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coniarerivolta

La Lega e la farsa dei Minibot

di coniare rivolta

Prima parte

buonianullaCapita a volte che un fatto insignificante si trovi nel posto giusto al momento giusto, e per questa semplice ragione assurga agli onori delle cronache, diventando questione importantissima. Diventando, quindi, altro. Quando questo capita, può essere interessante concentrare l’attenzione non tanto sul fatto in sé – che resta insignificante – quanto piuttosto sul particolare contesto che in quel fatto ha trovato un riflesso. Guardando attraverso il prisma dei Minibot – come vedremo, un fatto di per sé irrilevante – possiamo inquadrare la situazione politica italiana con molta più chiarezza di quella che ci restituiscono schiere di politologi armati di rumors e flussi elettorali.

Nulla è come appare in questa storia dei Minibot. Inizieremo quindi col chiarire i termini del discorso e gli aspetti tecnici del problema, innanzi tutto per rendere evidente l’insignificanza di questa ultima alzata d’ingegno della Lega di Salvini. Questo ci permetterà anche di concentrare l’attenzione su tutto ciò che ha iniziato a volteggiare intorno a questi curiosi ‘oggetti finanziari’, una fitta trama di interessi politici che ha generato un’impenetrabile maglia di equivoci, utili a tenere in vita un mito: l’idea che la Lega sia un partito di lotta lanciato in uno scontro all’ultimo sangue contro l’Unione Europea. Su questo mito si basa la gestione del potere in Italia oggi. Grazie ad esso, la Lega continua a macinare consensi tra gli sconfitti della globalizzazione, tra le masse di italiani precari, impoveriti, disoccupati, e in cerca di un riscatto da oltre venti anni di politiche neoliberiste, proprio mentre quelle politiche le pratica al Governo.

Cosa sono i Minibot? Questa storia nasce dalla constatazione di un dato di fatto: spesso e volentieri, le pubbliche amministrazioni pagano in ritardo i loro fornitori. Immaginiamo, ad esempio, un Ministero che acquista computer per i suoi uffici e li paga dopo sei mesi dall’acquisto. I motivi del ritardo possono essere i più disparati, dalla goffaggine burocratica ai vincoli di cassa legati alla gestione della liquidità.

Fatto sta che, in quei sei mesi, il fornitore di computer si ritrova obtorto collo tra le fila dei creditori dello Stato: al pari di quanto avviene per ogni altro cliente che chiede una dilazione di pagamento, il venditore di computer si ritrova, suo malgrado, a prestare quella somma allo Stato per il periodo di tempo in cui è costretto a subire il ritardo nel pagamento. Si stima che, con questi ritardi, lo Stato abbia accumulato ad oggi circa 65 miliardi di euro di debiti verso i propri fornitori.

Le principali misure adottate per alleviare il problema, e dunque per permettere al fornitore dello Stato di non soffrire troppo di questo ritardo nella riscossione, sono due. La prima è la ‘compensazione’, che consente ai fornitori di estinguere almeno parte dei loro crediti commerciali verso lo Stato per pagare le imposte, decurtando da quel credito la cifra che avrebbero dovuto versare all’erario. La seconda è la ‘cartolarizzazione’, che permette al fornitore di passare ad una banca il credito verso lo Stato: il fornitore può così liquidare il suo credito senza dover attendere i tempi della pubblica amministrazione, ma per farlo deve concedere alla banca un compenso, il che riduce per lui il valore di quel credito.

Lo scorso 28 maggio, la Commissione Finanze della Camera ha approvato una mozione che prevede una serie di misure ulteriori, tra le quali l’idea di pagare i debiti commerciali dello Stato tramite l’emissione di “titoli di Stato di piccolo taglio”: ecco entrare in scena i Minibot.

Il loro nomignolo richiama l’analogia con i Buoni Ordinari del Tesoro (BOT), i titoli pubblici italiani a breve termine (oggi sono emessi con scadenze di 6 e 12 mesi) che costituiscono una piccola parte (6%) dei titoli del debito pubblico in circolazione. Quando lo Stato si indebita, lo fa collocando sui mercati finanziari dei titoli obbligazionari caratterizzati da diverse scadenze, tra cui i BOT: chi sottoscrive quei titoli presta il proprio denaro allo Stato, e si aspetterà di vederselo restituito maggiorato da un tasso di interesse. Chi ha sottoscritto l’ultima emissione di BOT annuali, ad esempio, ha prestato il proprio denaro allo Stato per 12 mesi in cambio di un tasso di interesse dello 0,122%.

I Minibot sarebbero dunque pensati per pagare i debiti commerciali dello Stato, trasformandoli in veri e propri titoli del debito pubblico: anziché attendere mesi e mesi per ricevere il denaro pubblico dovuto, i fornitori si vedrebbero corrispondere immediatamente un equivalente ammontare di Minibot. Le caratteristiche principali dei Minibot sarebbero due: il piccolo taglio, da cui deriva l’appellativo ‘mini’, e la possibilità di impiegarli come ‘moneta fiscale’, cioè per il pagamento delle tasse. Il piccolo taglio è un elemento particolare, perché di norma i titoli del debito pubblico sono scambiati sui mercati finanziari a partire da un lotto minimo di 1000 euro per transazione. Prevedendo tagli minimi da 10 euro (o addirittura minori) – lasciano intendere gli ‘esperti’ della Lega – sarebbe eventualmente pensabile anche la diffusione di questi titoli per i pagamenti correnti. Il nostro venditore di computer potrebbe ad esempio farci la spesa al supermercato, pagarci il medico e saldarci i suoi debiti. Si suppone che il supermercato, il medico e i subfornitori accetterebbero i Minibot come pagamento alternativo alla moneta a corso legale (l’euro) in virtù della seconda proprietà di questi strumenti finanziari, ovvero la loro capacità di pagare i tributi allo Stato. Immaginando che chiunque abbia tasse da versare all’erario, si ipotizza che i Minibot sarebbero accettati come mezzo di pagamento di qualsiasi transazione e dunque circolerebbero come se fossero una vera e propria moneta. Non possono tuttavia mai essere considerati una moneta a tutti gli effetti: l’art. 1277 del Codice Civile impone l’obbligo di accettazione – il cosiddetto ‘corso forzoso’ – solo alle monete a corso legale, proprietà riservata dalle norme europee (art. 128 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e artt. 2, 10 e 11 del Regolamento EC/974/98) solo all’euro: l’unica moneta a corso forzoso ammessa in Italia è dunque l’euro. Qualsiasi altra attività può essere impiegata negli scambi solo su base volontaria; da qui l’esigenza di attribuire ai Minibot la particolare proprietà di pagare imposte allo Stato, una proprietà che dovrebbe favorirne, senza rendere la loro accettazione obbligatoria, una certa diffusione.

