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lacausadellecose

Dugin o non Dugin

di Michele Castaldo

Aleksandr Dugin 2Scrivo queste note prendendo spunto dalle polemiche di alcuni interventi su sinistrainrete.info circa l’utilità di leggere o meno Dugin. Dico subito che molte domande ed altrettante risposte sono mal poste. Chi mi conosce sa che non vado per il sottile e sono solito affrontare le cose di petto, come dovrebbe fare chiunque ama richiamarsi alle ragioni del comunismo.

Anche un uomo di destra può dire cose interessanti? Posta in astratto la domanda chiunque può dire delle cose interessanti, anzi Pirandello dice che per conoscere certe verità di un villaggio bisogna ascoltare il personaggio ritenuto « lo scemo del villaggio », ma Dugin non è « lo scemo del villaggio » e se si apre un dibattito sulle sue tesi vuol dire che le questioni che stanno a monte sono molto più complicate di come le vogliamo rappresentare. Non meniamo il can per l’aia e veniamo perciò alla questione teorica a monte. Prometto di non fare sconti e parto con un esempio.

Molti compagni della mia generazione (i canuti nei paraggi degli ottanta ormai) hanno letto La città del sole di Tommaso Campanella, il filosofo calabrese vissuto tra il ‘500 e il ‘600. Un filosofo apprezzato e stimato. Bene. Ne La città del sole quando parla della procreazione – cito a memoria – indica un criterio di selezione della specie umana, ovvero che i figli devono essere generati da coppie sane preventivamente accertate. Un criterio molto prossimo a Campanella lo esprimeva Hitler, o i filosofi di regime del nazionalsocialismo tedesco. Il nazionalismo tedesco è stato eletto a « male assoluto », mentre Tommaso Campanella continua a essere stimato nella sinistra come un grande filosofo idealista.

Perché ho citato Campanella? Perché i militanti comunisti, fin dal Manifesto, famosa la tesi di Marx l’XI tesi su Feuerbach : «I filosofi hanno finora interpretato il mondo in modi diversi; si tratta ora di trasformarlo», antepongono un « che fare » o addirittura il « che fare » in termini di proposta su come organizzare nuovi rapporti sociali, piuttosto che cercare di capire – cioè di studiare in modo approfondito - cosa è esattamente il capitalismo. In questo modo si rincorrono proposte, e il campionario degli ultimi 180 anni è molto ampio, infinito ma si rifugge dal capire che il modo di produzione capitalistico non è un modello che si può sostituire con un altro modello di rapporti sociali, ma un movimento storico prodotto dallo scambio ed estesosi ormai in tutto il mondo.

Poteva essere fermato tale movimento negli ultimi secoli a partire del ‘500? Domanda oziosa e priva di senso, perché il comunismo non si pone questo tipo di domanda alla quale non c’è risposta. Poteva esserci una rivoluzione che ne inficiasse il cammino? Era perciò ineluttabile che si sviluppasse in tutte le sue massime espressioni fino a raggiungere gli attuali livelli? È ancora un modo per portare a spasso i « se », ovvero il paradiso degli idealisti dinanzi al caminetto.

