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espresso

Contro le sinistre "codiste"

di Emiliano Brancaccio

Stralci dell’intervento di Emiliano Brancaccio alla conferenza GUE/NGL tenuta a Napoli il 25 settembre 2018

a populismoPochi mesi fa alcuni giornalisti molto noti in Italia, che potremmo definire “liberali”, parteciparono a una serie di dibattiti con il leader di CasaPound, tenuti proprio nelle sedi dell’organizzazione neofascista. Enrico Mentana è la più nota delle illustri firme del giornalismo italiano che hanno preso parte a quelle iniziative.

Le motivazioni di Mentana e degli altri giornalisti liberali si possono riassumere nella celebre massima attribuita a Voltaire, peraltro apocrifa: “non condivido nulla di ciò che dici ma sono disposto a morire purché tu possa dirlo”.

Ebbene, non saprei esattamente spiegare il perché, ma da qualche giorno la mia mente viene continuamente catturata da un’immagine: quella del militante fascista tipo che ascolta con attenzione e deferenza questa massima, mentre lucida la sua spranga in attesa di qualche nuova testa da spaccare.

***

Naturalmente Mentana non è l’unico responsabile di una sottovalutazione del potenziale di sviluppo della violenza fascista.

La minimizzazione della minaccia nera, talvolta persino le connivenze con essa, sono aspetti tipici del rapporto controverso che molti liberali hanno storicamente intrattenuto con i fascisti.

Persino Benedetto Croce, il più celebre filosofo liberale italiano, commise in fin dei conti un errore di sottovalutazione: egli concepì il fascismo come una banale “ubriacatura”, un accidente pressoché casuale, una fugace “parentesi” causata dalla guerra. Altri studiosi, di orientamento analogo, hanno aggiunto che il fascismo è stato una mera reazione alla minaccia comunista e che in assenza di questa non potrà mai riaffiorare.

Gli odierni liberali la pensano più o meno in questi modi, direi tutti piuttosto rassicuranti. A loro avviso, ieri il fascismo fu una parentesi accidentale e oggi non costituisce una reale minaccia.

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Io però seguo una diversa storiografia. A mio avviso, pur in forme continuamente rinnovate, il fascismo è un virus interno alla meccanica stessa del capitale, che si alimenta delle contraddizioni innescate dalle crisi capitalistiche.

Sebbene in forma blanda e mimetizzata, oggi il virus fascista è di nuovo attivo, la sua influenza sulle azioni di alcuni governi è già un dato di fatto.

Ovviamente non stiamo ancora parlando di un fascismo che si fa regime. Ma se qualcuno azzardasse che già ora stiamo rischiando un’egemonia culturale di stampo neofascista, ebbene io non lo troverei assurdo.

Per adesso, nelle arene politiche circolano solo emulazioni grottesche e persino un po’ ridicole, ma forme surrettizie di fascismo stanno realmente fiorendo e sembrano destinate a guadagnare forza ad ogni successiva crisi economica.

Si cita spesso il “18 Brumaio”, dove Marx sosteneva che la Storia tende a presentarsi prima come tragedia e poi come farsa. Io aggiungerei che a volte la sequenza si rovescia: prima la farsa, poi la tragedia.

Se vogliamo evitare di passare dall’odierna farsa a una futura tragedia, allora faremo bene a considerare la militanza antifascista un discrimine fondamentale per la politica del nostro tempo.

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Qui però occorre fare una precisazione. Militanza antifascista significa innanzitutto comprensione delle cause materiali del fascismo.

A questo riguardo, la tesi che cerco di sostenere da tempo è che i liberali non sono semplicemente colpevoli di minimizzare il fenomeno fascista. I liberali, con le loro politiche economiche di “laissez faire”, sono la causa principale del revival fascista del nostro tempo.

L’anno scorso, intervistato dall’Espresso, sostenni che al secondo turno delle elezioni presidenziali francesi non avrei votato nessuno: cioè, non avrei votato Macron per cercare di contrastare l’avanzata della Le Pen. Dichiarai che se fossi stato francese non avrei votato il delfino del più retrivo “laissez faire” finanziario per tentare di bloccare l’ascesa della signora fascista all’Eliseo.

Quella intervista fece discutere. Venni criticato da molti esponenti della sinistra, anche della cosiddetta sinistra radicale. Alcuni sostennero che il Brancaccio astensionista aveva torto, mentre il Varoufakis che appoggiava Macron aveva ragione.

Ebbene, oggi decisamente confermo la mia posizione di allora. Questo non solo perché Macron ha rivelato una chiara istanza di emulazione delle destre reazionarie in molte materie: dagli immigrati, alla sicurezza, alla gestione del conflitto sociale, a una lettura nazionalista dello scontro in Europa. Ma più in generale, io confermo quella mia scelta perché votare il cosiddetto “meno peggio” è oggi più che mai sbagliato: il “meno peggio” di oggi rappresenta la causa scatenante del “peggio” di domani.

Il punto è che la cultura di stampo neofascista, reazionaria e violenta, nemica delle libertà civili e nemica della classe lavoratrice, questa cultura nera non sta riaffiorando per caso.

Le ricerche del National Bureau of Economic Research e di altre autorevoli istituzioni evidenziano che il seme del fascismo fiorisce a seguito di  feroci politiche di deregolamentazione dei mercati: politiche deflazioniste e di austerity, politiche di liberalizzazione dei mercati finanziari, politiche propagatrici di crisi e sperequazioni. Politiche che alimentano la peggiore reazione oscurantista.

Qualche giorno fa ho rilasciato un’intervista al Venerdì di Repubblica, rivista glamour e liberale per eccellenza. In quella intervista cerco di spiegare una cosa che reputo cruciale: oggi bisognerebbe hegelianamente comprendere che la bruta reazione sovranista e fascistoide di questi tempi è figlia indesiderata del liberismo globalista degli anni passati.

Il fascismo, cioè, come eterogenesi dei fini del liberalismo.

Se comprendiamo questa fondamentale relazione di causa ed effetto, capiremo anche perché gli appelli di Massimo Cacciari e di altri, molto propagandati dalla stampa liberale di sinistra, appelli per organizzare per le prossime elezioni europee un grosso accrocco antifascista, che vada da Macron fino a Tsipras, questi appelli rappresentano un assurdo della logica politica.

Sono appelli sbagliati, perché l’antifascismo liberista e deflazionista di Macron e dei suoi epigoni è un ossimoro, è una contraddizione in termini. E’ un’ipocrisia politica ed è un fallimento annunciato.

Se vogliamo fare i conti con l’onda nera di stampo neofascista che affiora all’orizzonte, allora dobbiamo prima logicamente fare i conti con le politiche economiche dei liberali, che hanno alimentato quell’onda funesta.

Questo è un punto importante, perché la tentazione di accodarsi ancora una volta ai liberali incapaci di qualsiasi revisione critica, è una tentazione forte e diffusa. Ed è sbagliata.

***

Ma c’è anche un’altra tentazione di accodarsi, persino più perniciosa.

E’ la tentazione, che si diffonde anche tra le file della cosiddetta sinistra radicale, di scimmiottare maldestramente le destre sovraniste e reazionarie nei loro più neri propositi.

Io sono al tempo stesso politicamente inorridito e scientificamente affascinato dalla mostruosa trasformazione, degna del Dottor Jekyll di Stevenson, che alcuni ex compagni hanno subito in questi anni.

Ex compagni che oggi prendono gli immigrati come capro espiatorio di ogni male economico e che prendono le distanze da fondamentali battaglie per i diritti: come quelle per l’uguaglianza di genere, per la libertà e l’emancipazione sessuale e contro ogni discriminazione, le battaglie per l’aborto, per la critica della superstizione, per una cultura laica e progressista nelle scuole.

Vorrei dirlo con chiarezza anche agli esponenti della Linke, di France Insoumise e ai nostrani più o meno disorientati: cedere di un solo millimetro, compiere un solo passo verso le agende politiche delle destre reazionarie, significa rinnegare in un colpo solo una storia più grande di loro.

Una storia che parte dall’illuminismo, che passa per le grandi rivoluzioni rosse, che attraversa il secolo con l’ecologismo, con il femminismo, con la critica della famiglia borghese. E’ la storia di chi interpreta e agisce nel mondo sulle basi scientifiche del materialismo storico e della lotta di classe. Basi che sono oggi paradossalmente note e apprezzate dai grandi magnati della finanza globale, e che invece sfuggono inesorabilmente ai sedicenti tribuni degli oppressi del nostro tempo.

Questa storia eccezionale è l'unica ragione di fondo per cui, sia pure in questo tempo così cupo, si può tuttora scommettere razionalmente su un futuro di progresso civile e di emancipazione sociale.

Gettare al macero questa storia straordinaria per portare avanti una strategia “codista”, al traino delle peggiori destre reazionarie, è l’idea politica più ottusa e perdente che mi sia toccato di commentare in tutta la mia vita. Confido che i fatti rivelino presto l'insulsaggine di questa idea.

***

Permettetemi un’ultima considerazione sulle proposte.

Elaborare un punto di vista autonomo e di classe, sia contro l’agenda stantia delle destre liberali sia contro la propaganda delle destre reazionarie in ascesa, è un’impresa colossale. E’ un’impresa che richiede un lavoro continuo sul durissimo terreno della conquista di credibilità nel campo della politica economica.

Conferire credibilità a una politica economica alternativa: l’egemonia passa anche per questo difficile compito.

Perseguire l’obiettivo della credibilità significa avere piena coscienza della portata gigantesca dei problemi dinanzi ai quali ci troviamo.

Significa quindi di evitare scorciatoie inverosimili, come quella delle piccole enclaves eque e solidali, o dell’autonomismo municipale in campo monetario, tanto per citare un esempio di cui si discute in questi giorni nella mia città.

Ma soprattutto, perseguire l’obiettivo della credibilità significa mettere ordine tra le cose. Significa ad esempio comprendere che la riduzione dell’orario di lavoro o il reddito di base, che sono citati nel titolo di questa sessione, sono obiettivi che possono essere realisticamente perseguiti in un’ottica di classe solo in un contesto di lotte per la rottura dell’attuale regime di accumulazione del capitale basato sulla centralità del mercato finanziario. Un regime che trae forza dalla indiscriminata libertà di circolazione globale dei capitali, e che attraverso di essa diffonde crisi, iniquità, sprechi e inefficienze nel mondo.

