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lacausadellecose

Ventinove tesi

di Michele Castaldo

Da La crisi di una teoria rivoluzionaria

188BjUMqoJhM2MiwNUz3j3wA dicembre del 2018 pubblicai La crisi di una teoria rivoluzionaria, un libretto breve e conciso, dove cercavo di spiegare le ragioni della crisi di una teoria che si richiama al marxismo. In appendice declinavo 29 tesi che qui pubblico nel tentativo di smuovere un dibattito ormai impantanato in schemi e ideologismi nel quale si dimenano gran parte dei militanti di sinistra, anche i migliori, cioè i più onesti, quelli che non rincorrono arrivismi nel sottobosco del potere politico, oppure quelli dediti a carrierismi e leaderismi in sette chiesastiche. Non mi nascondo: è un sasso nello stagno. La fase è complicata e una riflessione si impone.

  1. Il moto-modo di produzione capitalistico è un insieme di rapporti degli uomini con i mezzi di produzione e di leggi oggettive che hanno come epicentro il mercato e la concorrenza a cui gli uomini sono incapaci di sottrarsi.

  2. Il soggetto è il movimento storico divenuto modo di produzione capitalistico, con classi e interessi fra le classi che sono complementari e contrastanti al contempo.

  3. Questo movimento generale cui gli uomini sono arrivati dopo secoli di sviluppo è la conseguenza di rapporti di produzione precedenti superati da nuove forze produttive.

  4. Detto movimento sta entrando in una crisi generale non per l’opposizione di una classe al suo interno, ma perché ha saturato il processo di produzione e riproduzione semplice e allargato, con una sovrapproduzione sia di merci che di mezzi di produzione privi di sbocchi.

  5. In virtù di tale meccanismo il moto-modo di produzione capitalistico è destinato ad avviarsi verso il caos generale senza alcuna possibilità di correggere le leggi che lo regolano.

  6. Non c’è e non ci può essere – in virtù di dette leggi – nessuna classe in grado di capovolgere a suo favore il rapporto di proprietà dei mezzi di produzione e organizzare diversamente la produzione e quindi determinare nuovi rapporti sociali.

  7. Tutte le classi si intersecano in un movimento fluido dato dall’accumulazione del capitale, esse sono complementari e subiscono modificazioni secondo l’accelerazione o il rallentamento dell’accumulazione che rincorre a sua volta l’aumento continuo della produttività, sempre attraverso lo sviluppo di nuove tecnologie.

  8. In virtù di tali considerazioni sono da ritenersi illusori e privi di ogni valenza storica gli strascichi teorici e politici del movimento operaio del ‘900 che fondava le sue prospettive sull’autonomia della classe operaia e sul presupposto di una sua metamorfosi da classe in sé – per il capitale -, a classe per sé, cioè per la rivoluzione.

  9. Il proletariato è costretto a seguire pedissequamente il proprio capitalismo nazionale per tenersi a galla come classe subordinata, nonostante venga continuamente svalorizzata, cioè impoverita.

  10. A sostegno della precedente tesi citiamo l’esempio di determinati settori produttivi trainanti come la siderurgia, la metallurgia e la chimica, in modo particolare quelli più inquinanti, che vedono una convergenza tra capitalisti e operai senza che i secondi riescano in qualche modo a separare i loro destini dai primi, proprio come i girasoli guardano il sole per mantenersi in vita.

  11. I capitalisti, in modo particolare in Occidente, stretti nella morsa della crisi, fanno pressione sugli Stati per un ritorno allo sciovinismo più becero. Perciò ogni Stato manda in frantumi anche il benché minimo obiettivo su ambiente, sanità e immigrazione per rincorrere fantomatiche e impossibili nuove misure protezionistiche per mantenere in vita l’insieme dell’economia nazionale sorretta dal profitto. E gli operai sono costretti a subire passivamente le imposizioni dei capitalisti.

  12. L’esistenza dei fattori oggettivi dello sfruttamento e dell’oppressione non sono sufficienti a determinare l’azione rivoluzionaria degli sfruttati e degli oppressi, ma è necessario che maturino i fattori determinati da una crisi generale del modo di produzione capitalistico.

  13. La natura materiale dei bisogni umani è alla base dell’azione e quindi della formazione di una coscienza storicamente determinata dei lavoratori. Essa si esprime in idee che danno luogo a movimenti e partiti politici ideali che mutano con il mutare delle necessità oggettive degli oppressi e degli sfruttati.

