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Notizie sull'operazione speciale condotta dall'esercito russo in Ucraina
In molti hanno notato che il “99%” è un topos pubblicitario dei prodotti antibatterici, i quali dichiarano appunto di poter eliminare il 99% dei batteri. Per la verità ci sono anche antibatterici più bravi dell’Iron Dome e dell’Arrow israeliani, infatti riescono a eliminare addirittura il 99,99% dei batteri. Magari è sufficiente quello 0, 01 a fregarti, ma bisogna sapersi accontentare. Mentre lo spot pubblicitario reclamizzava trionfalmente i successi del sistema di difesa israeliano e l’abbattimento del 99% dei missili e droni iraniani,...
Constatiamo che gran parte della sinistra stia guardando alla risposta militare dell’Iran nei confronti delle provocazioni armate di Israele secondo le valutazioni di Alessandro Orsini, che definisce il bombardamento dello Stato ebraico con centinaia di droni e missili come una colossale messinscena, suffragando questa deduzione con il fatto che la ritorsione della Repubblica Islamica all’azione terroristica di Israele a Damasco fosse stata preannunciata e comunicata. Solo che il famoso studioso di geopolitica non comprende la sostanza delle...
Gli euroausterici vaneggiano a reti unificate in merito al “buco da 200 miliardi nei conti pubblici” che sarebbe stato prodotto dal Superbonus. Naturalmente una prima risposta ovvia a questa affermazione è che sono stati emessi 200 miliardi di crediti fiscali, a fronte dei quali è stata però conseguita una crescita di PIL e di gettito. Parlare di “200 miliardi di buco” tiene conto di un elemento (i crediti emessi) ignorando l’altro (la crescita di gettito). Ma in realtà l’errore dell’affermazione è ancora più basilare. Immaginiamo che...
La nostra epoca non è certo contrassegnata dalla fine delle ideologie, dopo che, sbaragliata la concorrenza, la grande narrativa del pensiero unico gode di ottima salute; c'è invece da esitare sull'inconsistenza della tesi di Fukuyama della fine della storia giacché quella del mondo occidentale sembra aver trovato nel capitalismo un ancoraggio talmente saldo da impedire il benché minimo sommovimento capace di metterne in crisi gli ingranaggi. Anzi, il non funzionamento dell'attuale versione ultraliberista del capitale favorisce il rilancio...
Mentre Israele informa il mondo che risponderà all’attacco iraniano, anche se sembra in maniera tale da evitare la grande guerra (cosa tutta da vedere dal momento che l’Iran ha detto che, nel caso, risponderà), proponiamo l’analisi di Peter Akopov pubblicata su Ria Novosti che ci appare alquanto lucida, anche se forse un po’ troppo deterministica. C’è un imponderabile, dato anche dalla follia di cui hanno dato dimostrazione negli ultimi tempi i falchi Usa e israeliani, che andrebbe comunque tenuto presente. “Situazione sorprendente – scrive...
Lo scorso 16 marzo, il colonnello Amadou Abdramane, portavoce della giunta militare nigerina che nel luglio del 2023 aveva deposto il presidente Mohamed Bazoum, ha annunciato la revoca immediata dell’accordo che autorizzava lo stazionamento di personale statunitense sia civile che militare nel Paese. Conformemente all’intesa, siglata nel 2012, gli Stati Uniti avevano schierato nelle basi 101 (contigua all’aeroporto di Niamey) e 201 (situata nel centro del Paese e soggetta a una recente opera di ristrutturazione costata al Pentagono circa 100...
Atteniamoci ai fatti. La ritorsione iraniana per l’attacco israeliano all’ambasciata di Damasco è stata calibrata ed equilibrata. L’Iran non voleva la guerra con Israele (non la guerra aperta, e non ora), diversamente dal governo di Tel Aviv, che nel prosieguo della guerra – nella sua possibile espansione – vede l’unica chance di sfuggire al redde rationem interno, e magari persino un’opportunità di espandersi ancora. Pertanto Teheran si è mossa con calma, appellandosi al diritto internazionale (art.51 delle Nazioni Unite), e avendo cura di...
Si usa dire che stiamo precipitando verso una guerra mondiale “a pezzi”. Possiamo anche aggiungere che stiamo scivolando verso una “economia di guerra”? Alcuni prodromi, in effetti, si intravedono. Due caratteristiche sono tipiche di un’economia che tende verso la guerra: l’aumento del deficit pubblico per finanziare il riarmo e la spinta inflazionistica a danno dei salari. La mobilitazione delle finanze pubbliche per il rilancio della spesa militare è già in corso. I dati World Bank indicano che nell’ultimo decennio l’Unione europea ha...
Nel luglio 1934, H. G. Wells si recò a Mosca per intervistare Stalin. Il colloquio tra lo scrittore inglese e il leader bolscevico durò circa tre ore, alla presenza di un interprete, e il 27 ottobre successivo ne fu pubblicata la trascrizione integrale sul settimanale britannico The New Statesman and Nation. Il periodico aveva cominciato le pubblicazioni sotto questo nome tre anni prima, a seguito della fusione di due riviste appartenenti all’area della sinistra socialista e liberale inglese: The New Statesman, che era stata fondata nel 1913...
L’attacco iraniano sul territorio di Israele è stato un evento di portata storica e potenzialmente in grado di cambiare gli equilibri mediorientali nonostante le autorità dello stato ebraico e i governi occidentali stiano facendo di tutto per minimizzarne conseguenze e implicazioni. I danni materiali provocati da missili e droni della Repubblica Islamica sembrano essere stati trascurabili, anche se tutti ancora da verificare in maniera indipendente, ma il successo dell’operazione è senza dubbio da ricercare altrove. La premessa necessaria a...
Israele ha utilizzato i Territori occupati come la migliore vetrina del potenziale offensivo e di controllo dei sistemi d’arma e d’intelligence sviluppati dalle sue aziende di settore. È la tesi di Laboratorio Palestina, ultimo lavoro di Antony Loewenstein nel quale emerge il sostegno israeliano ad alcuni dei regimi più spietati degli ultimi settant’anni, e si denuncia come, paradossalmente, proprio questa capacità bellica e di controllo sono fattori determinanti nel ruolo centrale guadagnato dal Paese nella governance globale tanto da...