Contro la barbarie che affiora all'orizzonte, l’edificazione di un futuro alternativo, di progresso civile e di emancipazione sociale, passerà necessariamente per una critica dell’illusione di efficienza e di equità dei mercati, a partire dai mercati finanziari.

Nella fase attuale, di caos e disorganizzazione, questo gigantesco obiettivo può esser perseguito anche tramite semplici parole d'ordine, intorno alle quali cercare di riunificare un'opposizione efficace alle ipocrisie "populiste" delle destre reazionarie. Ad esempio, contro la proposta oscurantista del rigido controllo dell’immigrazione, su cui queste destre fanno proseliti, ci si può riunire intorno alla proposta alternativa, razionale e progressista, di uno "standard sociale" per il controllo dei movimenti internazionali dei capitali. Si tratta di una proposta che oggi trova riscontro persino nei ripensamenti di grandi istituzioni liberiste come il Fondo Monetario Internazionale, ma che tuttora fatica ad attecchire nelle agende delle forze sedicenti progressiste.

Ma più in generale, oltre le angustie della fase attuale, il punto di fondo è che la costruzione di un futuro di progresso e di emancipazione richiederà necessariamente una ripresa e una rielaborazione, in chiave moderna, di un discorso molto più ampio e di sistema. E' il discorso sulla pianificazione: sulla storicizzazione dei gravi limiti e degli errori della pianificazione sovietica; sulle possibilità della pianificazione discusse persino dal Congresso degli Stati Uniti nel 1975, poco prima dell’avvento della disastrosa Reaganomics; e sul potenziale di sviluppo dei diritti di libertà nel contesto di rinnovati esperimenti di pianificazione democratica e socialista. Perché è anche ora di superare l’ingenua concezione hayekiana del capitalismo come garanzia in sé di libertà.

Potranno volerci molti anni e molto duro lavoro per rendere egemonici la critica dell’efficienza del mercato e il discorso sulla modernità della pianificazione. Ma è l'unica seria via praticabile. Il mio auspicio è che si cominci a lavorare collettivamente su di essa, anziché agitarsi ad ogni appuntamento elettorale dietro l'angolo.

Questa dunque è la mia unica speranza. Che le nuove generazioni lavorino su una rinnovata dialettica tra lotte per il progresso e l'emancipazione civile e sociale e teoria della politica economica, e che invece si tengano alla larga da qualsiasi tentazione di assecondare le patetiche strategie “codiste” di questo tempo: delle combriccole che si affannano a ricavarsi un piccolo ruolo servente tra i portatori d’acqua della destra liberale in declino o della destra reazionaria in ascesa. O della loro funesta sintesi prossima ventura.

Comments

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Beppe RR
Saturday, 22 December 2018 16:18
A proposito delle sinistre sinistre sistemiche, trovo riflessioni di peso che fa Raveli per esempio nella voce "Quinto cardine critico: la proprietà" (in https://www.sinistrainrete.info/analisi-di-classe/10873-karlo-raveli-apriamo-connessioni-operaie-globali.html?showall=&start=1 )
certo forse un pò troppo pesanti, ma come scrive assai utili " per spiegare la deriva votocratica ‘di destra’ di molti settori ‘popolari’; precisamente ben rimossa da queste cosiddette ‘sinistre’ intimamente alienate da archetipi sostanziali del sistema.
Appunto gli stessi valori e concetti individualistici che hanno permesso e continuano a permettere di ‘credere’ in questo famoso ceto o ‘classe’ media. Composto in realtà, in gran parte, da specifiche frazioni di lavoratori (autonomi, professionali, cooperativistici, creativi, ‘intellettuali’, ecc.) - parzialmente o totalmente - capitalizzati! "
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GrazianoF
Saturday, 06 October 2018 11:53
Quoting Domo:
GrazianoF
chissà perchè Soros la pensa come te !

Cosa ne so io di cosa pensa Soros .. E sei sicuro che la pensi come ? Se la pensa come me vuol dire che pensa cose di sinistra .. Poi magari farà soldi sfruttando le differenze di condizione tra gli esseri umani ( come credi che funzioni il capitalismo ? ) , ma su un altro piano ( se la pensa come me ) vuol dire che pensa cose di sinsitra . Tanto che gli frega dire la verità ( sempre se è vero che la pensa come me ) ? E' vecchio e meliardario ....

Dimenticavo : i codisti delle destre sovraniste e reazionarie si vedono anche dagli argomenti da bar e dal discorso complottista , che fa sempre rima e coppia con il discorso nazionalista .
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Domo
Saturday, 06 October 2018 11:35
GrazianoF
chissà perchè Soros la pensa come te !
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GrazianoF
Saturday, 06 October 2018 11:07
Bravo Brancaccio .
Queti codisti delle destre sovraniste e reazionarie li vedi subito di come respingono i diritti dei migranti o delle coppie omosessuli .
Sono fantastici . Non c'è nulla di più borghese del sovranismo , della Nazione e della famiglia tradizionale , ma per loro sostenere che un lavoratore migrante debba avere i tuoi stessi diritti civili e politici o che una coppia omosessuale debba avere gli stessi diritti civili di una eterosessuale , vuol dire diventare servi del Capitalismo . Ti usano il marxiano esercito industriale di riserva contro i migranti ( che non era quello che sosteneva Marx ) , ma poi in nome dei valori identitari sostengono le nascite "italiane" : e qui , ca va sans dire , niente più discorsi sull'esercito industriale di riserva . Oppure ti dicono che lottare per i diritti dei migranti "fa perdere tempo" e "distrae" dal vero problema , che è la lotta di classe . Ma non sono lavoratori anche questi cazzarola ? Le comiche .
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Mario Galati
Thursday, 04 October 2018 13:22
Prima di parlare di scorrettezza, leggi ciò scrivo, non ciò che ti fa comodo. Non ho detto che tu hai sostenuto l'importanza di Judith Butler nella scoperta dei ruoli sociali, ma che, alla fine, la sua decostruzione perviene sostanzialmente a questa banalità. Questo è ciò che penso di Judith Butler, no ciò che tu pensi di lei. Se tu vuoi dissociartene e criticare questa tesi "confusa", fallo pure. Le tesi lineari, chiare e semplici non sempre colgono la complessità della realtà. A volte lo fanno più le tesi confuse. Tenere dei cassettini da cui tirar fuori citazioni per ogni occasione non equivale a ragionare. Somiglia più all'abitudine del momento di cercare aforismi su internet e poi postarli.
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Anna
Thursday, 04 October 2018 12:01
@MarioGalati

Ma allora c’è del metodo nella tua scorrettezza . Non ho per nulla sostenuto che a J.Butler vada riconosciuto il merito di aver scoperto che la società assegna ruoli agli individui .
Il tema a cui ho replicato è la tua tesi secondo la quale le idee libertarie a favore di certi diritti , come quelli di genere , favoriscono l’affermarsi “della fase capitalistica della massima espansione dei consumi” e , a sostegno di questa tua tesi , hai espresso delle idee molto confuse su J.Butler . Ho replicato a questa tua tesi , a questi tuoi due argomenti . Questo è il tema . Non ho sostenuto che a J.Butler vada riconosciuto il merito di aver scoperto che la società assegna ruoli agli individui .
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Mario Galati
Thursday, 04 October 2018 10:59
Ogni soggetto è provvisto di corpo. Devo starci di più su questo concetto. Ogni tanto me ne dimentico e vado a sbattere contro qualcosa.
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Mario Galati
Thursday, 04 October 2018 10:48
Naturalmente, come dicevo, per Anna ogni cosa è a se stante, non esistono relazioni oggettive. Quindi, nella sua logica, Judith Butler è Judith Butler e Carlotta Cossutta è Carlotta Cossutta. Ogni cosa al suo posto e tutto va bene.
A Judith Butler va riconosciuto il grande merito di aver scoperto che esistono ruoli sociali, che la società assegna ruoli agli individui. Forse avrà scoperto pure l'acqua calda, ma non se ne è preso il merito.
Già che ci sono devo fare un mea culpa. Sono un sempliciotto senza il minimo senso dell'umorismo. Prendete questa espressione nell'articolo del Manifesto che ho riportato: "I corpi, di cui ogni soggetto è provvisto...". Ma è Woody Allen!
Come ho fatto a cascarci? Dovevo capirlo che si trattava di un articolo di Woody Allen sotto altro nome. Come ho potuto pensare che su un quotidiano "comunista" di cotanto livello intellettuale potesse comparire un articolo serio con questi concetti? E' chiaro che si tratta un pezzo umoristico.
"I corpi, di cui ogni soggetto è provvisto..."; "il diritto plurale e performativo dell'apparizione del corpo all'interno del campo politico". Potevo pensare che un quotidiano "comunista" giungesse ad offrire un tale bagaglio teorico ai lavoratori (e alle donne) di tutto il mondo? Che un quotidiano "comunista" potesse pensare di parlare così ai lavoratori, in una lingua comprensibile, interpretandone le ansie e il ruolo storico?
Ha ragione Anna, ci deve essere stato un equivoco.
P.S. mi sembra che Davide abbia centrato ed esposto più efficacemente un nodo centrale della discussione, eluso da altri.
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Anna
Wednesday, 03 October 2018 23:52
@Davide
Credo ci sia un equivoco . Non ricordo se l’ho scritto ( nel caso è perché lo consideravo scontato ) .Lo faccio ora : i rapporti di proprietà capitalistici devono essere superati .

