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Un'élite liberale europea ci attira ancora verso l'abisso

di Johnathan Cook [globalresearch.ca]

thebridgebygatetonowherUn gruppo di 30 rispettati intellettuali, scrittori e storici ha pubblicato un manifesto lamentando l'imminente collasso dell'Europa e dei suoi presunti valori illuministici di liberalismo e razionalismo. L'idea di Europa, avvertono, "sta cadendo a pezzi davanti ai nostri occhi", mentre la Gran Bretagna si prepara alla Brexit e i partiti "populisti e nazionalisti" sembrano pronti a incassare ampi successi nelle elezioni in tutto il continente.

Il breve manifesto è stato pubblicato nelle riviste europee dell'élite liberale, in giornali come The Guardian.

"Dobbiamo ora combattere per l'idea di Europa o perire sotto le ondate del populismo", si legge nel documento. Fallire significa che "il risentimento, l'odio e una pletora di infelici passioni ci circonderanno e sommergeranno".

A meno che non si possa cambiare la situazione, le elezioni in tutta l'Unione europea saranno "le più calamitose che abbiamo mai conosciuto: una vittoria per i sabotatori, la disgrazia per coloro che credono ancora nell'eredità di Erasmo, Dante, Goethe e Comenius; il disprezzo per l'intelligenza e la cultura; esplosioni di xenofobia e antisemitismo ovunque; il disastro".

Il manifesto è stato scritto da Bernard-Henri Levy, il filosofo francese devoto ad Alexis de Tocqueville, un teorico del liberalismo classico. Tra i firmatari figurano i romanzieri Ian McEwan, Milan Kundera e Salman Rushdie, lo storico Simon Shama e i premi Nobel come Svetlana Alexievitch, Herta Müller, Orhan Pamuk e Elfriede Jelinek.

Sebbene non nominati, i loro eroi politici europei sembrano essere l'Emmanuel Macron di Francia, attualmente impegnato nel tentativo di schiacciare le proteste popolari contro l'austerità dei Gilet gialli e la cancelliera tedesca Angela Merkel, a presidio delle barricate per l'élite liberale contro una rinascita dei nazionalisti in Germania.

Mettiamo da parte, in questa occasione, la strana ironia che molti dei firmatari del manifesto - non ultimo lo stesso Henri Levy - hanno una ben nota passione per Israele, uno stato che ha sempre respinto i principi universali apparentemente incarnati nell'ideologia liberale e che invece si schiera apertamente per un nazionalismo etnico simile a quello che ha squassato l'Europa nel secolo scorso.

Concentriamoci invece sulla loro affermazione secondo cui "il populismo e il nazionalismo" sono sul punto di uccidere la tradizione liberale democratica dell'Europa e gli stessi valori più cari a questo illustre gruppo. La loro speranza, plausibilmente, è che il loro manifesto serva come un campanello d'allarme prima che le cose prendano una svolta irreversibile in senso peggiorativo.

 

Il crollo del liberalismo

In un certo senso, la loro diagnosi è corretta: l'Europa e la tradizione liberale si stanno sgretolando. Ma non perché, come insinuano con forza, i politici europei assecondano gli istinti più bassi di una marmaglia insensata, vale a dire la gente comune verso la quale hanno così poca fede. Piuttosto perché il lungo esperimento nel liberalismo ha finalmente fatto il suo corso. Il liberalismo ha chiaramente fallito, e ha fallito catastroficamente.

Questi intellettuali si trovano, come ognuno di noi, su un precipizio dal quale stiamo per saltare o cadere. Ma l'abisso non si è aperto, come dicono loro, perché il liberalismo viene respinto. Piuttosto, l'abisso è l'inevitabile risultato della reiterazione del modello liberista come soluzione alla nostra attuale situazione, anche da parte di questa élite sempre più ristretta e contro ogni evidenza razionale. È la tenace trasformazione di un'ideologia profondamente viziata in religione. È l'idolatria verso un sistema di valori che ci distrugge.

