La crisi ingravescente del sindacato collaborazionista
di Eros Barone
L'esportazione dei capitali fa realizzare un lucro che si aggira annualmente sugli 8-10 miliardi di franchi, secondo i prezzi prebellici e le statistiche borghesi di anteguerra. Ora esso è senza dubbio incomparabilmente maggiore. Ben si comprende che da questo gigantesco soprapprofitto - così chiamato perché si realizza all'infuori e al di sopra del profitto che i capitalisti estorcono agli operai del "proprio" paese - c'è da trarre quanto basta per corrompere i capi operai e lo strato superiore dell'aristocrazia operaia. E i capitalisti dei paesi "più progrediti" operano così: corrompono questa aristocrazia operaia in mille modi, diretti e indiretti, aperti e mascherati. E questo strato di operai imborghesiti, di "aristocrazia operaia", completamente piccolo-borghese per il suo modo di vita, per i salari percepiti, per la sua filosofia della vita, costituisce ai nostri giorni...il principale puntello sociale (non militare) della borghesia. Questi operai sono veri e propri agenti della borghesia nel movimento operaio, veri e propri commessi della classe capitalista nel campo operaio..., veri propagatori di riformismo e di sciovinismo, che durante la guerra civile del proletariato contro la borghesia si pongono necessariamente, e in numero non esiguo, a lato della borghesia, a lato dei "versagliesi" contro i "comunardi". Se non si comprendono le radici economiche del fenomeno, se non se ne valuta l'importanza politica e sociale, non è possibile fare nemmeno un passo verso la soluzione dei problemi pratici del movimento comunista e della futura rivoluzione sociale.
V. I. Lenin, L’imperialismo, fase suprema del capitalismo, dalla Prefazione alle edizioni francese e tedesca, 1920.
Il documento qui riportato è il riassunto della relazione svolta il 19 dicembre del 2019 da Nino Baseotto, segretario confederale della Cgil, al Direttivo nazionale di questo sindacato. Il riassunto, reperibile sul sito web della federazione varesina del Partito comunista italiano, è stato redatto da Cosimo Cerardi, segretario di tale organizzazione politica, presente alla riunione locale in cui la suddetta relazione è stata nuovamente esposta dal suo autore. 1
Fatti salvi il grado di approssimazione e la eventualità di qualche svista, che sono inevitabilmente inerenti alla trascrizione immediata di un testo ampio ed articolato, si tratta di un documento di notevole importanza, che rispecchia con fedeltà la grave crisi che attanaglia, sul piano politico, organizzativo e finanziario, i gruppi dirigenti del sindacalismo collaborazionista assieme alla base sociale, strettamente collegata con il Partito democratico, di cui essi sono l’espressione: aristocrazia operaia, burocrazia sindacale, piccola borghesia, intellettuali borghesi e piccolo-borghesi.
Tale crisi trova un preciso riscontro in alcuni elementi di carattere sia quantitativo che qualitativo, che meritano di essere sottolineati: quasi seicentomila iscritti perduti in sette anni; il mutamento della composizione sociale dei nuovi iscritti (il 60% dei quali proviene dai servizi e solo il 20% dalle categorie); la crescente scrematura della tradizionale base di forza costituita dai pensionati; il basso livello o l’assenza di coscienza politico-sindacale dei nuovi iscritti (evidente conferma non solo dello sfondamento operato dalle destre reazionarie, e in particolare dalla Lega, tra le classi lavoratrici, ma anche della passività, dell’inerzia e, nei casi più gravi, della complicità dei gruppi dirigenti della Cgil verso tale sfondamento); il collasso politico, finanziario e gestionale di buona parte delle strutture sindacali nel Sud; l’esposizione debitoria della Confederazione verso le banche (fonte di alimentazione di un apparato elefantiaco che garantisce esenzione dal lavoro produttivo e monetizzazione del consenso ad un buon numero di rappresentanti dell’aristocrazia operaia e di altri strati sociali cointeressati).
È infine un dato emblematico - e rivelatore della natura di classe del gruppo dirigente nazionale - la scelta, operata da Landini a nome di quest’ultimo e duramente contestata dalle correnti dell’opposizione interna, di affidare ad un’agenzia privata il progetto di riorganizzazione dell’Informazione e della Comunicazione della Cgil.