@MarioGalati
J. Butler analizza , tra i tanti altri argomenti , il pensiero della differenza e decostruisce le identità di genere ( i due argomenti che hai introdotto tu ) in “Questioni di genere” ( scritto nel 1989 o 1990 ) non ne l’Alleanza dei Corpi ( che non ho ancora letto , per altro ) . E Carlotta Cossutta e il Collettivo Macao non sono J. Butler , sono Carlotta Cossutta e il Collettivo Macao.
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Davide
Wednesday, 03 October 2018 22:04
Dubito che nella sua critica alla sinistra liberale americana Nancy Fraser si ispiri alle idee di Fusaro, comunque chiederò e nel caso, come suggerito, mi premurerò di abbandonare letture sconvenienti…
Al di là delle provocazioni chi sostiene che sia ingenuo universalizzare un diritto particolare se non si modificano prima i rapporti di forza all’interno dei quali tale diritto si manifesta coglie nel segno. Prendere un diritto “tendenzialmente” borghese e universalizzarlo non è la via per rendere tutti emancipati ma la via per rendere tutti borghesi. E qui una certa subalternità ideologica al pensiero borghese io la ravviso.
Ritengo comunque opportuno non perdere di vista la concretezza storica, e qui mi sembra che negli ultimi trent’anni la condizione dei lavoratori sia nettamente peggiorata mentre per quel che riguarda i diritti delle minoranze si sia quantomeno messi meglio. Mi domando quindi se, data l’attuale situazione storica nella quale è costretta a muoversi la classe lavoratrice, si debba fare in modo che il lavoro torni ad essere la premessa per l’emancipazione dell’essere umano più che il contrario (e dunque che il mutamento strutturale torni ad essere il preludio della modificazione sovrastrutturale e non viceversa).
Si potrà riflettere a riguardo in seno alla sinistra senza per questo subire alcuna “Reductio ad Fusarum”? Per ora picche mi sa, ma continuiamo a sperare, non si sa mai.
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Mario Galati
Wednesday, 03 October 2018 16:54
Ciò che ho scritto non c'entra minimamente con Fusaro. Mi riferivo allo sciopero mondiale delle donne secondo la filosofia di Judith Butler. Forse nelle letture di qualcuno c'è troppo Manifesto (il quotidiano "comunista", intendo) ed area culturale di riferimento (il postmodernismo, ovviamente, per la più grande opera di destrutturazione del marxismo, più che del disciplinamento borghese).
È un post lungo, ma offro alla lettura il risvolto di un libro di Judith Butler e alcuni articoli ad esso ed al suddetto sciopero riferiti. Dopo "il diritto plurale e performativo dell'apparizione del corpo all'interno del campo politico" e la via masturbatoria al comunismo, ogni ulteriore commento sarebbe superfluo, ma ho aggiunto una piccola coda. Spero che tutta questa roba mi dia il diritto di esimermi dal replicare a tutto il resto. Dovrebbe bastare. Buona lettura.

L’alleanza dei corpi, Nottetempo

Risvolto
Al centro di questo libro di Judith Butler è l’indagine sulla “politica della strada” e sul diritto plurale e performativo di apparizione del corpo all’interno del campo politico, attraverso l’esperienza del raduno collettivo. Dal movimento Occupy alle proteste di Atene, dalle cosiddette “primavere arabe” al Parco Gezi di Istanbul, dalle mobilitazioni queer a quelle degli immigrati irregolari, negli ultimi anni abbiamo assistito al moltiplicarsi delle manifestazioni di dissenso contro le logiche neoliberiste o contro governi e poteri repressivi. Al di là delle differenze, l’alleanza dei corpi in queste azioni collettive affronta ed “espone” all’attenzione di tutti una serie di temi interconnessi come la precarietà, la vulnerabilità, la rivendicazione di una vita vivibile e l’esclusione dalla sfera pubblica di apparizione. La tesi di Butler è che, nelle lotte democratiche, questi raduni possano esprimere forme di resistenza e solidarietà radicali da cui emerge una nuova idea di “popolo” – un popolo che sperimenta una ricomposizione contro la frammentazione e le disuguaglianze indotte, interrogando in modo inaggirabile le frontiere dell’etica.

Disobbedire godendo: prendersi il proprio tempo
Carlotta Cossutta Effimera
... Vorrei pensare lo sciopero come un momento di eterotopia, in cui sottrarsi al lavoro (soprattutto a quello del genere) per immaginare nuove forme di relazione con sé e con altr*, in cui provare a sovvertire le norme di genere che tengono in vita il patriarcato fornendo sempre nuova linfa alla violenza, in cui sperimentare gesti e posture da portare con sé. Immagino lo sciopero come un modo di prendersi del tempo per sé, non come individualismo, ma come tempo in cui raccogliere le forze e trovare nuovi passi per poi camminare insieme. Uno sciopero che sappia essere un momento di condivisione, pubblico e potente, ma anche di riflessione intima, di un’intimità politica perché consapevole strumento di sovversione.
Ed è per questo che penso ad uno sciopero che assuma come simbolo (e come pratica) la masturbazione: un gesto capace di scardinare sia la produzione che la riproduzione, un gesto sfaccendato eppure carico di significato e di potere. La masturbazione, infatti, agisce alle fondamenta del potere patriarcale, mettendo in scacco una sessualità pensata solo per essere riproduttiva e, quindi, solo eterosessuale e penetrativa...

Tutorial verso l’8 marzo .
Collettivo MacaoL’uso imprevisto del corpo collettivo nello spazio pubblico è sovversivo. Cerchiamo un gesto che racconti l’alleanza radicale tra corpi che eccedono i confini angusti dell’immaginario dominante: vogliamo alzarci le gonne, vogliamo farlo insieme e, insieme, vogliamo ridere con tutta la forza della nostra rabbia.
Scioperiamo il lavoro, la precarietà, il genere, i confini spaziali tracciati da governi che non riconosciamo; ci ribelliamo alla violenza economica, a quella discorsiva, a quella domestica e di strada; ci opponiamo alla sessualità eteronormata e al controllo medico sui nostri corpi; ci alziamo le gonne, infine, per scioperare il ruolo di vittima, così funzionale all’esproprio del nostro piacere.
Ana suromai è il gesto di alzarsi le gonne e mostrare la vulva. Questo gesto ha origine nei culti arcaici della Dea e ricorre come elemento di conflitto in un numero significativo di lotte contro il potere patriarcale e sessuofobico in ogni parte del mondo.
Oggi vogliamo riproporre questo gesto insieme a tutti i corpi favolosi con cui lottiamo ogni giorno. A un sistema binario che comprime i corpi in una norma mitica rispondiamo con la potenza della molteplicità delle nostre forme, forti delle nostre differenze. Perchè il corpo non sia un destino, ma uno strumento di resistenza, piacere e di rivoluzione.
Partecipa anche tu! L’8 marzo sciopera (qui il vademecum https://nonunadimeno.wordpress.com) e se vuoi crea il tuo video tutorial e invialo a

In prossimità dell’altro
Scaffale. «L’alleanza dei corpi» di Judith Butler, per Nottetempo. I punti di contatto e di incontro (anche rivoluzionari) delle vite indispensabili
Alessandra Pigliaru Manifesto 8.3.2017, 18:27
C’è un filo stretto che lega i dissensi di Atene con il movimento di Occupy, e poi le sollevazioni di Piazza Tahrir e di Ferguson insieme alle recenti proteste degli immigrati clandestini. Se Judith Butler avesse scritto oggi il suo Notes Toward a Performative Theory of Assembly (pubblicato due anni fa negli Stati Uniti), forse avrebbe dedicato alcune pagine anche alle manifestazioni femministe che stanno occupando la scena mondiale. Tradotto per Nottetempo da Federico Zappino, L’alleanza dei corpi (pp. 347, euro 17) fa la sua comparsa come pietra angolare per comprendere e discutere alcune recenti forme incarnate di «raduno collettivo».
CON IL PREGIO RARO di seguire il rintocco del presente, Butler entra subito nel merito di cosa significhi, e come si rappresenti, l’agire di concerto come contestazione delle concezioni dominanti del potere. Per decifrare cosa accade in simili episodi, la prima idea che va sistemata è quella concernente il popolo, una porzione – complicata da demarcazioni e conflitti – di una popolazione. In colloquio critico con Foucault, si tratta di strategie discorsive specifiche che assolvono a una «dichiarazione di egemonia» più che a una scommessa inclusiva.
Allo stesso tempo, viene a configurarsi una distinzione necessaria; se infatti l’assembrarsi richiama il protagonismo della folla dotata, in generale, di una certa carica rivoluzionaria, è pur vero che non potremmo in nessun modo gioire per un raduno neofascista né per manifestazioni razziste o di gruppi paramilitari e polizieschi tesi alla repressione. In effetti, bisogna conoscere le ragioni di quelle persistenze prima di gridare alla emersione di occasioni democratiche che rendono vitale l’agone politico. Concentrandosi su alcuni speciali casi di raduno collettivo, Butler indaga quelli in cui ad apparire è una promessa di vivibilità, di giustizia.
CON PASSO SOSTENUTO e più disteso rispetto i suoi precedenti volumi, colloca le insorgenze come transitorie e degne della massima attenzione. Al centro è il corpo che, allontanato l’orizzonte identitario e monolitico, è crocevia di «assemblate» istanze. Politico e pensato come «impossibile totalità», il corpo segue il tragitto imperfetto e mosso in cui è implicato dai tempi di Gender trouble. Puntella e racconta anche qui la performatività del genere, si interroga sui limiti discorsivi del «sesso» e su ciò che essi escludono. Ma fa qualcosa in più. Alla parodia, intesa come postura imitativa senza un’origine, si sostituisce ora l’aspra e aperta lotta con il presente. È adesso che la pluralità di corpi arriva a piena maturità, ora che le «vite dispensabili», quelle precarie di cui Butler ha già molto scritto in passato, scoprono nuovi punti di contatto. E di incontro. Ora che sanno di sé, quei corpi, di potersi rappresentare come una azione politica anche là dove tutto apparentemente viene loro negato.
L’ALLEANZA non è tuttavia un affastellarsi di individui che si ritrovano alla rinfusa, né una partita a scacchi per spartirsi punti o sconfitte, è piuttosto qualcosa che accade in presenza, in un «tra» che emerge nella contingenza del trovarsi prossimi. Nelle proteste e manifestazioni, negli scioperi e nei raduni recenti, nelle occupazioni di luoghi già connotati e da sovvertire, Butler precisa come quel «tra» sia uno spazio privo di vuoto e niente affatto ideale seppure componga – eccome – comunità.
Diverso da un medio istituzionale e sottratto dalla dicotomia arendtiana di corpo privato versus corpo pubblico, è anche il terreno in cui si agisce. Irriducibile, si crea a partire da chi decide di farne parte. Non può essere uno spazio neutro né ibrido perché si manifesta da una tensione di corpi che sono anzitutto sessuati, disposti a mettere in gioco una privata e differenziale precarizzazione ed enunciare la «domanda di giustizia» che precede tutte le altre. La domanda di giustizia è già una asserzione di potente e pronunciabile libertà. Un modo della resistenza, un esito dell’essere in relazione. È infatti nel riconoscersi in relazione che si disfa il potere.
NEL FARE E DISFARE, che segue nel movimento ciò che Butler attribuisce anche alla performatività, si viene a verificare qualcosa di imprevisto, uno spostamento. Se infatti il corpo, di cui ogni soggetto è provvisto, è implicato già all’origine nel potere che, prima di essere individuato esternamente, è «sentito» psichicamente da una soggettivazione originaria, oltre che normativa, in quel campo relazionale che ora lei stessa individua avviene qualcosa che scalza e che libera. L’alleanza è già latente poiché, conferma Butler, conferisce struttura alla nostra stessa soggettività. Ribadisce la preferenza della relazione all’ontologia, mostra l’insufficienza della mera «forma sociale futura». Allo statuto «minoritario» dunque, di precarietà parziali, che si fanno largo e che stabiliscono appuntamenti, rivolte e brevi o medi exploit, non si sostituisce una trasversalità della comunanza bensì l’idea che prima di riconoscere l’apparizione pubblica dell’alleanza dei corpi, quegli stessi corpi si debbano riconoscere da sé per fare largo alla complessità da cui si è abitati e distillarne l’«io». E sentire ciò che nell’altro è vivente.
Il piano etico della buona vita avanza, a questa altezza, nell’individuazione della vulnerabilità come forma di attivismo politico. È su questo punto che si presenta la vera posta in gioco: connotare, ascoltare e praticare la vulnerabilità – che è anzitutto del corpo e di cui Butler ha già consegnato una notevole (e al momento insuperata) narrazione – per leggere la grammatica politica della strada.

