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codicerosso

Il bisogno di un’eresia

di Diego Sarri

Screenshot from 2019 11 17 15 01 11In un precedente articolo intitolato “Sulla necessità di teoria attuale”, abbiamo già detto come per quanto riguardi gli anni ‘60/’70 non si possa non riconoscere l’emergere sia di produzione teorica che di pratiche fortemente contaminate, sincretistiche, ad un netto “rimescolamento di carte”. Sebbene tendenze del genere spesso siano testimonianze esteriori di crisi sostanziali, ed il periodo possa essere interpretato dunque come un periodo di crisi del politico, è vero anche che questi stessi periodi si possono rivelare molto produttivi, grazie anche all’apporto di soluzioni teoriche nuove ed innovative.

Come si dice in gergo, ogni crisi nasconde un’opportunità. C’è chi ha studiato l’andamento delle grandi rivoluzioni teoriche, come Kuhn e prima ancora il francese Bachelard, di cui infatti parleremo più avanti. Sono questi autori che analizzano l’andamento, il dinamismo interno e la capacità di rottura di alcune grandi rivoluzioni scientifiche.

Come abbiamo scritto nel succitato articolo le necessità di innovazione sperimentate negli anni ’70 si ripresentano oggi, magari sotto veste diversa, con declinazioni differenti ma con un isomorfismo, un’identità formale almeno in un punto, tra i due contesti storici: senza scadere negli eclettismi, c’è bisogno di pratiche e teorie che aggiornino fortemente la nostra agenda politica.

Da un punto di vista storico, è forse nel secondo dopoguerra che certa tradizione rivoluzionaria marxista entra in crisi, almeno la sua anima più tradizionale ed ortodossa. Cerchiamo di individuarne degli indici storici: non c’è paese in Occidente che non possieda, all’indomani della seconda guerra mondiale, un partito comunista forte. Ora, il PCI italiano di questo periodo non è niente di rivoluzionario, è una grande socialdemocrazia, premessa storica perfetta per l’attuale PD.

La scienza politica sostiene che il cosiddetto elettorato fluttuante nelle democrazie rappresentative sia determinante, il voto diciamo non ideologico, di chi sceglie in base ad un presunto programma di governo, generalmente verso il centro. Un dato che ci suggerisce come il fenomeno democrazia rappresentativa, applicato ai fenomeni di massa mitighi, nella ricerca di un consenso non ideologico, stemperi come sistema ogni radicalità in una medietà, sintetica e collettiva. E’ forse il teatro della democrazia rappresentativa statale il limite storico in cui è precipitata la categoria del politico nel marxismo occidentale da un certo punto in poi. Da qui in poi si è aperta la sua crisi. Non è un limite da poco. Accettare ad oltranza il gioco democratico rappresentativo ha prodotto l’etica del lavoro, una cooptazione della classe operaia su base nazionale, con l’inganno della rivoluzione a venire, della seconda venuta del cristo, alla ricostruzione del capitalismo nazionale. Una responsabilità storica non da poco che si può tranquillamente imputare al PCI, con ricadute drammatiche negli anni successivi sul piano del conflitto capitale/lavoro, che in una prospettiva autenticamente marxista non può che essere centrale. Il destino della classe operaia occidentale è l’altro indice eloquentissimo: da soggetto principe di una rivoluzione palingenetica a grande promessa mancata, nel mancato passaggio storico cruciale in Marx dell’in se e del per se, oggi scomposta, mera costellazione” di redditi depauperati, precaria, atomizzata.

Ora, sempre nell’articolo “Sulla necessità di teoria attuale” abbiamo citato Louis Althusser come autore paradigmatico per questa fase. Nella sua opera filosofica si sconta l’aut aut storico, un aut aut tipico appunto dei periodi di crisi, tra ortodossia e spirito di innovazione. La strategia di Althusser si pone aristotelicamente nel mezzo: ne difesa ottusa del passato ne iconoclastia, ma tentativo di comprensione delle ragioni strutturali di una crisi, tentativo di illuminazione, dove si cerchi di adattare a cambiamenti storici le declinazioni teoriche, o meglio, di portare teorie produttive incontro alla storia, giacchè con Althusser il marxismo cessa di essere hegelianamente un riflesso della storia in quanto filosofia, per diventare altro, cercare produttivamente di esprimere potenza, essere in quanto TEORIA uno stesso agente della storia. Il marxismo entra così in campo costruttivista. Due sono le grandi influenze di Althusser , Bachelard e Spinoza, ed in questo articolo ci occuperemo principalmente del primo.

