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pensieriprov

Il governo delle blatte neoliberali

di Sandro Arcais

faster blatta 690x456Non lo possono fare apertamente. Così lo fanno di nascosto. Come dei ladri. Oppure come delle blatte, che si muovono solo al buio, e quando accendi la luce si rifugiano in qualche angolo nascosto alla vista.

Lontano dai riflettori e dal clamore profuso attorno alla proposta dello ius soli o alla nuova legge contro la propaganda fascista, le blatte neoliberali – di sinistra di centro e di destra, ma soprattutto di sinistra – che infestano i due rami del parlamento italiano lavorano al sodo: cambiare l’art. 38 della Costituzione.

L’art. 38 detta le norme che inquadrano il diritto del cittadino in difficoltà all’assistenza da parte dello Stato. È un articolo breve e lapidario:

Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.

I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.

Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.

Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.

L’assistenza privata è libera.

Le blatte neoliberali vogliono cambiare questo articolo, perché è un ostacolo al loro progetto di ulteriore attacco alle pensioni.

Lo vogliono cambiare aggiungendo alcune paroline al penultimo comma:

Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti preposti o integrati dallo Stato secondo principi di equità, ragionevolezza e non discriminazioni tra le generazioni.

oppure aggiungendone un quinto dopo il quarto:

Il sistema previdenziale è improntato ad assicurare l’adeguatezza dei trattamenti, la solidarietà e l’equità tra le generazioni nonché la sostenibilità finanziaria.

Come si vede non esattamente la stessa minestra, ma quasi: equità intergenerazionale, adeguatezza/ragionevolezza. Il secondo però porta l’indelebile marchio della blatteria neoliberista e austeritaria di marca piddina, laddove aggiunge il principio del rispetto della sostenibilità finanziaria (insomma, finché l’avanzo di bilancio lo consente).

Ma cosa c’è dietro gli altisonanti valori della equità e solidarietà (a parte il solito stravolgimento neoliberista di parole un tempo nobili e umane: l’esempio più famoso è “riforma“)?

Semplice: c’è la possibilità data al blattislatore neoliberista futuro di approntare una legge che permetta di prelevare forzosamente dalle pensioni più alte per travasare il maltolto in quelle più basse. Ora non possono farlo, con l’articolo 38 emendato potrebbero.

Nella sporcizia mentale in cui le blatte neoliberiste amano vivere, il principio di equità non dà luogo alla spinta a sollevare chi sta in basso, ma ad abbassare chi sta in alto.

Voi penserete a chissà quali altezze. Ma vi sbagliate. Ragioniamo insieme: se il mio obiettivo è racimolare una bella somma, la raggiungerò colpendo le poche pensioni d’oro o partendo dalle molte pensioni medio basse? E infatti Yoram Gutgeld, commissario alla spending review nonché ex consigliere economico del governo Renzi, in una intervista del giugno del 2017 al Corriere della Serva, indica la soglia dei 2000-2500 euro lordi, vale a dire all’incirca i 1500 euro netti. Ecco le parole di Gutgeld:

… per avere un impatto significativo sulla spesa pensionistica bisognerebbe arrivare a toccare anche i diritti acquisiti delle pensioni medie da 2000-2500 euro lordi/mese, quando non sono sostenute da contributi adeguati.

Ad alcuni di voi l’ultima precisazione avrà fatto tirare un sospiro di sollievo e magari anche un pensierino maligno pensando a quel vicino carabiniere così giovane e già in pensione. Le blatte neoliberiste ci sguazzano e godono un mondo di queste successioni di paure-sollievo per lo scampato pericolo, e di queste divisioni nel mondo degli umani. Mentre gli umani si concentrano sul piccolo privilegio del carabiniere andato in pensione a 57 anni, le blatte neoliberiste possono lavorare indisturbate al loro grande progetto di trasformarci tutti in blatte come loro.

Ma non è tutto. Le blatte neoliberiste sono anche bugiarde e amano la confusione mentale. Nella relazione di accompagnamento alla proposta di legge scrivono:

Nel quinquennio 2010-2015 la spesa per le pensioni pubbliche ha in media assorbito il 15,7 per cento del prodotto interno lordo (PIL).

Di contro la media europea è dell’11,5%. Di fronte a questa discrepanza uno sarebbe propenso ad abbracciare il mantra della insostenibilità del nostro sistema pensionistico, della sua eccessiva generosità, dell’egoismo dei vecchi nei confronti dei poveri giovani, del fatto che in Italia viviamo al di sopra delle nostre possibilità, ecc. ecc. ecc.

