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sinistra

La Russia verso la de-postmodernizzazione?

di Piotr

Prigozhin, Neo-liberal-cons, Bachmut, la Quinta e Sesta Colonna russe e le Bombe Nucleari. Uniamo i puntini

russia prigozhin putin shoigu gerasimov surovikinIn un articolo su Sinistrainrete, Pierluigi Fagan ha affrontato l'affare Prigozhin dal punto di vista della Teoria della Complessità, di cui è specialista, suggerendo la possibilità che l'effimero tentativo di golpe di Evgenij Prigozhin sia connesso a lotte di potere per la successione di Vladimir Putin, il quale, ricordava Fagan, ha annunciato ben prima dell'inizio dell'Operazione Militare Speciale in Ucraina che non si sarebbe presentato alle elezioni presidenziali dell'anno prossimo [1].

In alcuni post personali io ho sostenuto che è difficile pensare che l'apparato di sicurezza russo non sapesse che stava bollendo qualcosa in pentola, anche perché erano mesi che il patron della PMC Wagner stava, diciamo così, dando istrionici segnali, accusando di incompetenza e malafede i vertici militari russi. E anche perché è fuori dal mondo pensare che l'intelligence russa non avesse occhi aguzzi nella e sulla Wagner. Il New York Time, citando fonti anonime, ci informa che ne era “accorta” persino l'intelligence statunitense, aggiungendo che anche Putin ne era al corrente [2].

E fin qui ci siamo.

Manca il resto.

Quindi, lasciando per il momento da parte gli Stati Uniti, la situazione era questa: Prigozhin stava ordendo qualcosa contro un settore chiave del governo russo, il Cremlino lo sapeva ma ha “lasciato fare”. Perché?

Il primo motivo più evidente è che si trovava di fronte una formazione armata fino ai denti composta da diverse migliaia di combattenti con grande esperienza guidati da un gruppo autoreferenziale, il Consiglio dei Comandanti della Wagner, che usava come “avanguardia PR” un signore con un passato criminale, ricchissimo, patologicamente egotico [3].

Non erano i 25.000 uomini vantati da Prigozhin, perché moltissimi combattenti della Wagner si erano rifiutati di seguirlo in questa avventura, ma erano comunque molte migliaia e armati di tutto punto. Non solo, dopo la battaglia di Bachmut/Artemovsk attorno a loro si era creata l'areola di eroi coraggiosi e indomiti. Una fama in parte legittima ma in gran parte montata, ad arte o per ignoranza, da uno stuolo di “commentatori” sia occidentali sia russi.

 

Excursus: La battaglia di Bachmut

È stata finora il più grande scontro militare del XXI secolo. Questa tremenda battaglia è durata quasi un anno, dal 1° agosto 2022 al 20 maggio 2023. Per tenere quella città Kiev ha impiegato lungo quei 293 giorni una forza militare straordinariamente grande: 37 brigate, 2 reggimenti e 18 battaglioni separati, oltre a “volontari” come la “Legione Georgiana”, per un totale di circa 160.000 uomini. Mosca ha gettato nella battaglia 50.000 combattenti della Wagner sostenuti dall'artiglieria, dall'aviazione e da poche e specifiche unità regolari.

È stata un'ecatombe. Né Kiev né la Wagner hanno mai reso conto delle proprie perdite (il Ministero della Difesa russo rende conto solo di quelle dei soldati regolari), tuttavia un incrocio delle stime e l'analisi dell'andamento della battaglia fa supporre che le perdite ucraine “irrecuperabili” siano state 45.000 con un margine d'errore di +/- 7.000.

Le perdite tra le forze regolari russe sarebbero attorno alle 5.000 mentre quelle della Wagner oscillerebbero attorno alle 17.000. Ma qui bisogna fare un importante distinguo: 13.000 di esse sarebbero detenuti che avevano accettato di aderire alla Wagner mentre solo 4.000 sarebbero mercenari professionisti [4].

Ne seguono due considerazioni.