Uno dei grandi temi affrontati da Louis Althusser spinge a porre Marx in forte linea di discontinuità con i suoi scolasticamente illustri predecessori, Hegel e gli economisti inglesi in primis. Al contrario di quanto insegni un qualsiasi corso di filosofia liceale, Marx non sarebbe un “Ricardo generalizzato” attraverso la dialettica hegeliana, nemmeno un Hegel rovesciato sul piano del terreno filosofico, il materialismo in luogo dell’idealismo. Secondo Althusser Marx compie un’autentica rottura epistemologica, cioè una rivoluzione scientifica, rispetto agli altri sopra citati. Il concetto di rottura epistemologica viene appunto desunto da Bachelard.

In uno dei suoi più celebri capolavori, il saggio seminariale “L’oggetto del Capitale”, parla di una lettura sintomale: il testo è doppio, consta di un aspetto formale che poggia sulla discorsività contemporanea rispetto a Marx e su uno più sostanziale, che guarda oltre i suoi contemporanei teorici. Un testo a cui si guarda, perché contiene importanti indicazioni di metodo è “L’introduzione alla critica dell’Economia Politica”, testo del 1857, contenente due importanti indicazioni di metodo:

1) Tesi materialista del primato del reale sul pensiero; il pensiero del reale presuppone l’esistenza del reale indipendentemente dal suo pensiero.

2) Tesi materialista della specificità del pensiero nei confronti del reale; non si devono confondere i due ordini.

L’economia politica inoltre, sostiene sempre Marx può procedere con due metodi:

1) Si parte da una totalità vivente

2) Si parte da nozioni semplici

Marx sceglie la seconda opzione, ed è questo il terreno su cui compie la propria rottura, la propria rivoluzione. Ricardo e Smith non riescono a distinguere il plusvalore dalle sue forme di esistenza, ossia il profitto, la rendita e l’interesse.

Stiamo entrando adesso nel vivo della polemica aperta dal filosofo francese nel cuore del dibattito marxista. Qui, prova ad affermare la propria tesi con una operazione dialettica, portando una critica feroce al proprio diretto avversario teorico. Secondo Althusser il marxismo non può essere, al contrario di quanto sostenne Gramsci, uno “storicismo assoluto”. Questo attacco a Gramsci in realtà rappresenta un colpo indiretto; ciò a cui si punta è il quadro, lo sfondo teorico e filosofico su cui si staglia per esempio anche Gramsci: Hegel. Hegel sarà il grande avversario praticamente di buona parte degli autori che scriveranno negli anni ruggenti e critici dei ’70, di tutti i francesi sicuramente, non solo di Althusser ma anche di Deleuze, Foucault ed un po’ tutto il filone post strutturalista.

Althusser rifiuta la natura storicista del marxismo per portare una critica al tempo storico hegeliano, nel quale si rifletterebbe l’essenza della storia. Sono due le caratteristiche principali di questa concezione della storia: la continuità omogenea e la contemporaneità del tempo. Con continuità omogenea si intende il tempo come continuo, all’interno del quale si manifesterebbe la dialettica del processo di sviluppo dell’idea; i momenti di questo sarebbero i momenti storici, come ritagli in questo continuo di tempo. Per contemporaneità del tempo si definisce la categoria del presente storico, come condizione di possibilità della continuità omogenea; tutti gli elementi coesistono nelle stesso tempo. Sono due considerazioni che consentono di preparare un terzo concetto, quello di SEZIONE D’ESSENZA, inteso come taglio del presente che mette in comunicazione tra di loro, in un rapporto immediato, ogni elemento. Tutto è dato in compresenza, in un rapporto olistico, le parti esprimono la totalità. Il presente diviene l’orizzonte di ogni sapere, ripetendo pedissequamente la nota formula di Hegel, secondo cui nessuno potrebbe oltrepassare il proprio tempo.

