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Sea Watch & Sea Reality

di Igor Giussani

Sea Watch inchiesta procura Agrigento 768x512Ci sono due tipi di sbarchi: gli sbarchi fantasma di cui nessuno parla, poi arrivano le ONG e si scatena il finimondo, si accendono i riflettori e tutti parlano di 43 persone non vedendo che nei giorni scorsi sono sbarcate 200 persone… se sbarcano altri non capisco perché non debbano sbarcare questi

Nel loro ingenuo candore, le parole del sindaco di Lampedusa Totò Martello risultano molto illuminanti, se si è capaci di andare al di là della vicenda della Sea Watch 3 e del solito tritacarne mediatico dove si mescolano rabbiose minacce proferite da Salvini, interviste soporifere a Saviano, esternazioni omicide di Giorgia Meloni, reazioni sdegnate delle opposizioni, inviti della Chiesa all’accoglienza, tweet impazziti di VIP, tempeste di indignazione pro-contro ONG sui social network ecc.

In estrema sintesi, infatti, esse forniscono due informazioni preziose:

  • in barba alla narrazione dei migranti ‘deboli, sradicati e post-identitari’ in balia del mare su barchini improvvisati e/o vittime di loschi trafficanti di uomini, molti di essi dimostrano capacità e intraprendenza non inferiore a quella dei giovani europei che, depressi dalla crisi economica, cercano miglior sorte in nuovi lidi. Persone quindi che non necessitano di ONG o particolari tutori, per i quali la cosiddetta ‘macchina dell’accoglienza’ probabilmente risulta solo un’inutile palla al piede;
  • alla faccia dei proclami governativi inneggianti alla drastica riduzione degli sbarchi, il fenomeno prosegue senza interruzioni nel silenzio generale.

Una forma mentis complottista in tale contesto intravederebbe sicuramente una gigantesca pantomima per portare acqua ai diversi mulini coinvolti: le ONG intercettano le tipologie di migranti confacenti alla loro mission, offrendole sul piatto d’argento della retorica sovranista della Destra e di quella umanitaria della Sinistra, in uno scambio di accuse incrociato tra le parti che ne consolida il prestigio presso i rispettivi seguaci. Così, mentre la gente eleva a icone Carola Rackete o Matteo Salvini a seconda dei gusti personali, i migranti restano anonimi sullo sfondo, avvolti in quel mix di integrazione ed esclusione perfetto per lo sfruttamento economico capitalistico (ci pagano le pensioni, svolgono lavori sottopagati, sono ottime armi di distrazione di massa, per giunta assicurano un consistente pacchetto di voti a Destra e Sinistra mossi da odio o simpatia – cosa desiderare di più?).

Mentre ci si straccia le vesti presentando le ONG ora come paladine dei diritti umani ora come burattinaie di sinistri piani per la sostituzione etnica europea – nonché additando Matteo Salvini a nuovo Duce o Capitano coraggioso del riscatto nazionale – si evita accuratamente qualsiasi ragionamento sull’esistenza dei migranti che non rientri nelle consuete vulgate semplicistiche.

Complottismi a parte, conviene ribadire le ragioni che inficiano profondamente la dialettica in apparenza antitetica ma in realtà complementare Boldrini vs Salvini (ossia foderarsi gli occhi di prosciutto schierandosi per partito preso a favore o contro i migranti):

  • qualsiasi ragionamento sull’accoglienza non può prescindere dall’evidenza di un’Italia e di un’Europa che hanno ampiamente superato la loro capacità di carico ecologica (ambientalismo e libertà illimitata di movimento delle persone non vanno quindi d’accordo);
  • l’attuale sistema economico mondiale, basato su meccanismi di dominio che avvantaggiano l’Occidente relegando i paesi africani e gran parte del sud del mondo al ruolo di esportatori di materie prime a basso prezzo, produce inevitabilmente migrazioni di massa quale effetto collaterale (vuoi i flussi di materie prime a buon mercato che fanno di te un benestante cittadino del primo mondo? Allora ti devi sorbire anche i migranti facendo poco lo schizzinoso).