La prima è che la Wagner era composta da una plebe e da un'aristocrazia segmentata a vari livelli, Una distinzione che riprenderemo.

La seconda si articola come segue. Come si sa ad un certo punto della battaglia di Bachmut, quando ormai era chiaro che Kiev l'avrebbe persa, si sono susseguite notizie, che promanavano dal Washington Post, ovvero dalla CIA, che affermavano che gli Stati Uniti da tempo avevano consigliato agli ucraini di ritirarsi fino al punto di accusare i comandanti di Kiev di incompetenza [5].

In realtà la tenuta di Bachmut era un obiettivo obbligato per i generali ucraini per poter stabilizzare il fronte e le critiche statunitensi rivelavano lo scontro tra due visioni distinte degli scopi della guerra dopo un anno. Per gli Stati Uniti si trattava di evitare perdite in vista della “controffensiva di primavera”, la controffensiva più preannunciata della storia. Per gli ucraini era evitare altre conquiste territoriali da parte dei russi.

L'obiettivo statunitense era puramente politico e PR: dimostrare al mondo, con la futura controffensiva, che l'Occidente collettivo reggeva e da questa posizione apparentemente di forza, di fatto un effetto speciale, arrivare a una trattativa con la Russia, trattativa ritenuta sempre più urgente dalla maggior parte del mondo.

Nessuno tuttavia si illudeva che Kiev avrebbe mai potuto recuperare tutto il Donbass e men che meno la Crimea. Tutti, anche a Kiev, sapevano che la controffensiva sarebbe costata enormemente e avrebbe raggiunto, eventualmente, solo successi limitati, come sanno anche che dalla trattativa di cui oggi si parla insistentemente e che probabilmente sarà inevitabile una volta che la controffensiva si sarà esaurita (non foss'altro per evitare una devastante offensiva russa) l'Ucraina uscirà, letteralmente, a pezzi.

Tutti tranne persone ideologizzate e di miserabile caratura come il generale neocon David Petraeus, ex direttore della CIA e uno dei brillanti artefici della sconfitta statunitense in Afghanistan (contro un avversario privo di aviazione, difesa aerea, artiglieria moderna, carri armati e satelliti spia).

E sicuramente nei settori dell'establishment statunitense oggi predominanti sopravvive il retropensiero che anche limitate sconfitte russe - che sarebbero esaltate ed esagerate sia in occidente sia nella stessa Russia, anche per ignoranza, pubblicità, protagonismo: non è necessario pensare sempre alla vendita dell'anima - possano destabilizzare il governo di Mosca, specialmente se combinate con un'azione interna. E qui si ritorna all'affare Prigozhin come vedremo tra un po'. Da qui l'insistenza per una controffensiva a tutti i costi “fino all'ultimo ucraino”.

Per i generali di Kiev invece l'obiettivo era classico, nel senso che era improntato a una classica “difesa della Patria” contro un invasore. Ma il benessere dell'Ucraina e degli Ucraini non è mai stato nelle preoccupazioni dell'Occidente collettivo.

Ritorniamo quindi al Cremlino nel momento in cui si trova di fronte a quell'enorme problema. La cosa più saggia che può fare per evitare un bagno di sangue, devastante non solo in termini militari, ma più ancora in termini politici interni e di prestigio internazionale, è prendere tempo. E così fa.

In quel tempo di sospensione ha modo di verificare chi tra le sfere militari e politiche sta col presidente e chi rema contro.

Il Consiglio dei Comandanti della Wagner, il cerchio superiore dell'aristocrazia della PMC, è formato da ex militari russi. Di sicuro hanno amicizie e conoscenze nell'apparato russo e di sicuro qualcuno avrà promesso un appoggio. Occorre che si scopra. I “Wagneriti” sono così sicuri che abbattono gratuitamente un elicottero militare uccidendo l'equipaggio (un fatto gravissimo) e forse altri velivoli militari. Vogliono far vedere che fanno sul serio e non hanno scrupoli.