Althusser, a questo punto si pone il compito di ricavare dalla concezione marxiana del tutto sociale il relativo concetto di tempo storico; la discontinuità tra Hegel e Merx esige tutto ciò, giacchè quella hegeliana è una concezione puramente idealistica ed ideologica: la nozione di tempo, fondamentale in filosofia sin da Eraclito e Platone, è determinante anche in politica, orientando per esempio la percezione di un evento come la “rivoluzione”, evento che appartiene al campo dello storico, struttura della categoria del tempo, come sua variabile dipendente; è un’esigenza dell’attualità, la comprensione tempistica di un’ipotesi di trasformazione sociale.

Ora, secondo l’analisi che stiamo seguendo esiste una differenza netta tra il tutto marxiano e quello hegeliano. Il primo è complesso, con livelli relativamente autonomi ma articolati, in ultima istanza, dall’economia. Possiede, come tutto organico gerarchizzato, una struttura a dominante. I diversi livelli conoscono, spinozianamente, tempistiche loro, specifiche. Ecco che il tempo continuo ed omogeneo non può più essere considerato come il tempo della storia. I diversi livelli hanno diversi tipi di esistenza storica. Althusser porta l’esempio del tempo della produzione, che è invisibile, accessibile solo nel suo concetto, perché non allineato al tempo della vita, in quanto risultato di tempi diversi che scandiscono la produzione, la distribuzione e la circolazione. E’ a questo punto che viene presentata una nozione positiva di tempo storica, che vada ad affermare un’idea alternativa, che Althusser chiama PRESENTE DELLA CONGIUNTURA: tempo storico pensato nell’unità di una struttura complessa, di ogni ritardo, anticipo, disuguaglianza o differenza di sviluppo, coesistente nella struttura di tempo reale. La nosta SURDETERMINAZIONE althusseriana afferisce anche a questo gioco che si instaura tra un elemento ed il tutto, tra gli elementi in un dinamismo interno costante. Occorre ora, forti di una nozione di tempo, dare un oggetto teorico alla storia. Partiamo dal concetto ideologico di storia: instaura una dialettica tra l’essenza ed il fenomeno, come per l’”economicismo” dove tutto il non economico viene spiegato alla luce dell’economico. Oppure esalta il ruolo dell’individuo nella storia, perché privo di un concetto di esistenza storica dell’individualità. Cosa che nel sistema capitalista, dice Althusser facendo esplicito riferimento a Marx, dovrebbe risolversi nella divisione del lavoro, nella cosiddetta “coscienza di classe”. L’errore madre dello “storicismo assoluto” insomma sta nell’equivoco fatto tra lo sviluppo storico e quello logico, nell’avere cancellato anzi il materialismo dialettico dietro quello storico. La critica a Gramsci punta dritta al celebre testo “Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce” dove il marxismo viene individuato come ideologia, intesa come grande concezione del mondo. L’ideologia si sostanzia come dimensione etica, e pratica degli uomini, ma anche teoretica, all’interno della quale gli uomini formerebbero una visione del mondo ed una regola di condotta. Per questo secondo Gramsci il marxismo deve essere uno storicismo: sintetizza al proprio interno ogni disciplina in quanto ideologia rivoluzionaria, tutto diventa una cosa sola. Gramsci taccia di metafisico il materialismo dialettico. Se si accetta il solo materialismo storico e vi si aggiunge una autentica teoria della storia (Hegel), ecco che si ottiene il campo della problematica teorica dello storicismo marxista. Il risultato è la precipitazione, la caduta di una teoria della storia nella storia reale. Si scambia l’oggetto di conoscenza con l’oggetto reale. Come scrivevamo prima, Marx non eredita ma rivoluziona. La rivoluzione si verifica nel campo della problematica teorica, principalmente con l’introduzione della nozione di plusvalore. Ora, trasformare la definizione dell’oggetto significa anche trasformare l’oggetto o comunque che sta a significare che si stia parlando o di un oggetto nuovo oppure in modo diverso del medesimo oggetto. Comunque, questo porre una nuova definizione determina una rivoluzione, ed è per questo che il marxismo deve essere fatto risalire nel solco della rottura storica. Questa è una premessa del vero metodo scientifico, il processo di produzione incessante di una conoscenza, la trasformazione costante dell’oggetto concettuale che spinge sempre verso ulteriori approfondimenti dell’oggetto reale.