Il liberalismo, come la maggior parte delle ideologie, ha aspetti positivi. Il suo rispetto per l'individuo e le sue libertà, il suo interesse nel coltivare la creatività umana e la promozione dei valori universali e dei diritti umani rispetto all'approccio tribale, con alcune conseguenze positive.

Ma l'ideologia liberale è stata molto efficace nel nascondere il suo lato oscuro o più precisamente, nel persuaderci che questo lato oscuro è la conseguenza della rinuncia del liberalismo piuttosto che un fattore inerente al progetto politico liberale.

La perdita dei tradizionali legami sociali - tribali, settari, geografici - ha lasciato le persone oggi più sole, più isolate di quanto fossero in qualsiasi precedente società umana. Possiamo sostenere a parole i valori universali, ma nelle nostre comunità atomizzate, ci sentiamo alla deriva, abbandonati e arrabbiati.

 

Sottrazione di risorse umanitarie

La professata preoccupazione liberale per il benessere degli altri e per i loro diritti ha, in realtà, fornito una copertura cinica per una serie di sottrazioni di risorse sempre più sfacciate. Lo sfoggio di credenziali umanitarie del liberalismo ha permesso alle nostre élite di lasciare una scia di massacri e macerie nel loro passaggio in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria e presto, a quanto pare, in Venezuela. Abbiamo ucciso "con gentilezza" e poi rubato l'eredità delle nostre vittime.

L'inconfondibile creatività individuale ha forse favorito l'arte, seppur feticizzata, e anche i rapidi sviluppi meccanici e tecnologici. Ma ha anche incoraggiato la concorrenza sfrenata in ogni ambito della vita, sia utile all'umanità o meno, e comunque con un enorme spreco di risorse.

Nel peggiore dei casi, ha letteralmente scatenato una corsa agli armamenti, che - a causa di un mix della nostra libera creatività, della nostra mancanza di Dio e della logica economica del complesso militare-industriale - è culminata nello sviluppo di armi nucleari. Abbiamo escogitato i modi più completi ed efferati inimmaginabili per ucciderci a vicenda. Possiamo commettere un genocidio su scala globale.

Nel frattempo, la priorità assoluta dell'individuo ha sancito un'auto-concentrazione patologica, un egoismo che ha fornito terreno fertile non solo per il capitalismo, il materialismo e il consumismo, ma per fondere il tutto in un super-neoliberismo. Ciò ha permesso a una piccola élite di accumulare e sottrarre la maggior parte della ricchezza del pianeta e porla al di fuori della portata del resto dell'umanità.

Peggio ancora, la nostra creatività sfrenata, il nostro autocompiacimento e la nostra competitività ci hanno reso ciechi a tutte le cose più grandi e più piccole di noi stessi. Ci manca una connessione emotiva e spirituale con il nostro pianeta, con gli altri animali, con le generazioni future, con l'armonia caotica del nostro universo. Quello che non possiamo capire o controllare, lo ignoriamo o lo deridiamo.

E così l'impulso liberale ci ha portato sull'orlo di estinguere la nostra specie e forse tutta la vita sul nostro pianeta. La nostra spinta a esaurire i beni, ad accumulare risorse per il guadagno personale, a saccheggiare le ricchezze della natura senza rispettare le conseguenze è così travolgente, così folle che il pianeta dovrà trovare un modo per riequilibrarsi. E se continuiamo, quel nuovo equilibrio, che va sotto il nome di "cambiamenti climatici", richiederà di rinunciare al pianeta.

 

Nadir di una pericolosa arroganza

Si può plausibilmente asserire che è un po' che gli umani si trovano su questa sozza strada. La concorrenza, la creatività, l'egoismo, dopotutto, precedono il liberalismo. Ma il liberalismo ha rimosso le ultime restrizioni, ha schiacciato qualsiasi sentimento contrario come irrazionale, incivile, primitivo.

Il liberalismo non è la causa della nostra situazione. È il nadir di una pericolosa arroganza verso la quale noi, come specie, abbiamo indugiato per troppo tempo, dove il bene dell'individuo supera qualsiasi bene collettivo, definito nel senso più ampio possibile.