Il documento in parola dimostra quindi con la nuda eloquenza dei numeri e della realtà oggettiva quanto sia profonda la degenerazione di quello che, in altre fasi storiche, fu un sindacato glorioso. Bisogna allora riconoscere nella creazione dei vari sindacati di base un’esigenza della parte più avanzata dei lavoratori salariati rispetto ad un processo che non nasce solo dai continui cedimenti dei sindacati confederali, ma anche dal loro storico e irreversibile mutamento qualitativo in organi di gestione e di controllo degli stessi lavoratori salariati.
Per questo motivo è giusto considerare attualmente come prioritario l’intervento dei comunisti all’interno dei sindacati di base per dare a tali organismi un orientamento politico e rivendicativo efficace. Questo non significa però trascurare l’intervento nella Cgil, giacché, se così fosse, si finirebbe con il consegnare alle dirigenze collaborazioniste centinaia di migliaia di lavoratori. Sennonché questo intervento va esplicato senza illusioni di sorta circa rotture di massa tra i lavoratori o circa una possibile direzione alternativa. Il problema è posto da tempo all’ordine del giorno: esso si riassume nell’esigenza di lottare per un sindacato di classe e di massa che difenda fino in fondo gli interessi della classe operaia e di tutti i lavoratori. 2
* * * *
Il documento della Cgil
Il bilancio preventivo per il 2020, che è stato discusso e sottoposto all’approvazione del Comitato direttivo nazionale della Cgil il 19 dicembre 2019, ha quest’anno una valenza particolare perché contiene il dispositivo del meccanismo di supporto della solidarietà.
Il problema che è alla base del bilancio preventivo del 2020 è lo squilibrio economico e finanziario che si è venuto a creare in molte situazioni.
Uno dei punti da cui il lavoro è iniziato è stata la distinzione delle deleghe sottoscritte rispetto ai codici fiscali in possesso della Cgil.
Due milioni e seicentomila euro sono venuti a mancare al centro confederale, anche se una redistribuzione di risorse è avvenuta a tutte le strutture.
C’è una forte situazione debitoria della Confederazione verso le banche.
I rapporti con i fornitori hanno visto un inizio di rientro dei debiti per i contratti stipulati secondo un piano ora inaugurato.
Il fondo TFR non ha liquidità.
Il preventivo è condizionato dall’andamento negativo.
581 mila iscritti sono stati perduti in sette anni.
La situazione è allarmante, anche se è dovuta alla crisi, alla deindustrializzazione, alla chiusura delle fabbriche ed delle aziende, al processo di indebolimento della difesa dei diritti alle persone.
La Segreteria Cgil si è data l’obiettivo del mantenimento dell’esistente.
Le endemiche perdite di iscritti di ogni anno sono diventate quasi 600 mila dimissioni in sette anni.
Pesante è il calo della Confederazione; grande è soprattutto la difficoltà a fare nuovi iscritti.
Il 60% dei nuovi iscritti proviene dai servizi, mentre solo il 20% proviene dalle categorie.
9 milioni di euro sono stati interamente distribuiti ai Territori.
5 milioni di euro sono stati dati due anni fa con una delibera per sostenere i bisogni dell’Inca.
I compagni che operano all’Inca hanno dovuto adeguarsi alla situazione di crisi che tuttora è presente nell’ente di patronato.
Abbiamo troppo poca cura dei nostri iscritti.
Ci occupiamo troppo poco del passaggio dei nostri iscritti da una categoria all’altra degli attivi, come pure del passaggio degli iscritti dalle categorie degli attivi ai pensionati.
Solo due su dieci sottoscrivono la delega di iscrizione allo SPI, quando passano da lavoratori attivi a pensionati.
Molti di coloro che si iscrivono allo SPI, incrementando il numero degli iscritti, sono persone che non hanno mai condiviso la politica della Cgil.
Il proselitismo deve essere fatto soprattutto verso le lavoratrici e i lavoratori giovani.
Funzione Pubblica-Cgil e Federazione Lavoratori della Conoscenza-Cgil hanno preso iniziative per incrementare i loro iscritti e per far transitare gli iscritti attivi allo SPI.
Il cosiddetto lavoro povero prende piede, aumentano il lavoro discontinuo e le retribuzioni basse.
La bilateralità è presente, bisogna capire in che misura le risorse vanno nella canalizzazione dei contributi e quanta parte invece ne è fuori. Quale incidenza della bilateralità c’è nelle categorie?