Quando fu chiesto a Marx cosa intendesse per « dittatura del proletariato », lui non si avventurò per sentieri ideali, ma disse « il modo d’essere della Comune di Parigi », cioè l’espressione di « un movimento reale che abolisce lo stato di cose presenti ». L’errore che abbiamo commesso nel corso di oltre un secolo e mezzo è quello di riprendere pedissequamente una circostanza determinata di allora ed assolutizzarla, ovvero elevarla a sistema fino ai giorni nostri. È successa la stessa cosa con i soviet o consigli che dir si voglia, senza conoscere per niente la rivoluzione russa e senza sapere che i Soviet si diedero in ben quattro circostanze diverse e proprio per questo erano espressione di fattori diversi: febbraio 1905 dopo “la domenica di sangue”, diretta espressione del proletariato metallurgico; nell’autunno-inverno si estese ad altre categorie; nel febbraio 1917 furono costituiti per lo più da personaggi politici dei partiti di sinistra, fra i quali spiccavano i menscevichi; mentre in autunno la gran parte erano composti da soldati-contadini e contadini soldati mentre era largamente minoritaria la presenza operaia. Ma i nostri militanti comunisti pensando di aver finalmente trovata la famosa « leva per sollevare il mondo » hanno brandito quell’arma pensando di sconfiggere così il capitalismo. Ed oggi ci troviamo in braghe di tela, perché chi avrebbe dovuto brandire quell’arma e organizzarsi, era il proletariato industriale che in Occidente, impattando con la nuova fase della crisi di accumulazione del capitale si è trovato di fronte un concorrente preso prigioniero dall’accumulazione in Cina e in tutta l’Asia e non sapendo cosa fare sta arretrando disordinatamente, non solo, ma comincia a guardare sempre di più il proprio capitalista, il proprio capitale e il proprio capitalismo come i girasoli guardano il sole. Semplice abc del materialismo.

È oggetto di discussione una cosa del genere? Macché, si continua come prima e peggio di prima a ripetere stantii concetti e parole d’ordine lontani anni luce dalla realtà sociale, si continua a costituire sindacatini alternativi e micro-formazioni “rivoluzionarie” per lanciare appelli su cosa “si dovrebbe fare”, sempre nella speranza che ad essi vadano le masse, e puntualmente vengono smentiti dalla realtà. Si continua insomma a ritenere le masse rivoluzionarie in quanto tali, che vengono imprigionate dai dirigenti riformisti.

Se poi capita una pandemia, piuttosto che denunciare le cause che l’hanno prodotta e organizzare un minimo di mobilitazione sul problema, si preferisce rifugiarsi nella lotta di individui contro il green pass, dando così mano libera all’establishment – che difende ovviamente il modo di produzione - di gestire la crisi della pandemia come causa naturale. Insomma il libero arbitrio liberista e occidentalista contro il determinismo storico del modo di produzione.

Perché tutta questa premessa? Per criticare un metodo che pone la proposta politica come fattore risolutore dell’azione di massa. Così facendo ci comportiamo da dilettanti allo sbaraglio mentre la storia, quella vera, fatta di necessità che divengono forza in movimento ci passa sotto il naso. Ed è proprio la nuova fase che drammaticamente ci sta passando sotto il naso, proprio quando tutti i nodi del moto storico del modo di produzione capitalistico stanno venendo al pettine. Non è una mia considerazione, è solo l’osservazione dei fatti e chi non li vede è perché cerca di non vederli, ma soprattutto perché immagina una realtà storica che proceda secondo i suoi canoni ideologici.

Perché alcuni militanti nel leggere di Dugin su sinistrainrete.info si indignano? Perché è un filosofo di destra? Ma perché è di sinistra il vescovo Viganò che si è ritrovato in piazza San Giovanni a Roma con militanti di sinistra, anche di “estrema” sinistra, contro il green pass?

Non conosco Nicola Licciardello ma sto – come sempre – ai fatti e da subito dico che con un certo Viganò penso di non aver niente in comune. Neanche la protesta contro il green pass? No, neanche quella.

Perché si discute di Dugin? Per un corso di filosofia all’università? Non ci prendiamo per i fondelli, si discute di questo filosofo perché ha una precisa attinenza con l’azione della Federazione russa in Ucraina e le sue prospettive, in Ucraina e non solo, e per meglio ancora dire si discute del ruolo della Federazione russa e della Cina rispetto all’insieme dell’Occidente e alle sue varie articolazioni nei nuovi scenari mondiali del modo di produzione capitalistico. Pertanto o parliamo di questo o della futura formazione dell’Italia ai futuri campionati mondiali di calcio.