E in quel tempo che il Cremlino si prende, una sterminata colonna di truppe cecene si apposta attorno a Rostov sul Don, la base del pronunciamento militare, in attesa di un ordine di attacco che fortunatamente non dovrà mai essere dato.

In quel tempo guadagnato dal Cremlino tutto l'apparato militare, politico e civile, più tutta la popolazione russa, si stringe attorno al presidente Putin. Si sa oggi che alcune personalità importanti anche se secondarie scapperanno dalla Russia, si dice verso la Georgia.

E gli ammutinati si trovano in mezzo al nulla: davanti nessun appoggio, dietro il sicuro disastro, l'annientamento. E si arrendono.

Grazie al sangue freddo e all'intelligenza del Cremlino quello che poteva finire in tragedia finisce in farsa. Un dilatato “Vogliamo i colonnelli” nei dilatati spazi russi [7].

Certo, per il Cremlino è un colpo d'immagine, molto grave alla vigilia del summit BRICS a Pretoria. Mostra tutta la debolezza dovuta ai problemi non risolti della de-sovietizzazione degli anni Novanta e dell'adesione a una concezione del mondo che chiamerò post-moderna (ci ritorneremo alla fine). Tuttavia mostra anche le grandi capacità politiche del gruppo dirigente russo e la coesione della società russa, che può sembrare straordinaria solo se non si conosce la storia di quell'immenso Paese.

 

I “contorni” dell'affare Prigozhin

Una delle domande automatiche che giravano e girano tuttora era: “Chi ha pagato Prigozhin?”. In fondo un mercenario si fa pagare dal miglior offerente. Posto che il signor Prigozhin non è un mercenario ma una persona avida e senza scrupoli, io non lo so. Non è nemmeno necessario che sia stato “pagato”. Ci possono essere stati altri accordi, espliciti o impliciti. Promesse di reciproci favori politici. Utilizzi di terze parti tollerati, suggeriti o invocati, coerenti o incoerenti tra loro [8]. C'è tutta una varietà di sfumature di cui il “pagamento” è solo la più immediata, la più capibile, la più spettacolare.

A golpe evaporato (in 24 ore) gli Stati Uniti, per bocca dell'ambasciatrice a Mosca, Lynne Tracy, fanno sapere con nettezza e con insistenza che loro non c'entrano assolutamente nulla [9]. Diniego ripetuto anche da Biden: “E' solo un affare interno alla Russia”.

Ovviamente sarebbe stupido aspettarsi qualcosa di diverso. Ci si può credere, così come legittimamente ci si può non credere data l'interminabile scia di menzogne e inganni a cui gli Stati Uniti ci hanno abituato e dato che, come ha sottolineato Sergei Lavrov, “gli Stati Uniti spalleggiano ogni colpo di stato che gli viene comodo”.

Tuttavia io ritengo che la preoccupazione degli USA (per lo meno della sua parte senziente, pragmatica e razionale) riguardo all'incertezza nel controllo dell'immenso arsenale nucleare russo sia genuina, così come è genuino il timore russo che gli Stati Uniti finiscano nel caos. Perché tutti sanno che le armi atomiche non sono propriamente armi, ma qualcos'altro.

Questo dovrebbe chiarire l'inconsistenza e l'inadeguatezza di pensiero di chi evoca l'uso delle armi nucleari. Ad esempio di chi negli Stati Uniti alla fine degli anni Sessanta premeva per il bombardamento atomico del Vietnam del Nord [10], di chi oggi in Occidente “prevede” che la Russia userà armi atomiche in Ucraina (e perché, visto che le bastano quelle convenzionali?) [11] e infine di chi oggi in Russia invoca l'uso delle armi nucleari contro l'Ucraina [12].

Ci salviamo ancora grazie all'equilibrio del terrore. Quell'equilibrio che l'espansione della Nato a est (con programmato inglobamento dell'Ucraina) voleva distruggere e che è stato ristabilito con le nuove armi ipersoniche, i nuovi sottomarini atomici e i nuovi sistemi di difesa aerea russi che hanno reso obsolete le dottrine belliche statunitensi (persino quelle navali, pur essendo sotto altri parametri la Marina statunitense quella più potente al mondo).