La magia dei Minibot. I sostenitori dei Minibot ritengono che questo strumento consentirebbe di rilanciare l’economia grazie ad una maggiore circolazione della liquidità, senza al tempo stesso violare la disciplina di bilancio che ci chiede l’Europa. Per rilanciare l’economia, infatti, servirebbe un aumento di spesa da parte dello Stato che appare precluso dai vincoli al bilancio pubblico imposti dalle istituzioni europee; in questo quadro, i Minibot permetterebbero – stando a quanto asserito dai propri sostenitori – di aggirare furbescamente quei vincoli, creando liquidità senza intaccare i parametri relativi a deficit e debito pubblico. Un piccolo miracolo, se fosse vero. L’argomento in difesa dei Minibot è il seguente: esiste già un debito commerciale dello Stato verso i fornitori, e dunque la trasformazione di quel debito in titoli di Stato di piccolo taglio ne muterebbe la forma ma non la sostanza. In altre parole, i debiti commerciali dello Stato sarebbero già parte integrante del debito pubblico, e dunque l’introduzione dei Minibot non inciderebbe sull’ammontare del debito, ma si limiterebbe a trasformare attività illiquide (quali sono i crediti commerciali) in attività liquide, e dunque spendibili per consumi e investimenti; da qui lo stimolo all’economia senza violare le regole di Bruxelles. Parlando dei Minibot, Stefano Fassina ha recentemente dichiarato: “Certo che sono debito, ma è un debito che è stato già fatto, non è un ulteriore debito”. Da ciò deriverebbe in ultima istanza la magia dei Minibot, misteriosi strumenti finanziari apparentemente capaci di rilanciare l’economia senza offendere la Commissione Europea, una vera panacea per chi è alla disperata ricerca della compatibilità politica con l’Europa ma vorrebbe ripagare almeno in parte la fiducia dei suoi elettori, che gli hanno affidato il compito di chiudere la stagione dell’austerità.

Purtroppo, però, le cose non stanno così. Per capirlo dobbiamo addentrarci nei meandri della contabilità pubblica, ossia di quell’insieme di regole e convenzioni che prelude alla misurazione di grandezze economiche. In particolare, tra i documenti di contabilità pubblica dobbiamo andare alla ricerca dei debiti commerciali partendo dalla misura che più ci interessa: il debito pubblico misurato secondo i criteri di Maastricht (oltre 400 pagine di metodologia, per avere l’idea della complessità contabile del problema). Questa è, infatti, la definizione di debito pubblico rilevante per l’applicazione della disciplina fiscale nell’Unione Europea. I vincoli europei, in altre parole, limitano il ricorso al debito nella sua definizione contabile elaborata dall’Eurostat, il braccio statistico della Commissione Europea, ed è dunque a quel particolare aggregato che dobbiamo guardare per capire se i crediti commerciali siano inclusi o meno nel computo del debito pubblico. La Banca d’Italia misura il cosiddetto ‘debito di Maastricht’ nel documento “Finanza pubblica: fabbisogno e debito”, alla tavola 4: l’ultimo dato disponibile (marzo 2019) individua un debito pubblico pari a 2.356 miliardi di euro composto principalmente (85%) da titoli di Stato a breve e lungo termine (BOT, BTP e altri), poi da altre voci contabili (monete e depositi, prestiti finanziari) ed infine, per un modesto 2%, da “Altre passività”. Dentro a questa voce residuale vi sono circa 10 miliardi di euro che contengono – come spiega la nota metodologica del documento – anche “operazioni di cartolarizzazione (per la parte considerata come prestito secondo le regole statistiche europee) [e] cessioni pro soluto a favore di intermediari finanziari non bancari (in attuazione della decisione dell’Eurostat del 31 luglio 2012).” Che c’entra questo con il debito commerciale? Cartolarizzazioni e cessioni pro-soluto sono due metodi che un fornitore dello Stato, per fare un esempio, può adottare per trasferire il suo credito commerciale ad una banca o altro intermediario finanziario ed ottenere immediatamente liquidità. Il debito commerciale di una amministrazione pubblica è definito in termini contabili come uno sfasamento tra la competenza economica e la cassa: il Ministero impegna denaro per acquistare dei computer (competenza), ma verserà di fatto (tramite la cassa) quel denaro solo sei mesi dopo. Questo mero ritardo si trasforma in debito di Maastricht se e solo se viene formalizzato, cristallizzato in un contratto debitorio, cosa che avviene quando il fornitore – stufo di attendere la pubblica amministrazione – decide di cedere il suo credito ad un’istituzione finanziaria per ottenere della liquidità. In quel preciso momento, un semplice sfasamento cassa-competenza assume le vesti formali di una somma prestata dalla banca, subentrata al fornitore come creditore dello Stato. Quello che la documentazione contabile europea ci dice, dunque, è che i debiti commerciali in sé non entrano a far parte del debito pubblico conteggiato ai fini di Maastricht, a meno che quei debiti non vengano trasferiti formalmente ad una banca. La decisione dell’Eurostat del 31 luglio 2012 precisa che “quando un fornitore di beni e servizi che detenga un credito verso lo Stato registrato come un credito commerciale trasferisce totalmente irrevocabilmente quel credito ad un’istituzione finanziaria (…), la passività dello Stato originariamente registrata come credito commerciale deve essere riclassificata come prestitoparte integrante del debito di Maastricht”.