Avendo esposto in più articoli, e a chiare lettere, la mia posizione sull’Ucraina, sull’ autodeterminazione, sull’internazionalismo proletario, e sull’imperialismo, non nella loro espressione ideologica ma nella dinamica della fase, cerco di esporre il mio punto di vista su quello che Nicola Licciardello chiama a discutere con riferimenti a Dugin, non in modo ideologico, ancora una volta, insisto, ma riferendoci alla fase, allo scontro tra l’imperialismo occidentale e il resto del mondo che imperialista non è pur se facente parte dell’insieme dei rapporti capitalistici, ma a gradazioni diverse rispetto, tanto per essere chiari, a Usa, Europa e Giappone.

La questione sul piano della prospettiva del modo di produzione da qui in avanti si pone nei seguenti termini: finita l’epoca di dominio assoluto dell’Occidente che partito dall’Europa si era esteso in Nord America e in Giappone, si prospetta un assetto multipolare? È questa la questione di fondo. A questa domanda dovremmo tentare di rispondere non con nostre proposte, ma cercando di analizzare le tendenze in base alle leggi che (s)regolano l’attuale modo di produzione.

Cosa dice Dugin al riguardo? Così va posto il problema, altrimenti parliamo di aria fritta. Leggiamo: « “contrastare tutte le provocazioni volte a incastrare la Russia nella sua fase di potenza pre-liberale. Dobbiamo impedire ai liberali di sottrarsi alla loro fine imminente. Piuttosto che aiutarli a temporeggiare, dobbiamo accelerarne il declino. Per farlo, dobbiamo presentare la Russia come una forza rivoluzionaria post-liberale che combatte per un futuro diverso per tutti i popoli del pianeta. La guerra russa non sarà solo a vantaggio degli interessi nazionali russi, ma sarà per la causa di un mondo multipolare più equo, per la dignità e la vera libertà – quella positiva, creativa (la libertà di-) non quella nichilista (libertà da-). In questa guerra la Russia darà l’esempio come tutrice della Tradizione, dei valori conservatori connaturati ai popoli, e rappresenterà la vera liberazione dalla società aperta e da chi ne beneficia, l’oligarchia finanziaria globale. Questa guerra non è contro l’Ukraina e nemmeno contro una parte della sua popolazione e nemmeno contro l’Europa. E’ una guerra contro il (dis)ordine del mondo liberale. […] Per coloro che sono nella fazione della verità eterna e della Tradizione, della fede, e della natura umana spirituale ed immortale, questo sarà un nuovo inizio, l’Inizio Assoluto. La più importante delle battaglie, al momento, è quella per la Quarta Teoria Politica. E’ la nostra arma, con la quale impediremo ai liberali di incasellare Putin e la Russia nei loro piani, e facendolo riaffermeremo lo status della Russia quale prima potenza ideologica post-liberale, in lotta contro il liberalismo nichilista, per il bene di un luminoso futuro, multipolare e veramente libero” ».

Mettiamo allora le carte in tavola dicendo che l’Occidente ha alle spalle 500 anni di criminalità nei confronti del resto del mondo, e che attualmente è un puttanaio, dunque non appare più agli occhi del mondo come il faro che illuminava, con le cannoniere, l’umanità.

Ma come guardiamo al declino dell’Occidente? Declino vero, e non perché lo dica Putin, ma perché ha saturato la produzione di valore e vorrebbe continuare a imporsi come strozzino armi in pugno al resto del mondo. Una verità nuda e cruda. Ma ad un vero e proprio puttanaio non possiamo contrapporre « dio, patria e famiglia » non in versione cattolica, né in versione ortodossa.