 

Equilibrio nucleare, disequilibrio convenzionale

Un equilibrio nucleare che rende operativo il disequilibrio delle forze convenzionali in cui invece la Russia predomina. Ed è questo il muro contro cui i neo-liberal-con statunitensi rischiano di andare a scontrarsi in modo drammatico trascinando con sé tutta l'Europa e forse tutto l'emisfero Nord.

Ora il punto è proprio questo: di sicuro una parte dell'establishment statunitense è consapevole delle forze in campo, della posta in gioco e delle linee rosse che non possono essere oltrepassate. Ma un'altra parte, quella predominante a Washington per quanto è dato vedere, ragiona in termini ideologici e vive in un universo alternativo a quello reale.

Un atteggiamento psicopatico spinto però da enormi interessi reali, che non vuol dire “concreti” ma, al contrario, in massima parte “virtuali”, generati dai giochi finanziari, ma non per questo inermi.

Questa parte politica, a cui probabilmente si aggrappano gli ormai irrilevanti UK, può aver giocato un ruolo nella vicenda Prigozhin. Le prove, se ci sono, le scoverà l'FBS, il Servizio federale per la sicurezza della Federazione Russa. D'altra parte la CNN non fa mistero che qualcuno negli Stati Uniti “si aspettava molto più spargimento di sangue”, dove non è difficile sostituire “aspettava” con “sperava” [13]. Ma questo non vuole necessariamente dire che l'ambasciatrice Lynne Tracy sia in mala fede, ma solo che gli Stati Uniti non hanno una politica coerente e univoca, cosa che li rende “Not Agreement Capable” (недоговороспособны) come già si espresse Lavrov durante il secondo mandato Obama: una parte dei decisori Usa sigla un accordo e un'altra lo boicotta, una parte punta verso una direzione e un'altra parte in una direzione differente.

E la direzione criminale è quella metodicamente intrapresa dai neo-liberal-con.

 

Instabilità russa

Questo negli Usa. Ma in Russia, quanto è coerente la politica estera (e quella interna)?

Diversi membri del Consiglio dei Comandanti della Wagner professano idee uguali e contrarie a quelli dei neo-liberal-con statunitensi. In Occidente vengono accusati di essere neonazisti sulla base di labili indizi, come ad esempio un'aquila tatuata (strana accusa, visto che si nega che le migliaia di ucraini con svastiche tatuate dappertutto siano neonazisti), ma in realtà sono degli “eccezionalisti panslavisti”, il corrispettivo russo dell'eccezionalismo statunitense. Hanno ad ogni modo un'ideologia totalitaria, cosa che non dovrebbe sorprendere. E rispecchiano sentimenti presenti nella società russa: quelli iper-nazionalisti. La differenza con la situazione statunitense è che, per fortuna, questa ideologia e questi sentimenti sono minoritari e soprattutto non intaccano la compagine governativa. E questo grazie a Putin. Sono invece bandiera di formazioni politiche e di media che qualcuno ha definito “sesta colonna”: se la “quinta colonna” alla Navalny (screditata e sostanzialmente priva di seguito in Russia) critica Putin per quel che fa, la sesta colonna (con più seguito) lo critica per quel che non fa, per la sua prudenza, per il suo realismo.

E' in questo interstizio tra quinta e sesta colonna (che è quella su cui gli Usa punterebbero di più) che si è inserita la “protesta” (come ora la definisce Prigozhin dalla Bielorussia) dei caporioni della Wagner?

 

I frutti del collasso sovietico

Questa formazione militare privata, così come i famosi “oligarchi” è frutto del collasso sovietico.