Questo Marx, della rottura epistemologica Althusser lo deriva dallo studio di Bachelard, epistemologo francese del primo novecento, a cui si deve appunto la nozione di rottura epistemologica, intesa come scoperta parziale capace di riorientare l’intero sapere della disciplina e non solo. L’andamento della scienza secondo un autore come Bachelard procederebbe attraverso rivoluzioni, costanti, in una successione di paradigmi, che si sfidano e si contaminano. Perché la politica rivoluzionaria non dovrebbe riuscire ad esprimere questa direzione evolutiva? La politica dovrebbe essere sempre capace di riorientarsi verso nuovi obiettivi di rottura e creatività realizzatrice. Bachelard, è uno dei pionieri del pensiero epistemologico, che cerca di gettare un ponte tra la filosofia e pensiero scientifico. Predica una perfetta alternanza di razionalismo ed empirismo, a priori ed a posteriori, valori razionali e sperimentali. La scienza perciò necessita di una filosofia perfettamente multipolare.

Ora, la scienza è appunto quella che Bachelard chiama “disciplina aperta”, secondo i principi interni di innovazione di cui abbiamo parlato. Un compito teorico dell’attualità dovrebbe essere quello di secolarizzare il pensiero rivoluzionario, di renderlo di nuovo scientifico, come una disciplina aperta. La ricerca sperimentale di nuove pratiche, la contaminazione teorica, la ricerca di nuovi concetti, la capacità di cogliere il reale storico secondo i suoi tratti evolutivi o involutivi più generali o specifici, deve diventare la nuova agenda intorno alla quale riorganizzare la categoria del politico.

Comments

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Alessandro Tosolini
Friday, 22 November 2019 19:25
Quoting Diego Sarri:
Infatti, la ricostruzione dei rapporti dialettici la lascio a chi vuole crederci che la realtà sia scansionata in tesi, antitesi e sintesi. Era un ribaltamento del piano il mio: vogliamo usare la dialettica e poi finiamo per spiegare i processi sociali con soluzioni individualistiche. Si dice che la dialettica abbia un senso, ma poi si spiega il declino delle esperienze di socialismo reale puntando il dito su delle scelte contingenti. Si dice "ah, non fosse stata scelta la revisione", il risultato cambierebbe e decisamente. Questo atteggiamento davanti al materiale storico è tipico della scuola Weberiana, che si muove e distingue tra un complesso di rapporti causali, alcuni accidentali, altri meno. Non è proprio dei marxisti leninisti credere nell'ideal-tipicità delle relazione causali nella storia. Comunque è un buon metodo per nascondere la polvere dei processi storici sotto lo zerbino delle decisioni individuali, o soggettive per capirsi, fosse anche il soggetto considerato un soggetto partito. Popper doveva morire per mano di Wittgenstein, così avrebbe scritto forse qualche baggianata in meno. La sua teoria della falsificazione mantiene uno sviluppismo lineare per la scienza. Su questo punto gente come Bachelard o Kuhn in campo epistemologico si distinguono nettamente, facendo capire che l'alternanza tra paradigmi non è mai così netta e chiara, ma piuttosto caotica, non lineare e compenetrativa, come dimostrano i testi in cui lo stesso epistemologo francese arriva a sostenere, a predicare, l'esigenza di unire empirismo e razionalismo,


Il socialismo dovrebbe servire a governare la storia e le forze economiche non certo spiaggiarsi al sole soddisfatti attendendo il processo senza soggetto. Per questo un'analisi degli errori e dei problemi sia soggettivi che oggettivi che hanno permesso al revisionismo di disfare il movimento comunista senza bearsi di facili analisi di comodo che buttano via il bambino con l'acqua sporca sarebbe molto più utile in vista dell'obbiettivo che uno si pone di emancipazione delle classi popolari. Questo è cio che costituisce il sale di ogni analisi scientifica e dialettica, altro che le triadi hegeliane. Altrimenti facciamo i monaci wittgenstainiani del linguaggio però non chiamiamoci più marxisti.
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Alessandro Tosolini
Friday, 22 November 2019 19:25
Quoting Diego Sarri:
Infatti, la ricostruzione dei rapporti dialettici la lascio a chi vuole crederci che la realtà sia scansionata in tesi, antitesi e sintesi. Era un ribaltamento del piano il mio: vogliamo usare la dialettica e poi finiamo per spiegare i processi sociali con soluzioni individualistiche. Si dice che la dialettica abbia un senso, ma poi si spiega il declino delle esperienze di socialismo reale puntando il dito su delle scelte contingenti. Si dice "ah, non fosse stata scelta la revisione", il risultato cambierebbe e decisamente. Questo atteggiamento davanti al materiale storico è tipico della scuola Weberiana, che si muove e distingue tra un complesso di rapporti causali, alcuni accidentali, altri meno. Non è proprio dei marxisti leninisti credere nell'ideal-tipicità delle relazione causali nella storia. Comunque è un buon metodo per nascondere la polvere dei processi storici sotto lo zerbino delle decisioni individuali, o soggettive per capirsi, fosse anche il soggetto considerato un soggetto partito. Popper doveva morire per mano di Wittgenstein, così avrebbe scritto forse qualche baggianata in meno. La sua teoria della falsificazione mantiene uno sviluppismo lineare per la scienza. Su questo punto gente come Bachelard o Kuhn in campo epistemologico si distinguono nettamente, facendo capire che l'alternanza tra paradigmi non è mai così netta e chiara, ma piuttosto caotica, non lineare e compenetrativa, come dimostrano i testi in cui lo stesso epistemologo francese arriva a sostenere, a predicare, l'esigenza di unire empirismo e razionalismo,