Allora, per essere ancora una volta molto chiari dico: al diritto individuale degli omosessuali ad avere figli attraverso l’utero in affitto, cioè barbarie, non possiamo cancellare l’omosessualità definendola una malattia. Sto estremizzando? No. E per non « parlare d’altro » dico che il futuro dell’umanità vedrà la deprivatizzazione della procreazione, nel senso che i figli saranno figli della comunità piuttosto che di proprietà dei genitori che li generano. In che modo, lo si studierà a tempo debito, ma di certo non potremo negare da un lato la omosessualità e di contro assegnare il diritto privato della proprietà dei figli a coppie omosessuali attraverso l’utero in affitto.

E, visto che ci siamo, è di questi giorni la decisione della Corte suprema di abrogare la legge sul divorzio istituita 50 anni fa negli Usa. Immediatamente si scatena la bagarre ideologica e culturale dai santoni della democrazia costituzionale senza affrontare alla radice la questione. Premesso che la questione merita uno scritto specifico, qui ne faccio solo un accenno.

Perché viene cancellata a distanza di 50 anni una legge costituzionale? Per un fatto culturale, ideologico e religioso? Ma andate a lavorare! cari signori. È in questione una crisi demografica in Occidente come in Oriente che aumenta la crisi economica perché riduce il consumo delle merci. Altrimenti detto: nel modo di produzione capitalistico le femmine divengono mezzi di produzione di merci, per la riproduzione della specie; le quali merci animate, cioè le persone, devono consumare altre merci. Insomma il capitale – sempre più impersonale - le utilizza per produrre consumatori di merci e la disputa sull’aborto – stupidamente trattata come diritto di libertà individuale dal progressismo di sinistra – diviene centrale per la crisi demografica che sta investendo l’Occidente e l’Oriente, chiedere per conferma non solo a Trump, ma anche al “comunista” Xi Jnping, più che allo smidollato Macron che gira su sè stesso come una trottola. E le femministe, tanto a Ovest quanto a Est non possono storcere la bocca pensando di essere fuori dal modo di produzione e di usare il proprio utero a proprio piacimento, perché in questione non è il diritto individuale, no, ma un modo di produzione in crisi contro cui non possiamo opporre il diritto individuale. E ci sarà anche un problema di classe, perché mentre le femmine delle classi medie potranno permettersi di abortire privatamente, il dramma si scaricherà ancora una volta sulle femmine proletarie. Si pone perciò il problema per le femmine di diventare donne, e i maschi di divenire uomini, e insieme affrontare tutti i nodi che il modo di produzione sta portando al pettine.

Sicché il liberismo occidentale ha seminato vento e raccoglie tempesta, ha seminato la libertà dell’individuo femminile – durante la fase di straordinaria accumulazione – di poter concedere “una conquista storica”, come quella di abortire? Ed ora che l’accumulazione rallenta e si avvia verso una crisi senza precedenti nella storia, chiede alle donne di tornare ad essere femmine, cioè mezzi di produzione per la riproduzione. Stesso dica in estremo oriente dove il Partito “comunista” di quell’immenso paese dovette frenare le nascite fino a imporre il figlio unico per coppia, e oggi liberalizza la possibilità di più figli perché si pone lo stesso problema degli Usa. La cultura, la religione e la pietà cristiana fanno da corollario alla questione sostanziale che sta a fondo del problema: la necessità di una crescita demografica per aumentare il consumo di merci.

Pertanto, l’impostazione di un Dugin - ha fatto bene Nicola Licciardello a pubblicarlo - è la classica visione all’indietro della storia, conservatrice e ultrareazionaria, nonché illusoria: primo, perché presuppone un nuovo ordine mondiale mentre il mondo viaggia precipitosamente verso il caos; secondo, perché un nuovo ordine, ammesso e non concesso che fosse possibile senza una generale deflagrazione, non potrebbe nascere sulle basi che indica lui. In questo senso questo signore è cieco e sordo, ma molto ciarliero e parla a vanvera, perché vorrebbe far girare in senso antiorario le lancette della storia, dunque è anche cretino. Peggio ancora chi in Occidente lo prende sul serio, come una certa “compagneria” o ex tale.