Nella ex Unione Sovietica aggredita dalle ricette di shock therapy imposte dai vincitori della Guerra Fredda nacquero i cosiddetti “oligarchi”, tra i quali personaggi come il citato super ricco riciclatore e frodatore fiscale Michail Khodorkovsky, beniamino dell'Occidente e di Amnesty, e Evgenij Prigozhin, il “signor Wagner”, già in galera per sfruttamento della prostituzione minorile, per aggressione e altre cosucce, poi chef di successo apprezzato al Cremlino, poi ancora imprenditore di guerra. Si noti che Khodorkovsky contesta Putin “da sinistra” e Prigozhin contesta il governo russo da posizioni “anticorruzione” populiste. Non è una novità: ad esempio i piani di Edgardo Sogno negli anni Settanta prevedevano un golpe di destra con un programma “di sinistra”.

Similmente i golpisti mancati e i “dissidenti” russi combinati ripropongono un bel frullato di ipocrisia, adatto a far eccitare il generoso, privo di memoria e straordinariamente ingenuo pubblico occidentale.

Il Cremlino ha aspettato per opportunità e altre ragioni, più nobili e meno nobili, troppo a lungo: ora dovrebbe finalmente fare un grande sforzo per pulire le stalle di Augia che si sono riempite di letame con l'implosione dell'URSS e le scorrerie sugli ex beni pubblici sovietici [14].

Uno sforzo e un'autocritica radicali.

Dopo il primo impatto devastante della shock therapy sotto la presidenza Yeltsin, che causò milioni di morti, Putin rimise in sesto la Russia, controllò le esagerazioni e “nazionalizzò” gli oligarchi, così che i ricconi che non erano d'accordo col governo si autoproclamarono “dissidenti” e lasciarono la Russia accolti tra i martiri (multimiliardari) della libertà. Ma oggi l'affare Prigozhin mostra chiaramente che è il sistema di rapinoso crony capitalism (si veda oltre) succeduto all'Urss ad essere un pericolo mortale, politico e sociale, e che sono richieste misure radicali di pulizia e di trasformazione sociale. Non basta mandare in dorati esili gli oligarchi “dissidenti”.

 

Verso una de-postmodernizzazione?

Ora che l'ammutinamento di Prigozhin è finito immagino che cadranno alcune teste che avevano concesso troppo potere e troppo credito alla Wagner e verrà chiusa dal Cremlino la stagione post-sovietica della privatizzazione della guerra, almeno nei teatri principali.

Tuttavia lo smantellamento della Wagner in Russia, già deciso dal ministro della Difesa, Sergei Shoigu, ben prima dell'ammutinamento e parziale motivo dello stesso, potrebbe collegarsi allo smantellamento di altri centri di potere privati e a un ampliamento della divergenza tra l'economia russa e quella finanziarizzata occidentale. Gli interessi in gioco tuttavia sono enormi e la resistenza sarà accanita. La guerra e le sanzioni hanno consentito a Putin di fare alcuni passi importanti relativamente al controllo statale di rami industriali strategici, protetto anche dal consenso popolare. Il fallito golpe potrebbe generare un nuovo spunto. Un cambiamento di rotta da inserire nel ruolo che la Russia dovrà e vorrà giocare nel mondo multipolare che sta nascendo nei dolori del parto.

In altri termini si può azzardare l'ipotesi che la crisi verrà superata con una nuova dose di “risovietizzazione” di alcune istituzioni russe. La rinazionalizzazione di buona parte dei combattenti della Wagner è un passo in questa direzione. Il primo ed esplicito passo è stato l'abbandono, nel campo dell'istruzione superiore, del “processo di Bologna” e il ritorno al sistema di studi sovietico (simile a quello che da noi ha preceduto la Riforma Berlinguer).

In realtà sarebbe più appropriato parlare di “de-postmodernizzazione”, se mi si passa il termine un po' circonvoluto. Ovvero un ritorno a modi di organizzare, di pensare e di progettare che hanno preceduto l'era del neoliberismo finanziarizzato.