Dall’ipocrisia alla follia: disamina del suprematismo occidentale in Ucraina con la narrazione aggredito-aggressore imposta dalla maggioranza dei mezzi di comunicazione occidentali, quindi, senza affatto avere alcuna partecipazione ideale al putinismo, proverò a dimostrare, attraverso le dinamiche stesse della guerra, perché l’imperialismo occidentale è destinato a perderla e, prima questa sconfitta viene riconosciuta, minori saranno i danni per l’umanità. Il tratto fondamentale della strategia Nato in Ucraina è quello di utilizzare la...
Ieri è giunta l'attesa risposta iraniana al bombardamento israeliano del consolato iraniano di Damasco, che aveva ucciso tra gli altri il generale Haj Zahedi. L'Iran ha effettuato un attacco simultaneo con droni e missili in modo da saturare la poderosa difesa antiaerea israeliana. Missili hanno colpito due basi militari israeliane (monte Hermon e Novatim). Oggi l'autorità iraniana rivendica quei due obiettivi come primari, ma è abbastanza ovvio come questa rivendicazione abbia semplicemente la funzione di far coincidere gli obiettivi...
Per capire cosa succede a Gaza è necessario guardare cosa accade in Ucraina. Per quanto i politici italiani “autorevoli” ripetano i loro “atti di fede”, e ugualmente gli altri leader “nani” europei e i giornalisti a loro legati (ed entrambi proni esecutori dei loro padroni yankee), le loro dichiarazioni stizzite e altisonanti sono solo il riflesso della vittoria strategica del governo russo nel confronto con la NATO. Ancora non c’è la vittoria palese sul campo della Russia, ma quella strategica è già stata ottenuta, perché da più di venti...
B. Stiegler, filosofa politica francese, conduce in questa ricerca una genealogia del neoliberismo americano, sincronico all’ordoliberismo tedesco e quello poi più idealista di Hayek, versione americana meno conosciuto ma forse anche più influente. L’eroe negativo della storia è il mitico Walter Lippmann. Solo un “giornalista” come alcuni lo ritennero, in realtà politologo pieno e poi politico dietro le quinte, stratega di pratiche e pensiero, inventore di una versione americana della propaganda più sofisticata, delle pubbliche relazioni,...
Qual’è il rimedio delle classi dirigenti, politiche ed economiche (nel capitalismo liberista, tutt’uno) quando la crisi gli morde i calcagni? Il fugone nel fascismo, in qualsiasi nuova forma ritenuta adatta ai tempi. Oggi si presenta in veste psicomanipolatoria-tecnologica, ma senza mai rinunciare alla violenza fisica, a seconda dei casi pestaggi o mattanze. Ecco cosa hanno in comune i massacri dei nostri fratelli in lotta a Gaza e in Cisgiordania e le teste spaccate dai gendarmi agli studenti delle università italiane – vera eccellenza del...
Nell’analizzare gli ultimi sviluppi del conflitto mediorientale sono molti i rischi, o le tentazioni, che possono portare fuori bersaglio. Anche l’analisi di classe mostra qualche limite, se si fa attenzione al concreto della struttura sociale israeliana – quanto meno – dove ai “cittadini a pieno titolo dello Stato ebraico” (la definizione è stata assunta nella “legge fondamentale”, para-costituzionale) sono riservati tutta una serie di diritti e privilegi, anche in termini di posizioni lavorative, mentre il “lavoro bruto” o lo sfruttamento...
Il mondo intero è di nuovo con il fiato sospeso, per il terrore di una grande guerra che infiammi il Medio Oriente. L’attacco di ritorsione lanciato dall’Iran, nella lunga notte tra sabato e domenica, ha lasciato senza sonno Israele. Per cinque ore oltre 300 munizioni sono state scagliate contro il territorio israeliano. La rappresaglia per l’attacco dell’1 aprile a Damasco è arrivata dopo quasi due settimane, ampiamente annunciata, lenta ma imponente. Secondo le stime ufficiali riportate dal New York Times, l’Iran ha utilizzato 185 droni...
Molti neuroscienziati notano come il nostro cervello-mente si sia lungamente evoluto, quindi formato, alle prese con problemi vicini (fame, sete, sicurezza), immediati (giorno per giorno, ogni giorno) relativamente semplici (amico/nemico, sesso, utile/inutile), in gruppi piccoli tendenzialmente egalitari, relativamente isolati tra loro, in cui ognuno conosceva ogni altro. Oggi ci troviamo associati in gruppi enormi, di una certa densità territoriale che si estende ormai alla dimensione planetaria, in cui i più ci sono sconosciuti, dentro...
Nonostante sia palese che la guerra ucraina è persa, l’Occidente resta aggrappato ai dogmi neocon, incapace non solo di trovare, ma anche solo di pensare una exit strategy da una guerra disastrosa per Kiev e per l’Europa, che il conflitto sta degradando sia a livello economico che politico. Quest’ultimo aspetto inquieta e interpella sia perché denota un asservimento della Politica europea ai circoli neocon, dipendenza mai registrata in tale misura in precedenza, sia perché evidenzia il degrado delle dinamiche democratiche, dal momento che...
Le parole dovrebbero essere annoverate nell’elenco delle droghe pesanti, e purtroppo a chiunque può capitare di farsi ogni tanto una “pera” eccessiva. Il quotidiano neocon “il Foglio” si è approfittato del “trip” di uno dei padri costituenti, Umberto Terracini, per fargli fare una figuraccia postuma mettendo in evidenza alcune sue frasi poco felici in sostegno di Israele. Dopo averci ammonito sul fatto che anche Terracini considerava l’antisionismo una forma di antisemitismo, ci viene proposta una citazione nella quale il vecchio comunista...
Da questa parte del "mondo democratico occidentale", molti di noi si dibattono tra rabbia e la sensazione drammatica di impotenza nell'assistere allo sterminio in diretta di un intero popolo. A volte questo senso di frustrazione si trasforma in disagio somatizzato, in depressione (parlo per me e per gli amici e compagni con cui mi confronto ogni giorno). In altri casi, invece, rischia di generare reazioni di autoconservazione fatalista, ricerca del deus ex machina, rimozione. Eppure qualcosa si muove. Qualcosa possiamo fare. Una piccola...