Esiste l’esperienza del bilancio aggregato che risulta dalla sommatoria di 1500 strutture. Il bilancio aggregato testimonia l’esistenza di una organizzazione ancora i buona salute, ma percorsa da contraddizioni profonde.
Il 33% delle strutture, che corrisponde a 450 realtà organizzate, sono con bilanci negativi.
15 Cgil regionali sono in buone condizioni di salute, mentre 6 Cgil regionali hanno difficoltà.
63 Camere del Lavoro vanno bene o molto bene, invece 43 Camere del Lavoro vanno male o molto male.
C’è differenza fra diverse aree geografiche?
Il 43% delle strutture, situate soprattutto nel Sud, sono collassate e in gravi condizioni gestionali.
Gravi insufficienze si riscontrano anche nei cosiddetti territori interni, isolati, di montagna, lontani dalle vie di traffico e di comunicazione.
C’è anche ritardo nel pagamento degli stipendi ai dipendenti.
Dove c’è lavoro le cose vanno diversamente. Difficile è fare sindacato nelle zone in cui ci sono difficoltà economiche.
In Cgil esistono sprechi, ridondanza, eccessi.
Era stato detto che si dovevano rimodulare le piante organiche delle varie strutture. Poco o niente è stato fatto.
Bisogna ridurre le differenze fra territori e aree geografiche. Non mancano idee e consenso.
Entro il 2020 ci sarà la Conferenza d’organizzazione.
Il documento Il lavoro si fa strada deve essere praticato.
La Conferenza di organizzazione deve essere il momento di una verifica per andare avanti.
Il problema delle risorse e del loro utilizzo è oggetto di una discussione molto articolata.
Dalla Cgil è stato scelto il metodo della assoluta trasparenza.
Il Comitato direttivo nazionale ha approvato una delibera che prevede un piano di risanamento.
L’esercizio 2019 può chiudersi in pareggio.
La partecipazione alla solidarietà è affidata ai Centri regolatori.
Nel 2019 la perdita degli iscritti è stata più contenuta rispetto agli anni precedenti.
La segreteria nazionale pensa di ottenere un risparmio di 150 mila euro.
Altro aspetto significativo trattato dal relatore è stato il riferimento alla necessaria innovazione per quanto concerne l’informazione e la comunicazione. Infatti, secondo il relatore bisogna utilizzare meglio e di più le Banche Dati della Cgil.
Il progetto di innovazione è stato elaborato dalle segreteria confederale.
Il cambio di filosofia adottato dal progetto della segreteria confederale consiste nel fatto che la Cgil è produttrice di notizie. Sarà creata un’unica piattaforma con una società. Chi non è collocato verrà ricollocato. Si prevede di organizzare la carta dei servizi. E’ stato detto che si vogliono distribuire notizie alle strutture e ricevere notizie.
Solo per le tessere la spesa ammonta a 285 mila euro.
Per la Fondazione Di Vittorio è prevista una riduzione dei costi.
In tal senso la società Assist/ Group è stata prescelta per l’operazione “Informazione e Comunicazione” per la Cgil.
L’apparato diminuirà di 26 unità.
La Cgil della Campania ha il più pesante onere verso la Confederazione, che vanta un credito di un milione e settecentomila euro verso quella struttura regionale.
Salvo errori ed omissioni – che potranno essere anche non pochi da parte di chi ha trascritto questo intervento – molto è da approfondire.
Nella relazione molti sono stati gli slogan, le frasi ad effetto, le omissioni usate per non dire.
Andrebbe fatto un grande lavoro di approfondimento e di chiarificazione.
Nel Direttivo Nazionale del 19 dicembre gli interventi di alcune compagne e compagni hanno sottolineato che finora è stato fatto un lavoro di scavo e di indagine che permette in modo evidente di darci regole nuove rispetto all’allocazione delle risorse.
Fondamentale è essere non solo soggetti che accolgono ma che propongono anche attraverso le banche dati. Usiamo i dati per essere un soggetto che non solo accoglie, ma che si fa portatore di proposte.
Le Banche Dati sono distortamente e negativamente intese come soggetti salvifici e risolutori di tutti i problemi.