Dunque, per concludere questa noiosa ma necessaria digressione contabile, i debiti commerciali dello Stato non sono attualmente parte del debito pubblico rilevante per l’applicazione dei vincoli europei, se non per la parte cartolarizzata e quindi tradotta in prestiti bancari. Ne discende che un’eventuale trasformazione dei debiti commerciali non cartolarizzati in Minibot creerebbe – ai fini del calcolo necessario per verificare l’aderenza ai vincoli imposti dalle istituzioni europee – un equivalente ammontare di nuovo debito pubblico. Di quali cifre stiamo parlando? Nei conti finanziari della Banca d’Italia è possibile rintracciare i debiti commerciali del settore pubblico, che ammontano a circa 43 miliardi di euro. Ciò significa che, ad oggi, gravano sul debito pubblico solo 10 miliardi di euro di debiti commerciali (ossia quelli cartolarizzati o ceduti alle banche), mentre 43 miliardi di euro di ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione restano fuori dal perimetro di computo del debito pubblico. È la Banca d’Italia a confermare questo calcolo individuando, nell’ultima relazione annuale, “circa 53 miliardi” di debiti commerciali complessivi di cui, “secondo le statistiche europee, una parte (circa 10 miliardi) è già inclusa nel debito pubblico.” (p. 145).

Tirando le fila del discorso, dunque, è inutile discutere ulteriormente nel merito della proposta dei Minibot. È inutile, insomma, chiederci se davvero quei titoli di Stato di piccolo taglio circolerebbero effettivamente nell’economia, stimolando la domanda di beni e servizi, cosa peraltro affatto scontata. Una loro introduzione creerebbe più di 40 miliardi di euro di nuovo debito pubblico, fuori dalla disciplina di bilancio imposta dalle istituzioni europee. Nessun trucco contabile può spezzare le catene che paralizzano le economie europee; nessun espediente tecnico può risolvere un problema politico. Se si tratta di uscire dalle regole di bilancio definite dalla Commissione Europea, tanto vale sforare i vincoli per la via maestra, creando nuovo debito e dunque raccogliendo moneta sui mercati finanziari, liquidità libera di stimolare l’economia senza incontrare tutte le frizioni che il nuovo e astruso oggetto dei Minibot necessariamente produrrebbe. Il problema è che questa conclusione, che ci sembra perfettamente logica, si scontra con il contesto politico che tanto risalto ha dato al tema dei Minibot, un contesto caratterizzato dalla continua ricerca della compatibilità con i vincoli europei. Nessun partito che siede in Parlamento, oggi, osa mettere seriamente in discussione quei vincoli; nessuno vuole quindi ammettere che le politiche espansive necessarie a superare questa crisi richiedono la rottura della gabbia europea. La Lega, lungi dall’essere impegnata in un braccio di ferro con l’Europa e i suoi vincoli, sta disperatamente cercando di restare al governo senza offendere la sensibilità di Bruxelles. A questo servono i Minibot: a sognare un rilancio dell’economia sotto lo sguardo mansueto dei guardiani dei conti pubblici della Commissione Europea, contribuendo al contempo a rendere ancora più stretta la corda con cui la disciplina fiscale europea ci soffoca. Un sogno, se così si può definirlo, destinato a rimanere tale.

Ma la storia dei Minibot, come vedremo, non finisce qui. Si è creato infatti, intorno ad essi, un vero e proprio mito: l’idea che questi bizzarri artifici contabili pongano le basi per un’uscita dell’Italia dall’euro. Un mito molto utile all’attuale Governo perché, proprio nella fase in cui Salvini è costretto a inasprire le misure di austerità imposte dell’Unione Europea in aperta contraddizione con il mandato di 9 milioni di elettori, alimenta l’immagine di una Lega intenta a sradicare alla radice il male dell’austerità. Ne discuteremo nella seconda parte di questo pezzo.

* * * 

Seconda parte

Abbiamo spiegato, nella prima parte di questo contributo, che l’introduzione di Minibot proposta dalla Lega non sortirebbe gli effetti esplicitamente millantati dai suoi promotori. Presentato come escamotage per sfuggire alle regole di finanza pubblica imposte da Bruxelles, l’eventuale pagamento dei debiti commerciali della pubblica amministrazione a mezzo di titoli di Stato di piccolo taglio porterebbe ad un aumento del debito pubblico. Per questa semplice ragione contabile solleverebbe quindi i medesimi problemi politici che qualsiasi manovra fiscale espansiva incontra all’interno degli stringenti vincoli europei. Se la Lega volesse davvero dare uno stimolo all’economia non si preoccuperebbe di ingegnarsi con queste trovate, ma piuttosto si impegnerebbe in vere politiche fiscali espansive in barba ai trattati europei.