Il liberale ossequia il suo piccolo e parziale campo di conoscenze e competenze, eclissando le saggezze antiche e future, quelle radicate nei cicli naturali, nelle stagioni e nella meraviglia per l'ineffabile e sconosciuto. L'attenzione incessante ed esclusiva del liberale è sul "progresso", la crescita, l'accumulazione.

Per salvarci è necessario un cambiamento radicale. Non armeggiare, non riformare, ma una visione completamente nuova che rimuova l'individuo e la sua gratificazione personale dal centro della nostra organizzazione sociale.

Questo non è contemplato per le élite che pensano che la soluzione stia in una maggiore, e non minore, dose di liberalismo. Chiunque si allontani dalle loro prescrizioni, chiunque aspiri a essere più di un tecnocrate addetto a correggere i difetti minori dello status quo, viene presentato come una minaccia. Nonostante la modestia delle loro proposte, Jeremy Corbyn nel Regno Unito e Bernie Sanders negli Stati Uniti sono stati insultati da un'élite mediatica, politica e intellettuale pesantemente investita nel perseguire ciecamente il sentiero dell'autodistruzione.

 

Sostenitori dello status quo

Di conseguenza, ora abbiamo tre chiare tendenze politiche.

La prima è quella dei sostenitori dello status quo, quella degli scrittori europei del più recente - e ultimo? - manifesto sul liberalismo. In ogni passaggio del manifesto dimostrano quanto siano irrilevanti, quanto incapaci nel fornire risposte alla domanda su come dobbiamo andare avanti. Si rifiutano categoricamente di guardare all'interno del liberalismo per capire cosa è andato storto e di osservare l'esterno per comprendere come salvarci.

Irresponsabilmente, questi guardiani dello status quo raggruppano la seconda e la terza tendenza nella futile speranza di preservare la loro presa sul potere. Entrambe le altre due tendenze sono derise indiscriminatamente come "populismo", come politica dell'invidia, politica della folla. Queste due tendenze alternative e opposte sono considerate indistinguibili.

Ciò non salverà il liberalismo, ma aiuterà a promuovere il peggio delle due alternative.

Chi nelle élite ha capito che il liberalismo ha fatto il suo tempo, sfrutta la vecchia ideologia predatoria del capitalismo: mentre cercano di distogliere l'attenzione dalla loro avidità e dalla difesa dei loro privilegi, seminano discordia e insinuano minacce oscure.

Le critiche dell'élite liberale formulate dai nazionalisti etnici suonano convincenti perché poggiano sulle verità del fallimento del liberalismo. Ma sono ingannevoli, non offrono soluzioni a parte il loro avanzamento personale nel sistema esistente, fallito, destinato all'autodistruzione.

Il nuovo autoritarismo [la seconda tendenza] sta tornando ai vecchi e fidati modelli del nazionalismo xenofobo, offrendo gli altri come capro espiatorio per sostenere il proprio potere. Stanno abbandonando la sensibilità ostentata e coscienziosa del liberale per continuare il saccheggio sfrenato. Se la nave affonda, rimarranno al buffet finché le acque non raggiungeranno il soffitto della sala da pranzo.

 

Dove può risiedere la speranza

La terza tendenza è l'unico posto in cui risiede la speranza. Questa tendenza, dei "dissidenti", comprende che è necessario un nuovo pensiero radicale. Ma dato che questo gruppo è attivamente schiacciato dalla vecchia élite liberale e dai nuovi autoritarismi, ha poco spazio pubblico e politico per esplorare le sue idee, per sperimentare, per collaborare, come è urgentemente necessario.

I social media forniscono una piattaforma potenzialmente vitale per iniziare a criticare il vecchio sistema fallito, per sensibilizzare su ciò che è andato storto, per contemplare e condividere idee radicali e mobilitarsi. Ma i liberali e gli autoritari vivono la critica come una minaccia ai loro stessi privilegi. Sotto l'isteria delle "fake news", stanno rapidamente lavorando per spegnere anche questo piccolo spazio.