  14. La lunga marcia della liberazione degli oppressi e degli sfruttati può trovare uno sbocco definitivo solo con l’esaurirsi del moto-modo di produzione capitalistico.

  15. La lotta sindacale degli operai è una necessità contingente, un riflesso agente di cui farebbero volentieri a meno, ma sono costretti ad agire sempre come extrema ratio, di volta in volta, secondo l’andamento dell’accumulazione capitalistica nell’infernale meccanismo della concorrenza tendente progressivamente a un livellamento fra le varie aree geografiche.

  16. La natura sindacale della lotta proletaria si è distinta in quattro fasi: una prima fase di associazioni di mutuo soccorso; una seconda fase di associazioni di operai specializzati, di muto soccorso e di difesa corporativa contro il capitale e insieme contro la crescente concorrenza dovuta allo sviluppo di sempre nuove tecnologie; una terza fase di associazioni di proletari, operai comuni de-professionalizzati dall’accresciuta tecnologia, che chiedono quota parte nel processo crescente dell’accumulazione capitalistica; una quarta fase, quella attuale, in modo particolare in Occidente, per contenere l’arretramento dell’accumulazione.

  17. I comunisti, cioè l’espressione politica delle necessità oggettive dei lavoratori, sono una costante storicamente determinata, scissa in due linee parallele: una ideale e una reale, una rivoluzionaria e l’altra riformista. Il programma del partito rivoluzionario-ideale si colloca alla fine del moto-modo di produzione capitalistico. Mentre il percorso riformista è il movimento reale del proletariato che in quanto complementare si comporta con il capitale proprio come i girasoli con il sole.

  18. Dagli anni ’70 del secolo scorso il proletariato delle metropoli occidentali ha cominciato a regredire a causa della caduta tendenziale del saggio di profitto e dell’accresciuta concorrenza del proletariato nordafricano e asiatico.

  19. L’attuale fase della lotta sindacale si caratterizza soprattutto per il lento, graduale e progressivo impoverimento del proletariato delle metropoli, senza possibilità che tale tendenza si inverta.

  20. Questa fase preannuncia una rottura totale con quelle precedenti, nel senso che non si potranno più dare nuove associazioni operaie con le stesse caratteristiche, cioè complementari all’accumulazione e allo sviluppo capitalistico e tendenti a migliorare la propria condizione di classe. Il nuovo movimento operaio nasce dall’implosione del modo di produzione capitalistico.

  21. Con l’approssimarsi di una conflagrazione generale dell’intero sistema capitalistico la questione sindacale si connota perciò in maniera diversa rispetto al precedente ciclo: arretramento disordinato del vecchio movimento operaio e avanzamento altrettanto disordinato del costituente nuovo movimento operaio su basi necessariamente diverse i cui connotati al momento sfuggono a ogni previsione.

  22. Il nuovo movimento operaio comincerà a darsi con fiammate improvvise, fluttuando e rifluendo, perché sarà oggettivamente incompatibile con la crisi generale del modo di produzione capitalistico.

  23. All’impoverimento del proletariato delle metropoli imperialiste sta corrispondendo una sostanziale modificazione della struttura economica dei paesi di giovane capitalismo con una nuova proletarizzazione di centinaia di milioni di nuovi operai. Essi non possono più essere parte di nuovi nazionalismi e unità popolari anticolonialiste e antimperialiste basate su una economia prevalentemente agricola.

  24. I comunisti della nuova epoca storica vengono a configurarsi come molecole sparse disordinatamente, proprio come disordinatamente comincerà a mobilitarsi il proletariato. L’aggravarsi della crisi porrà alle masse proletarizzate la necessità di un’aggregazione molecolare e così diverranno rivoluzionarie di fatto.

  25. E’ del tutto anacronistico rappresentare gli interessi delle future generazioni degli oppressi e sfruttati con il simbolo della falce e del martello, perché esso ha avuto un significato nel movimento ascendente del capitalismo le cui rivendicazioni erano la sottrazione della terra ai feudatari in favore dei contadini, da una parte, e la vendita organizzata della forza lavoro per gli operai, dall’altra parte.