Ragionare su di un limite alle migrazioni rinunciando contemporaneamente allo stile di vita occidentale farebbe storcere il naso a chiunque, a differenza delle solite rappresentazioni mediatiche che, con la loro palese faziosità, riescono in un modo o nell’altro a soddisfare tutti i punti di vista enfatizzando solo una faccia della realtà. Del resto, come disse bene William James, “il più grande nemico di una qualsiasi delle nostre verità può essere il resto della nostra verità”.

* * * *

Sea Watch e Sea Reality: alcune precisazioni

Il contributo che precede, Sea Watch & Sea Reality, è stato oggetto di svariati commenti sui social network. Ho deciso di rispondere a un paio di questi pubblicamente sul nostro sito, onde evitare l’insorgere di equivoci sulla mia presa di posizione.

Primo commento:

Mi spiace per voi ma non esiste nessuna “dialettica in apparenza antitetica ma in realtà complementare Boldrini vs Salvini (ossia foderarsi gli occhi di prosciutto schierandosi per partito preso a favore o contro i migranti)”, bensì una posizione giusta e una posizione sbagliata. Ammiccare ai complottismi e liquidare la questione con due conclusioni: il nostro paese ha raggiunto la capacità ecologica e le migrazioni sono una causa del “sistema capitalistico”, è un modo per evitare (come fanno i 5 stelle) di prendere una posizione esplicita finendo, come tutti coloro che dicono che “destra e sinistra sono categorie vecchie”, per prendere una posizione di destra considerando le persone (in questo caso i migranti) come dei mezzi, e non come dei fini in sé. Forse è il caso che tornare a occuparsi di saponi fatti in casa e di macrobiotica.

Non ho alcun problema a schierarmi tra i due ‘capitani’ coinvolti nella vicenda Sea Watch – Carola Rackete e Matteo Salvini – e non certo a favore del patriota che fino a qualche anno fa inneggiava alla secessione. Tuttavia, se gli obblighi morali impongono di non voltarsi dall’altra parte in presenza di un’emergenza umanitaria, è altrettanto doveroso non mettere la testa sotto alla sabbia e riflettere seriamente (io, nel mio piccolo, ci provo, ma per fortuna anche altri più capaci di me) su di un fenomeno che emergenziale non lo è affatto, essendo divenuto drammatica normalità nel contesto della società mondiale. A maggior ragione, mi sento in diritto di esprimere il mio distinguo riscontrando come tanti oggi ostentanti solidarietà abbiano mostrato nel recente passato orientamenti decisamente di segno opposto.

Infatti, se la presenza di parlamentari a bordo della Sea Watch 3 ha rappresentato un ottimo deterrente contro possibili degenerazioni della situazione, alcuni dei politici coinvolti (vedi Graziano Del Rio, Matteo Orfini, Davide Faraone e Riccardo Magi) appartengono alla coalizione che ha firmato il memorandum Italia-Libia del 2 febbraio 2017, con cui l’esecutivo a guida PD di fatto esternalizzava al governo di Sarraj il controllo dei flussi migratori, per operare veri e propri respingimenti nel silenzio più totale. Se i migranti recuperati in mare dalla Sea Watch 3 fossero stati intercettati dalla guardia costiera del paese nordafricano come previsto dall’accordo, oggi si troverebbero nei famigerati campi di detenzione denunciati a più riprese da Amnesty International per le ripetute violazioni di diritti umani fondamentali (proprio in queste ore Associated Press ha diffuso informazioni inquietanti sul centro di Zintan).

Se si tratta quindi di scegliere tra ‘giusto o sbagliato’ e ‘prendere posizione esplicita’, allora ciò non può avvenire solo in favore di telecamera riguardo a un singolo caso su cui si sono accesi i riflettori dei media, altrimenti l’accusa di approfittare di facili vetrine elettorali suona decisamente sensata. Per i saponi e la macrobiotica c’è sempre tempo, per la chiarezza su questioni tanto delicate no.