Mario Galati
Ma guarda. Prima che ce lo rivelassero queste "narrazioni" così profonde, non sapevamo che facendo una manifestazione in realtà esercitavamo "il diritto plurale e performativo di apparizione del corpo all'interno del campo politico".
Avanti o "popolo" alla ribalta. Nei teatri di cabaret, nei parchi come esibizionisti o nei locali di spogliarello. Anzi, di burlesque.
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Anna
Wednesday, 03 October 2018 15:40
Ho scritto : "gli studi di genere ( che sono studi seri , e non iniziano negli anni ’60 , e di certo non con J.Butler "

C'è un "non" di troppo . La frase corretta è : "che sono studi seri , e iniziano negli anni ’60 , e di certo non con J.Butler"
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Anna
Wednesday, 03 October 2018 15:26
Si però se si procede così diventa difficile . In ordine sparso :
-Non ho scritto “accumulazione originaria” del Terzo Rech . Ho scritto invece “accumulazione originaria per espropriazione” . A questo punto capisco che sarei forse stata più intellegibile limitandomi ad “accumulazione per espropriazione” . E’ una formula con la quale molti marxisti ( come , tra gli altri , D.Sacchetto o D.Harvey ) mostrano come appunto la marxiana “accumulazione originaria” sia sincronica ad ogni ciclo di accumulazione .
-Non ho espresso giudizi di valore sul capitalismo cinese . Ho scritto invece che l’incessante accumulazione del capitale è intrinseca al capitale e indipendente dalle posizioni politiche libertarie ; che , ad esempio , il capitalismo dei consumi si afferma massimamente in Cina , dove come noto non esistono politiche libertarie ; o che , sempre ad esempio , il boom economico si ebbe in un’Italia culturalmente cattofascista .
-Poi , ovviamente non ho nessuna “concezione individualistica e neocoloniale”. Se mai ce l’ha la Cina , soprattutto in Africa , nonostante senza dubbio il capitalismo cinese abbia sottratto milioni di persone dalla povertà e dall’ignoranza ma , contemporaneamente , ne schiavizza , impoverisce e/o espropria altre , come d’altra canto fanno o hanno fatto altri sciovinismi e capitalismi ( Ora ho espresso un giudizio di valore che si può giudicare ) .
-Non ho nemmeno sostenuto che “Marx non sarebbe altro che un Foucault dell'ottocento contro il disciplinamento borghese” . Ho invece scritto che Marx era contro al disciplinamento borghese . E ( aggiungo ora ) l’opera di Foucault , come quella di Marx , non si riduce ovviamente alla pur necessaria critica e decostruzione del disciplinamento borghese ; e le pagine foucaultiane contro il disciplinamento borghese sono prese a piani mani da Marx .
-Non mi sono nemmeno sognata di fare un’apologia delle libertà borghesi , di cui l’ipocrisia è implicita . Ho invece scritto che tutti i diritti rimangono particolari e non universali fino a che non vengono superate dialetticamente le contraddizioni di classe . Ma non per questo bisogna rinnegarli . Il compito della Sinistra è universalizzarli . E’ l’inclusione di quella che Rancière chiama “la parte dei senza parte” .
-Poi , le minigonne iniziano ad essere indossate negli anni ’60 ; Judith Butler inizia a pubblicare a fini anni ’80 inizio anni ’90 , e non si è mai preoccupata né di minigonne né dell’esposizione del sesso ; inoltre la decostruzione di Butler delle identità di genere non si limita alla pur decisiva analisi della performatività del linguaggio ; e senza dubbio la critica ai discorsi , prodotti dal potere , che naturalizzano le identità di genere sono in linea con la critica marxiana . Tra l’altro non è solo una tesi di Butler . Ho preso J.Butler perché l’ho vista confusamente presa di mira . E ora mi sorge un dubbio e rischio di diventare anch’io scorretta . Quindi , premetto , pongo la seguente provocazione : spero che lo sappiate che ci sono letture più serie che Diego Fusaro . Perché questa provocazione ? Perché , non vorrei sbagliarmi , ma mi sembra di aver sentito o letto Diego Fusaro che si scagliava confusamente ( e comicamente ) contro quella che lui definiva la “teoria del gender” , la “propaganda del gender” ecc. con relativo coinvolgimento di J.Butler . Ora , il "genere" non è una "teoria" , ne tanto meno una "propaganda" . Il "genere" è un costrutto sociale e un concetto come lo è la "classe" . Poi , come per la classe , ci sono diverse teorie di genere : non tutti gli "studi di genere" ( che sono studi seri , e non iniziano negli anni ’60 , e di certo non con J.Butler : mi vergogno a scrivere queste banalità.. ) hanno la stessa "teoria" di genere . Come Weber non aveva la stessa teoria di Marx per quanto riguarda la classe . Il "genere" ( l'uomo e la donna ) è un costrutto sociale ed un concetto , che mostra cosa ci si aspettasse , o ci si aspetti , in una determinata società ( o non ci si aspetti nulla : nelle società aperte ed emancipate ... ) che faccia o subisca una persona , in base se sia biologicamente femmina o maschio . Gli studi di genere mostrano questo , quasi sempre in combinazione con studi di classe . Si fa genealogia dei costrutti sociali . Sono studi seri . Lasciate perdere Diego Fusaro .
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Mario Galati
Wednesday, 03 October 2018 10:45
L'emancipazione come cooptazione, non come trasformazione complessiva (rivoluzione) in senso egualitario, è espresso bene dal termine corrente "inclusione". In esso si può riconoscere benissimo il postmodernismo delle differenze. Non si tratta di rovesciare e trasformare, rivoluzionare, questa società, si tratta di includere, assorbire le differenze. E la società capitalistica ha fauci e stomaco talmente grandi e capienti da poter assorbire e mettere a valore ogni "differenza". Anzi, questa è proprio la logica del neocapitalismo postmoderno.
Poi, si può usare tutto il linguaggio radicale e pseudorivoluzionario che si vuole a coprire queste concezioni. Ma esse, oggettivamente, non cambiano di una virgola nel loro vero senso e significato (e funzionalità ideologica al sistema).
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Mario Galati
Wednesday, 03 October 2018 10:34
Per tornare all'esempio di prima, non si tratta, quindi di universalizzare il diritto individuale borghese al consumo e all'intercambiabilità mercantile della merce "partner" (alla libera espansione dell'ego individuale desiderante, o che si costruisce performativamente de se stesso la sua identità), ma di affermare il diritto individuale, non più borghese, di intrattenere una relazione personale libera non reificata. E' ovvio che, in una società complessivamente borghese, nella quale esistono però nei fatti due società, una borghese ed una proletaria, difendo il diritto al divorzio formalmente uguale per tutti. Poi sarà il borghese ad usarlo in una logica mercantile e il proletario in una logica extramercantile. Ma anche questo non è così semplice e lineare come si pensa. C'è la questione dell'egemonia e dell'affermarsi dell'ideologia della classe dominante presso le classi subalterne. Non per nulla presso le classi subalterne, nel dilagare del potere capitalistico, ha prevalso la mercificazione anche della sfera personale.
Il fatto è che, in certe situazioni, non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Pensarlo è da ingenui. Non bisogna mai dimenticare la faccenda dell'eterogenesi dei fini e la necessaria etica della responsabilità. Altrimenti si finisce per fare la parte degli apprendisti stregoni, come è successo a tanti cosiddetti comunisti libertari.
Comunque la si pensi sul PCI, il suo declino, anzi il suo crollo, è coinciso con il culmine della battaglia libertaria (referendum sul divorzio e dell'aborto). Da allora, la battaglia libertaria è andata sempre più avanti, quella sociale sempre più indietro. Il fatto merita una riflessione. O no?
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Mario Galati
Wednesday, 03 October 2018 09:33
Per chiarire ancora meglio:E' chiaro che è sbagliato contrapporre i diritti sociali ai diritti civili e individuali. Ma tra le due dimensioni esiste un legame. Non si tratta di due dimensioni indipendenti. Sostenere a spada tratta, facendosi dettare l'agenda delle priorità, i diritti individuali all'interno del quadro capitalistico borghese, anzi all'interno della controffensiva capitalistica borghese, della ristrutturazione e dell'adattamento del suo sistema alle urgenze espansive del capitale, allinearsi all'esigenza perenne dell'atomizzazione individualistica della società, della disgregazione e polverizzazione individualistica di ogni dimensione collettiva, non ha altro significato e conseguenza che farsi servi sciocchi delle libertà dei borghesi che se le possono permettere (le libertà borghesi, in un contesto capitalistico, tendono sempre ad essere soltanto le libertà dei borghesi. Solo l'azione collettiva dei lavoratori può strappare spazi di partecipazione a queste libertà per sè). E' questo che intendono Fabrizio Marchi e gli altri commentatori quando parlano della funzione "distraente" di certe rivendicazioni (non dell'erroneità in sè).
Secondo una logica eclettica, tutto si può acconciare con tutto: spendere la propria forza, quasi monopolizzarla, per i diritti civili e, allo stesso tempo, ottenere i diritti sociali (mentre invece, semmai, storicamente è stato il contrario. Soltanto un forte movimento di rivendicazione sociale ottiene risultati sul piano dei diritti individuali. I quali, però, in un contesto socialista, proletario, non sono più diritti individuali borghesi. Mutano anch'essi di segno e di qualità. Il diritto al divorzio di un proletario e di una proletaria non sono il diritto alla libera intercambiabilità del partner, in un'ottica di possesso e rinnovamento consumistico della merce, ma il diritto a vivere una relazione personale libera su basi affettive personali, non reificate. Su ciò si è espresso bene Gramsci, nella sua recensione teatrale a Casa di Bambola di Ibsen. Il libertarismo sessuale della borghesia che ha sostituito la morale ufficiale (ipocrita) della borghesia tradizionale, non ha affermato un diritto individuale proletario, ma borghese, interno alla logica mercantile borghese capitalistica).
Non ragionare dialetticamente e pensare di potersi fermare all'aspetto esteriore, formale, dei fenomeni, avulsi dal contesto sociale complessivo e dalla fase storica specifica, non è da marxisti e conduce alla subalternità.
Occorre sempre considerare le cose in un'ottica totalitaria.
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Mario Galati
Wednesday, 03 October 2018 08:50
P.S. non capisco di quale accumulazione originaria si parli sotto il Terzo Rech. Il capitalismo già esisteva, con i suoi bei capitalisti e i suoi caratteri monopolistici. Tanto è vero che il Terzo Reich non è stato altro che uno strumento del capitale tedesco e massima espressione del suo imperialismo (estremizzazione del colonialismo liberale. V. Losurdo). Invece si invertono i termini e si stabilisce che è stato il Terzo Reich a creare il capitalismo, realizzando l'accumulazione originaria. Se non si ha chiarezza marxista e storica neppure su questo, su quali termini minimi si può impostare una discussione?