Eppure, intorno ai Minibot sembra muoversi molto di più di un dibattito sui ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione. In queste ore l’opposizione liberista al Governo prova a convincerci del fatto che quando parliamo di Minibot stiamo, in verità, parlando nientemeno che dell’uscita dell’Italia dall’euro! Quello che sembrava un noioso dibattito sulla contabilità dei debiti commerciali nasconderebbe dunque il ‘cigno nero’, la temutissima ipotesi di abbandono della moneta unica. Una tesi audace vuole che l’obiettivo del rilancio dell’economia tramite strumenti innovativi di compensazione dei crediti commerciali sia solo uno specchietto per le allodole, e che il vero obiettivo dei Minibot sia porre le basi per la diffusione di una moneta parallela all’euro come preludio all’uscita. Sarà vero? In quanto segue proveremo a rispondere a questa domanda sotto due punti di vista. Prima cercheremo di capire se effettivamente, cioè dal punto di vista tecnico, i Minibot creano le condizioni per l’uscita dall’euro. Poi, dopo aver chiarito che questa arma segreta dei leghisti sarebbe meno efficace di un’ampolla dell’acqua del sacro Po gettata contro i palazzi di Francoforte, ne indagheremo la dimensione politica, l’aspetto più interessante di tutta la questione.

Ma facciamo un passo indietro. La storia del Piano B, cioè dell’opportunità di predisporre le misure tecniche necessarie al disimpegno dall’euro nasce in tutt’altro contesto, sotto la furia della tempesta finanziaria che colpì la Grecia nel 2015, quando il popolo greco elesse una coalizione di sinistra radicale – Syriza – per fermare la rigida applicazione dell’austerità che stava letteralmente distruggendo il Paese. Poco prima delle elezioni politiche, i vertici di Syriza incaricano il loro economista di riferimento, Yanis Varoufakis, di preparare un piano emergenziale per meglio resistere alle pressioni che la Banca Centrale Europea (BCE) e i mercati avrebbero prevedibilmente esercitato sul nascente governo di sinistra. Come riporta il quotidiano greco Kathimerini, il leader Alexīs Tsipras avrebbe chiesto a Varoufakis “di predisporre un sistema di pagamento operante in euro, ma che avrebbe potuto essere modificato nel giro di una notte per operare in dracma”, la moneta greca in circolazione prima dell’euro. Il timore che muoveva Tsipras era ben fondato, ma per capirlo dobbiamo prima spiegare cosa sia un sistema di pagamento.

L’ordinario funzionamento della nostra economia richiede la continua, rapida e sicura circolazione di quantità gigantesche di denaro, e il denaro – come le persone o le automobili – ha bisogno di strade e infrastrutture per spostarsi agevolmente da un luogo ad un altro. La circolazione del denaro contante, monete e banconote, riveste oggi un ruolo marginale, mentre i maggiori flussi di denaro che scorrono nelle vene dell’economia sono costituiti dalla cosiddetta moneta elettronica: bancomat, carte di credito, bonifici, giroconti, home banking. Le loro strade e infrastrutture sono quindi reti informatiche complesse. Se alziamo lo sguardo dai nostri affari quotidiani e guardiamo a questi flussi dall’alto, ci rendiamo conto che il processo complessivo è mastodontico: centinaia di migliaia di bonifici e operazioni finanziarie si accumulano nei registri elettronici delle banche che, ogni giorno, si scambiano milioni di euro. L’infrastruttura tecnica che rende questa circolazione possibile e ordinata è il sistema di pagamento, una rete interbancaria che ha il suo cuore nell’autorità monetaria – la banca centrale. Il sistema di pagamento su cui poggia la nostra economia è oggi quello comune all’area dell’euro: il sistema Target 2 cogestito da Banca d’Italia, Bundesbank e Banque de France. Ogni singola banca si poggia a questa infrastruttura per tutte le transazioni con il resto del sistema finanziario che superano un certo importo, sotto la supervisione della Banca Centrale. Ogni giorno Target 2 regola in Europa 350.000 pagamenti corrispondenti a circa 1.700 miliardi di euro, ed ogni pagamento, in media, sposta poco meno di 5 milioni di euro in meno di 5 minuti. In Italia sono regolati 34.000 pagamenti al giorno, pari a 68 miliardi di euro che si spostano quotidianamente nel sistema finanziario nazionale per importi medi di 2 milioni di euro a transazione. Questi numeri possono aiutarci a chiarire l’elevata complessità del processo di circolazione della moneta in un’economia avanzata, una complessità che ha indotto alla prudenza la sinistra radicale greca nel momento in cui si affacciava alle stanze del potere. Come reagire se il sistema bancario e le autorità monetarie voltano le spalle ad un governo in carica, bloccando i meccanismi di creazione e trasferimento della liquidità che regolano ogni giorno l’economia? Questo l’interrogativo, pienamente legittimo, che sembra aver mosso Tsipras e compagni nella fase di ideazione di un Piano B.