Diciamo allora le cose come stanno: la Federazione russa si sta difendendo contro la Nato e l’Occidente per divenire un paese industrializzato a tutti gli effetti e non essere soltanto fruitore di materie prime. Giustamente dice Putin: « Fosse per loro, produrremmo soltanto petrolio, gas, corda e selleria ». È un paese aggredito dall’imperialismo occidentale attraverso le leggi che (s)regolano il mercato e il rapporto di forza fra le nazioni. Va difeso senza condizioni sol perché la sua azione – a differenza che in Iraq dove si schierò al seguito dell’Onu e dunque dell’Occidente pro doma sua nella speranza, cioè, di dividere il mercato petrolifero contro una certa invadenza irakena - significa rimandare un aggravamento della crisi in Occidente e una possibile rimessa in moto delle masse proletarie che non potrebbero sopportare all’infinito l’impoverimento cui sono sottoposte.

Ripeto: da ciò non ne facciamo risultare in nessun modo che sposiamo i valori proposti da Dugin in Russia o da Viganò in Italia

È da ritenere altresì velleitaria e priva di senso l’ipotesi di Hudson, esposta in un lunghissimo articolo su sinistrainrete.info, che definisce il liberalismo occidentale un sistema in via di assoluta finanziarizzazione contro un altro sistema, quello dei paesi asiatici che invece sarebbero industriali e centralizzati. Non si tratta di due sistemi, ma di un unico modo di produzione, dunque di un unico sistema, dove i rapporti si intersecano e si fondono; basta guardare alla Cina ed ai suoi rapporti con alcuni paesi africani. Si tratta di una vecchia polemica che ha permeato tutto il movimento comunista e incredibilmente la si ripropone ancora oggi assegnando a paesi come Russia e Cina nientedimeno che la patente di paesi socialisti sol perché sistemi centralizzati.

Per concludere noi non facciamo come Korsh che proiettava nel futuro il presente attraverso ridicoli geroglifici su categorie e consigli operai. Tantomeno disegniamo la futura società sui valori precedenti al modo di produzione capitalistico. No e poi no. Noi teniamo fermo l’assunto marxiano fondamentale « da ciascuno secondo le sue possibilità-capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni ».

Perciò, bando alle chiacchiere: se non abbiamo la capacità, la forza e il coraggio di una critica radicale al modo di produzione capitalistico, proprio quando questo ha cominciato a incrinarsi in modo definitivo, parliamo d’altro!