 

L'origine materiale del post-modernismo

Con l'avvento del Reaganismo-Thatcherismo, che si impose 10 anni dopo l'inizio “ufficiale” della crisi sistemica (il Nixon shock del 1971) e con l'accelerazione della lotta di classe dall'alto e della finanziarizzazione che seguì la vittoria reaganiana nella Guerra Fredda, i referenti europei dell'Alta Finanza anglosassone ricevettero l'ordine di vendere o svendere i gioielli del dominio pubblico e semi-pubblico, dalle aziende ai servizi, ai capitali privati che essendosi enormemente sovraccumulati nei decenni precedenti avevano bisogno di trovare nuovi investimenti. In realtà non erano investimenti nuovi in senso proprio, non creavano nuova ricchezza, ma si trattava dell'accaparramento privato di settori e di ricchezza già esistenti, statali o parastatali. In altre parole i capitali erano alla ricerca di giugulari con sangue fresco a cui attaccarsi e i frutti della Ricostruzione postbellica erano, in tutta Europa, bocconi appetiti. Iniziò la stagione delle “mergers and acquisitions” e delle famose “privatizzazioni” la cui massima sacerdotessa in Italia fu la “sinistra” che a tutti gli effetti si trasformò in sinistra neo-liberal. Prese vita un misto di “accumulation by dispossession” (David Harvey) e di “crony capitalism”, cioè di “capitalismo dei compari, degli amichetti”, perché le amicizie politiche erano decisive, mentre la retorica narrava che le privatizzazioni avrebbero relegato in secondo piano la corrotta politica. In realtà i politici corrotti divennero degli “assets” chiave del processo di privatizzazione.

Oggi sta avvenendo una cosa analoga allo smantellamento dell'economia mista e di quella statale che seguì la vittoria reaganiana nella Guerra Fredda e il dispiegamento della finanziarizzazione. La differenza è che sta per essere smantellato un intero continente: l'Europa. In primo luogo il Vecchio Continente deve tenersi pronto per fare la guerra alla Russia on behalf of the USA. In secondo luogo, qualcuno ha stabilito che l'Europa deve deindustrializzarsi a favore degli USA.

Uno dei maggiori veicoli di questo processo è la questione energetica.

Tutto iniziò con Al Gore e il suo IPCC ed ha avuto un'impennata con la costruzione del personaggio Greta.

Non voglio discutere della parte di verità contenuta nella cosiddetta “questione climatica”. Esiste, è importante, va affrontata, ma non è questo il punto. Il punto è l'elaborazione Davos-like di questa questione, indifferente ai risultati concreti ma tutta tesa a sfruttarla per fornire nuovi spazi d'intervento alla finanza, nuovi settori agli investimenti e per penalizzare industrialmente l'Europa e i cosiddetti Paesi emergenti/concorrenti a vantaggio degli USA (pratica che spinge qualcuno, per reazione, a negare ogni aspetto serio e veritativo della questione in oggetto - una cosa analoga è avvenuta col Covid; in entrambi i casi si tende a trasformare i contenuti scientifici dell'argomento in atti di fede contrapposti).

La guerra in Europa, la distruzione del Nordstream e le sanzioni hanno fatto il resto.

Siegfried Russwurm, il presidente della Confindustria tedesca, ha affermato che la situazione energetica in Germania è così grave che diverse aziende stanno considerando seriamente una ricollocazione [15].

Oggi è ecocompatibile (e a buon mercato negli USA, ma a un prezzo da strozzino in Europa) il gas liquefatto americano ottenuto con la tecnica del fracking (una delle più distruttive per l'ambiente). Oppure lo yacht di Bill Gates che funziona con tonnellate di idrogeno liquido a meno 253 gradi o i nuovi grattacieli, con o senza decorazioni arboree.

In definitiva è solo il mondo non occidentale a non essere ecocompatibile. Chi comanda impone il senso delle parole, regola il loro stesso utilizzo. La sintassi e la semantica sono funzioni del Potere come non lo sono mai state prima.