Errata corrige "è stata una giornata mondiale dell'8 marzo scorso o di due anni fa".
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Mario Galati
Wednesday, 03 October 2018 08:39
Judith Butler è una "compagna" da cui partono le rivoluzioni attraverso le "performances" dell'innalzamento delle gonne e l'esposizione del sesso (se non sbaglio, è stata una giornata mondiale l'8 marzo scroso o di due anni fa. Una giornata performativa rivoluzionaria delle donne). O da cui partono giornate emancipative nelle quali una sua seguace predica apertamente in piazza che occorre lottare per il riconoscimento dei diritti delle lavoratrici del sesso (questa sarebbe emancipazione. Sempre in quella giornata). Se affermare che l'identità di ognuno è il risultato della performatività del linguaggio e che quindi possono esistere tante identità quante ne costruiamo non appartiene all'ideologia postmoderna ed è compatibile con la concezione marxista, allora va bene.
Le considerazioni di Anna mi sembrano improntate all'eclettismo (ogni cosa non c'entra con un'altra. Ogni cosa è a se stante e compatibile, giustapponibile senza problemi di coerenza e di unità) non al pensiero dialettico e totalitario (proprio così: "totalitario", come lo erano Hegel, Marx, Gramsci).
Come fare a non vedere che l'atteggiamento delle parlamentari si inserisce perfettamente nel clima di quel femminismo borghese, della cooptazione, non dell'emancipazione, al quale appartiene anche il pensiero della differenza e anche Judith Butler (se le identità sono molteplici e tante quante ne costruiamo.... Cosa c'è di più frammentario e postmoderno di questo pensiero?)?
Prendersela con la Cina che contende ai paesi ricchi e colonialisti la torta della ricchezza mondiale, che eleva le forze produttive e toglie dalla povertà centinaia di milioni di persone, invece che vedere il nesso tra il libertarismo della seconda metà del novecento, il postmodernismo e la rivoluzione passiva neoliberale e liberista (rinnovatrice, del capitalismo, e reazionaria, contro i lavoratori e il suo movimento, allo stesso tempo), dell'epoca della massima espansione dei consumi indica bene il progressismo della sinistra "libertaria" dei diritti civili compatibili con i diritti sociali (ai quali rendono un semplice omaggio meramente formale, astratto) e l'emancipazione umana. Una concezione tutto sommato individualistica, liberale e neocoloniale, sotto la vernice del comunismo e dell'internazionalismo.
Analizzare il regime nazista, la Cina e la Russia attraverso la categoria della dittatura e del libertarismo esprime bene l'impostazione liberale di un certo pensiero di sinistra "comunista" "libertaria". D'altronde, Sostenere che Marx non sarebbe altro che un Foucault dell'ottocento contro il "disciplinamento" borghese, fuga ogni dubbio.
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Anna
Tuesday, 02 October 2018 23:30
La questioni centrale , che la include ma che va ben oltre la questione femminista , mi pare sia la questione più generale dei diritti della persona , altri dicono dell’emancipazione dell’essere umano , che era la promessa della Modernità , con conseguente liberazione dalle gerarchie premoderne ; promessa che come sappiamo si è intrecciata allo sviluppo del Capitalismo . Chiaramente tutti i diritti rimangono solo formali , materialmente particolari e non universali , fino a che non vengono superate dialetticamente le contraddizioni di classe . Non per questo bisogna rinnegarli . Reazionario sarebbe rinnegare un diritto perché tendenzialmente , o inizialmente , borghese . Il compito della Sinistra è universalizzarlo . Marx ,nella “questione ebraica” o ne “per la critica della filosofia del diritto di Hegel” , decostruisce non a caso i diritti borghesi , non i diritti umani . L’idea comunista è la sublimazione dei diritti umani : se può interessare “Diritto naturale e dignità umana” di Bloch è la lettura marxista più avanzata della storia e della filosofia dei diritti umani , dove appunto Bloch , sulla scia di Marx profetizza la realizzazione dell’ “humanum” appunto solo nel comunismo .
Tra parentesi : Judith Butler è una compagna , ha studiato tra le altre cose il femminismo ( decostruendone le posizioni identitarie ) , c’entra relativamente poco con il pensiero della differenza ( se mai lo analizza e lo storicizza ), e il pensiero della differenza non è antimarxista o filomarxista , è lacaniano , si svolge su un altro piano ( poi , politicamente , le loro rappresentanti erano di sinistra come lo è Judith Butler ) e le pseudofemministe in parlamento che hanno votato l’innalzamento dell’età pensionabile non hanno nulla a che fare con Judith Butler ( se mai la conoscano ) .
Tra parentesi bis : le posizioni libertarie c’entrano con l’emancipazione dell’individuo , non con l’individualismo ( che se mai isola e schiavizza l’individuo ) , e la fase capitalistica della massima espansione dei consumi si afferma in Cina e in Russia , dove , notoriamente , le posizioni politiche libertarie sono vietate . L’incessante accumulazione del capitale è intrinseca al capitale e indipendente dalle posizioni politiche libertarie ( che , ripeto , non c’entrano nulla con l’individualismo ) : il boom economico in Italia si ebbe sotto Democrazia Cristiana cattofascista , dove i ragazzi che leggevano il giornaletto LaZanzara venivano mandati in galera ; Il Terzo Reich effettuò un’immensa accumulazione originaria del capitale per espropriazione e , come noto , sotto il Terzo Reich erano vietate posizioni politiche libertarie . Libertario era Marx , libertario vuol dire essere contro il disciplinamento borghese .
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Davide
Tuesday, 02 October 2018 21:10
Per quel che concerne i diritti civili e la questione di genere ritengo che esse non siano necessariamente battaglie progressiste. In un periodo storico come il nostro, ove la borghesia è saldamente al comando della società, tali questioni hanno dato una grossa mano alle forze reazionarie. Per carità tutte lotte sante quelle di genere, però ritengo che se le armi di distrazione di massa esistono quella di eclissare la lotta di classe a vantaggio della causa identitaria ha funzionato benissimo. Non lo dice Salvini, lo dice Nancy Fraser per la quale la sinistra liberale americana non è progressista semplicemente perché ha emancipato tutti in tutto ad eccezione della classe lavoratrice nel lavoro. Dunque la lotta contro le discriminazioni di genere non è di per sé sbagliata ma non è di per sé stessa nemmeno "di sinistra", potendo essere fieramente sussunta dal capitale perché esso si ammanti di un'aurea progressista del tutto inesistente. E concordo con chi dice che parlare di queste cose a sinistra non sia facile.
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Mario Galati
Tuesday, 02 October 2018 17:56
Forse occorrerebbe delimitare meglio i termini della discussione su marxismo e femminismo. Mi sembra incontestabile che l'emancipazione femminile rappresentasse un elemento essenziale del movimento di emancipazione umana prefigurato da Marx, Engels, Lenin, Gramsci, ecc. (con Stalin, nella società sovietica, l'emancipazione femminile ha fatto passi avanti concreti, nella direzione indicata da Lenin). Engels considerava l'atteggiarsi storico del rapporto uomo donna come un rapporto tra classi. Così lo interpreta Losurdo. La lotta per l'emancipazione non è soltanto lotta per una condizione materiale più agiata, ma, soprattutto lotta per l'uguale dignità, lotta per il riconoscimento. La condizione di subalternità femminile va superata. È subalterna non solo la casalinga sotto il giogo del marito, ma anche la Nora Elmer e la cocotte, per dirla con Gramsci. Si consideri, poi, che la donna delle società rurali, feudali, non solo si occupava della cura domestica, ma andava a lavorare nei campi come il marito. Il suo carico di lavoro era maggiore. È ciò che accadeva nella nostra realtà contadina, non molto remota nel tempo. Nella società industriale, come fatto notare, la donna va pure in fabbrica e, spesso, si deve occupare della casa e della famiglia, senza la collaborazione del marito operaio. Ma la sua condizione di operaia, non di moglie subalterna di un borghese o di cocotte, comincia ad emanciparla. In sostanza, nella concezione di Engels (L'origine della famiglia), ma anche di Marx, Lenin, Gramsci, soltanto l'inserimento nel mondo produttivo, sottraendola alla segregazione domestica, può emancipare la donna. L'emancipazione è uguaglianza.
Questo era femminismo? Non si chiamava così. Di femminismo si comincia a parlare negli anni 60/70 e ha sicuramente il merito di spingere per l'emancipazione femminile. Ma, probabilmente, suo malgrado, come tutto il movimento libertario di allora, si inseriva sul terreno postmoderno che nutriva e preparava la rivoluzione passiva della riorganizzazione capitalistica.
Oggi, infatti, il femminismo si rifà esplicitamente al cosiddetto pensiero della differenza, che mi sembra chiaramente postmoderno e antimarxista. Non è più il pensiero legato al mondo del lavoro e alle donne lavoratrici. Per non parlare poi di alcune punte estreme come Judith Butler. Il pensiero della differenza, apparentemente così radicale, come tutto il postmodernismo, finisce per essere reazionario e, in ogni caso è l'abito del libertarismo individualistico che ha favorito l'affermarsi della fase capitalistica della massima espansione dei consumi. Non ha nulla a che fare con il movimento dei lavoratori, ma è un fenomeno tutto borghese. Non è un caso che tante sostenitrici delle quote rosa in parlamento e di questo pseudofemminismo, sono le stesse che hanno votato l'innalzamento dell'etá pensionabile delle donne lavoratrici, disconoscendo il loro doppio lavoro di fatto (lavoro retribuito e lavoro di cura domestica non retribuito), che è una realtà ancora presente, un retaggio non ancora dileguato (una sovrastruttura che permane relativamente anche dove la donna è inserita nell'apparato produttivo. Forse a questo femminismo borghese, anche se spesso abbracciato a sinistra (troppo spesso) dovrebbe essere indirizzata la critica, non a presunti errori di Marx, Engels, ecc.
Dobbiamo distinguere tra il femminismo dell'attricetta che, non per vivere, ma per fare carriera, denuncia a scoppio ritardato di aver sottostato al potere di un produttore (che non mi sembra la stessa cosa dell'operaia o della bracciante molestata sul lavoro o costretta a mettersi al servizio di un padrone), il femminismo della donna borghese che, per ritagliarsi una rendita di posizione e corporativa, invoca le quote rosa mentre affossa le donne lavoratrici con l'innalzamento dell'età pensionabile (lotta di classe dall'alto), e il femminismo delle donne lavoratrici e delle donne realmente subalterne e discriminate in una realtà che, seppure non sia quella integralmente patriarcale del passato (anzi, ha spesso cooptato pienamente le donne nei meccanismi capitalistici di potere e di consumo individualistici: la donna manager e la donna "libera" postmoderna), conserva ancora il retaggio della subalternità femminile.
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Fabio DAmico
Tuesday, 02 October 2018 00:15
@Fabrizio @Anna