  26. Per queste ragioni un nuovo manifesto comunista non può che essere espressione di una ribellione generalizzata delle nuove generazioni proletarie tanto nelle periferie quanto nelle metropoli, che vedono avanzare il caos senza alcuna prospettiva di una vita migliore. Si tratterà di un movimento composito, a macchia di leopardo, disordinato e non ideologico che, strada facendo, troverà le sue linee guida e i suoi programmi di prospettiva che saranno per forza di cose lontani e distinti da quelli delle classi oppresse e sfruttate del capitalismo ascendente.

  27. In assenza di mobilitazioni generalizzate nelle diverse aree e nei diversi continenti, parlare di programmi politici è privo di senso, un esercizio al quale non ci sentiamo di partecipare.

  28. La forza dei comunisti più che nelle capacità della classe operaia sta nell’essere il riflesso delle difficoltà del modo di produzione capitalistico, che a ondate aumentano progressivamente fino alla sua implosione. Questo vuol dire che è la crisi a far scattare quel famoso riflesso agente in settori, categorie e classi sociali, che si compongono in massa d’urto e dunque in possibile soggetto rivoluzionario.

  29. Resta aperta la questione dello Stato, cioè di uno strumento capace di gestire in senso comunistico risorse, produzione e distribuzione. Un tema rispetto al quale è perfettamente inutile arrovellarsi il cervello perché sarà possibile affrontarlo solo in presenza di condizioni oggettive, storicamente determinate, e comunque si tratterebbe di centralizzare il tutto a livello mondiale. Si tratta di un’opera improba certamente, ma con gli attuali livelli di sviluppo dei mezzi di produzione sarebbe meno difficoltoso dei secoli precedenti. La vera questione da affrontare è se l’umanità, dopo aver sperimentato fino in fondo benefici e i danni del modo di produzione capitalistico, sia in grado di incominciare a ipotizzare ruoli e rapporti che superino i vecchi rapporti di produzione per mettere all’ordine del giorno una centralizzata produzione e distribuzione tanto delle risorse naturali quanto di quelle umane.