Persino la cosiddetta “Ricostruzione dell'Ucraina” deve essere ecosostenibile, cosa che pone diverse domande sui tempi e le risorse [16]. Ma anche in questo caso l'Ucraina è un esperimento a nostro beneficio, allo stesso modo in cui i suoi poveri soldati devono sperimentare con la propria vita le incoscienti teorie militari della Nato, elaborate con simulazioni dove i parametri immessi sono idiozie politiche, scemenze PR: i soldati russi sono male addestrati, il loro morale è basso, le loro armi sono penose, il loro sistema di ISR (intelligence, control, reconnaissance) inesistente.

Così nelle war games si vince facile.

Purtroppo i soldati ucraini non vivono negli universi alternativi dei neo-liberal-con e dei loro generali. Muoiono nell'universo vero.


Note
[1] https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/25807-pierluigi-fagan-l-inquietante-azione-a-distanza.html
[2] https://www.nytimes.com/2023/06/24/world/europe/us-intel-prigozhin-warning.html
[3] Evgenij Prigozhin si è fatto costantemente ritrarre in tenuta da battaglia. Tuttavia non ha mai servito nell'esercito e non sa assolutamente nulla di cose militari. Nonostante le scemenze che ci propinano i media mainstream, Progozhin non comandava la Wagner per il semplice motivo che non saprebbe comandare nemmeno la più piccola delle unità militari, figurarsi migliaia di persone che combattono una guerra la cui scala e i conseguenti problemi di comando e controllo hanno colto di sorpresa e sconcertato i generali Nato (https://www.businessinsider.com/ukraine-war-scale-out-of-proportion-with-nato-planning-cavoli-2023-2?r=US&IR=T).
[4] https://bigserge.substack.com/p/the-battle-of-bakhmut-postmortem. E' anche ormai noto che i comandanti della Wagner usano metodi brutali nei confronti delle proprie truppe.
[5] https://www.washingtonpost.com/world/2023/04/20/bakhmut-ukraine-war-leaked-documents/
[6] https://www.washingtonpost.com/opinions/2023/06/09/petraeus-ukraine-russia-counteroffensive-war/. Il generale Petraeus è uno capace di affermare che l'offensiva ucraina di Karchov lo scorso autunno è stata “impressive”, mentre in realtà la città era stata abbandonata dalle forze russe e quelle ucraine, pensando a un tranello russo, vi entrarono ben due giorni dopo senza sparare un solo colpo. Veramente “impressive”. Da un venditore di fumo così, con in più le fette di salame eccezionaliste sugli occhi, non è sorprendente sentire affermare «It is entirely possible that Russian units — now composed increasingly of poorly trained, poorly equipped, and poorly led individual replacements who have been in tough combat for many months — will prove to be quite brittle and collapse over broad areas».
Le truppe “poorly trained” mobilitate in ottobre stanno ancora completando il loro addestramento, dopo ben otto mesi. Che dire invece di qui poveracci di giovani e non più giovani ucraini rapiti per strada a Odessa e altrove, addestrati per due settimane e mandati a morire in fronti come Bachmut dove il tempo medio di sopravvivenza era quattro ore? (https://nypost.com/2023/02/23/life-expectancy-on-frontline-in-ukraine-4-hours-soldier/).
[7] https://youtu.be/Dtwo-eB4EEc
[8] E' stato detto che l'ammutinamento della Wagner avrebbe dovuto sincronizzarsi con azioni di successo della controffensiva ucraina (che non ci sono state). Può essere, ma io non sono sicuro che i favori della Russia si sarebbero spostati verso Prigozhin se centinaia se non migliaia di ragazzi russi fossero caduti a causa o in concomitanza del suo ammutinamento. Penso, al contrario, che la Russia avrebbe chiesto una punizione esemplare, mentre successi militari anche importanti di Kiev, ma pur sempre limitati, è difficile che si traducano in una crisi istituzionale russa, come i successi ucraini dello scorso autunno dimostrano.
[9] https://tass.com/politics/1638653