I temi del bilancio, della caduta del tesseramento, delle prospettive di cambiamento da attuare nell’attuale gestione e in occasione della “Conferenza d’organizzazione” (con la data entro cui dovrà essere fatta ed i temi che dovrà trattare) sono stati al centro delle riunioni dei direttivi e delle assemblee generali delle categorie, delle Camere del Lavoro, dei Regionali e del Nazionale, riunioni nelle quali la crisi di credibilità e di consenso degli iscritti è stata imputata dai gruppi dirigenti della Cgil ad un dispendio e mala gestione delle risorse ma, in nessun modo, messa in relazione con le strategie politico-sindacali seguite.
Ultima questione. Eliana Como, nel trasmettere un video di un suo intervento al Direttivo nazionale Cgil del 6 dicembre 2019 ha vivacemente ed efficacemente criticato il progetto di riorganizzazione dell’Informazione e della Comunicazione della Cgil proposto da Landini,che comporterebbe l’affidamento del piano di ristrutturazione del servizio ad una società privata e la costituzione di una NEWCO, cioè di una azienda OUTSOURCING e sarebbe una vera esternalizzazione e privatizzazione della comunicazione.
Possiamo noi davvero pensare – si domanda Eliana Como – che questo serva a migliorare i rapporti coi nostri iscritti/iscritte e ad aumentarne il numero? O a riempire le piazze, ad aumentare la partecipazione dei nostro delegati e delegate, lavoratori e lavoratrici, pensionati e pensionate nei territori e nei posti di lavoro e nelle Leghe?
Sicuramente pensiamo che questo tipo di comunicazione serva atruccare meglio le informazioni o a ingannare sulle informazioni, secondo un’idea e una pratica di comunicazione molto diffusa nelle imprese e nei governi!
E’ una cosa abnorme perché si tratta dello snaturamento della nostra idea di come funzioniamo e di come noi comunichiamo.
Noi abbiamo una funzione diversa da quella delle aziende e anche da quella della politica, dove la comunicazione dura un minuto.
La nostra comunicazione è fatta di legami, di rapporti, di relazioni con i nostri delegati e delegate, pensionati e pensionate, non passa solo attraverso i sondaggi della società ASSIST/GROUP che ha fatto un piano da azionista di maggioranza rispetto all’Area organizzazione della Cgil.
Quando si fanno i sondaggi sui nostri iscritti e iscritte dovremmo forse affidare la complessità dei Data Base dei nostri iscritti e iscritte ad una NEWCO che è gestita da un’azienda privata?
E’ un’anormalità, una deviazione, un’aberrazione!
Per noi la comunicazione ha elementi anche di imprescindibile identità culturale, politica e simbolica.
E’ un errore profondo che snatura la nostra funzione anche in termini di comunicazione e che non ci aiuterà a fare nuovi iscritti perché gli iscritti si fanno con le scelte politiche e con il radicamento nei territori, nei posti di lavoro e nelle Leghe dei pensionati.
Comments
Silvano Ceccoli
mi rivolgo a Lei perché sinceramente della ridicola polemica sul PCI varesino, che non credo interessi più di tanto i lettori, non penso sia il caso di occuparsi.
Nella Sua risposta allo scritto del professor Eros Barone trovo un vizio di fondo, che poi è quello che si riscontra da sempre nelle posizioni dei dirigenti politici e sindacali legati all'esperienza del partito revisionista.
Chiunque critichi le posizioni, oggettivamente ben lontane - come ben argomenta Silvano - da quelle originarie, è tacciato di estremismo, volontà di disimpegno, demonizzazione dell'avversario, e quant'altro.
Chi pretende di avere l'esclusiva nell'agire politico e sindacale di un certo tipo, e mi pare che questo sia il Suo modo di pensare, si confonde: la CGIL originale - quella il cui nome per esteso era Confederazione Generale Italiana dei Lavoratori - ed il PCI originale - Partito Comunista d'Italia - erano cosa completamente diversa da quello che sono diventati col tempo.
In politica, ne converrà, anche le sfumature hanno un loro peso: definirsi "italiano" non è equivalente a nominarsi "d'Italia", così come essere "del Lavoro" implica una connotazione diversa rispetto a riferirsi alla classe "dei Lavoratori".
Nel tempo si è assistito ad un cambiamento semantico, che in tutta evidenza non può essere considerato soltanto tale: il riferimento classista, per la CGIL, è scomparso, provocando una "mutazione genetica" che ha portato il più grande sindacato d'Italia ad essere oggettivamente colaborazionista, colluso con i padroni (i datori di lavoro sono coloro che effettuano una certa mansione per conto di altri, che al massimo si possono definirre "richiedenti di manodopera).
mi rivolgo a Lei perché sinceramente della ridicola polemica sul PCI varesino, che non credo interessi più di tanto i lettori, non penso sia il caso di occuparsi.