Comments

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Franco Trondoli
Thursday, 30 June 2022 16:43
Sono d'accordo con Michele Castaldo. Mettere il carro davanti ai buoi è sbagliato. A meno che non si girino i buoi dall'altra parte e si vada in una direzione diversa da quella in cui si vorrebbe andare. Il carro sarebbe fare affidamento sulla politica e sui progetti idealistici a venire. La storia, l'esperienza, la realtà, stanno a dimostrare che non funzionano. È determinismo questo?.
Non credo. Il determinismo (determinato) è quello che mette in opera la politica. Infatti, la politica non è l'arte del possibile. "Per il politico nessun possibile è mai davvero dato: La sua azione è sempre obbligata, il vincolo è il suo elemento, è l'attrito che lo fa volare".
Non arrabbiatevi, bisogna raggiungere l'unità attraverso le differenze. È l'unica strada possibile.
Cordiali Saluti
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Fabio Rontini
Thursday, 30 June 2022 18:33
Va bene... prendo atto che sono in minoranza... allora sediamoci e aspettiamo che il modo di produzione venga arrestato da una crisi delle sue stesse leggi.
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Franco Trondoli
Thursday, 30 June 2022 19:56
Caro Fabio, ti capisco. Però fare delle cose dal punto di vista "politico" la vedo veramente dura. Non sei affatto in minoranza comunque. In ogni caso dire la propria bisogna sempre farlo.
Cordiali Saluti
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michele castaldo
Thursday, 30 June 2022 08:25
Egregio signor Rontini,
poniamola nel modo seguente: ci sono cose che si capiscono cose che non si capiscono, cose che si possono capire e cose che non si possono capire, cose che si vogliono capire e cose che non si vogliono capire.
tenga stretto il suo Dugin, lasci perdere il resto.
Cordialmente.
Michele Castaldo
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michele castaldo
Thursday, 30 June 2022 08:21
Egregio signor Rontini,
poniamola nel modo seguente: ci sono cose che si capiscono cose che non si capiscono, cose che si possono capire e cose che non si possono capire, cose che si vogliono capire e cose che non si vogliono capire.
tenga stretto il suo Dugin, lasci perdere il resto.
Cordialmente.
Michele Castaldo
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michele castaldo
Wednesday, 29 June 2022 10:26
Nel mio scritto uso quattro autori, oltre lo stesso Dugin, completamente diversi l'uno dall'altro per puntualizzare la questione della proiezione, ovvero di come si immagina il futuro. Di Campanella, tanto per fare un esempio, ho preso solo un concetto, evitando di intrattenermi su tutto il resto, innanzitutto la volontà egemonica eurocentrica e cristiana nei confronti del resto del mondo. Mi premeva solo centrare - ripeto - la proposta di organizzazione sociale e i suoi valori fondanti.
Non giochiamo però a nascondino: se si tira in ballo Dugin in un contesto come quello attuale lo si fa anche per proporre certi valori sociali che la Russia ha espresso o potrebbe esprimere, altrimenti ci prendiamo in giro. Quando la nostra generazione citava la Russia del '17 si voleva intendere tre cose: a) fine della guerra, b) la terra ai contadini poveri; c) l'organizzazione del proletariato. Il tutto attraverso una centralizzazione statuale. Ma di quei valori si sono perse ormai le tracce.
Ad evitare perciò equivoci dico che il modo di produzione può essere arrestato solo da una crisi delle sue stesse leggi e - speriamo - prima che coinvolga tutto l'Oriente, perché la Cina - tanto per essere chiari - è già avviata verso un disastro valoriale emulando l'Occidente. La Russia e gli stessi paesi islamici, nonostante le apparenze, sarebbero coinvolti dalle stesse leggi.
Sicché il problema - insisto - non verte sui valori da sostituire rispetto a quelli occidentali, ma di aiutare a mandare in crisi irreversibili le leggi che regolano il modo di produzione capitalistico. E dopo? E' una domanda da non porsi, perché viaggeremmo fra le nuvole dei pensieri astratti.
Michele Castaldo
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Fabio Rontini
Wednesday, 29 June 2022 21:22
"...dico che il modo di produzione può essere arrestato solo da una crisi delle sue stesse leggi..." M.Castaldo

Mi sembra una perfetta esposizione di quel tipo di marxismo secondo-internazionalista, "crollista", "economicista", ed infine segretamente "opportunista", contro cui Lenin si scagliò a suo tempo prima di portare a compimento la sua Rivoluzione di Ottobre.

Senza offesa (e anzi apprezzando vivamente lo sforzo propositivo e la disponibilità alla discussione sin qui dimostrata), ma questo punto, per quello che può contare, preferisco Dugin. Almeno è russo.
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Fabio Rontini
Tuesday, 28 June 2022 22:39
Per il Sig.Castaldo, mi pare di capire (ma non ne sono certo), è utile leggere Dugin in quanto esponente di una ideologia (pur reazionaria) di un paese, la Federazione Russa, che sta conducendo comunque una battaglia genuinamente antiimperialista, e dunque importante per affrettare la crisi, e auspicabilmente il crollo, del capitalismo occidentale.

Così come, potremmo dire, potrebbe essere utile o interessante, a sinistra, leggere qualche pensatore sciita organico al governo Komeinista, in quanto l'Iran di oggi sta svolgendo indubbiamente una funzione di contrasto, in medioriente, all'imperialismo statunitense. Pur senza condividere minimamente i presupposti religiosi e oscurantisti di quella tradizione di pensiero.