1. Seguendo un copione creato a tavolino per ingannare la mente di chi si abbevera ai telegiornali della sera, gli Stati Uniti continuano a tirare il guinzaglio legato al collo del cagnolino d’oltremanica. Quel cagnolino era un tempo l’Impero britannico’, oggi solo un maggiordomo che esegue gli ordini dell’Impero Atlantico: tenere Julian Assange in prigione fino alla morte. Per la più grande democrazia al mondo – da esportare, se del caso, a suon di bombe e che ormai solo i politici europei (e italiani) credono sia tale – il rischio più...
Qualcuno parla di rischio di terza guerra mondiale davanti alla rappresaglia dell’Iran verso Israele, ma cari miei, una terza guerra mondiale sarebbe solo nucleare. Perciò, definitivamente distruttiva dell’umanità. Avete presente l’anime e il manga “Ken il Guerriero”? Lì, almeno, le armi nucleari sono state relativamente innocue: hanno distrutto il mondo, ma non hanno lasciato radiazioni. Ma nella realtà, una guerra di tale portata, ridurrebbe il mondo a una landa desolata radioattiva, invivibile. E per quanto noi siamo governati dai...
Il Governo è in difficoltà, è debole. Questo è il precipitato politico di un ragionamento che prende le mosse dalla scelta del Governo di approvare un Documento di economia e finanza (DEF) privo delle principali informazioni sulle tendenze della finanza pubblica e dei conseguenti effetti macroeconomici. Il DEF è il principale strumento di programmazione economica del Governo, serve a definire il quadro della finanza pubblica per l’anno in corso e per il successivo triennio. In pratica, con il DEF il Governo è chiamato a mettere nero su bianco...
Dopo l’oblio dell’attacco al Crocus da parte dei media d’Occidente, preoccupati solo di discolpare l’Ucraina dalle evidenti responsabilità, come peraltro accaduto varie volte in passato – a parte eccezioni che confermano la regola – per altre azioni oscure di Kiev, anche l’attacco di droni alla centrale atomica di Zaporizhzhia è passato sottotraccia, come qualcosa di marginale. L’attacco alla centrale di Zaporizhzhia e i topos delle guerre infinite E ciò nonostante la gravità dell’accaduto: se l’attacco fosse riuscito al 100% poteva creare...
Il senso di colpa domina incontrastato nella multiforme platea dei sentimenti umani. Senso di colpa per non essere abbastanza, per non aver superato l’esame, per non aver performato quanto desideravamo, per aver disatteso le aspettative, per non aver concluso un lavoro, per aver trascurato passioni e interessi, per aver manifestato rabbia, tristezza e paura, per gli errori commessi, per le azioni compiute, per una parola fuori posto, per non esserci stata, per aver mangiato, per aver risposto nervosamente, per quella carezza non data, quei...
Immancabili, come ogni anno, i dati Istat sull’andamento demografico del paese registrano un deciso segno meno”. Che non è grave soltanto in sé, ma soprattutto perché conferma una tendenza di lunghissimo periodo. Dal 1964 a oggi sono stati pochissimi gli anni in cui le nuove nascite sono state più numerose dell’anno precedente, ma anche a uno sguardo disattento balza agli occhi che la dimensione delle diminuzioni è sempre alta, mente i “rimbalzi” sono sempre appena percettibili. Il risultato finale, al 2023, non lascia dubbi: i nuovi nati...
‘Essere democratici è una fatica immane. Allora perché continuiamo a esserlo quando possiamo prendere una scorciatoia più rapida e sicura?’. Così Michela Murgia, la scrittrice sarda recentemente scomparsa, nel suo pamphlet del 2018 dal titolo provocatorio: ‘Istruzioni per diventare fascisti’. Con una originale sapienza dialettica, com’era suo stile di comunicazione in ogni dibattito pubblico e nel relazionare sulle grandi ingiustizie e ineguaglianze che affliggono le società odierne, Michela Murgia, nel suo saggio, ci invita a sottoporci a...
I due anni della pestilenza da Covid-19 si sono rivelati una grande imprevedibile opportunità per testare il livello di ubbidienza che, si può ottenere applicando un regime disciplinare come lo è stato l’obbligo di vaccinarsi, appunto. La narrativa secondo la quale il barbaro no-vax e chi lo sostiene rappresentano il Male, e quindi vanno denigrati, censurati, emarginati, criminalizzati ha funzionato. Pertanto, lo stesso identico canone è stato applicato su una nuova dicotomia buono-cattivo nella politica internazionale. Stesso manicheismo,...
L’avesse compiuto, per dire, il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, un gesto come quello del suo omologo britannico David Cameron, recatosi in “visita di lavoro” da Donald Trump in USA, intrattenendosi – magari – in Germania, con Sahra Wagenknecht, per di più alla vigilia delle elezioni, il coro liberal avrebbe subitamente gridato alle «interferenze russe nei processi democratici dei paesi liberi». Ma fatto tra “alleati”, per di più di estrazione anglosassone, la cosa rientra nella normalità e, trattandosi della “democratica Ucraina...
Un’analisi di cosa succede e di cosa si prospetta in Medioriente, a partire dal genocidio in atto a Gaza, dalla rivolta generale palestinese, dallo scontro tra Stato Sionista e Asse della Resistenza in Libano, Siria, Iraq, Yemen, all’indomani dell’attacco israeliano all’ambasciata iraniana a Damasco. Una panoramica che parte dalla ritirata della FOI (Forza di Offesa Israeliana) dalla metà sud di Gaza, dopo sei mesi di offensiva del presunto “esercito più potente del Medioriente” che non è riuscito a controllare la Striscia, annientare Hamas e...
In vista della settimana di mobilitazione dei lavoratori all’interno dell’accademia italiana, proponiamo qui un resoconto delle linee d’intervento del movimento negli ultimi mesi, mettendo al centro i punti politici principali che stanno caratterizzando le proteste dei lavoratori e delle lavoratrici dell’università di concerto con i movimenti studenteschi. Si tratta di una riflessione che vuole essere un punto di partenza che ci porti allo sciopero del 9 aprile di tutto il mondo universitario, una data che deve essere un punto di partenza per...