Quoting Fabrizio Marchi:
@ Anna
In virtù di ciò – porto esempi banali (ma credo efficaci) per capirci - chi era più oppresso e sfruttato? Il minatore che si alzava la mattina alle 4 per lavorare 12 ore al giorno in una miniera (e crepare anzitempo per malattia o infortunio) e tornare la sera distrutto per un salario di fame che non era sufficiente neanche per sfamare i propri figli, oppure sua moglie adibita o relegata (perché, fare il minatore o lavorare in una fonderia per 12 ore al giorno non era forse una condanna ai lavori forzati?…) ai lavori di cura e domestici e a crescere figli? Io personalmente non avrei dubbi. Se proprio dovessi scegliere farei la moglie del minatore, perché io a crepare in miniera o in una cava di marmo o in un’acciaieria (era questo il lavoro a quei tempi, non stare seduti dietro ad un pc ed una scrivania…) non ci vado. Piuttosto vado a fare le rapine…
i/


Da dove nasce l'idea che le donne in fabbrica, in filanda, nei campi non si spezzassero le ossa?
Mary Burns? Chi era costei?
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Anna
Monday, 01 October 2018 23:33
@Fabrizio Marchi , aiutami a seguire la tua ratio : perché quello di Stalin ( che non si interessò alle questioni di genere ) sarebbe stato un “comunismo storicamente determinato” , mentre quello di Lenin ( che si interessò molto alle questioni di genere ) no?
Ora , tu non vuoi che ti metta citazioni , ma permettimi di dirti che dovresti anche aiutarmi evitando di provocarmi ; capisci che se mi ribatti dicendo che “come dicevo, Marx non si è mai veramente occupato di queste questioni” , io te ne metto altre 20 di citazioni di Marx . E poi altrettante di Lenin , di Engels , Trotsky e poi di Rosa Luxemburg , S.Weil , S. de Beauvoir e tante/i altre/i comuniste e comunisti . Quindi che Stalin o Mao abbiano snobbato la questione di genere vuol dire solo che Stalin o Mao hanno snobbato la questione di genere ( e in realtà , la formula “comunismo storicamente determinato” non so chi se la sia inventata ,ma è una formula ossimorica oltre che mistificante . Il comunismo marxiano non è mai esistito ) .

Poi , dovrei anche risponderti sulla cosiddetta postmodernità , perché non condivido la tua impostazione , ma arriviamo al nocciolo . Perché le questioni di genere sono lotta di classe ? Come d’altro canto lo sono anche gli altri tipi di lotte per altri tipi di diritti “civili” , che possano riguardare gli stranieri o gli omosessuali . Lo dico non a te , Fabrizio Marchi , ci mancherebbe ; ma lo dico perché mi è capitato di sentire e leggere in ambiti di Sinistra ( o meglio , che possano sembrare di Sinistra , ma non lo sono per nulla ) critiche ai diritti civili . Come se lo sfruttamento sociale non avesse sempre fatto leva sulle discriminazioni civili : come se le conquiste civili non fossero anche conquiste sociali . Questi non sono di sinistra , sono dei reazionari che si mascherano , e Brancaccio ha ragione . Comunque , dove ero rimasta ? Si , dicevo .. Se non bastasse ciò che scrive Marx per l’emancipazione della donna , perché le questioni di genere sono lotta di classe ? Perché le politiche di austerità , durante le crisi cicliche del capitale , non sono mai neutre rispetto al genere. Perché i tagli alla spesa pubblica di carattere sociale pesano sempre di più sulle lavoratrici, obbligate a diventare gli ammortizzatori sociali di un welfare inesistente. Quando c’è una privatizzazione dei servizi di pubblica utilità e dei servizi sociali. , sia il lavoro produttivo di plusvalore (il lavoro salariato, marxianamente inteso) sia il lavoro per la riproduzione sociale della forza-lavoro sono le uniche variabili dipendenti, obbligate ad adeguarsi a tutti gli aggiustamenti (l’accresciuta competizione internazionale, il debito pubblico, etc.). E lo sfruttamento sociale fa sempre leva sulle discriminazioni civili . Sono pienamente d’accordo con Marx . Il progresso sociale può essere misurato esattamente dalla posizione sociale delle donne .
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Fabrizio Marchi
Monday, 01 October 2018 20:57
@ Anna
Il metodo delle citazioni per cercare di smontare il discorso dell’interlocutore è un classico.
Nel caso specifico si citano frammenti di Marx, Engels e Lenin, come se il sottoscritto fosse contrario all’eguaglianza fra donne e uomini. Ma è proprio la logica della citazione che è sbagliata. Se è per questo potrei portarti decine di citazioni di John Stuart Mill, uno dei padri del liberalismo, un pensatore borghese per eccellenza e considerato uno dei padri del femminismo. Mill fu forse il più attivo, sicuramente molto più di Marx (che si occupò solo marginalmente di questioni di genere), il più fervente sostenitore della causa delle donne. Anzi, è appunto considerato un femminista in erba.
E allora? Se questo è il parametro che cosa ne dovremmo dedurre? Che il femminismo è figlio del liberalismo? Ovviamente no, per quanto mi riguarda. Quindi, se questo è il giusto criterio da seguire, allora ne dobbiamo dedurre che il fatto che Marx ed Engels abbiano detto quelle cose non significa affatto che il femminismo sia figlio del marxismo (inteso come Marx pensiero). Di certo, e questo è un fatto storico oggettivo, il femminismo, come ho già scritto, non nasce, non si sviluppa e non diventa ideologia dominante nei paesi dove il comunismo si è concretamente e storicamente determinato. Viceversa nasce, si sviluppa e diventa ideologia dominante, anzi, vero e proprio “spirito dei tempi”, nel sistema capitalista “postmoderno” occidentale. Anzi, più tramonta il movimento comunista mondiale e più il femminismo si afferma nel mondo occidentale a partire ovviamente dagli USA. Secondo la tesi che tu di fatto sostieni postando quelle citazioni di Marx ecc. avrebbe dovuto essere il contrario. Avrebbe cioè dovuto seguire il destino del comunismo e spegnersi gradualmente fino a scomparire con lo scomparire del comunismo. E’ avvenuto l’esatto contrario e ovviamente non può essere casuale…
Ciò detto, quelle citazioni di Marx, Lenin ed Engels, estrapolate in quel modo, sono senz’altro condivisibili. Il problema, dal mio punto di vista, è che la condizione delle donne (della maggioranza delle donne) da loro descritta era più o meno la stessa della maggioranza degli uomini. Certo, variava la condizione di sfruttamento in base ad una serie di elementi dati da condizioni oggettive (culturali ma anche e soprattutto fisiche, biologiche, ambientali). La realtà è complessa e va analizzata nella sua complessità. In virtù di ciò – porto esempi banali (ma credo efficaci) per capirci - chi era più oppresso e sfruttato? Il minatore che si alzava la mattina alle 4 per lavorare 12 ore al giorno in una miniera (e crepare anzitempo per malattia o infortunio) e tornare la sera distrutto per un salario di fame che non era sufficiente neanche per sfamare i propri figli, oppure sua moglie adibita o relegata (perché, fare il minatore o lavorare in una fonderia per 12 ore al giorno non era forse una condanna ai lavori forzati?…) ai lavori di cura e domestici e a crescere figli? Io personalmente non avrei dubbi. Se proprio dovessi scegliere farei la moglie del minatore, perché io a crepare in miniera o in una cava di marmo o in un’acciaieria (era questo il lavoro a quei tempi, non stare seduti dietro ad un pc ed una scrivania…) non ci vado. Piuttosto vado a fare le rapine…
La storia è stata caratterizzata, oltre che dalla divisione sociale (cioè di classe) del lavoro, anche dalla divisione sessuale del lavoro. E non c’è dubbio che quest’ultima abbia sicuramente visto la stragrande maggioranza degli uomini in una condizione di maggior penalizzazione rispetto alle donne. Da questo punto di vista – e non ho nessuna difficoltà a dirlo perché non erano dei semidei ma “solo” uomini molto intelligenti che studiavano la realtà e che potevano anche commettere degli errori che in effetti hanno commesso (come tutti gli umani di questa terra) – Marx e soprattutto Engels (come dicevo, Marx non si è mai veramente occupato di queste questioni) hanno commesso un errore interpretativo e di analisi. Dopo di che il femminismo ha fatto una sorta di copia incolla della dialettica marxiana, applicandola tout court alle relazione fra i sessi. Ma questa è una fozatura enorme per scopi ideologici così come fu un errore, anche se perdonabile, diciamo così, di Marx ed Engels perché i tempi erano completamente diversi da quelli attuali e in effetti la famiglia borghese allora dominante era a trazione patriarcale. Visto però che hai citato Marx lo farò anche io e ti riporto questo passo del Manifesto:” Su che cosa riposa l’attuale famiglia borghese? Sul capitale, sul guadagno personale. Non esiste nel suo pieno sviluppo se non per la sola borghesia; ma essa trova il suo complemento nella forzata mancanza della vita di famiglia presso i proletari…”. Il che significa dire che la famiglia borghese esiste nella misura in cui quella proletaria è stata spappolata, distrutta.
Però il punto è ancora un altro. La società borghese dell’epoca era effettivamente, da un punto di vista ideologico, a trazione patriarcale (pur nei termini che ho spiegato). Oggi NON è più così e continuare a sostenere che l’attuale società capitalista è dominata dalla cultura patriarcale è privo di ogni fondamento e diventa un fattore depistante sotto ogni punto di vista, ideologico e politico. Una guerra fra i sessi, deliberatamente alimentata, anzi, una guerra (sessista e interclassista) contro il genere maschile, un depistaggio ideologico di proporzioni enormi, più di quello portato avanti dalla variante di destra del sistema capitalista sull’immigrazione.
Ma è evidente che il discorso si farebbe lunghissimo. Ho scritto moltissimo su questi temi. Non saprei da che parte cominciare. Ti segnalo alcuni articoli. Se vuoi leggili e ne riparliamo. Però lascia stare le citazioni.
Hegel diceva che la filosofia è il proprio tempo appreso nel pensiero (a proposito di citazioni, ma questa era necessaria…). Ecco, io credo che per capire oggi la relazione fra i sessi all’interno dell’attuale società capitalista estrapolare quelle frasi di Marx ed Engels, così come hai fatto tu, non serva a nulla. La realtà della relazione fra i sessi e della condizione delle donne e degli uomini all’interno della società capitalistica attuale è profondamente mutata e abbiamo bisogno di uno sguardo diverso per decodificarla. Anche utilizzando gli strumenti che Marx ci ha messo a disposizione. E infatti io ASSOLUTAMENTE CONVINTO che se Marx vivesse oggi e osservasse ad esempio il fenomeno (la tragedia?...) del milione di padri separati che vivono sotto la soglia di povertà, espropriati dei figli, del reddito, della casa, oppure dei morti esclusivamente maschi sul lavoro, oppure delle carceri piene di maschi per il 95%, e tante altre situazioni che vedono la popolazione maschile penalizzata, arriverebbe ad altre conclusioni.
Credo che forse questo documento indirizzato ai compagni e alle compagne di Potere al Popolo prima delle elezioni, sintetizzi meglio di altri una questione complessa come questa. E’ lungo ma non si poteva fare altrimenti. Poi se vuoi e non ti sei scandalizzata, ne riparliamo:
http://www.linterferenza.info/lettere/lettera-aperta-agli-uomini-alle-donne-potere-al-popolo/
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Radek
Monday, 01 October 2018 17:58
Quoting Juri:
Quoting Radek:
Meglio spiegare a Brancaccio che il fascismo è figlio del grande capitale, senza quello non si da fascismo