Quando Tsipras e Varoufakis sono passati dalle parole ai fatti, la questione è rapidamente sfuggita di mano. È lo stesso Varoufakis a raccontare, sempre secondo il giornale greco Kathimerini, di aver avuto fin da subito le mani legate. Il progetto era talmente segreto da dover restare chiuso in una cerchia ristrettissima di persone. L’eccentrico economista greco decide perciò di coinvolgere un suo amico di infanzia con spiccate doti informatiche, oggi docente di Information Technologies alla Columbia University, per hackerare il sistema informatico dell’Agenzia Fiscale e ottenere il controllo della piattaforma. L’idea è di utilizzare quella semplice ma funzionale infrastruttura elettronica per trasferire il denaro tra i greci in caso di emergenza, come ammette chiaramente Varoufakis: “Immagina i primi momenti in cui le banche vengono chiuse, i Bancomat smettono di funzionare e c’è bisogno di un sistema parallelo di pagamento per tenere in piedi l’economia for a little while (cioè per un pochino di tempo), per dare alla gente la sensazione che lo Stato controlla la situazione e non ci sia panico. […] Questo avrebbe creato un sistema bancario parallelo mentre le banche sono chiuse a causa di un’aggressione della BCE finalizzata a soffocarci”. Quando Varoufakis diventa Ministro dell’Economia, il suo amico copia il software dell’Agenzia delle Entrate sul suo laptop per hackerarlo ed eventualmente far partire in caso di emergenza “il sistema bancario parallelo”. Come ci racconta Varoufakis, non nuovo ad avventure informatiche: “Eravamo pronti a ricevere il via libera dal Primo Ministro quando le banche sarebbero state chiuse in modo da irrompere nel Segretariato Generale delle Entrate Pubbliche …, collegare il laptop e far partire il sistema.” Un film, ma la situazione inizia ad assomigliare, più che all’epica della ‘La casa di carta’, a quella scena de ‘La banda degli onesti’ in cui Totò e Peppino sono impegnati a fabbricare casarecce banconote false che nessuno dei falsari avrà poi il coraggio di spendere. Nessuna persona ragionevole, infatti, può pensare di gestire artigianalmente una infrastruttura informatica complessa e pesante come un sistema di pagamento di una nazione. Neppure Varoufakis, che confessa: “Il progetto era più o meno completo: avevamo un Piano B, ma il problema era passare dalle cinque persone che l’avevano ideato alle mille necessarie ad implementarlo, questione per la quale avrei dovuto ricevere un’autorizzazione che non è mai arrivata”. Riavvolgiamo il nastro di questa storia per chiarire i termini della questione: al di là del tentativo rapidamente fallito, i vertici di Syriza avevano in mente una situazione di emergenza legata alla chiusura del sistema di pagamento da parte di un’autorità monetaria ostile, nella piena consapevolezza che questo Piano B sarebbe stato niente di più di una misura tampone, capace di reggere “for a little while”. Questo per dire che, nonostante la dimensione comica che la vicenda assume nel racconto dello stesso Varoufakis, il tema del Piano B aveva comunque una ragion d’essere tutt’altro che ridicola. Un governo senza sovranità monetaria può infatti essere ricattato dalla banca centrale, visto che quest’ultima tiene le redini del sistema di pagamento necessario all’ordinato funzionamento di un’economia sviluppata.

Ridicola è invece la trasposizione italiana di questa pellicola che ci viene offerta dall’economista della Lega, Claudio Borghi, con la teoria dei Minibot. Ignorando del tutto la natura del problema, cioè il fatto che qualsiasi ritorsione dell’autorità monetaria passerebbe immediatamente per l’architettura informatica del sistema di pagamento, i leghisti sembrano convinti di poter garantire l’ordinario funzionamento dell’economia, in caso di comportamenti ostili della BCE, attraverso la circolazione di biglietti cartacei con stampate le facce della Fallaci e di D’Annunzio: i Minibot, per l’appunto. Spiega Borghi in un video del 2017: “Nel momento stesso in cui decido di non adoperare più l’euro, o anche soltanto di entrare in una discussione dura per trovare le modalità di smantellamento, e costoro pensassero di attuare delle tattiche ‘alla greca’ per cercare di forzarci la mano e quindi chiudere le banche lasciando la gente senza contanti, senza bancomat: non potrebbe più succedere che la gente si trovi con la paura di non avere il contante perché altrimenti Francoforte non ti fa più vedere l’euro, perché avrebbe già i Minibot in normale circolazione, e quelli non potrebbero essere contingentati da nessuno. E quindi noi avremmo la possibilità di avere questa arma di prosecuzione tranquilla della circolazione del contante, senza dover sottostare agli ordini di qualcuno. Nel momento stesso in cui si decide di uscire, il Minibot diventerà già il contante della nuova moneta, e tutto sarebbe molto più semplice.” Gestire ogni giorno 34.000 pagamenti da 2 milioni di euro ciascuno per masse da 68 miliardi di euro con banconote cartacee non sembra la migliore delle idee. Borghi è convinto che il problema sia garantire la circolazione dei contanti: non sa, forse, che oggi il circolante rappresenta meno del 6% del PIL mentre l’aggregato monetario (in gergo tecnico, M2) che include anche i depositi bancari, i libretti postali e tante altre forme di moneta elettronica che per circolare ha bisogno di una rete interbancaria, supera il 90% del PIL. Inventare nuove banconote parallele all’euro può dare forse l’illusione ottica che si stia sfuggendo dalla morsa dei vincoli europei, ma non risolverebbe assolutamente il problema che si ponevano Tsipras e Varoufakis, e che Salvini e Borghi – molto probabilmente – non hanno mai seriamente preso in considerazione. Stendiamo dunque un velo pietoso sull’aspetto tecnico della questione – sulla effettiva praticabilità di un’uscita dall’euro indotta a partire dall’introduzione dei Minibot – e proviamo a concentrarci sul punto politico, che è forse il lato più interessante di tutta questa vicenda.