Trent’anni dopo il genocidio in Ruanda, innescato dall’abbattimento dell’aereo privato su cui viaggiavano il presidente del Paese e il suo omologo del Burundi, e spacciato per l’esplosione di un conflitto etnico tra Hutu e Tutsi, si continua a discutere sulle cause del massacro di quasi un milione di persone. Dopo tre decenni, si evidenziano implicazioni che gettano una luce meno semplificata su quegli eventi drammatici: a cominciare dal ruolo delle grandi potenze che cercavano di accaparrarsi le enormi risorse strategiche nella regione dei...
È certamente corretto sostenere che le motivazioni che stanno spingendo Washington a mettere sotto assedio Pechino sono di natura economica. Paradossalmente questa tesi è stata infatti espressa indirettamente dalla stessa Segretario al Tesoro Yellen, in una intervista della settimana scorsa che non ha avuto la risonanza che avrebbe meritato nonostante anticipasse i temi che la stessa Yellen sta trattando con l'élite politica cinese nel suo viaggio diplomatico in corso in questi giorni. Di importanza capitale per comprendere la situazione a...
Pubblichiamo un estratto della prefazione del libro “Ucraina, Europa, mondo. Guerra e lotta per l’egemonia mondiale” di Giorgio Monestarolo (Asterios, Trieste, pp.106, euro 13). L’autore è ricercatore presso il Laboratorio di Storia delle Alpi dell’Università della Svizzera italiana e docente di Storia e Filosofia al liceo Vittorio Alfieri di Torino. La prefazione è del generale Fabio Mini, che tra le altre cose è stato generale di Corpo d’Armata, Capo di Stato Maggiore del Comando NATO del Sud Europa e comandante della missione...
Volete uscire dal dominio neoliberista, volete allentare la morsa della gabbia d’acciaio capitalista, volete invertire l’allungamento in corso da decenni della scala sociale di cui tra l’altro vi è vietato l’uso per provare a scalarla. Avete idee di mondo migliore, più giusto, qualsiasi sia la vostra idea di “giusto”. Tutto ciò è politico. Ma la vostra società non è ordinata dal politico, è ordinata dall’economico. È l’economico il regolamento del gioco sociale, è lui a dettare scala di valori, premi, punizioni, mentalità e cultura comune. E...
Nelle Conferenze di La Paz, nel 1995, il teologo e filosofo argentino, tra i pionieri della Teologia della Liberazione e in esilio dalla sua patria durante il regime fascista sviluppa la sua attentissima lettura di Marx dal punto di vista rivendicato dell’esternità e del lavoro ‘vivo’; ovvero della persona effettiva, reale, completa. Questo, declinato nelle sue diverse forme, marginali e ‘poveri’, stati subalterni e periferici, è il tema centrale della filosofia e della prassi politico-culturale ed etica di Dussel. Proviamo, dunque, a...
Come ha potuto succedere? Che mostruosità! Tutte quelle armi che circolano! Ma in che tempi viviamo! Colpa dei genitori….Colpa della scuola…. Sono le esclamazioni dei manigoldi ipocriti che tendono a ottunderci il cervello mentre cerchiamo di farci capaci dell’enormità di un bambino di dodici anni che entra in classe con una pistola e spara e uccide suoi compagni. Si assembrano sugli schermi e nelle paginate psicologi, sociologi, esperti di ogni risma da un euro all’etto a disquisire sul fattaccio. E tutti, indistintamente, a mancare...
L’apparente moderazione dell’Iran di fronte all’aggressione israeliana non dovrebbe essere confusa con la debolezza. Teheran esercita costantemente pressioni su Tel Aviv attraverso i propri metodi, preparando attentamente il terreno per il disfacimento di Israele. «La leggenda narra che una rana posta in una pentola poco profonda piena d’acqua riscaldata su un fornello rimarrà felicemente nella pentola d’acqua mentre la temperatura continua a salire, e non salterà fuori anche se l’acqua raggiunge lentamente il punto di ebollizione e uccide la...
Il testo che segue è una critica di Ai nostri amici, l'ultima impresa editoriale
del Comitato Invisibile. Teniamo ad avvertire il lettore che tale critica non sarà assolutamente esaustiva, giacché il testo in questione meriterebbe di essere decrittato in maniera assai più profonda di quanto si possa fare nello spazio di poche pagine;
ci limiteremo dunque ad esaminare alcuni dei postulati fondamentali che ci sembrano costituire il nucleo teorico del libro.
Ai nostri amici rappresenta un buon esempio di come un bricolage concettuale conservatore possa spacciarsi per rivoluzionario; farne la critica non è un'impresa agevole, tanto più che l'opera in sé è a prima vista densa, perfino
sovraccarica. Ciononostante, dopo un'attenta lettura, ci si accorge che il suo cuore pulsante si riduce ad una manciata di deboli proposizioni, che potrebbero passare perfettamente inosservate nel magma all'interno del quale galleggiano.
L'Occidente
L'Occidente è l'ossessione del Comitato Invisibile: ai suoi occhi esso concentra tutti gli orrori della civiltà. Esso è dunque sinonimo, indistintamente, di capitalismo, imperialismo, colonialismo, distruzione della natura, volontà di dominazione dell'altro
etc. Ma l'uso di una simile nozione ci appare sospetto, giacché questa opposizione rigida tra l'Occidente e il Resto non fa che rovesciare la visione imperialista o conservatrice che fa di questo stesso Occidente un assoluto. Insomma,
il Comitato Invisibile è Spengler (o Alain de Benoist, se si preferisce) messo a testa in giù. La genesi occidentale del modo di produzione capitalistico, evidentemente innegabile, si trasforma in colpa metafisica. Inversamente, ciò che è non-occidentale
ne risulta ontologicamente valorizzato. La civiltà occidentale moderna è dunque il male assoluto. Viene da chiedersi cosa ne sia dei precedenti 20.000 anni di società di classe e di sfruttamento dell'uomo sull'uomo: l'Occidente sarebbe quindi sbarcato
da un altro pianeta? Il Comitato, che sicuramente adora le «genealogie» del nietzschianismo di sinistra, dovrebbe sapere che:
«Lo stesso termine di Occidente, opposto a quello di Oriente, è stato creato per designare questa rottura [tra Chiesa romana d'Occidente e Chiesa romana d'Oriente, nda] all'interno di una stessa civiltà e di una stessa religione.» (Georges Corm, Storia del Medio Oriente, Jaca Book, Milano 2009, p. 28).