Abbiamo così poco tempo, ma la vecchia guardia vuole bloccare qualsiasi possibile via per la salvezza: anche se i mari sono pieni di plastica, se le popolazioni di insetti scompaiono in tutto il mondo e il pianeta si prepara a tossire un grumo di muco infetto.

Non dobbiamo essere ingannati da questi progressisti liberatori del manifesto: i filosofi, gli storici e gli scrittori - l'ala delle pubbliche relazioni - del nostro status quo suicida. Non ci hanno avvertito della bestia che giaceva in mezzo a noi. Non hanno visto il pericolo incombere e il loro narcisismo li acceca ancora.

Non dovremmo ascoltare i guardiani del vecchio, quelli che hanno trattenuto le nostre mani, che hanno indicato un sentiero che porta l'umanità sull'orlo della sua stessa estinzione. Dobbiamo evitarli, chiudere le orecchie al canto delle loro sirene.

Ci sono piccole voci che lottano per essere ascoltate al di sopra del ruggito delle elite liberali morenti e del barrito dei nuovi autoritarismi. Devono essere ascoltate, aiutate a condividere e collaborare per offrire visioni di un mondo diverso. Un mondo dove l'individuo non è sovrano. Dove impariamo modestia e umiltà e come fare ad amare nel nostro angolo infinitamente piccolo dell'universo.


Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

* Jonathan Cook ha vinto il Premio speciale Martha Gellhorn per il giornalismo. I suoi libri comprendono Israel and the Clash of Civilisations: Iraq, Iran and the Plan to Remake the Middle East (Pluto Press) e Disappearing Palestine: Israel Experiments in Human Despair (Zed Books). Il suo sito web è www.jonathan-cook.net. È un frequente collaboratore di Global Research.

Comments

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Francesco Zucconi
Monday, 18 February 2019 23:43
Consiglio di andare su wikileaks e leggersi la documentazione relativa alle e-lettere della segreteria
di H. Clinton relarive alla questione libica
per capire
qualchecosa circa
le "mobilitazioni" di certi intellettuali. Di nuovo non c'è da stupirsi: stanno facendo il loro mestiere...
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clau
Monday, 18 February 2019 16:56
Condivido lo spirito dello scritto di Johanathan Cook, ma a mio parere la sua denuncia, pur toccando moltissimi aspetti della vita, resta politicamente ultramoderata, non va cioè al nocciolo di una questione che vede poche decine d’individui possedere una ricchezza pari a quella della metà più povera dell’umanità. Gli estensori del citato manifesto, non sono altro che dei miserabili raccoglitori di briciole lasciate cadere dal tavolo di quell’immensa ricchezza creata dall’affamamento della maggior parte degli esseri umani, che tentano invano di salvaguardare i propri privilegi. Per salvarci, come sostiene lei, occorre una vera e propria rivoluzione sociale della parte più povera, ignobilmente e forse anche inconsapevolmente sfruttata dell’umanità, una rivoluzione che non può esserci indicata dai vari Yeremy Corbin, Bernie Sanders, oppure dal greco Alexis Tsipras, che quando vengono catapultati al potere, sono i più decisi sostenitori degli interessi dei ricchi e dell’ulteriore impoverimento dei poveracci, come ha rimostrato quest’ultimo. Essi, appellandosi alle leggi del potere costituito, che non sono altro che le leggi della grande finanza coalizzata a scala universale, sono soltanto dei timidi pseudo socialdemocratici che parlano bene e razzolano male. A mio parere si deve pertanto cercare di unire, magari gradualmente, ma possibilmente in un’unica grande organizzazione internazionale, i crescenti componenti delle classi subordinate, sempre più impoverite e precarizzate, basandola sullo sviluppo della teoria marxiana, rendendola cioè maggiormente adeguata al nuovo corso dello sfruttamento umano e della natura, che si dimostrano sempre più universali.
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ndr60
Monday, 18 February 2019 14:11
In fondo non è difficile orientarsi in questa grande confusione: basta ascoltare BHL e fare il contrario, e annotarsi bene anche i nomi dei suoi compari, alcuni dei quali casualmente legati (come lui) ai soliti noti.
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