Il socialismo dovrebbe servire a governare la storia e le forze economiche non certo spiaggiarsi al sole soddisfatti attendendo il processo senza soggetto. Per questo un'analisi degli errori e dei problemi sia soggettivi che oggettivi che hanno permesso al revisionismo di disfare il movimento comunista senza bearsi di facili analisi di comodo che buttano via il bambino con l'acqua sporca sarebbe molto più utile in vista dell'obbiettivo che uno si pone di emancipazione delle classi popolari. Questo è cio che costituisce il sale di ogni analisi scientifica e dialettica, altro che le triadi hegeliane. Altrimenti facciamo i monaci wittgenstainiani del linguaggio però non chiamiamoci più marxisti.
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Diego Sarri
Wednesday, 20 November 2019 13:44
Quoting Alessandro Tosolini:
[quote name="Diego Sarri"]Alessandro Tosolini, se tagliamo con l'accetta la storia del '900 può benissimo venirne fuori che la rivoluzione bolscevica sia stata una rivoluzione perfetta, sposandone gli esiti fino in fondo. Te sostieni che i vari riformisti di questa esperienza abbiano agito in alterità con le gloriose premesse del '17. Per me quelle conclusioni erano ben contenute nelle loro premesse. Si fa i dialettici solo quando vogliamo, eh. Dell'esperienza cinese che vogliamo dire invece? una società che mantiene la centralità del fattore lavoro ed in cui lo Stato si fa da maschera del capitale, per me non è una rivoluzione,
al massimo una modernizzazione dell'economia di uno Stato Nazione. Sulla realtà hanno avuto influenza anche Althusser, Deleuze e compagnia bella negli anni '70, come è ben descritto nel testo, almeno nei paesi a capitalismo maturo, si pensi pure all'esperienza italiana dell'autonomia operaia che con questi autori mantenne importanti canali di comunicazione. Paragonare Occhetto ad Althusser significa avere letto Althusser stesso su Topolino oppure in qualche superficiale antologia di filosofia politica scritta da qualche stalinista. Se non vuol capire che Materialismo ed Empiriocriticismo è un testo che scientificamente conta davvero meno di 0, come l'Anti During d'altronde, è chiaro che si parli e scriva su due frequenze differenti. Specie alla luce degli scossoni che la scienza ha subito a partire del primo '900, episodi su cui i marxisti (io in primis mi ritengo tale) hanno, analiticamente sorvolato. Althusser grazie alla mediazione di Bachelard si fa almeno ricettore di una sensibilità epistomologica più attuale e moderna[/quot[censored]

