’unica istituzione sociale che può mobilitare risorse di tale entità e in tempi molto brevi. Il film però racconta come non sia possibile salvare il mondo, e non per ragioni “tecniche”, o di conoscenza, e neanche per via della “natura umana” come spesso si sente proferire da varie forme di cinismo essenzialista, ma per ragioni prettamente sociali, di potere sull’orientamento e le finalità della cooperazione sociale in vari ambiti. Un chiaro esempio è quando la notizia entra nel mondo dei media. La modalità del sistema mediatico, di come la trasmissione e riproduzione di questa notizia sia subordinata all’ordine gerarchico delle finalità all’interno di questo sistema è chiaro. La notizia dell’imminente distruzione planetaria è posizionata orizzontalmente con lo spettacolo del gossip. Inoltre, la forma comunicativa deve rendere le cose più leggere e divertenti, come “rendere più dolce la medicina”, rendendo quindi la comunicazione con la finalità della mobilitazione meno efficace, poiché questo modo comunicativo tende a sottovalutare e minimizzare, e quindi a tranquillizzare. Tranquillizzare la moltitudine significa indurla a tornare ad occuparsi della quotidiana normalità della sopravvivenza, nonostante si abbia la conoscenza di un’imminente apocalisse. Ci identifichiamo quindi facilmente con la frustrazione espressa in modo diverso dai corpi di Kate Dibiasky e Randall Mindy, i due astronomi interpretati magistralmente da Leonardo Di Caprio e Jennifer Lawrence.

L’esempio più illuminante è quando i due astronomi si rapportano con il sistema stato, ai suoi più alti livelli della presidenza, uno Stato che presto nel film si mostrerà nella sua caratteristica più generale, quella di Capitale-Stato. Al contrario del boscaiolo nell’esempio di Bateson, la finalità dello Stato non è chiara e univoca. Quando i due astronomi entrano alla Casa Bianca per comunicare la grave notizia nella speranza di un’azione immediata e urgente, si trovano nel mezzo di una serie diversa di ordini gerarchici che subordinano la finalità dell’azione urgente per la salvaguardia del pianeta ad altre finalità. In senso generale, questo ordine gerarchico delle finalità subordina i bisogni della riproduzione sociale e della vita ad altre finalità. Proprio per questo esso è nel film la concausa della distruzione planetaria, poiché è un ordine gerarchico che immobilizza l’azione, o la rende vacua.

Vediamo alcune finalità dello Stato che via via vengono nel film a dominare o ad articolarsi alla finalità di salvare il mondo. In primo luogo, lo Stato si mostra asservito alla finalità della propria clientela quando i protagonisti sono fatti aspettare per delle ore perché ovviamente una festa di compleanno nell’entourage del presidente è più importante della notizia di una possibile catastrofe planetaria. Va beh, uno qui può anche dire che un altro presidente con un’altra sensibilità avrebbe fatto migliori public relations. In un successivo momento però, salvare il mondo viene subordinato alla riproduzione politica del presidente. Ci sono infatti le elezioni del midterm e Madam the president è invischiata in uno scandalo che richiede tutta la sua attenzione, quindi per l’amministrazione è meglio sedersi sulla notizia e valutare. Successivamente, quando anche le league universities confermano la gravità della situazione e i media hanno incominciato a pubblicizzare la notizia della cometa, l’ufficio della presidente percepisce l’occasione di allineare le due finalità, quella di salvare il pianeta e quello di rivitalizzare il proprio indice di gradimento, con la pianificazione di un’azione magistrale (missili e compagnia bella diretti alla cometa) guidata simbolicamente da un eroe (quando tecnicamente non c’era bisogno di nessun eroe) che serva a riprodurre i vecchi valori dell’individualismo e del razzismo. Un uomo di altri tempi appunto. Ma anche questo accoppiamento strutturale tra due finalità (quello della riproduzione sociale e della riproduzione politica della presidente) viene frantumato quando si instaura il vero comando del capitale con il suo ordine gerarchico: il profitto prima di tutto. E la cometa rappresenta appunto una grande opportunità di profitto, grazie all’intervento (ahimè) del visionario imprenditore che non può resistere alla tentazione di legare le sorti del pianeta al mito di una tecnologia mai prima sperimentata e immaginata (vi fischiano le orecchie? Il nucleare di quarta generazione? Geo-ingegneria contro il cambio climatico?) e allo stesso tempo salvifica e arricchente (quella che nella nostra vera vita ci tocca in sorte come green technology che a detta dei potenti ci salverà dal cambiamento climatico e promuove allo stesso tempo la crescita economica). E così, la cometa da minaccia si trasforma magicamente in opportunità, venendo narrata come miniera vagante dalla quale estrarre minerali di gran valore monetario e per mezzo della quale si fantastica la soluzione di tutti i problemi sociali del mondo – quante volte lo abbiamo sentito nel corso della storia del capitalismo – e addirittura si immagina un destino intergalattico dell’umanità (e quanta accumulazione di capitale e ingiustizie ambientali e sociali ci dovremo sorbire prima di arrivare a quel punto?). È questa una fantasia proveniente direttamente dalla razionalità del capitale, una fantasia che mobilita un potere reale, perché perseguita da soggetti come Peter Isherwell, nel film il miliardario titolare di una multinazionale tecnologica che ha nel suo libro paga anche la Presidente. Una fantasia che si impone nell’ordine gerarchico delle finalità e che subordina fino al punto di annientarla la riproduzione sociale (e della vita). Alla fine, il sogno intergalattico del capitalista si avvera, ma non proprio come anticipato nella sua fantasia, ma come piano B di fuga dell’1 per cento dalla terra in rovina.

Don’t look up ha tante sfaccettature che meritano di essere evidenziate. A me ha interessato mettere in rilievo l’immagine che ci riflette del possibile destino dei nostri sforzi di cambiare il mondo e di comunicare l’urgenza e la necessità di questo cambiamento, e di fare di questa comunicazione strumento di mobilitazione comune e collettiva. Un destino gramo che si produce proprio nel momento della circolazione della differenza che fa la differenza, del suo passaggio da soggetti che abitano un mondo dove non ci sono “ma” alla priorità della riproduzione della vita nel suo complesso, a un mondo dove non ci sono “ma” alla riproduzione del capitale e del potere. Finché non troviamo un modo per rompere questo impasse tra le due riproduzioni, e a sovvertire l’ordine gerarchico delle finalità, il nostro gramo destino è, asintoticamente parlando, quello illustrato dal film. E se questo dovrà essere, speriamo solo di vivere gli ultimi momenti in dignità comune, mano nella mano, consapevoli almeno di averci provato a cambiare il mondo, come in una scena finale tra i protagonisti del film.

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