Avendo ormai posto l'Occidente – dalla Francia storicamente colonizzatrice all'Irlanda arci-colonizzata dall'Inghilterra – e il non-Occidente come due essenze esteriori l'una all'altra, cosa ci dice dunque il Comitato Invisibile in merito al
primo?
Produzione e circolazione
In materia di analisi del funzionamento del capitale, la tesi fondamentale del Comitato Invisibile risiede nella sparata seguente:
«[...] il processo di valorizzazione della merce [...] coincide con il processo dicircolazione che, a sua volta, coincide con il processo di produzione, il quale, d’altronde, dipende in tempo reale dalle fluttuazioni finali del mercato.» (Comité Invisible, À nos amis, La Fabrique, 2014; trad. it.: Ai nostri amici, senza ulteriori indicazioni, p. 92; d'ora in avanti verrà indicato soltanto il numero di pagina dell'edizione italiana).
A costo di essere brutali, va detto che questa affermazione non significa assolutamente nulla. In primo luogo, è il capitale – o al limite il valore – che si valorizza; la merce non fa nulla di per se stessa: essa è soltanto un supporto,
un momento necessario nel ciclo per mezzo del quale il capitale perviene a valorizzarsi; quando la merce si presenta come tale sul mercato, il plusvalore è già stato prodotto, deve «solo» essere realizzato attraverso la vendita. In secondo luogo, la
coincidenza fra processo di produzione e processo di circolazione è un'impossibilità logica: la sfera della circolazione non aggiunge alcun valore al valore già prodotto; inoltre, essa è sempre separata nel tempo e nello spazio dalla sfera della produzione,
salvo supporre che lo stesso lavoratore – in virtù di non si sa quale ubiquità – possa essere operaio di Goodyear e simultaneamente cassiere da Mister Auto. Riassorbire la produzione nella circolazione, o viceversa, non può che significare confondere
lavoro produttivo e improduttivo, lavoro che si scambia contro capitale e lavoro che si scambia contro reddito, e dunque restare intrappolati nel feticcio della distribuzione, che dissolve la specificità del lavoro che produce plusvalore nella totalità
dei redditi da salario.
Ora, ciò che è ancor più importante per decifrare il testo di cui ci occupiamo qui, è che a partire dai rapporti di distribuzione, ovvero a partire dalla indistinzione fra lavoro produttivo e improduttivo, si può criticare tutto: la merce, il denaro,
le disuguaglianze, perfino lo Stato – tutto, salvo il capitale, poiché solo il lavoro produttivo lo produce. Non è questione di essenzializzare il lavoro produttivo identificandolo con una qualche figura mitica, tanto più che la produzione
di plusvalore non si limita all'«industria» nel senso abituale del termine (diversamente da ciò che presuppongono gli anti-marxisti); il carattere produttivo o meno del lavoro va determinato al livello dell'operaio collettivo, «socialmente combinato»
(ed è del resto ciò che Marx non smette di affermare nel Capitale, così come nei Lineamenti fondamentali e nelle Teorie del plusvalore). Ciononostante, è importante avere le idee chiare su questo punto, onde mantenere ferma
la distinzione tra lo strutturante e lo strutturato, senza perciò ridurre lo strutturato ad un epifenomeno privo di realtà (è questo un nesso fondamentale).
Delle «insurrezioni che sono venute», il minimo che si possa dire è che per l'appunto hanno toccato ben poco (in ogni caso, non a sufficienza) il «segreto laboratorio della produzione sulla cui soglia sta scritto: No admittance except on business».
Il Comitato Invisibile pensa di poter aggirare questa difficoltà in maniera puramente intellettuale, lasciando intendere che la produzione di plusvalore sarebbe incomparabilmente più diffusa che in passato. Ora, o ciò è semplicemente falso, oppure è sempre stato così.
Se fosse altrimenti, come avrebbe potuto Marx scrivere ciò che segue?
«Milton, che scrisse il Paradiso Perduto, era per esempio un lavoratore improduttivo; ma lo scrittore che fornisce lavoro di fabbrica al suo editore è un lavoratore produttivo. Milton creò il suo poema al modo stesso che il baco da seta genera la seta, cioè come estrinsecazione della sua natura; poi vendette per 5 sterline il suo prodotto e così divenne trafficante di merci. Ma il letterato proletario di Lipsia che produce libri (per esempio, compendi di economia politica) su comando del proprio editore si avvicina ad essere un lavoratore produttivo nella misura in cui la sua produzione è sottoposta al capitale e ha luogo al solo fine di valorizzarlo. […] Un insegnante che impartisce lezioni a scolari non è un lavoratore produttivo; ma se viene assunto come salariato, insieme ad altri, da un istituto trafficante in sapere, per valorizzare col proprio lavoro il denaro del suo proprietario, è un lavoratore produttivo [...]» (Karl Marx, Il Capitale: Libro I, capitolo VI inedito, a cura di Bruno Maffi, Etas, Milano 2002, p. 67).