La strampalata tesi per cui i Minibot siano un primo passo fuori dall’euro, oggi agitata dall’opposizione liberista a questo governo, dal PD alle agenzie di rating, nasce in seno alla Lega, e viene candidamente illustrata da Borghi nel video già menzionato, dove i Minibot sono presentati come “un espediente per uscire in modo ordinato e tutelato” dall’euro. Il ragionamento di Borghi è il seguente: “Se uno si deve preparare all’uscita, non può pensare di prepararsi all’uscita fuori dalle regole. Devi prepararti dentro alle regole europee, e dopo salutare. Perché sennò altrimenti chiudi tutto e automaticamente fai le tue cose. Invece bisogna pensare a qualcosa che sia in regola e che possa funzionare prima, che mi renda più semplice l’uscita.” Il discorso non ha alcun senso logico, ma proprio per questo rivela chiaramente il senso politico dell’operazione Minibot architettata dalla Lega. Borghi sta dicendo che per uscire dall’euro, cioè prima di uscire dall’euro, devi introdurre una moneta parallela che, al momento giusto, diventa la valuta ufficiale del Paese in barba ai burocrati di Bruxelles. L’economista della Lega pone l’enfasi sulla necessità che questa moneta parallela sia accettata dall’Europa. Qui sta il non senso: se si riuscisse ad introdurre una moneta parallela “che sia in regola”, cioè accettata dall’Unione Europea, si avrebbe tutto il necessario per realizzare quelle politiche fiscali espansive che i vincoli fiscali e monetari imposti dall’Europa impediscono oggi anche solo di immaginare, e dunque non ci sarebbe più quell’immediato bisogno di uscire. Fosse possibile finanziare spesa sociale, sanità, istruzione, pensioni e perseguire la piena occupazione “dentro alle regole europee”, non vi sarebbe più l’urgente bisogno di rompere la gabbia, semplicemente perché quella è una gabbia nella misura in cui ti impedisce di usare la leva monetaria (ossia la possibilità di finanziare spese pubbliche stampando moneta) per creare nuova occupazione e tutelare i lavoratori già occupati. Un abisso separa i termini del discorso illustrati da Varoufakis dalla dimensione farsesca del progetto leghista: per i vertici di Syriza il problema era tenere botta davanti ad un’azione ostile dell’autorità monetaria, e non certo realizzare una sorta di ‘uscita dall’euro all’interno dell’euro’, come invece confessa senza vergogna Borghi. Il Piano B deve servire a gestire l’emergenza che si presenta al momento della rottura con la BCE e le altre istituzioni europee, ma non appena la rottura si sia consumata l’unica opzione possibile per gestire la circolazione monetaria di un Paese è prendere possesso del sistema di pagamento ufficiale, ovvero dell’infrastruttura gestita dalla banca centrale. Questo è il cuore del problema politico che la barzelletta dei Minibot ci aiuta a far emergere: il tema del potere.

Se una forza politica ha intenzione di incidere sulla realtà, e dunque si pone tra i suoi obiettivi il governo dell’economia, avrà bisogno di tutte le strutture di potere necessarie a gestire questa complessità, a partire dalla banca centrale. A modo suo, Varoufakis alludeva a questo quando parlava della necessità di passare dalle cinque persone che avevano sognato il romanzesco Piano B alle mille occorrenti a realizzarlo. Rompere con l’Europa significa riprendersi l’autorità monetaria e usarla per creare lavoro e difendere lo Stato sociale. Significa mettere le mani sulla Banca d’Italia, cioè pretendere che operi al servizio del governo e non agli ordini delle istituzioni europee. E Borghi in effetti è sincero: nel video dice chiaramente che lo stratagemma dei Minibot è un’alternativa alla rottura, cioè – per usare le sue parole – al “chiudi tutto e automaticamente fai le tue cose”. La favoletta dei Minibot è la plastica rappresentazione della mancanza di volontà politica da parte della Lega di mettere in pratica qualsiasi ipotesi di rottura con l’Europa, e della spasmodica ricerca da parte dell’aitante Salvini della massima compatibilità con le regole europee. Perciò, se proprio si deve dare l’impressione di star implementando qualche operazione di rottura, meglio utilizzare, fra tutti, l’espediente più innocuo.

La Lega di Governo si culla dunque in questo equivoco: non ha nessuna volontà di rottura con l’Europa dell’austerità, per la quale lavora alacremente da ormai un anno, ma continua a solleticare a fini strumentali e in maniera truffaldina il mito di una rottura a cui non ha mai creduto. Una mera suggestione buttata lì per alimentare l’idea che la Lega rappresenti un’alternativa al sistema di precarietà, povertà e disoccupazione che impone l’Europa, suggestione tanto più utile quando la Lega è impegnata in prima fila ad amministrare l’austerità per conto di Bruxelles, a suon di tagli alla spesa sociale e aumento delle tasse. Più l’opposizione sbraita contro un’ipotesi di uscita dall’euro che sarebbe implicita nel varo dei Minibot o in qualsiasi altra sparata dell’attuale governo, più si rafforza quel legame sentimentale tra la Lega e gli elettori, che a quel partito hanno affidato il loro senso di rivalsa contro l’Europa. Un senso di rivalsa pienamente legittimo, una sacrosanta rabbia sociale da cui deve ripartire qualsiasi credibile opzione politica di riscatto dei lavoratori.