Meglio anche leggere gli articoli .: “il fascismo è un virus interno alla meccanica stessa del capitale, che si alimenta delle contraddizioni innescate dalle crisi capitalistiche.” ( Brancaccio scrive , proprio in questo articolo )
Quoting Radek:
e ricordargli che i cd "Fascisti" al Governo sono stati designati come tali da quello stesso capitale transnazionale che li considera non per caso nemici mortali.

Fascisti è inappropriato . Meglio “neofascisti” o “postfascisti” , in mancanza di altri termini . Perché ? Perché sono dei nazionalisti xenofobi . E’ questa , come noto , il cuore dell’ideologia fascista , ora neofascista . E il capitalismo ha bisogno dei nazionalisti xenofobi e dei razzisti in genere , da sempre . Da quando è nato . E a maggior ragione quando entra inevitabilmente in crisi . Tra l’altro lo dici anche tu ( “il fascismo è figlio del grande capitale” ) . Che LePen , Orban , Salvini ecc. siano dei razzisti nazionalisti non lo dicono i capitalisti , o almeno non solo . Lo dico anch’io , lo dicono i filosofi e gli storici ( Enzo Traverso “I nuovi volti del Fascismo” ) . Lo dice Salvini di se stesso quando fa sapere di voler censire i cittadini per gruppi etnici ( come a Norimberga nel ’35 , poi gli hanno spiegato che non si può ) , o di voler riservare gli asili nido esclusivamente ai bambini italiani doc e di voler dare incentivi esclusivamente alle gravide italiane doc ( probabilmente doc , secondo il neurone razzista , vuol dire dal 1861 e fino ad un 1/16 di sangue straniero ) , o di voler mandare le ruspe dai rom , che , “purtroppo , mi sono informato , e non c’e’ niente da fare , ce li dobbiamo tenere ( Salvini )” , ecc.ecc..

Puoi sempre allinearti al grande capitale antifascista ed invocare Bella Ciao al gay pride o brandire arancini.. Fra Scalfari Bernard Levi Ezio Mauro e Calabresi o l'Annunziata e le ONG non hai che da scegliere. L'analisi di classe ci rivela che è in corso uno scontro violento fra il grande capitale globalizzato ed il piccolo capitale periferico territorialmente collocato. I ceti subalterni seguono il secondo. Lo spazio storico della sinistra è già occupato. La priorità è il recupero della sovranità nazionale e popolare. Quando la destra subalterna avrà sconfitto la destra oligarchica ( o ne sarà stata cooptata) forse troverai spazio a sinistra. Queste sono le formazioni storiche in gioco. Puoi schifarle, ma il gioco è questo. Enzo Traverso potrà dire quello che vuole, ma 4 neofascisti sono folklore. L'Europa è vecchia e suonata. La destra populista di Orban e Salvini è resistenza quasi passiva. Manca la carne.
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Anna
Monday, 01 October 2018 16:20
Quoting Fabrizio Marchi:
Peccato per quel sempiterno riferimento al femminismo che personalmente ritengo essere una ideologia interclassista e di fatto sessista figlia del capitalismo occidentale e del tutto estranea al conflitto di classe e al movimento comunista e socialista (non a caso non è nato e non si è affermato nell'URSS o nella Cina di Mao o in qualsiasi altro stato socialista ma negli USA e contestualmente nell'Europa occidentale). Penso che una riflessione critica in quella direzione vada assolutamente aperta anche se so di combattere contro i mulini a vento perchè nessuno, mai, a sinistra (compresa quella comunista), avrà mai il coraggio di mettere mano a quello che è un vero e proprio tabù inviolabile, elevato ad una sorta di Verità Assoluta, Incriticabile e Inconfutabile. E questo non è certo un atteggiamento illuministico, razionale e laico (visto che Brancaccio nel suo articolo ha fatto riferimento all'Illuminismo...) ma dogmatico, quasi (e forse senza il quasi) religioso.