Nulla è perfetto, ma almeno qualcosa lo ha dato a livello di rapporti di forza delle classi popolari contro i padroni. Sono ben lungi dal non considerare Althusser, dato che ho letto molti suoi testi in cui qualche spunto interessante si trova. Ma poi mi ricordo la famosa tesi su Feuerbach di Marx il quale dice che il criterio su cui valutare un pensiero è quello della prassi. E su questo Althusser e l'autonomia operaia hanno ben poco da insegnare, se non in negativo vista la degenerazione di queste esperienze, che non è imputabile a revisione teorica come è avvenuto per i paesi del socialismo reale. Per questo per me i testi di Lenin, Stalin, Castro e Kim Il Sung hanno molto di più da insegnare rispetto ad ipotesi incapaci di confrontarsi con una prassi reale. Chiaro che non vanno prese dogmaticamente e modificate in base alla prassi concreta e correggendo errori che sono propri di qualsiasi esperienza umana. Per quanto riguarda le accuse di poca scientificità dei testi di Engels e Lenin lasciano il tempo che trovano: persino un epistemologo della scienza non sospettabile di simpatie comuniste come Popper ha considerato di grande valore il testo di Lenin contro l'empiriocriticismo. E la tradizione althusseriana è ben lungi dal fare questo errore, basta vedersi l'ottimo testo di Lecourt in proposito. Un epistemologo marxista come Geymonat pur considerando errate o superate alcune affermazioni dell'Antiduring non si è mai sognato per questo di buttare via il bambino con l'acqua sporca. Anche la tesi sul fatto che i socialismi reali siano solo esperienze di sviluppo capitalistico la trovo francamente ridicola. Tra le democrazie popolari e i regimi capitalistici che le hanno seguiti c'è, questa sì, una vera e propria "rottura epistemologica". Non penso che stati socialisti come la Corea e Cuba, che nonostante l'assedio e il blocco dell'imperialismo garantiscono ai propri cittadini diritti sociali e in cui rapporti capitalistici non sono presenti se non in minima parte per la situazione estera disperata, siamo paragonabili a qualsiasi paese capitalista. Dire così significa non vedere il fatto che le democrazie socialiste sono crollate per una revisione negli aspetti teorici e nell'economia di piano che hanno portato al formarsi di burocrazie di privilegiati che hanno poi distrutto quel sistema ( e qui il XX congresso del PCUS è stato uno spartiacque fondamentale che non si può ignorare). Concludo sull'esperienza cinese: gli errori della strategia maoista sono infiniti, però anche lì c'è stata una "rottura epistemologica" (in peggio) determinata dalla lotta nel PCC che ha portato al potere una dirigenza revisionista. Puoi anche considerare necessaria e già inscritta nelle premesse questa rottura, ma mi pare che Althusser che parlava di materialismo aleatorio sostenesse una cosa un pochino diversa...


Infatti, la ricostruzione dei rapporti dialettici la lascio a chi vuole crederci che la realtà sia scansionata in tesi, antitesi e sintesi. Era un ribaltamento del piano il mio: vogliamo usare la dialettica e poi finiamo per spiegare i processi sociali con soluzioni individualistiche. Si dice che la dialettica abbia un senso, ma poi si spiega il declino delle esperienze di socialismo reale puntando il dito su delle scelte contingenti. Si dice "ah, non fosse stata scelta la revisione", il risultato cambierebbe e decisamente. Questo atteggiamento davanti al materiale storico è tipico della scuola Weberiana, che si muove e distingue tra un complesso di rapporti causali, alcuni accidentali, altri meno. Non è proprio dei marxisti leninisti credere nell'ideal-tipicità delle relazione causali nella storia. Comunque è un buon metodo per nascondere la polvere dei processi storici sotto lo zerbino delle decisioni individuali, o soggettive per capirsi, fosse anche il soggetto considerato un soggetto partito. Popper doveva morire per mano di Wittgenstein, così avrebbe scritto forse qualche baggianata in meno. La sua teoria della falsificazione mantiene uno sviluppismo lineare per la scienza. Su questo punto gente come Bachelard o Kuhn in campo epistemologico si distinguono nettamente, facendo capire che l'alternanza tra paradigmi non è mai così netta e chiara, ma piuttosto caotica, non lineare e compenetrativa, come dimostrano i testi in cui lo stesso epistemologo francese arriva a sostenere, a predicare, l'esigenza di unire empirismo e razionalismo,
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Alessandro Tosolini
Wednesday, 20 November 2019 10:59
Quoting Diego Sarri:
Alessandro Tosolini, se tagliamo con l'accetta la storia del '900 può benissimo venirne fuori che la rivoluzione bolscevica sia stata una rivoluzione perfetta, sposandone gli esiti fino in fondo. Te sostieni che i vari riformisti di questa esperienza abbiano agito in alterità con le gloriose premesse del '17. Per me quelle conclusioni erano ben contenute nelle loro premesse. Si fa i dialettici solo quando vogliamo, eh. Dell'esperienza cinese che vogliamo dire invece? una società che mantiene la centralità del fattore lavoro ed in cui lo Stato si fa da maschera del capitale, per me non è una rivoluzione,
al massimo una modernizzazione dell'economia di uno Stato Nazione. Sulla realtà hanno avuto influenza anche Althusser, Deleuze e compagnia bella negli anni '70, come è ben descritto nel testo, almeno nei paesi a capitalismo maturo, si pensi pure all'esperienza italiana dell'autonomia operaia che con questi autori mantenne importanti canali di comunicazione. Paragonare Occhetto ad Althusser significa avere letto Althusser stesso su Topolino oppure in qualche superficiale antologia di filosofia politica scritta da qualche stalinista. Se non vuol capire che Materialismo ed Empiriocriticismo è un testo che scientificamente conta davvero meno di 0, come l'Anti During d'altronde, è chiaro che si parli e scriva su due frequenze differenti. Specie alla luce degli scossoni che la scienza ha subito a partire del primo '900, episodi su cui i marxisti (io in primis mi ritengo tale) hanno, analiticamente sorvolato. Althusser grazie alla mediazione di Bachelard si fa almeno ricettore di una sensibilità epistomologica più attuale e moderna