Ciononostante, la produzione di plusvalore non è mai stata, né mai sarà, così diffusa e ampia da coincidere con la sfera della circolazione. Certo, il plusvalore prodotto dev'essere realizzato attraverso la compravendita della merce sul mercato e, in
questo senso, il processo di circolazione è essenziale per la riproduzione del capitale; ma non costituisce altro che tempo di devalorizzazione del valore già prodotto. Lo slogan «Blocchiamo tutto!», celebrato dal Comitato, corrisponde
all'idea che sarebbe possibile interrompere la produzione del plusvalore a partire da un punto qualsiasi sulla superficie della società. L'esempio che ci viene presentato, è quello del movimento francese contro la riforma delle pensioni del 2010, in
particolare in rapporto al settore delle raffinerie. Ci viene detto che queste ultime hanno potuto essere bloccate pressoché da chiunque, ciò che rappresenta palesemente un accecamento, se non una mistificazione pura e semplice: da un lato, infatti,
gli scioperi non furono affatto lanciati da «chiunque»; dall'altro, i blocchi fuori dei siti produttivi rimasero un sostegno esterno agli scioperi, e in nessun momento scomparve la frontiera tra il «dentro» e il«fuori». Ciò significa, semplicemente,
che il movimento non fu in grado di far esplodere le separazioni e le identità particolari. D'altra parte, questa narrazione ricolma di esagerazioni, e i riferimenti a certi settori particolari, caratterizzati da un'alta composizione organica del capitale
che non ha nulla di inspiegabile, servono al Comitato ad atteggiarsi a profeta del «blocco», nonché a fornire il proprio contributo al consensus post-moderno sulla sparizione della classe operaia – che è, lo sappiamo bene, il terreno sul quale
tutti, compreso il Comitato Invisibile, si riconciliano con Toni Negri e altri detestati commoners.
Totalità
Dal punto di vista strettamente filosofico, il Comitato Invisibile si vuole discepolo di Foucault, desiderante e flussista, e dunque – ci mancherebbe altro – anti-marxista, anti-dialettico e anti-hegeliano. Ciò malgrado, per sfuggire a Hegel non è sufficiente
volerlo. Quella che il Comitato Invisibile chiama «l'Epoca» (ovvero il periodo attuale), altro non è che la totalità espressiva hegeliana: non gerarchizzata, priva di centro, essa esprime in ciascuna delle sue parti lo stesso principio semplice (ciascuna
delle sue parti è pars totalis); il suo principio è una sorta di Spirito del Mondo privo di incarnazione (diversamente da quello di Hegel, con i suoi individui «cosmicostorici»: Alessandro il Grande, Giulio Cesare etc.) che la attraversa da
parte a parte, un po' come la politica presso gli antichi Greci o la religione nel Medio Evo. Eppure, né il Medio Evo poteva vivere di cattolicesimo, né Atene o Roma della politica; al contrario, le condizioni economiche del tempo spiegano perché là
il cattolicesimo e qui la politica, giocassero «il ruolo principale» (cfr. Karl Marx, Il Capitale, Einaudi, Torino 1975, Libro I, tomo 1, p. 99, nota 33).
Dal canto suo, il Comitato Invisibile non smette di affermare la centralità dell'etica e delle sue verità: sarebbe proprio l'etica (senza scherzi!) il fattore in grado di spiegare l'ascesa dell'islamismo nel mondo arabo, la capitalizzazione
politica delle primavere arabe da parte di questo stesso islamismo, così come i recenti misfatti dello Stato Islamico. Malgrado questo «carnevale permanente dell'interiorità feticizzata», il nostro Comitato non si scorda di ridiscendere sulla
terra e di farsi un poco più materialista, quando si tratta di rendere conto, un po' più esplicitamente, della geniale strategia da proporre per altre «insurrezioni» a venire.
Strategia
Finché «lo spettro della penuria» (p. 40) perseguiterà le sollevazioni della«plebe», lo Stato – ci dice il Comitato – sarà sempre in grado di riprendere il controllo della situazione. Che fare allora? Per i nostri autori, la risposta non è di ordine
sociale, ma tecnico, e perfino tecnocratico; essa non risiede in una rottura, in un (auto-)superamento, attraverso il quale la donna delle pulizie e il netturbino diventerebbero capaci di prendere in mano tutto ciò che oggi sfugge loro e li sovrasta
«dall'alto», ma nell'alleanza con i salariati «di lusso» che, invece, possiederebbero già le competenze richieste:
«Dobbiamo cercare di incontrare in tutti i settori, su tutti i territori che abitiamo, coloro che dispongono dei saperi tecnici strategici. [...] Questo processo di accumulazione di sapere, insieme alla creazione di complicità in tutti i campi, è la condizione per un ritorno serio e di massa della questione rivoluzionaria.» (ibid.)
Ciò che viene qui ignorata, è molto semplicemente la costrizione derivante dalla separazione radicale dai mezzi di produzione e di sussistenza – in una parola: il proletariato. Ancora cinquant'anni fa, per gli intellettuali gauchistes,
si trattava di radicarsi nella classe operaia. Oggi, la classe media non si rapporta ad altro che a se stessa, si crede autosufficiente: il laureato in scienze umane va incontro all'ingegnere. Ciò permette al Comitato di esimersi completamente
da un'analisi seria e dettagliata dei segmenti sociali attivi nelle rivolte e nelle sollevazioni (teniamo la parola «insurrezione» per altre e migliori occasioni) di cui si riempie la bocca, così come delle dinamiche socioeconomiche soggiacenti; il
Comitato non ne sa nulla e non ne vuole sapere, e ciò gli conviene perfettamente, poiché gli esiti (generalmente poco incoraggianti) di questi movimenti, si spiegano ben più per la posizione (sovente marginale) o la pratica (spesso debole)
degli operai che vi sono coinvolti, che per l'assenza dei quadri sapienti che il Comitato vorrebbe sedurre. Quest'ultimo non dimentica – è vero – di esprimere il proprio disprezzo verso la «piccola-borghesia» e la sua «indecisione storica» (p. 94).Ma
a chi si riferisce, in realtà? Ai contadini piccoli proprietari? Ai notai? La sorte della rivoluzione comunista dipenderebbe forse dall'orientamento politico dei farmacisti? A rigore, «piccola borghesia» equivale a «piccolo capitale», perfino piccolissimo,
dunque alla detenzione – per quanto irrisoria –di mezzi di produzione (o all'affitto di spazi commerciali), non fosse che per impiegarvi un paio di dipendenti o per auto-sfruttarsi. Che possa esistere una classe media moderna, salariata, specificamente capitalista,
fu affermato da Marx centocinquant'anni fa, da Pannekoek cento anni fa, da Bordiga cinquant'anni fa, ma ciò non sembra rientrare nelle preoccupazioni di quel grande organismo comunista che è il Comitato Invisibile.