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nicoletta forcheri
Monday, 26 August 2019 01:03
Si può sapere chi è l'autore di questo articolo ?
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Franco Trondoli
Thursday, 13 June 2019 14:49
La storica sconfitta della "sinistra" dei XX e inizio XXI secoli, e' quella di non voler assolutamente capire che le cosiddette contraddizioni della "civiltà del capitalismo" non portano allo sviluppo "dialettico" di oggettive forze sociali orientate verso il "socialismo". Anzi. La realtà dimostra che in un periodo come il contemporaneo, dove il capitalismo è diventato un sistema mondo, la crisi degli "antichi" capitalismi coloniali e imperiali, non porta alla formazione di blocchi sociali con visione alternativa. E non e' un deficit di proposta politica in se'. Non a caso la socialdemocrazia occidentale, Usa compresi, ha vinto quando c'era profitto da ridistribuire, anche se le classi lavoratrici hanno lottato. Da almeno 40 anni non funziona piu' cosi. La sinistra ha solo la possibilità di elaborare delle culture critiche alternative alla visione del mondo e alle pratiche del capitalismo. Che chiaramente diventa sembre più difficile da capire e descrivere perché ormai non e' solamente un sistema economico , forse non lo e' mai stato, ma un "sistema completo di gestione sociale". Come tale "fabbrica e produce" fin dalla nascita "macchine umane" a lui funzionali e consensuali. Per cui, in estrema sintesi, la cultura del movimento operario degli ultimi 150 anni non serve piu'. La "presa di coscienza", se mai ci sara', non avviene oggettivamente "dentro" i rapporti sociali che scaturiscono dal rapporto capitale/lavoro. Ormai mi sembra del tutto evidente. Cordiali Saluti.
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Antonio
Thursday, 13 June 2019 10:29
Ni... Alcune argomentazioni di Coniarerivolta sono ragionevoli e tecnicamente corrette. Ma l'affermazione che la parte di debito ancora non cartolarizzata dai creditori aumenterebbe il debito pubblico è formalmente corretta in base alle regole (truffaldine?) di contabilizzazione decise arbitrariamente dall'UE, ma non in base a logica ed effettualità, avendo la stessa funzione dei cert.di cred. fiscale. Certamente comunque i contanti non hanno nessun ruolo nel gigantesco traffico finanziario regolato dal target2, ma si parla dell'Italia, non della piccola Grecia. Bloccare i flussi finanziari italiani è impossibile senza un collasso dell'economia europea e quindi mondiale.
Quindi? Evidentemente sono segnali tra due forze che vogliono spostare paletti, ma non hanno alcuna intenzione di arrivare a scontri frontali.
E qui è la debolezza delle critiche al governo gialloverde. Lasciamo da parte la ridicola opposizione di PD e frattaglie varie sul fatto che si osa violare le sacre leggi, ma anche quella della sinistra radicale si limita a dire che il governo è di destra e quindi è sicuramente dalla parte dei padroni e non dei lavoratori e che i provvedimenti che prende sono una simulazione per lo stesso motivo... A una critica si oppone un'alternativa, che però non può essere la rivoluzione comunista, come sembra di capire dalle argomentazioni di coniarerivolta, altrimenti siamo fuori ed evidentemente si ha interesse a rivolgersi soltanto ai propri infinitesimali circoli autoreferenziali.
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gaetano
Wednesday, 12 June 2019 17:45
Non capisco.
Non capisco tutti gli interventi che spiegano che la Lega è un partito liberista opportunista.
Non capisco tutti gli interventi che scoprono che i minibot non causeranno la rivoluzione socialista e tutto il potere ai soviet.
Molti dimenticano che questo non il comitato centrale di un partito comunista con 13 milioni di militanti pronto a prendere il potere.
Molti dimenticano che i comunisti sono una specie tutelata dal wwf con il bollino rosso.
Molti dimenticano che i comunisti che non soggiacciono all'ideologia liberista liberale fucsia-arcobaleno rosa transgender sono al massimo il 5% della specie semiestinta di cui al punto precedente.
Molti dimenticano che qui bisogna ripartire anche solo dalle rivendicazioni patriottiche risorgimentali.
Già solo la difesa della Costituzione repubblicana appare un obiettivo ultrarivoluzionario.
In questa realtà le chiacchiere non spostano un solo soggetto del mondo circostante. cerchiamo di essere più umili, distinguere la tattica e gli obiettivi intermedi dalla strategia e dalla visione complessiva.
In fondo sappiamo tutti benissimo che Salvini non è la reincarnazione di Che Guevara e Borghi non è l'erede di marx.
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Filippo
Wednesday, 12 June 2019 13:02
L'accettazione volontaria del Mini Bot non si configura come un'operazione di cartolarizzazione o di cessione pro-soluto di un credito, non interviene un terzo a cui viene trasferito il credito esistente.

Per cui il presupposto su cui si basa l’argomentazione che i Mini Bot sono nuovo debito, ovvero “quando un fornitore di beni e servizi che detenga un credito verso lo Stato registrato come un credito commerciale trasferisce totalmente e irrevocabilmente quel credito ad un’istituzione finanziaria (…), la passività dello Stato originariamente registrata come credito commerciale deve essere riclassificata come prestito, parte integrante del debito di Maastricht”, a mio avviso non è corretto.

I debiti commerciali della PA non sono contabilizzati nel debito pubblico: corretto.
I Mini Bot sono nuovo debito: non corretto.

In definitiva, sulla questione Mini Bot sono arrivato fin qui:

1) I Mini Bot sono tecnicamente dei CREDITI FISCALI, lo Stato propone di scambiare su base volontaria i crediti delle aziende e famiglie con altri crediti di natura fiscale, che consentiranno loro di onorare un loro debito futuro nei confronti dello Stato, ovvero pagare le tasse;
2) I Mini Bot NON sono moneta "fuori legge" in quanto NON è prevista l'obbligatorietà di accettazione, ma sono accettati su base volontaria;
3) La questione "sono nuovo debito" è risolta dal REGOLAMENTO (UE) N. 549/2013 relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea, dove a pag. 141 leggiamo:
"Se è previsto il pagamento (leggi conversione in euro) al beneficiario dell’eccedenza dello sgravio fiscale rispetto al debito, si è in presenza di un sistema di pagamento di crediti di imposta. In tale sistema possono essere effettuati pagamenti a favore sia di non contribuenti sia di contribuenti. In tale sistema l’intero importo dei crediti di imposta è registrato come spesa delle amministrazioni pubbliche (e quindi aumenta il debito) e non come riduzione delle entrate fiscali.

Per contro, alcuni sistemi di crediti di imposta non prevedono pagamenti (leggi non prevedono la convertibilità in euro) e i crediti di imposta sono limitati all’entità del debito di imposta. In tali sistemi tutti i crediti di imposta sono inglobati nel sistema fiscale e sono portati in riduzione delle entrate fiscali delle amministrazioni pubbliche."
Per cui essendo i Mini Bot NON convertibili, al massimo potranno generare in futuro una riduzione delle entrate fiscali.

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32013R0549&from=EN
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Mario M
Wednesday, 12 June 2019 09:09
Forse è stato scelto un termine equivoco. I BOT a scadenza vengono ripagati, mentre i minibot emessi per pagare le tasse scompaiono quando assolvono alla funzione per cui sono stati concepiti. Quindi la seguente affermazione dell'articolo non mi sembra corretta.