Comments

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Giuseppe Casamassima
Sunday, 26 June 2022 01:08
È vero che c'è bisogno di aprire una dibattito fuori dai dogmatismi e dai preconcetti del tipo "il marxismo non è più valido per spiegare la realtà contemporanea".
Per iniziare un serio dibattito c'è anche bisogno, ad esempio, di ripensare la "Tesi 1" qui proposta, perché il modo di produzione capitalistico non ha l'epicentro nel mercato, e non l'ha mai avuto nel mercato neanche ab origine.
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Franco Trondoli
Saturday, 18 June 2022 20:32
Ci sono moltissime persone a tutti i livelli, compreso me, che sostanzialmente e giustamente dicono che "qualcosa non quadra". Quello che dovrebbero capire una buona volta tutte le persone che credono o dicono di essere di "sinistra", compreso me, è il fatto che dopo il 15 agosto 1971 (quando Nixon dichiarò l'inconvertibilita' del dollaro in oro), il Mondo è radicalmente cambiato. Da quella data almeno, La "Sfera Politica" non ha deciso e decide più nulla di sostanziale e primario rispetto ai modi di produzione e riproduzione del Capitale. E forse, ripeto, non lo ha deciso neanche prima della data di riferimento. I veri Poteri decisionali sono stati "trasferiti" tutti negli apparati, imprese e "famiglie" (tutti privati di fatto) che conosciamo. Il "Politico" è un sotto sistema che obbedisce agli ordini dall'alto. Il Diritto Pubblico Mondiale, retaggio del "Capitalismo liberale" è stato smantellato di fatto ovunque.. Quindi.. bisognerebbe prenderne atto.. sia a livello teorico "alto", sia a tutti i livelli pratici. A livello di grandi e medie Potenze, l'unica eccezione mi sembra effettivamente la Cina, dove il Partito Comunista è una specie di Consiglio di Amministrazione su grande scala che governa centralizzando e decentralizzando secondo le necessità. Tenuto conto delle ovvie "imprecisioni", nella sostanza a me sembra che funzioni così. Ma ripeto, qualsiasi ragionamento si faccia, bisognerebbe tenerlo in mente. Non ci sono e non devono essere riposte delle Speranze nel Politico. "Si dice, illudendosi di aver detto una gran cosa, che l'arte politica sia l'arte del possibile, ma si dimentica che per il politico nessun possibile è mai davvero dato: La sua azione è sempre obbligata, il vincolo è il suo elemento, è l'attrito che lo fa volare." ( Rocco Ronchi)
Scusate Grazie
Cordiali Saluti
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Michele Castaldo
Friday, 17 June 2022 08:24
Risponderò
più nel merito alle osservazioni qui poste. Intanto vorrei porre alcune domande semplici:
a) In Russia mi consta che un vero Partito comunista non c'è più;
b) In Europa andiamo col lanternino alla ricerca di micro organizzazioni comuniste;
c) Negli Usa peggio che andar di notte;
d) In Cina è rimasto appiccicato il nome "comunista" a uno Stato che rincorre l'accumulazione depredando l'Africa;
e) Nella nostra Italia c'era un Partito comunista con 11 milioni di voti, un milione di iscritti, l'80% dei tesserati della Cgil - la Cgil con 8/9 milioni di iscritti e non a maggioranza pensionati come quelli attuali; un partito che vendeva un milione di copie del quotidiano di partito l'Unità, oltre ad avere cellule operaie nella maggior parte delle industrie italiane.
Se tutto questo non c'è più ci deve porre o no delle domande?
A differenza di tanti altri, dopo oltre 50 anni di militanza in tutti i settori: fra operai, fra i contadini poveri, fra i senza casa, fra gli immigrati, nel sociale, con decine di denunce e più volte incarcerato, non mi son posto delle domande per arenarmi a fare il pensionato da bar, ma, da autodidatta, ho speso gli ultimi 30 anni a studiare il Rinascimento, la Comune di Parigi, la Rivoluzione russa e il fenomeno del maoismo, oltre i nostri padri Marx, Engels, e ancora Spinoza, Bruno, Lucrezio, D’Holbach, Hegel, e via di seguito, ma soprattutto la straordinaria Rosa Luxemburg, il vivacissimo Lenin e anche purtroppo alcuni autori molto narcisisti che venivano definiti comunisti.
Sono arrivato a certe conclusioni. E mi comporto - sulla base di certe considerazioni acquisite - come quell'attore di teatro che all'apertura del sipario non guarda quanta gente c'è in sala per decidere se e come recitare, no, recita come se la sala fosse strapiena, e non lo scoraggiano i fischi. Tutto qua.
Con affetto
Michele Castaldo
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Fabio Rontini
Friday, 17 June 2022 12:42
I punti a, b, c, d, e, all'inizio dell'intervento, più che delle domande sono delle affermazioni, su alcune delle quali mi permetto di dissentire, e che evidenziano dei presupposti impliciti che, mi sembra, sottostanno alle 29 tesi esposte nell'articolo.

Allora mi chiedo in base a quale criterio i partiti sedicenti comunisti ancora presenti oggi in Russia e Cina dovrebbero essere dei "falsi" partiti comunisti, mentre il partito sedicente comunista non più presente in Italia da quel dì (il P.C.I.) sarebbe stato un "vero" partito comunista.

Mi sembra che si formuli questo giudizio sulla base del fatto che la strategia dei primi diverge notevolmente dalla strategia del secondo. Ma la strategia del secondo (raggiungimento del socialismo tramite applicazione progressiva dei principi della costituzione antifascista tramite partecipazione democratica e allargamento sempre più universale dello stato sociale) sappiamo per certo essersi rivelata fallimentare. Lo stesso dicasi per la distanza tra la strategia dei due succitati partiti comunisti tuttora esistenti e quella del PCUS, che sappiamo benissimo non esistere più.

Dunque si giudicano falsi due partiti tuttora esistenti che affermano di perseguire l'obiettivo del comunismo secondo una determinata strategia, sulla base del confronto di questa loro strategia con quella di due partiti che hanno fallito il loro obiettivo.