L'impresa prediletta dal Comitato Invisibile è del resto la critica della questione stessa, che è un vecchio pallino della teoria comunista: «Non solo nelle risposte, ma già negli stessi problemi c'era una mistificazione» (Karl Marx -Friedrich Engels,
L'ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma 1993, p. 6).
Ma il Comitato Invisibile finisce con l'applicare tale procedura a tutto e al contrario di tutto, per evitare appunto che delle questioni, banalmente, si pongano. Infatti, come potrebbe mai essere individuata una qualsiasi questione nella centralità
della produzione del plusvalore, se tutte le frontiere tra produzione e circolazione del valore – come afferma il Comitato – si sono dissolte? Come osare riflettere sulla possibilità di un futuro conflitto militare di vasta portata fra le potenze imperialiste
(la vera via d'uscita dalla crisi dal punto di vista del capitale), se tutte le frontiere tra guerra e pace – come ancora ci dice il Comitato – è ormai caduca? E così via, cancellando ogni polarità – centro e periferia, potere politico e «infrastrutture»
materiali, strati sociali intermedi e proletariato – per poter infine esclamare: grande è il disordine sotto il cielo, la situazione è dunque eccellente! A questo disordine, va ad aggiungersi lo zibaldone del Comitato, che voleva mettere ordine
nella confusione («dell'Epoca», indubbiamente) e non trova di meglio che affermare l'indistinzione totale: panta rei, nel flusso tutto scorre.
Qualche lapsus
Detto questo, siamo chiari su un punto: Ai nostri amici non manca di passaggi pertinenti: ad esempio la critica dell'umanismo di sinistra (pp. 1415), dell'ideologia democratista/assemblearista (pp. 25-27), del pacifismo e delle pose radicali
(pp. 57-62). Ma tali frammenti critici hanno come obiettivo soltanto delle idee: restano per lo più sul registro della demistificazione edificante e confortevole, opponendo semplicemente il vero al falso – ciò che è del tutto logico, giacché se l'economia
come oggettività, i posti assegnati aisuoi agenti, la struttura differenziata del modo di produzione etc., non esistono (o non esistono più), ogni limite ed ogni impasse non possono che essere di ordine puramente soggettivo.
Di più, la critica del milieu radicale (ibid.) sarebbe alquanto azzeccata, se soltanto fosse stata formulata in maniera anche solo minimamente autocritica, non fosse che per il fatto che tutti i punti evocati – attivismo
gesticolatorio, culto della performance, fissazioni identitarie etc. – sono stati in passato alimentati ed intrattenuti, da vicino o da lontano, dallo stesso Comitato Invisibile, di cui sappiamo che la modestia non è la qualità principale.
Infine, come abbiamo visto, i passaggi che hanno risvegliato il nostro interesse si trovano sfortunatamente nascosti tra gli interstizi di una chiacchiera fluente e incontenibile, fatta di proposizioni, proclami, riflessioni, rimandi impliciti o espliciti,
citazioni etc. – tutte più o meno discutibili, elegate fra loro da un iper-eclettismo vorace poiché incapace di trovare tanto il proprio baricentro quanto quello del mondo che si sforza di criticare. Il Comitato Invisibile passa allegramente
dai «divenire rivoluzionari» di Deleuze (p. 99) alla «nausea» di Sartre (p. 13), da «l'inferno sono gli Altri» (ibid.) del medesimo alla «distruzione creatrice» di Schumpeter (p. 10), dalla «crisi della presenza» di Ernesto De Martino (p. 13)
alla «guerra santa» di René Daumal (p. 58), senza dimenticare Michel Foucault, Marshall Sahlins, Gregory Bateson, Giorgio Cesarano, il mistico anarchico Gustav Landauer accanto al buon vecchio stalinista Gramsci, e dio sa quanti altri, in maniera che
più o meno chiunque possa trovarvi il proprio tornaconto... a condizione di non scavare sotto la superficie. Avremo perfino diritto al «partito nella sua accezione storica» della lettera di Marx a Freiligrath, ma soltanto per farsi beffe di
Marx e dei «marxisti» (quali?) due righe più sotto. Tutto questo, d'altronde, si trova in un piccolo libretto di 200 pagine in formato A6, formalmente ben scritto, e nel quale la padronanza dello stile perentorio alla Debord è – ovviamente – irreprensibile.
I nostri autori, bisogna ben riconoscerlo, padroneggiano talmente bene la materia che potrebbero farsi assumere come ghost writers del signor Agamben. Ma attenzione, dei programmi per computer sono già in grado di fare altrettanto – e ciò la
dice lunga sul formalismo che marca questo tipo di testi.
In guisa di conclusione...
Prendete un romanziere contemporaneo mediamente talentuoso, chiedetegli di assumere una posa da autore maledetto e infliggetegli un corso d'aggiornamento di due ore sulle ultime tendenze in filosofia, antropologia e sociologia; mettetelo poi per due
giorni davanti a un computer – pistola puntata alla tempia – con il compito di scrivere un libro di critica sociale «pericolosa», ma che si venda bene nei beaux quartiers di Parigi: avrete Ai nostri amici. C'è chi apprezzerà: a ciascuno
la sua droga.