Secondo commento:

In questa riflessione manca un punto cruciale, la gente nel Mediterraneo muore, muore facendo questa traversata, muore cercando di arrivare qui, muore. Quindi prima di permettersi di dire che non necessitano delle ong, che nel percorso migratorio può pure essere vero, partirei dal presupposto che il Mediterraneo è pieno di cadaveri e che forse quei 43 inizialmente 58 senza la sea watch si sarebbero aggiunti alla conta, ormai lunga, dei cadaveri di questo 2019.

Non mi permetterei mai di definire inutile il lavoro delle ONG, così come non l’ho mai fatto nei confronti della Croce Rossa o altre associazioni filantropiche malgrado svariati dubbi e scetticismi; anzi, riconosco come la sopravvivenza di tante persone sia legata a doppio filo alle loro attività, cosa di per sé non giusta dal momento che un’esistenza dignitosa per chiunque dovrebbe essere un diritto inalienabile e non una generosa elargizione. In ogni caso, il coraggio e la determinazione di Carola Rackete non fanno scomparire d’incanto tutte le criticità della narrazione sostenuta dalle ONG (nonché dal ‘boldrinismo’), inoltre permangono le perplessità riguardo alla ragion d’essere profonda di tali organizzazioni. Rappresentare il fenomeno migratorio essenzialmente come una massa di deboli bisognosi in fuga dalla violenza, oltre a essere smentito dalla realtà, trasuda di uno strisciante pregiudizio etnocentrico (bisognoso = inferiore), per giunta sdogana implicitamente l’idea della Destra secondo cui la migrazione ‘economica’, non dettata dalla fuga dalla guerra o dalla persecuzione politica, è una scelta voluttuaria a cui è lecito opporre totale rifiuto. Tutto ciò all’interno della logica che spinge George Soros e altre figure simili a finanziare il salvataggio in mare: ovviamente non il diabolico piano della ‘sostituzione etnica’ strombazzato da tanti fuffologi, bensì la consapevolezza che le migrazioni rappresentano l’unica valvola di sfogo per i paesi alla periferia dell’economia mondiale, per cui la loro completa repressione potrebbe originare pesanti destabilizzazioni che si rifletterebbero pericolosamente sulle fondamenta dell’intero mercato globalizzato. Pertanto, non voglio che il mio apprezzamento per gli sforzi genuini di tanti attivisti venga confuso con l’adesione a un modello umanitario che, nella tradizione degli ‘aiuti allo sviluppo’, è pensato principalmente per tamponare le falle maggiormente evidenti lasciando inalterato il più possibile lo status quo.

In conclusione, condivido l’appello lanciato su Facebook dalla co-presidente di MDF Lucia Cuffaro (tra gli altri) affinché alla Rackete venga risparmiata una condanna che può comportare dai tre fino ai quindici anni di carcere; purtroppo, questa personalizzazione della questione sarà inevitabilmente fonte di ulteriori strumentalizzazioni utili al circo mediatico italiota ma non certo ad affrontare una volta per tutte i problemi con uno sguardo che sappia guardare al di là degli angusti orizzonti di casa nostra e non si limiti agli auspici per una ripartizione equa dei profughi tra i membri della UE. Riuscire ad abbandonare speculazioni politiche, egoismi e facili indignazioni in favore di una riflessione ragionevole e aliena da campanilismi è l’unico modo per uscire da questo tragico impasse.

Comments

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Mario M
Friday, 05 July 2019 21:28
Nel blog del Pedante, che qui spesso viene ospitato, c'è un'analisi degli aspetti giuridici riguardo alle ONG.

http://ilpedante.org/post/il-governo-dei-non-governativi
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daniele benzi
Friday, 05 July 2019 18:09
complimenti, ragionamento scomodo ma, ahimè, "se non del tutto giusto, quasi niente sbagliato"...
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