Mi sembra che qui ci sia qualcosa che non quadra.
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TUMINI MICHELANGELO
Friday, 17 June 2022 11:57
Ho letto con attenzione i 29 punti, i commenti, e gli interrogativi posti da Michele Castaldo. Le sue riflessioni, a mio parere, vanno prese per quelle che appaiono e su di esse formulare possibili osservazioni e considerazioni ed esprimere un'opinione compiuta sul che fare per dare senso ad un'azione politica nella realtà odierna, per costruire un possibile futuro con minori disuguaglianze. La mia opinione è molto semplice: occorre produrre ricchezza in modo sostenibile e redistribuirla in modo da garantire ad ogni essere vivente una vita degna di essere vissuta dalla culla alla bara. Ciò è possibile implementando un'economia di pace ed una politica fiscale funzionale a fa contribuire alle spese ogni cittadino in base alla propria capacità contributiva e questa determinata dalla differenza tra le entrate a qualsiasi titolo e le spese certificate per garantire una vita dignitosa (escludendo quelle sostenute per l'acquisto di beni di lusso) a se stessi ed alle persone giuridicamente a carico.
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Michele Castaldo
Friday, 17 June 2022 08:21
Risponderò
più nel merito alle osservazioni qui poste. Intanto vorrei porre alcune domande semplici:
a) In Russia mi consta che un vero Partito comunista non c'è più;
b) In Europa andiamo col lanternino alla ricerca di micro organizzazioni comuniste;
c) Negli Usa peggio che andar di notte;
d) In Cina è rimasto appiccicato il nome "comunista" a uno Stato che rincorre l'accumulazione depredando l'Africa;
e) Nella nostra Italia c'era un Partito comunista con 11 milioni di voti, un milione di iscritti, l'80% dei tesserati della Cgil - la Cgil con 8/9 milioni di iscritti e non a maggioranza pensionati come quelli attuali; un partito che vendeva un milione di copie del quotidiano di partito l'Unità, oltre ad avere cellule operaie nella maggior parte delle industrie italiane.
Se tutto questo non c'è più ci deve porre o no delle domande?
A differenza di tanti altri, dopo oltre 50 anni di militanza in tutti i settori: fra operai, fra i contadini poveri, fra i senza casa, fra gli immigrati, nel sociale, con decine di denunce e più volte incarcerato, non mi son posto delle domande per arenarmi a fare il pensionato da bar, ma, da autodidatta, ho speso gli ultimi 30 anni a studiare il Rinascimento, la Comune di Parigi, la Rivoluzione russa e il fenomeno del maoismo, oltre i nostri padri Marx, Engels, e ancora Spinoza, Bruno, Lucrezio, D’Holbach, Hegel, e via di seguito, ma soprattutto la straordinaria Rosa Luxemburg, il vivacissimo Lenin e anche purtroppo alcuni autori molto narcisisti che venivano definiti comunisti.
Sono arrivato a certe conclusioni. E mi comporto - sulla base di certe considerazioni acquisite - come quell'attore di teatro che all'apertura del sipario non guarda quanta gente c'è in sala per decidere se e come recitare, no, recita come se la sala fosse strapiena, e non lo scoraggiano i fischi. Tutto qua.
Con affetto
Michele Castaldo
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Giuseppe Casamassima
Sunday, 26 June 2022 01:14
In base a quali dati affermi al punto D che la Cina sta depredando l'Africa ?

Per me è evidente che fraintendi il concetto di imperialismo.
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AlsOb
Friday, 17 June 2022 05:56
La riflessione-provocazione di Michele Castaldo è benvenuta se interpretata e colta come stimolo a riorganizzare gli stili di pensiero in rapporto al capitalismo, capitalismo neoliberale fascista l'attuale e i modi di porsi in senso critico e antagonistico da una prospettiva intellettuale, politica e di atteggiamento relazionale sociale.
A suo tempo Claudio Napeoleoni, già da un angolo o sentimento di sconfitta, esortava nondimeno a individuare forme di rifiutto e uscita dal capitalismo, sul piano individuale e di gruppo. Tentativi che, al di la di esprimere qualche scelta personale, non hanno neppure mai acquisito una dimensione di esemplarità.