Ma per coloro che sono alla ricerca di una messa a punto critica sul periodo attuale o di una proiezione sul suo possibile esito rivoluzionario (non esattamente all'ordine del giorno), il consiglio non può che essere: cercate altrove. Nonostante
la mobilitazione di un'ampia strumentazione verbosa dalle pretese radicali, il Comitato Invisibile resta prigioniero non soltanto di una visione sfasata di ciò che fa girare questo mondo, ma anche – ciò che è ancor più rilevante – di una comprensione
dell'articolazione fra lotte immediate e rivoluzione basata sull'accumulazione di condizioni o di esperienze. Exit gli schemi classici e classisti del proletariato che si fa classe dominante, l'accumulazione di forze o di esperienze, l'(auto-)pedagogia
rivoluzionaria attraverso le «lezioni del passato» etc., inscritti nell'orizzonte del movimento operaio del XIX e XX secolo, si mutano – nel discorso del Comitato – in accumulazione di saperi e di saper-fare. Il problema di una tale estrapolazione è,
fra l'altro, di farsi nel vuoto, ad uso e consumo di un soggetto totalmente autoreferenziale: «noi, i rivoluzionari». Mentre gli esponenti più interessanti della teoria comunista hanno tentato, a partire dagli anni 1970, di emanciparsi definitivamente
dalle concezioni evoluzioniste e gradualiste ereditate dalla II eIII Internazionale (su questo punto, qualcuno dovrà prima o poi tradurre La révolution sera communiste ou ne sera pas del 1975, ora incluso nell'antologia Rupture dans la théorie de la révolution. Textes 1965-1975,
Sénonevero, Parigi 2003), queste stesse concezioni – ormai orfane delle loro incarnazioni tradizionali – sono riapparse in una forma nuova, diffusa e soprattutto aclassista: alternativismo, cittadinismo, altermondialismo, decrescita,
negrismo, «critica del valore», anti-industrialismo, primitivismo etc. Le differenze che distinguono fra loro queste correnti sono innegabili, l'aria di famiglia che le accomuna lo è altrettanto – malgrado le polemiche talvolta virulente. Beninteso,
il Comitato Invisibile si situa all'estrema sinistra di tutta questa nebulosa, ma per la stessa ragione non può abbandonarla, quantomeno non in virtù dei propri soli mezzi. A partire da qui, la questione è meno di sapere che cosa il Comitato
Invisibile o i suoi seguaci potranno fare dellarivoluzione comunista, che di sapere che cosa la rivoluzione comunista potràfare del Comitato Invisibile. Non molto, temiamo... ma gli auguriamo il trattamento più cordiale possibile.
Ai nostri amici e i suoi autori resteranno come un segno, un sintomo, della divaricazione storica in cui si dibatte «il nostro tempo», tra – da un lato – un proletariato che non appare più come portatore di un progetto positivo, riformista o
rivoluzionario, vis-à-vis il capitalismo (ma che, per la stessa ragione, si manifesta ancor più brutalmente quando lotta) e – dall'altro – questi stessi progetti riformisti o rivoluzionari, che possono blaterare finché vogliono di umanità,
di moltitudine, di popolo, di cittadino, di individuo, ma la cui sorte è nondimeno sospesa, da vicino o da lontano, al carattere che assumerà l'azione presente e futura del proletariato nella crisi del capitale.
In conclusione, resta da definire ciò che determina il successo, relativo ma effettivamente internazionale, dei libri del Comitato Invisibile. Lasciando da parte le «mode culturali» e l'esposizione mediatica portata dall'affaire-Tarnac (che
taluni fra gli accusati di Tarnac abbiano o meno partecipato alla stesura di L'insurrezione che viene, è assolutamente privo di importanza), è in effetti innegabile che le concezioni del Comitato, ed egualmente il suo stile, corrispondano piuttosto
bene al vissuto di un tipo particolare di militante contemporaneo, che concepisce il proprio impegno come fosse di natura esistenziale, dell'ordine dell'opposizione fra individuo e mondo, al di là di qualsiasi determinazione specifica:
capitale e lavoro salariato, classi, prosperità e crisi, etc. Ma – bisogna essere chiari su questo punto – dire questo, è affermare una volta di più l'inaggirabile persistenza della controrivoluzione. Ricordiamoci fino a che punto, negli anni
1950-'60, anche i compagni più «equipaggiati» e visionari (Il Programma Comunista, Socialisme ou Barbarie, l'Internazionale Situazionista, Classe Operaia) fossero tutti, in un modo o nell'altro, prigionieri della situazione
(«questione russa» e «Trenta Gloriosi», per riassumere). Il semplice avvicinarsi di una nuova fase, li ha fatti implodere. Un'eventuale ripresa rivoluzionaria, che per il momento si fa dolorosamente attendere – e che nessun gruppo, gruppuscolo, rivista
o altra aggregazione è o sarà in grado di suscitare – non potrà che mandare gambe all'aria tutta la panoplia teorico-ideologica odierna... e noi con essa, almeno in quanto critici della controrivoluzione all'interno di questa. Un pizzico
di principio di realtà (anche in senso freudiano) a questo riguardo è sempre salutare. A condizione che la contraddizione di classe si riveli non solo motrice di ciò che è (fatto che è per noi pacifico), ma anche portatrice di qualcosa d'altro (che
non sia l'esaurimento fisico dei suoi «supporti»: specie umana e ambiente), il solo vantaggio che possiamo avere rispetto ad altri, è di sapere ciò che ci fa parlare, di avere sempre sotto gli occhi la fonte da cui sgorgano tutti gli antagonismi, e
di intravvedere i possibili punti di rottura.
«La attuale generazione rassomiglia agli ebrei, che Mosè condusse attraverso il deserto. Non solamente deve conquistare un nuovo mondo: deve perire, per far posto agli uomini nati per un nuovo mondo.» (Karl Marx, Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850, Editori Riuniti, Roma 1992, p. 111; queste parole sono del 1852: niente a che vedere – non c'è bisogno di dirlo – con i campi di concentramento nazisti).
Enrico Grazzini è giornalista economico, autore di saggi di economia, già consulente strategico di impresa. Collabora e ha collaborato per molti anni a diverse testate, tra cui il Corriere della Sera, MicroMega, il Fatto Quotidiano, Social Europe, le newsletter del Financial Times sulle comunicazioni, il Mondo, Prima Comunicazione. Come consulente aziendale ha operato con primarie società internazionali e nazionali.
Ha pubblicato con Fazi Editore "Il fallimento della Moneta. Banche, Debito e Crisi. Perché bisogna emettere una Moneta Pubblica libera dal debito" (2023). Ha curato ed è co-autore dell'eBook edito da MicroMega: “Per una moneta fiscale gratuita. Come uscire dall'austerità senza spaccare l'euro" ” , 2015. Ha scritto "Manifesto per la Democrazia Economica", Castelvecchi Editore, 2014; “Il bene di tutti. L'economia della condivisione per uscire dalla crisi”, Editori Riuniti, 2011; e “L'economia della conoscenza oltre il capitalismo". Codice Edizione, 2008
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