Se è così lo trovo un punto di vista condivisibile.

Tuttavia ritengo che leggere a sinistra a un pensatore di destra come Dugin, potrebbe servire anche a riconsiderare l'apporto causale di alcuni fattori culturali nella dinamica sociale.

Premetto che bisogna distinguere, ovviamente, tra giudizi di valore e di fatto: se un pensatore sostiene un fatto vero, o una correlazione causale vera, scientificamente verificabile (o falsificabile), non importa se i suoi valori sono di destra o di sinistra (cioè non importa il fine per cui lui sostiene quella cosa). Ha detto una cosa vera (o altrimenti falsa). Punto.

Così, quando Dugin afferma che l'evoluzione storica è determinata, oltre che dall'eterno scontro tra classi sfruttatrici e sfruttate (che egli non nega affatto), anche dallo scontro tra formazioni sociali di tipo "talassocratico" (marittime, più individualistiche e orientate al commercio) e formazioni sociali di tipo "tellurocratico" (continentali, più comunitarie), e che l'esito di questi due scontri sono fortemente interdipendenti tra loro, fa un'affermazione fattuale che può essere verificata, oppure respinta, ma la cui verità o falsità non dipende dal fatto che l'autore sia di sinistra o di destra, progressista o reazionario. O è vero, o è falso.

E per capire se lo è bisogna leggerlo.
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Alfred*
Tuesday, 28 June 2022 21:29
L' articolo a cui fa riferirimento e' questo
https://sinistrainrete.info/teoria/23275-nicola-licciardello-dugin-contro-la-fine.html
sulle politiche proposte da Dugin hanno risposto (secondo me) in modo esaustivo le risposte di Moreno,
sottoscrivo le due considerazioni di Moreno e le ripropongo qui

1aconsiderazione
cosa ci sarebbe di interessante in autori come Dugin o De Benoist (o Fusaro etc.) per un lettore di sinistra? Cosa ci sarebbe di interessante per un lettore di sinistra in tutte le rossobrunate che vengono pubblicate qui?
La critica al capitalismo può essere fatta anche dai reazionari, è vero, ma una persona di sinistra dovrebbe indignarsi di fronte a simile spazzatura: non trovi?
A sinistra si mette al centro la persona, non l'Etnos. A sinistra si mette al centro l'uguale dignità delle persone indipendentemente dalle sue origini (nazionali, religiose, linguistiche etc..), indipendentemente se hanno i riccioli o la pelle a colori.. A sinistra la lotta di classe non si traduce in difesa della tradizione, ma in libertà. A sinistra le persone sono libere di emanciparsi come vogliono, in uguale dignità. A sinistra non si mette al centro l'Identità Nazionale. Questa è roba da (neo)fascisti.

2a Considerazione
ovviamente sono d'accordo sul fatto che tutti gli autori vadano letti. Vanno letti e contestualizzati, sempre ovviamente. Un altro discorso (immagino che sarai d'accordo anche su questo punto) è l'uso politico che si può fare di questi classi: Nietzsche è stato usato moltissimo a sinistra (per scopi politici di sinistra: pensiamo a tutto il poststrutturalismo francese); anche il contrattualismo di Hobbes è stato usato moltissimo a sinistra. Etc.etc. Bene, fin qui immagino che siamo tutti d'accordo.

Con gli scritti di un Dugin o di un De Benoist siamo su tutt'altro piano. Perchè sono scritti politici. Non si possono usare a sinistra. Il "filosofare con il martello" di Nietzsche può essere usato per scopi politici di sinistra: la decostruzione del patriarcato, per fare un esempio. Ma le tesi politiche di un Dugin (identitarismo nazionale, tradizionalismo, negazione della libera emancipazione della persona etc.etc.) non si possono usare a sinistra: sono già un programma politico. Di estrema destra (o da destra sociale, o rossobrunismo, come volete, ma quello è).
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Fabio Rontini
Wednesday, 29 June 2022 21:58
"Con gli scritti di un Dugin o di un De Benoist siamo su tutt'altro piano. Perchè sono scritti politici."