Tuttavia la proposta di Michele Castaldo, per quanto ricca di passione, non va oltre il sentimentale e sul piano teoretico è debole e confusa.
Vige una sorta di autoconvinzione e autoillusione che ponendo dei postulati assunti come autoevidenti il percorso storico che ne scaturisce è prevedibile e unidirezionale.
Il primo assioma, che è tra i più ricorsivi e forma ormai di mitologia, è relativo all'attesa della conflagrazione, implosione prossima del capitalismo specie finanziario, per le sue gravi crisi. Purtroppo sovente tale mitologia è una proiezione psicologica e surrogato al posto di una effettiva comprensione del funzionamento del capitalismo e in particolare del capitalismo neoliberale fascista, caratterizzato dalla moneta simbolo e capitale fittizio.
Sulla base di tale postulata immagine le "molecole comuniste" per induzione spontaneista di fronte alla irrevocabile folgorante crisi si aggregherebbero e assiomaticamente "di fatto" diventerebbero rivoluzionari.
Da movimento disordinato e non ideologico "strada facendo" troverebbero però le linee guida e programmi. Un po' troppo bello per essere vero. Ribellioni e conflitti possono accadere, ma senza mutare i rapporti di potere capitalistico, che sopravvivono perfettamente e magari si rafforzano pure, secondo parametri schiavistici, se l'ottanta percento della popolazione fosse in crisi endemica e in marcata povertà.
È pur vero che che l'adeguato soggetto spirituale rivoluzionario prospettato da Marx non è venuto a maturazione nella forma auspicata e che, noltre, pur in presenza di robusta crescita delle forze produttive, a un certo punto è iniziata una retrocessione delle quote di reddito e rapporti di forza a svantaggio delle classi inferiori, a loro volta sottoposte a un destino di frammentazione e precarizzazione, ma l'affascinante, potente e sofisticata rappresentazione di Marx resta assolutamente imprescindibile, per la formazione della coscienza e conoscenza, del mondo e dell'autocoscienza. La rivoluzione verso una società più umana e comunista, come per la salvezza eterna, esige nello spazio mondano uno sforzo spirituale e categoriale, articolato secondo dinamiche storiche: senza di esso e lo si può postulare in questo caso, è più probabile il fallimento.
Forse Marx è stato troppo ottimista sulla correlazione tra configurazioni storiche del capitalismo e parallela accumulazione progressiva e lineare dello spirito e della coscienza rivoluzionaria, da parte del soggetto rivoluzionario, ma per certo affidarsi a spontaneismo fideistico, animismi vari e crisi miracolistiche è una illusione e deriva.
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Alfa
Thursday, 16 June 2022 23:37
Ogni tanto rileggersi il Manifesto del 48 non farebbe male, se non altro per non perdere tempo a cercare nuove ricette che poi altro non si riducono che a replicare, in malo modo, quanto già espresso nel manifesto.
I rapporti tra Borghesia e proletariato non sono mutati, così come non è mutato il modo di produzione, si sono solo amplificati gli aspetti conseguenti, mutando gli aspetti della conflittualità, ma non la sostanza che rimane quella esposta nel Manifesto: è la Borghesia, che nel proprio arrancare per impedire il processo rivoluzionario, genera i propri seppellitori.
Certo non bisogna guardare agli eventi con il misero sguardo della nostra singola vita e del paese in cui si vive, i tempi storici hanno ben più ampio respiro, la borghesia ci ha messo 400 anni a consolidare il proprio potere, ed il processo non si è svolto in modo lineare e comunque sempre nello stesso ambito di quelli che erano i rapporti di produzione medioevali.
Direi che noi possiamo considerarci ancora all'inizio del nostro percorso rivoluzionario e se vogliamo procedere nello stesso, dobbiamo far tesoro degli errori che concorsero alle sconfitte del passato, così come fecero i compagni che ci han preceduto, non buttare tutto dietro le spalle e ricominciare come se nulla fosse successo.
Come nulla è cambiato nei rapporti di classe, apparenze superficiali a parte, anche il simbolo della falce e martello, se interpretato nel giusto contesto, rappresenta ancora al meglio quello che è il programma rivoluzionario comunista, certo che bisogna farne una lettura che vada oltre il semplice economismo.
In primo luogo la falce e martello rappresentano non solo il conflitto tra città e campagna, esacerbato in regime mercantile dal modo di produzione capitalista, e che solo col comunismo sarà risolto, ma con l'auspicata unione dei lavoratori dei campi con quelli dell'industria, sta anche a significare l'equilibrio dei due emisferi cerebrali che governano la parte razionale con quella istintiva, quindi lo sviluppo del pensiero dialettico, che va oltre l'antitesi tra la metafisica del passato ed il materialismo grossolano borghese (una chiave di lettura degli eventi rivoluzionaria, che pochi militanti han dimostrato di saper usare col manifestarsi del fenomeno covid).
Il movimento dei lavoratori, fin alla sua nascita, si è fregiato di vari simboli, che variano nel tempo, la falce e martello incrociati, contornati da spighe di grano, con in prospettiva un’alba, sta a significare il riscatto del genere umano dai limiti della sua preistoria, ovvero la nascita dell’Uomo-Specie, si afferma come simbolo Comunista, ufficialmente ed internazionalmente riconosciuto con la gloriosa vittoria della rivoluzione proletaria dell’Ottobre 1917 in Russia.
Le spighe di grano sostituiscono le foglie d'alloro, tanto care alla borghesia come simbolo di successo imperiale, in realtà una spezia come tante, utile a condire le carni della selvaggina (alimento un tempo riservato alle classi nobili) per preservare le funzioni intestinali, mentre le spighe di grano rappresentano l'alimento di base, gialle e preziose come l'oro, come indirizzo a produrre per la soddisfazione dei bisogni materiali del genere umano e non per riempire il vuoto cronico della mente di qualche individuo malato.
Il fiocco rosso alla base è il simbolo d'eccellenza del movimenti dei lavoratori.
Quindi va bene falce e martello, ma coronati da spighe di grano, sullo sfondo di un avvenire radioso, con un bel fiocco rosso, per ricordarsi che militare per la rivoluzione non è come fare una semplice passeggiata o perdersi in elucubrazioni mentali.
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Franco Trondoli
Thursday, 16 June 2022 21:22
Posso dire che non condivido i commenti anonimi e risentiti ?. Io non conosco Michele Castaldo, ma leggo volentieri i suoi scritti su Sinistrainrete e li trovo molto interessanti.
Grazie
Cordiali Saluti Michele
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Migliorati Isidoro
Thursday, 16 June 2022 14:12
Sostenere che non ha senso proporre un programma per la rivoluzione, è proporrere un programma...Insomma, non fare nulla da comunista. Peccato che è ora e qui che bisogna agire. Qui in Europa dove lo sviluppo delle forze produttive è massimo. Ma bisogna dirlo? Bisogna dire che mai le rivoluzioni falliscono perché arrivano dove possono? Non si può buttare a mare tutta la storia del movimento operaio, non ha senso se non per chi non ha capito nulla del materialismo storico. Ma basta!!
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Romke
Thursday, 16 June 2022 08:47
È risaputo che il sior Michele Castaldo è un rivenditore di frittelle di seconda mano.
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Fabio Rontini
Wednesday, 15 June 2022 21:38
Sostituire la vecchia "falce & martello" con una nuova "mouse & smartphone" mi sembra una pessima idea.