[10] https://warontherocks.com/2018/10/how-close-did-the-united-states-actually-get-to-using-nuclear-weapons-in-vietnam-in-1968/
[11] https://kyivindependent.com/biden-threat-of-russia-using-nuclear-weapon-is-real/
[12] «Usando le sue armi nucleari, la Russia potrebbe salvare l'umanità da una catastrofe globale. Una decisione dura ma necessaria costringerebbe probabilmente l'Occidente a fare marcia indietro, consentendo una conclusione anticipata della crisi ucraina e impedendole di espandersi ad altri stati». Così Sergei Karaganov, vicedirettore dell'Accademia Russa delle Scienze (https://www.rt.com/russia/578042-russia-nuclear-weapons/).
Una provocazione? Incredibilmente stupida sia da un punto di vista tecnico sia da quello politico. In Occidente questo signore passa per “consigliere” di Putin. Alcuni ammettono che sia un “ex consigliere”. In realtà è una persona che aveva in testa un quadro politico ragionevole, anche se non originale (la Russia che trae la sua forza come potenza eurasiatica e non europea). Ma in politica, e specialmente in geopolitica, non si può sragionare nemmeno una sola volta. E' un po' come se si scalasse in montagna una parete di mille metri: se scivoli e cadi anche solo all'ultimo metro è una catastrofe e c'è poca consolazione essere stati bravi per gli altri 999. Questo “consigliere” di Putin, così scriveva nel 2002 rispetto all'uomo che “consigliava”: «Nessuno capisce cosa vuole veramente [Putin] in politica estera e questo è un enorme svantaggio». «Coloro che sostengono la politica estera del presidente tra le élite sono una piccola minoranza»
(https://web.archive.org/web/20050426213350/http://www.eng.yabloko.ru/Publ/2002/papers/moscow-times-020402.html). Sembrerebbe che questo strano e influente personaggio, già membro della Commissione Trilaterale e dell'International Advisory Board del Council on Foreign Relations, due organizzazioni statunitensi, non fosse ascoltato proprio come un oracolo. Mi sbaglierò, ma sembra che sia diventato “ex consigliere” già prima di diventare “consigliere”. Succedono cose strane al Cremlino.
Ad ogni modo sulla rivista del Concilio per gli Affari Internazionali Russi è comparso un articolo chiaro fin dal titolo: “A Preemptive Nuclear Strike? No!
https://russiancouncil.ru/en/analytics-and-comments/analytics/a-preemptive-nuclear-strike-no/
[13] «US expected “a lot more bloodshed” in Russia, official says» (https://edition.cnn.com/europe/live-news/russia-ukraine-war-news-06-25-23/h_10ca74299a2b2f940854c485d4092f34).
[14] In Italia gli oligarchi che si arricchivano con gli ex beni pubblici non venivano chiamati così, bensì “capitani coraggiosi” (copyright Massimo D'Alema). Il loro coraggio risiedeva nel comprare aziende ex pubbliche facendo debiti che sarebbero stati pagati dalle stesse aziende acquisite. Leveraged buyout si chiama questa tecnica, un termine altisonante per un'operazione da bassofondo: compro un'azienda non coi soldi miei ma con quelli dell'azienda da comprare. Non era una novità: la Corona inglese comprò l'India dalla Compagnia delle Indie Orientali coi soldi dell'India stessa. Stava dando il buon esempio.
[15] (https://oilprice.com/Energy/Energy-General/Sky-High-Energy-Prices-Propel-German-Corporate-Flight.amp.html).
[16] (https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/B-9-2023-0270_IT.html). Secondo il canale “euronews” a lato di un intervento di un intervento di ricostruzione con pannelli fotovoltaici di un ospedale che era rimasto senza energia elettrica per una granata russa che aveva distrutto l'impianto le due associazioni ambientaliste Greenpeace e Victory for Ukraine hanno concordato che “ricostruire velocemente l'Ucraina non è un'opzione sostenibile, sia per l'ambiente che per le generazioni future che vivranno in un'Ucraina libera” (https://it.euronews.com/my-europe/2023/04/12/ucraina-le-ong-puntano-alla-ricostruzione-sostenibile-dellucraina).

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