Peccato che quelle due percentuali misurano cose diverse: l’11,5% europeo misura le prestazioni pensionistiche al netto delle imposte, il 15,7% italiano misura le prestazioni pensionistiche al lordo delle imposte più una serie di prestazioni che con le pensioni non c’entrano nulla e hanno piuttosto a che fare con l’assistenza. Se le blatte neoliberiste facessero i conti come andrebbero fatti (per es. sommando mele con mele e non mele con pere per poi dire che la somma ottenuta consiste solo di mele) noi arriveremmo alla “scandalosa” (per le blatte) conclusione che nel 2015 (per esempio) il bilancio previdenziale era in attivo, di 3,713 miliardi. Scrive in proposito Felice Roberto Pizzuti (docente di Politica Economica e di Economia e Politica del Welfare State  presso l’Università La Sapienza di Roma, non un Pinco Pallino qualsiasi, insomma)

… il nostro sistema pensionistico da molti anni non ha più problemi di sostenibilità finanziaria; sono state sufficienti le riforme del 1992 (governo Amato) e del 1995 (governo Dini) per riportare in attivo, già nel 1996, il saldo annuale tra le entrate contributive e le prestazioni previdenziali al netto delle ritenute fiscali, il cui valore è arrivato a superare il 2% del Pil (nel 2008) e attualmente è intorno ai 20 miliardi di euro.

Sorpresi? Anche io, quando ho letto queste parole. E la mia conclusione è stata che le blatte neoliberiste che infestano gli interstizi tra gli scranni del Parlamento italiano barano sapendo di barare. Perché non è difficile capire che basterebbe separare la previdenza dall’assistenza, anche solo mentalmente, per trasformare gli italiani da cicale sprecone in previdenti formiche.

Prima di passare all’ultima crucialissima domanda, perché lo fanno?, seguiamo la interessantissima e illuminante logica delle blatte neoliberiste.

Torniamo alla relazione di accompagnamento alla legge. Dopo aver dato i numeri, sommando mele con pere e trattando il risultato come se fossero tutte mele, i nostri rappresentanti blattoidei in parlamento ci svelano la loro intima preoccupazione per le giovani generazioni (quasi mi sono commosso, leggendo queste parole, e pensando che anche le blatte, per giunta neoliberiste, hanno un cuore):

Come avverte l’OCSE, è forte il rischio che i lavoratori più esposti al rischio di una carriera instabile, a una bassa remunerazione in lavori precari non riescano a maturare i requisiti minimi per la pensione contributiva anche dopo anni di contributi elevati.

Più semplicemente, come ha affermato il Presidente dell’INPS, Tito Boeri, i trentenni potrebbero essere costretti ad andare in pensione a 75 anni per ricevere, se matureranno i requisiti, una pensione inferiore del 25 per cento rispetto a quanto ricevono i pensionati di oggi.

E ancora:

Il 26,9 per cento dei giovani tra 16 e 29 anni non sono infatti occupati né coinvolti nel sistema educativo o di formazione. Inoltre, il rischio di povertà si è di fatto già trasferito dagli anziani ai giovani: è povero il 15 per cento dei giovani tra 18 e 25 anni, mentre la percentuale tra gli over 65 è pari al 9 per cento.

Conclusione?

… viviamo in un Paese a misura dei vecchi di oggi. Se si va avanti così, le generazioni future avranno pensioni enormemente più basse di quelle di chi in pensione ci è già andato, se le avranno.

Quindi? Che si fa? Si cambia registro? Si abbandonano le politiche neoliberiste e austeritarie? Si toglie ai mercati il ruolo di regolare (annullare) le politiche economiche dello stato? Si ricomincia a programmare lo sviluppo? Si recupera la sovranità monetaria? Si crea lavoro buono, di qualità, sicuro per i giovani?

No.

Si eliminano

le discriminazioni e le situazioni di privilegio, che già oggi sottraggono risorse alle pensioni più basse e che, soprattutto, si scaricheranno sulle spalle delle generazioni future.

Che, tradotto, significa: pensione da fame per tutti.

Quindi, in veloce sequenza:

Prima le nostre blatte neoliberiste impoveriscono un paese e in special modo le sue giovani generazioni, condannandole a una esistenza precaria, incerta, povera, alienata.

In un primo tempo si accaniscono solo su di loro, sulle giovani generazioni. Non premono eccessivamente sulle adulte e vecchie. Ci sono i diritti acquisiti e la Costituzione che li difende. E poi non è salutare rendere consapevole un’intera popolazione del grande progetto di impoverire un intero popolo. Quest’ultimo potrebbe ribellarsi. Del resto, le vecchie generazioni servono anche per tenere a galla (e buone) le giovani generazioni con vitto, alloggio e paghetta.

Infine, le blatte neoliberiste passano alla terza e ultima fase, quella di espropriare dei diritti acquisiti anche le vecchie generazioni per operare una perequazione al ribasso. Tutti poveri. Le poche risorse del paese impoverito vanno equamente distribuite tra tutti, vecchi e giovani. E immigrati.

Perché lo fanno? Perché le blatte neoliberiste sono gli agenti del capitale: il nostro impoverimento è il loro (del capitale) arricchimento. Insomma, è sempre la solita banalissima lotta di classe, quella che ci siamo illusi fosse finita così da poterci non affaticare troppo su di essa. E per condurla meglio e con maggior successo ci devono convincere che le risorse sono scarse e che in un mondo di risorse scarse “equità” significa “poco a tutti”.

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