Nulla è perfetto, ma almeno qualcosa lo ha dato a livello di rapporti di forza delle classi popolari contro i padroni. Sono ben lungi dal non considerare Althusser, dato che ho letto molti suoi testi in cui qualche spunto interessante si trova. Ma poi mi ricordo la famosa tesi su Feuerbach di Marx il quale dice che il criterio su cui valutare un pensiero è quello della prassi. E su questo Althusser e l'autonomia operaia hanno ben poco da insegnare, se non in negativo vista la degenerazione di queste esperienze, che non è imputabile a revisione teorica come è avvenuto per i paesi del socialismo reale. Per questo per me i testi di Lenin, Stalin, Castro e Kim Il Sung hanno molto di più da insegnare rispetto ad ipotesi incapaci di confrontarsi con una prassi reale. Chiaro che non vanno prese dogmaticamente e modificate in base alla prassi concreta e correggendo errori che sono propri di qualsiasi esperienza umana. Per quanto riguarda le accuse di poca scientificità dei testi di Engels e Lenin lasciano il tempo che trovano: persino un epistemologo della scienza non sospettabile di simpatie comuniste come Popper ha considerato di grande valore il testo di Lenin contro l'empiriocriticismo. E la tradizione althusseriana è ben lungi dal fare questo errore, basta vedersi l'ottimo testo di Lecourt in proposito. Un epistemologo marxista come Geymonat pur considerando errate o superate alcune affermazioni dell'Antiduring non si è mai sognato per questo di buttare via il bambino con l'acqua sporca. Anche la tesi sul fatto che i socialismi reali siano solo esperienze di sviluppo capitalistico la trovo francamente ridicola. Tra le democrazie popolari e i regimi capitalistici che le hanno seguiti c'è, questa sì, una vera e propria "rottura epistemologica". Non penso che stati socialisti come la Corea e Cuba, che nonostante l'assedio e il blocco dell'imperialismo garantiscono ai propri cittadini diritti sociali e in cui rapporti capitalistici non sono presenti se non in minima parte per la situazione estera disperata, siamo paragonabili a qualsiasi paese capitalista. Dire così significa non vedere il fatto che le democrazie socialiste sono crollate per una revisione negli aspetti teorici e nell'economia di piano che hanno portato al formarsi di burocrazie di privilegiati che hanno poi distrutto quel sistema ( e qui il XX congresso del PCUS è stato uno spartiacque fondamentale che non si può ignorare). Concludo sull'esperienza cinese: gli errori della strategia maoista sono infiniti, però anche lì c'è stata una "rottura epistemologica" (in peggio) determinata dalla lotta nel PCC che ha portato al potere una dirigenza revisionista. Puoi anche considerare necessaria e già inscritta nelle premesse questa rottura, ma mi pare che Althusser che parlava di materialismo aleatorio sostenesse una cosa un pochino diversa...
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Diego Sarri
Wednesday, 20 November 2019 08:46
Alessandro Tosolini, se tagliamo con l'accetta la storia del '900 può benissimo venirne fuori che la rivoluzione bolscevica sia stata una rivoluzione perfetta, sposandone gli esiti fino in fondo. Te sostieni che i vari riformisti di questa esperienza abbiano agito in alterità con le gloriose premesse del '17. Per me quelle conclusioni erano ben contenute nelle loro premesse. Si fa i dialettici solo quando vogliamo, eh. Dell'esperienza cinese che vogliamo dire invece? una società che mantiene la centralità del fattore lavoro ed in cui lo Stato si fa da maschera del capitale, per me non è una rivoluzione,
al massimo una modernizzazione dell'economia di uno Stato Nazione. Sulla realtà hanno avuto influenza anche Althusser, Deleuze e compagnia bella negli anni '70, come è ben descritto nel testo, almeno nei paesi a capitalismo maturo, si pensi pure all'esperienza italiana dell'autonomia operaia che con questi autori mantenne importanti canali di comunicazione. Paragonare Occhetto ad Althusser significa avere letto Althusser stesso su Topolino oppure in qualche superficiale antologia di filosofia politica scritta da qualche stalinista. Se non vuol capire che Materialismo ed Empiriocriticismo è un testo che scientificamente conta davvero meno di 0, come l'Anti During d'altronde, è chiaro che si parli e scriva su due frequenze differenti. Specie alla luce degli scossoni che la scienza ha subito a partire del primo '900, episodi su cui i marxisti (io in primis mi ritengo tale) hanno, analiticamente sorvolato. Althusser grazie alla mediazione di Bachelard si fa almeno ricettore di una sensibilità epistomologica più attuale e moderna
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Alessandro Tosolini
Wednesday, 20 November 2019 00:13
Quoting Diego Sarri:
Molto meglio continuare a guardare il mondo con un'epistemologia deterministica ottocentesca, nella METAFISICA convinzione dialettica che il capitalismo crollerà come un cielo di cartapesta. Auguri