Ormai la falce & martello è il simbolo del comunismo perchè i due strumenti sono dei simboli idealtipici del lavoro, così come la spia dell'olio rimane la stessa anche se la vecchia coppa dell'olio, in quella forma, non si usa ormai più.

Trovo che sia, inoltre, assolutamente necessario rivendicare esplicitamente una continuità storica ed ideale con le battaglie e le vittorie del movimento comunista novecentesco, prima tra tutte quella sul nazifascismo durante la WWII.

Liquidare tutto questo patrimonio ideale e simbolico, a prescindere dal fatto che ci troviamo o meno in una fase radicalmente diversa della lotta di classe a livello globale, con tutto il rispetto per l'autore delle tesi, mi sembra una sciocchezza.
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romke
Thursday, 16 June 2022 09:15
la falce e martello sui carri armati russi evoca "la continuità storica" e fa abboccare i boccaloni. ci hanno pensato i revisonisti russi, di cui Putin, sistema oligarchico, è la diretta continuazione, ad affossare il "patrimonio ideale e simbolico" svilendo anche il ricordo della lotta contro il nazifascismo. ci penserà il proletariato internazionale a trovare un nuovo simbolo di lotta (la bandiera nera degli operai che lottavano per il pane nell '800 per esempio?) con buona pace del telefonino del sior Castaldo
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Fabio Rontini
Thursday, 16 June 2022 10:28
Ammettiamo pure che l'utilizzo dei simboli del comunismo da parte di Putin sia del tutto fuori luogo (i nazisti in Ucraina però ci sono per davvero, ma non è questo l'argomento).

Che significa? Dovremmo rinunciare ai simboli comunisti perchè qualche usurpatore li sta usando indebitamente? E' assurdo.

E anche una volta adottato un altro simbolo, mettiamo la bandiera nera del pane, chi ci assicura che Putin o chi per lui non se ne appropri e la utilizzi per scopi diversi? Dovremmo a quel punto cambiare anche la bandiera nera! E così via
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