“infine tale movimento che consiste nell’opporre la proprietà privata generale alla proprietà privata, si esprime in una forma animale come la seguente: al matrimonio (che è indubbiamente una forma di proprietà privata esclusiva) si contrappone la comunanza delle donne, dove la donna diventa proprietà della comunità, una proprietà comune. Si può dire che questa idea della comunanza delle donne è il mistero rivelato di questo comunismo ancor rozzo e materiale. Allo stesso modo che la donna passa da matrimonio alla prostituzione generale, cosí l’intero mondo della ricchezza, cioè dell’essenza oggettiva dell’uomo, passa dal rapporto di matrimonio esclusivo col proprietario privato al rapporto di prostituzione generale con la comunità”. ( K.Marx , manoscritti economico filosofici del 1844 )
“In sua moglie il borghese non vede che uno strumento di riproduzione. Egli sente dire che gli strumenti di produzione devono essere di proprietà comune e arriva naturalmente alla conclusione che le mogli stesse condivideranno la sorte della socializzazione. Non suppone che si tratti appunto di sottrarre la donna al suo attuale ruolo di semplice strumento di riproduzione. Niente di più grottesco, del resto, che l’orrore ultra moralista che ispira ai nostri borghesi la presunta comunanza ufficiale delle donne che verrebbe professata dai comunisti. I comunisti non hanno bisogno di introdurla, essa è quasi sempre esistita. I nostri borghesi, non paghi di avere a loro disposizione le mogli e le figlie dei proletari, senza menzionare la prostituzione ufficiale, traggono il più grande piacere nel corrompere le loro rispettive spose. Il matrimonio borghese è, in realtà, la comunanza delle donne sposate. Tutt’al più si potrebbero quindi accusare i comunisti di voler contrapporre a una comunanza di donne ipocritamente dissimulata una comunanza franca e ufficiale. E’ del resto evidente che, con l’abolizione degli attuali rapporti di produzione, scomparirà la comunanza delle donne che da essi deriva, ovvero la prostituzione ufficiale e non ufficiale.” ( K.Marx , 1848 , Il Manifesto del Partito Comunista )
“chiunque conosca qualcosa di storia sa che i grandi cambiamenti sociali non possono avvenire senza anche una grande ribellione delle donne. Il progresso sociale può essere misurato esattamente dalla posizione sociale del sesso debole” ( K.Marx 1868 , cit. in Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova 2014 )
“Anche a casa, fu l’uomo a prendere in mano il timone; la donna fu degradata, asservita, divenne schiava del piacere dell’uomo e semplice strumento di riproduzione. Questa condizione avvilente della donna, tale a come appariva evidentemente presso i Greci del periodo eroico, e ancor di più nell’epoca classica, la schiaccia gradualmente, la riveste di false sembianze; ma questa condizione non è ancora stata del tutto soppressa”. ( Engels , 1884 , L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato )
“Il matrimonio di coppia costituì un gran progresso storico, ma aprì contemporaneamente, a fianco della schiavitù e della proprietà privata, quest’epoca che si prolunga fino ai giorni nostri, nella quale ogni progresso segna allo stesso tempo un relativo passo indietro, poiché il benessere e lo sviluppo di alcuni vengono ottenuti attraverso la sofferenza e l’arretramento di altri. Il matrimonio di coppia costituisce la cellula della società civilizzata, nella quale possiamo già studiare la natura degli antagonismi e delle contraddizioni, che in essa si sviluppano pienamente” ( Engels , 1884 , L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato )
“nessuna delle repubbliche borghesi più progredite ha fatto in decine d'anni nemmeno la centesima parte di quello che noi abbiamo fatto anche solo nel primo anno del nostro potere. Noi non abbiamo letteralmente lasciato pietra su pietra di tutte le abiette leggi sulla menomazione dei diritti della donna, sulle restrizioni al divorzio, sulle oziose formalità da cui era vincolata, sulla ricerca della parternità ecc” ( Lenin , 1919 , ne “La grande iniziativa, in Opere scelte, volume unico, pp. 505-506)” )
“la donna continua ad essere una schiava, perché il lavoro domestico la opprime, la strangola, la degrada e la limita alla cucina e alla cura dei figli; ella spreca la sua forza in lavori improduttivi, senza prospettiva, che distruggono i nervi e la rendono idiota. E’ per questo motivo che l’emancipazione della donna, il vero comunismo, inizierà solamente quando sarà intrapresa una lotta senza quartiere contro questa natura del lavoro domestico o, meglio, quando avrà luogo la totale trasformazione di questo lavoro in un’economia di grande scala.” ( Lenin , 1919 , ne “La grande iniziativa, in Opere scelte, volume unico, pp. 505-506)” )
“Una delle più scioccanti manifestazioni di questa incongruenza (del capitalismo) è l’ineguaglianza tra donna e uomo. Nessuno Stato borghese, per quanto progressista, repubblicano, democratico sia, ha riconosciuto l’intera uguaglianza di diritti tra uomo e donna. La Repubblica Sovietica russa, per contro, ha cancellato in un colpo solo e senza eccezione alcuna tutte le tracce giuridiche dell’inferiorità della donna, e del pari ha assicurato in un colpo solo la parità completa della donna a livello di leggi”. ( Lenin , 1920 , discorso in omaggio della Giornata Internazionale della Donna )
"Eravamo nel suo studio. Io gli parlavo dei problemi dell’emancipazione delle donne e del partito. Lui mi interruppe: “Sulla questione femminile gratta gratta un comunista e anche lì viene fuori un reazionario”."
(Camilla Ravera, raccontando del colloquio avuto con Vladimir Lenin , in L’Unità - intervista a Camilla Ravera , aprile 1987 )
“La situazione della donna è l’indice più chiaro e probante che permette di valutare il regime e la politica sociale del governo. La Rivoluzione d’Ottobre aveva fatto propria la causa dell’emancipazione della donna e creato la legislazione più progressista mai esistita nella storia su matrimonio e famiglia. Beninteso, ciò non significa che la “felicità” si sia improvvisamente insediata nella vita della donna sovietica. La liberazione effettiva della donna è impossibile senza un elevamento generale del livello politico e culturale, senza la distruzione dell’economia familiare piccolo-borghese, senza la creazione di un sistema di mense e di educazione collettiva. Malgrado ciò, guidata dai suoi istinti conservatori, la burocrazia temeva la ‘distruzione’ della famiglia. Cominciò a tessere le lodi del pasto in famiglia, della biancheria lavata in casa, quindi della schiavitù della donna all’interno della famiglia. Per concludere, ritornò a considerare l’aborto un crimine, abbassando la donna alla condizione di una bestia da soma. In questo modo, in flagrante contraddizione con l’Abc del comunismo, la casta dirigente ristabiliva la cellula più reazionaria e più lugubre del regime di classe, la famiglia piccolo-borghese”. ( Trotsky , 1938 , in “Il governo sovietico applica sempre i principi definiti vent’anni fa?” )
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Fabrizio Marchi
Monday, 01 October 2018 09:39
Peccato per quel sempiterno riferimento al femminismo che personalmente ritengo essere una ideologia interclassista e di fatto sessista figlia del capitalismo occidentale e del tutto estranea al conflitto di classe e al movimento comunista e socialista (non a caso non è nato e non si è affermato nell'URSS o nella Cina di Mao o in qualsiasi altro stato socialista ma negli USA e contestualmente nell'Europa occidentale). Penso che una riflessione critica in quella direzione vada assolutamente aperta anche se so di combattere contro i mulini a vento perchè nessuno, mai, a sinistra (compresa quella comunista), avrà mai il coraggio di mettere mano a quello che è un vero e proprio tabù inviolabile, elevato ad una sorta di Verità Assoluta, Incriticabile e Inconfutabile. E questo non è certo un atteggiamento illuministico, razionale e laico (visto che Brancaccio nel suo articolo ha fatto riferimento all'Illuminismo...) ma dogmatico, quasi (e forse senza il quasi) religioso. Ciò detto, nell'articolo ci sono sicuramente concetti condivisibili ed è vero che sulla questione dell'immigrazione ci sono molti compagni che hanno assunto o stanno assumendo posizioni ambigue e che di fatto nicchiano a destra, nel maldestro tentativo di riconquistare consensi presso i ceti popolari. Ma io penso che i comunisti e i socialisti debbano affrontare e possibilmente risolvere le contraddizioni in seno al popolo - come avremmo detto una volta - e non avallarle. Quell' atteggiamento "codista" rischia di scivolare nell'opportunismo e nel trasformismo. In tal senso le preoccupazioni di Brancaccio sono fondate. Però è sbagliato assumere, come mi pare lui stesso faccia, un atteggiamento di chiusura e di ostilità nei confronti di quei compagni che si stanno separando dalla'attuale sinistra "liberal" e "radical" (anch'essa, a mio parere, del tutto funzionale e organica al capitale). Un simile atteggiamento porta di fatto a schierarsi con quella "sinistra" liberale, la stessa che lui dice di voler combattere, e che lavora appunto alla formazione di un fronte antipopulista da Macron a Tsipras, da Berlusconi alla Boldrini...Non è affatto un caso, infatti, che il suo articolo sia stato pubblicato sull'Espresso, una delle corazzate di quella "sinistra liberale" di cui sopra... Ciò detto, condivido la ricerca di quell'autonomia politica e di classe di cui lo stesso Brancaccio parla. E' un lavoro difficilissimo che abbiamo davanti a noi, specie in questa fase di totale assenza di coscienza di classe di trionfo ideologico del capitale, ma non c'è alternativa. Però, anche per fare questo, bisogna avere il coraggio di mettere mano a tutti i tabù che impediscono di intraprendere questo percorso, ivi e soprattutto compreso quello a cui facevo riferimento poc'anzi...
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Robbie
Monday, 01 October 2018 00:17
Brancaccio for ever.
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Juri
Sunday, 30 September 2018 23:51
Quoting Radek:
Meglio spiegare a Brancaccio che il fascismo è figlio del grande capitale, senza quello non si da fascismo

Meglio anche leggere gli articoli .: “il fascismo è un virus interno alla meccanica stessa del capitale, che si alimenta delle contraddizioni innescate dalle crisi capitalistiche.” ( Brancaccio scrive , proprio in questo articolo )
Quoting Radek:
e ricordargli che i cd "Fascisti" al Governo sono stati designati come tali da quello stesso capitale transnazionale che li considera non per caso nemici mortali.

Fascisti è inappropriato . Meglio “neofascisti” o “postfascisti” , in mancanza di altri termini . Perché ? Perché sono dei nazionalisti xenofobi . E’ questa , come noto , il cuore dell’ideologia fascista , ora neofascista . E il capitalismo ha bisogno dei nazionalisti xenofobi e dei razzisti in genere , da sempre . Da quando è nato . E a maggior ragione quando entra inevitabilmente in crisi . Tra l’altro lo dici anche tu ( “il fascismo è figlio del grande capitale” ) . Che LePen , Orban , Salvini ecc. siano dei razzisti nazionalisti non lo dicono i capitalisti , o almeno non solo . Lo dico anch’io , lo dicono i filosofi e gli storici ( Enzo Traverso “I nuovi volti del Fascismo” ) . Lo dice Salvini di se stesso quando fa sapere di voler censire i cittadini per gruppi etnici ( come a Norimberga nel ’35 , poi gli hanno spiegato che non si può ) , o di voler riservare gli asili nido esclusivamente ai bambini italiani doc e di voler dare incentivi esclusivamente alle gravide italiane doc ( probabilmente doc , secondo il neurone razzista , vuol dire dal 1861 e fino ad un 1/16 di sangue straniero ) , o di voler mandare le ruspe dai rom , che , “purtroppo , mi sono informato , e non c’e’ niente da fare , ce li dobbiamo tenere ( Salvini )” , ecc.ecc..
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Radek
Sunday, 30 September 2018 20:23
Frank puoi condividere quel che ti pare ma sarebbe più serioaargomentare.
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Radek
Sunday, 30 September 2018 20:23
Frank puoi condividere quel che ti pare ma sarebbe più serioaargomentare.
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Frank
Sunday, 30 September 2018 10:54
Radek, mi sa che di fascismo ne sai poco. Io condivido l'analisi di Brancaccio. Se ci mettessimo a lavorare su questa invece di scimmiottare le varie destre di establishment o populiste, forse usciremmo dalla palude in cui siamo finiti.
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Paola
Saturday, 29 September 2018 22:18
Davvero ottimo.
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Radek
Saturday, 29 September 2018 22:14
Meglio spiegare a Brancaccio che il fascismo è figlio del grande capitale, senza quello non si da fascismo e ricordargli che i cd "Fascisti" al Governo sono stati designati come tali da quello stesso capitale transnazionale che li considera non per caso nemici mortali.
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Giordano Cassioli
Saturday, 29 September 2018 17:44
Mah, magari ne parla altrove, ma i progressisti hanno impiegato l'antifascismo, l'antiitalianità e l'antirazzismo indiscriminatamente come il protagonista di un cartone animato ricorre ai superpoteri su uno sfondo di arcobleni; ha investito tutto nel visage dei diritti cosiddetti cosmetici (e che tali sono in assenza di giustizia sociale) per dissimulare la peluria lincantropica del più famelico ordoliberismo. C'è più socialismo nella Lega che nel PD. Non parliamo poi dell'unica vera forza politica sociale attuale, il M5S. Mi spiace, ma qui anche Brancaccio cade nella tentazione di riesumare un fascismo su cui la sinistra ha pascolato per decenni. Il paradosso del panorama attuale è proprio questo: più antifascismo più neofascismo (pur in forme varie, più o meno farsesche, può o meno confuse). Più che un "laissez faire", si può senz'altro parlare di un abuso clamoroso dell'antifascismo, un "al lupo al lupo" puerile, conveniente e ottuso. Non dubito della sincerità di Brancaccio, che stimo, ma una proposta debole non si rafforza in base alla veemenza e convinzione con cui viene avanzata.
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Anna
Saturday, 29 September 2018 14:28
Veramente ottimo Emiliano Brancaccio . Finalmente un po' d'aria buona .
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