Beh se non altro a teorie che scaturiscano da una prassi reale e non da qualche vezzo intellettualistico. Lo Juche coreano per esempio. Pure il materialismo dialettico è nato e si è sviluppato a partire da una prassi e un'esperienza rivoluzionaria reale. Anche perché senza prassi reale dove sono finiti i vari Balibar, La Grassa, Ranciere, Lecourt? Ecco, non penso che sia un caso. Insomma, prendiamo le teorie rivoluzionarie che hanno avuto successo (tutte bene o male marxiste-leniniste) e costruiamo da quelle qualcosa di buono adattandole alla prassi specifica del paese. Se il marxismo è veramente scientifico i vicoli ciechi deve lasciarli stare e lavorare sulle teorie che più influenza hanno avuto sulla realtà, magari criticandole e migliorandole, ma senza sostituirle con ciò che nessuna influenza ha avuto sui rapporti di forza reali. E ricordiamoci cosa ha portato revisionare e modificare quelle teorie, da Kautsky a Krusciov, arrivando a Occhetto e Gorbaciov.Quoting Diego Sarri:
Molto meglio continuare a guardare il mondo con un'epistemologia deterministica ottocentesca, nella METAFISICA convinzione dialettica che il capitalismo crollerà come un cielo di cartapesta. Auguri

Quoting Diego Sarri:
Molto meglio continuare a guardare il mondo con un'epistemologia deterministica ottocentesca, nella METAFISICA convinzione dialettica che il capitalismo crollerà come un cielo di cartapesta. Auguri
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Diego Sarri
Tuesday, 19 November 2019 12:03
Molto meglio continuare a guardare il mondo con un'epistemologia deterministica ottocentesca, nella METAFISICA convinzione dialettica che il capitalismo crollerà come un cielo di cartapesta. Auguri
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GIOVANNI DAVIDE LOCI
Monday, 18 November 2019 11:13
la rottura epistemologica è terribimente metafisica. ddall'apertura ai paradigmi sicentifici sono usciti fuori solo inutili progressismi che hanno copiato qua e là dal contesto liberale. senza contare che sta rottura metafisica è roba da intellettuali frustrati e in crisi esistenziale, non per il corpo politico che non sta certo ad aspettare il millearismo di certi sedicenti intellettuali. io credo che althusser vada lasciato ai nemici liberisti, che tanto è per buona parte nel loro campo
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