"tanto vale sforare i vincoli per la via maestra, creando nuovo debito e dunque raccogliendo moneta sui mercati finanziari, liquidità libera di stimolare l’economia senza incontrare tutte le frizioni che il nuovo e astruso oggetto dei Minibot necessariamente produrrebbe."

Certificati di Credito Fiscale mi sembra fosse il termine che era stato in precedenza utilizzato, a cui erano favorevoli Luciano Gallino e altri economisti.

Luca Fantacci e Massimo Amato propongono anche delle monete parallele, o dei circuiti finanziari di compensazioni debiti-crediti, come il Sardex, dove l'Euro funzionerebbe da moneta di riferimento, di conto.
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maurizio
Wednesday, 12 June 2019 01:51
Dotte chiacchiere opportuniste le vostre, in merito ai minibot
-lega e m5s, in varie sfumature, danno ad intendere che con i mini bot, quindi aumentando il circolante, si facilita la ripresa economica.
voi non vi sognate nemmeno di sfatare questa teoria bislacca (più denaro = più merci) già smontata da marx nel capitale.
-come l'opposizione liberista, e tutti gli opportunisti che pullulano in italia, indicate nell'ue il nemico da battere che si concretizza nella "rete bancaria (strozza popoli eh)". e di conseguenza quasi criticate la lega scoprendo che non è anti ue. naturalmente non fate un'analisi di classe della politica della lega
in effetti la lega con la storia dei mini bot, o qualsiasi altro mezzo finanziario, intende pagare il suo debito elettorale ai suoi elettori: classe medio - piccolo borghese più o meno malconcia che pretende di rifarsi delle sberle ricevute dal sistema bancario, dalla fiscalità statale, dagli affari andati storti per la crisi (nota: il maggior debito commerciale in ritardo di pagamento è quello del ministero degli interni !!)
tanto è vero che al grande capitale (senti confindustria) non va giù la politica attuale della lega alla quale m5s si accoda ben volentieri. naturalmente una politica del genere la stanno già pagando gli operai che si vedranno peggiorare le loro condizioni (presto un incremento dell'iva?).
mitizzare la struttura organizzativa europea come invincibile, evitare di fare una critica di classe che fissi gli obiettivi di lotta nel nostro paese, continuare con la "politica" antieuropeista, fatta di chiacchiere per non doversi sporcare le mani con i problemi di casa, questa è la forma odierna dell'opportunismo che ben esprimete nel vs articolo.
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gaetano
Wednesday, 12 June 2019 01:47
Apprezzabile gli elementi di chiarificazione che fanno di questo articolo un vademecum da tenere da parte.
Non conosco il meccanismo concreto attraverso il quale la cartolarizzazione mediante banca si attua. poniamo, le regole eurostat impediscono ai creditori dei 43 miliardi di mettere in atto quel procedimento nei prossimi 4 mesi? E di inserire i minibot in questa procedura? Lo dico e me lo chiedo proprio perchè si è prestata particolare attenzione nell'articolo all'estensione e portata delle regole da osservare.
Ciò posto, non sottovaluterei l'importanza dell'attuale dibattito allargantesi nella opinione pubblica. Non dimentichiamo che fino a poco tempo fa sarebbe stato impensabile. E abbiamo bisogno che cresca consapevolezza, anche lasciando che gli italiani provino la ferocia della dittatura eurocratica (penso che i vertici del M5S abbiano provato sulla loro pelle l'aggressione subita dalla UE imparando qualcosa che non avevano capito in precedenza).
In ogni caso, sappiamo bene che non possiamo attenderci chissà che cosa dalla Lega, quale è il problema? Nel frattempo ben venga e prosegua la discussione. Ma diciamo si ai minibot anche quale mera espressione di giustizia. Pensa a quanti italiani, a volte anche da dieci anni, attendono di vedersi pagati dallo Stato gli indennizzi Legge Pinto portati su sentenza.
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Giordano Cassioli
Tuesday, 11 June 2019 21:06
Sulla contabilizzazione, è vero che la banca si accolla il credito rifornendo di liquidità il contraente, ma, accettando i minibot, potendo intanto "muoverli" finanziariamente, li apprezzerebbe come strumento di pagamento ed è a quel punto che per la Commissione sarebbero dolorini, all'inizio... Alla contrattualizzazione corrisponderebbe un aumento del debito contabilizzato, ma, appunto, poiché stiamo parlando di accettazione volontaria, qualora i minibot cominciassero a far parte di normali transazioni, per l'euro "suonerebbe a morto". Roba ardita, certo, forse una fanfaronata propagandistica, ma per provare a demolire l'euromostro bisognerà cominciare a ipotizzare alternative, sempre e comunque difficilmente praticabili, ma forse persino necessarie. Qui sono stati criticati anche i titoli di sconto fiscale. Facciamo la rivoluzione? Di quelle col giorno libero? Credo che l'enorme e anticostituzionale truffa dell'euro senza scrupoli. Salvini bara, con buona probabilità, ma voi non vi staccate dal piano del processo alle intenzioni.
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Giordano Cassioli
Tuesday, 11 June 2019 19:47
D'accordo sul fatto che, essendo la Lega una forza capitalista neoliberista e nazionalista, difficilmente possa pensare misure efficaci al perseguimento del benessere comune, di tutti e di ciascuno, ma alla fin fine, pare che la pregevole opera di scandaglio compiuta dall'autore s'incardini su una questione squisitamente (sebbene non secondariamente) tecnica: manca un supporto informatico ben articolato e capillare per garantire il volume di transazioni. Anche la questione del debito non contabilizzato è tutta da valutare: la contrattualizzazione, tramite affidamento a istituzioni finanziarie, è pura forma: più chiaramente: vuoi i minibot? Fai la cortesia di appoggiarti a un creditore. Oppure, il governo potrebbe pensare di espandere la platea dei possibili beneficiari. Non mi pare una gran requisitoria.
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