Come ha dimostrato brillantemente Losurdo, anche gli scritti di Nietsche, per quanto lo possano non sembrare, sono eminentemente e completamente politici. Anzi, dice Losurdo, dalla prima all'ultima riga che ha scritto, Nietsche ha per obiettivo la distruzione del socialismo e giustificazione della disuguaglianza, l'esaltazione del diritto del più forte di soggiogare, sfruttare e financo sopprimere il più debole, nonchè la negazione del progresso in sè e per sè.

Eppure, come abbiamo detto, è un autore che è stato usato abbondantemente a sinistra.

Perchè se un autore è geniale è geniale, e negarlo adducendo come argomento il fatto che sia di destra sarebbe come sottovalutare la forza di un soldato o di un lottatore solo perchè combatte nella fazione avversaria. Una strategia suicida.

Quanto a questo: "A sinistra non si mette al centro l'Identità Nazionale", andatelo a dire ai Palestinesi. O ai Curdi. O agli Irlandesi.
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Salvatore Esposito
Thursday, 30 June 2022 02:12
I tuoi argomenti mi sembrano pretestuosi, fuori contesto, e devianti: di Nietzsche, a sinistra, non sono stati usati i suoi contenuti antiegualitari, ma il suo metodo genealogico e decostruttivo; e il nazionalismo poteva essere usato negli anni '50 e '60 come strumento anticoloniale nei paesi del terzo mondo, ma mai come fine in se per una forza di sinistra; come fine in se il nazionalismo è un valore di estrema destra. Bisogna contestualizzare, sia il periodo, che il luogo geografico. Oggi la soluzione per la Palestina (e la fine del nazionalismo sionista) è un unico stato senza distinzioni pseudoetniche: infatti gli USA e Israele hanno finanziato Hamas, che è appunto una forza nazionalista e reazionaria, per giustificare l'esistenza e la necessità del nazionalismo sionista.
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Fabio Rontini
Thursday, 30 June 2022 10:52
"...di Nietzsche, a sinistra, non sono stati usati i suoi contenuti antiegualitari...", certo che no.

"...ma il suo metodo genealogico e decostruttivo...", infatti è così.

Era quello che volevo dire (forse mi sono spiegato male): nell'opera di ogni grande autore vi sono elementi appartenenti alla sfera dei valori, che se sono di destra non possono essere condivisi da lettori di sinistra e viceversa, e poi ci sono elementi scientifico/filosofici che sono universali e possono essere utilizzati a sinistra come a destra.

Dunque è utile per un lettore di sinistra leggere anche autori di destra (se sono interessanti): si impara sempre qualcosa.

Concordo pure sul fatto che le questioni nazionali non sono un fine in sè, per una forza di sinistra. Però sul medio periodo le lotte partigiane e antiimperialiste sono importanti.
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Alfred*
Thursday, 30 June 2022 11:38
Si puo imparare anche leggendo topolino (i miti e le idee che convoglia e in modi negli infanti e non solo, ad esempio), se quando si legge si ha almeno un minimo di 'visione' critica sul mondo, altrimenti si e' in semplice balia degli eventi, di qualsiasi nuova lettura e di qualsiasi scrittura brillante o esaltata
Saluti
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Alfred*
Thursday, 30 June 2022 11:37
Si puo imparare anche leggendo topolino (i miti e le idee che convoglia negli infanti e non solo, ad esempio), se quando si legge si ha almeno un minimo di 'visione' critica sul mondo, altrimenti si e' in semplice balia degli eventi, di qualsiasi nuova lettura e di qualsiasi scrittura brillante o esaltata
Saluti
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