Nella Sua risposta allo scritto del professor Eros Barone trovo un vizio di fondo, che poi è quello che si riscontra da sempre nelle posizioni dei dirigenti politici e sindacali legati all'esperienza del partito revisionista.
Chiunque critichi le posizioni, oggettivamente ben lontane - come ben argomenta Io Silvano - da quelle originarie, è tacciato di estremismo, volontà di disimpegno, demonizzazione dell'avversario, e quant'altro.
Chi pretende di avere l'esclusiva nell'agire politico e sindacale di un certo tipo, e mi pare che questo sia il Suo modo di pensare, si confonde: la CGIL originale - quella il cui nome per esteso era Confederazione Generale Italiana dei Lavoratori - ed il PCI originale - Partito Comunista d'Italia - erano cosa completamente diversa da quello che sono diventati col tempo.
In politica, ne converrà, anche le sfumature hanno un loro peso: definirsi "italiano" non è equivalente a nominarsi "d'Italia", così come essere "del Lavoro" implica una connotazione diversa rispetto a riferirsi alla classe "dei Lavoratori".
Nel tempo si è assistito ad un cambiamento semantico, che in tutta evidenza non può essere considerato soltanto tale: il riferimento classista, per la CGIL, è scomparso, provocando una "mutazione genetica" che ha portato il più grande sindacato d'Italia ad essere oggettivamente colaborazionista, colluso con i padroni (i datori di lavoro sono coloro che effettuano una certa mansione per conto di altri, che al massimo si possono definirre "richiedenti di manodopera).
Ora la CGIL non ha fatto neppure questo e, al pari della stragrande maggioranza del sindacalismo italiano (UGL, CISL e UIl, in primis) è sempre stata legata mani e piedi al mondo politico partitocratico, atteggiandosi in modi diversi a seconda di chi sedeva al governo, senza mai però scalfire la base del dominio del capitale che ha nei vari e opposti governi (sia di destra, che di centro-destra, che di centro-sinistra) i referenti che altro non sono i rappresentanti degli affari della borghesia dominante nel nostro paese. Una borghesia poco illuminata (Olivetti è stata una bella eccezione), spesso infiltrata di mafia e di perbenismo reazionario e talvolta razzista.
Ora io credo sia importante sostenere tutti quei lavoratori e quelle forze che dentro la CGIL mettono in discussione la politica della CGIL, ma occorre lavorare per la costruzione di un sindacato di classe, che sappia superare l'anarcosindacalismo tipico di certo sindacalismo di base, sterile nel suo agire politico e sappia riprendere la rotta del sindacalismo di massa che è stato tipico degli anni '50 della CGIL e che veramente allora rappresentava la classe lavoratrice. Quindi un sindacato moderno, ma l tempo stesso con connotati fortemente classisti, perché solo così potrà coinvolgere fasce sempre più ampie di lavoratori, soprattutto giovani precari e stranieri immigrati, per portare avanti lotte d'avanguardia e per portare miglioramenti sociali e non ottenere paternalistiche briciole di elemosina da chi ci domina.
Un caro saluto e grazie per lo spazio concessomi
Ceccoli Silvano
la cui sopra trattazione del sopracitato autore di cui l'allegazione pesata e non precipuamente ritenuta un interlocutore ( ermeneuticamente parlando si intende )
con riferimento a qualità o condizione precedentemente espressa nella stessa frase (quindi "tale organizzazione" = "federazione varesina del Partito comunista italiano"). Domando che cosa ci sia di provocatorio nel rispettare la grammatica e la sintassi italiana evitando una stucchevole ripetizione... Per quanto riguarda la possibilità/volontà delle interlocuzioni politiche, mi limito soltanto a sottolineare che queste dipendono dalle posizioni antagonistiche o subalterne che i soggetti assumono nella lotta di classe. Oltre trent'anni di esperienze politiche, culturali e organizzative da me vissute nella provincia di Varese (senza contare altri venticinque anni di esperienze consimili vissute nella città di Genova) mi hanno insegnato che questo è l'unico criterio corretto per decidere quale sia l'interlocutore giusto.