Fai una donazione
Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________
- Details
- Hits: 2244
Le cause e gli effetti della crisi
La Corte Costituzionale li scambia e si arrende al più €uropa
Quarantotto
1. Sulla sentenza della Corte costituzionale che rimuove il blocco alla contrattazione nel pubblico impiego, - senza però ammettere una tutela ripristinatoria del diritto costituzionale violato, nei normali termini della restituzione retroagente al momento di prima applicazione della norma illegittima-, si stanno già versando fiumi di inchiostro.
Persino un quotidiano on line piuttosto conservatore - e che prevalentemente dà voce a chi ritiene che i sindacati siano il male in Italia e che la deflazione salariale (cioè intaccare il deprecato "costo del lavoro") sia la invariabile panacea di ogni male italiano - si accorge che ormai l'art.81 Cost, quello che recepisce il fiscal compact, diviene un principio superiore a cui devono piegarsi tutti gli altri contenuti nella Costituzione.
2. Il problema è che pare invece che non se ne sia accorta la Corte. Perchè, se se ne fosse accorta, dovremmo presumere che si renderebbe altrettanto conto del fatto che, in precedenza e anche molto di recente, essa stessa aveva affermato che (sentenza n.284 dell'ottobre 2014):
- Details
- Hits: 2502

Epoca del computer e lavoratori
Limiti e prospettive del conflitto sociale
di Giorgio Paolucci
Introduzione
Secondo le previsioni di tutte le più importanti istituzioni economiche mondiali il 2014 doveva esser l’anno della svolta e avrebbe dovuto far registrare una generalizzata ripresa dell’economia mondiale.
I dati più recenti dicono invece che non solo non vi è stata inversione di tendenza ma che ormai la crisi ha investito anche aree, come quelle dei paesi emergenti, che in fatto di crescita sembravano destinate a frantumare ogni record e che rallenta perfino la fabbrica del mondo, la Cina. Anche negli stati Uniti, dove pure negli ultimi anni il Pil è cresciuto di qualche punto, come ha recentemente riconosciuto anche l’attuale presidente della Fed, Janet Yallen, la situazione è tutt’altro che brillante: “Il tasso di disoccupazione rimane significativamente al di sopra di quello che la maggior parte dei membri della Federal Reserve considerano normale nel lungo periodo, e le risorse sono sottoutilizzate… Il ritmo lento dell'aumento dei salari riflette le difficoltà del mercato del lavoro"[1].
Alcuni economisti, fra cui Larry Summers, ex ministro del tesoro durante la presidenza Clinton, e il premio Nobel Paul R. Krugman, riprendendo una tesi avanzata già negli anni trenta da Alvin Hanse, Gunnar Myrdal e John Maynard Keynes, di fronte a questi dati hanno formulato la tesi della stagnazione secolare, la cui causa sarebbe una strutturale insufficienza della domanda aggregata conseguente al calo della natalità nei paesi economicamente più sviluppati.
- Details
- Hits: 2036
La Finlandia vira verso destra. Divisa tra Russia e Nato
di Lorenzo Battisti
Dopo oltre un mese e mezzo dalle elezioni, si è formato il nuovo governo finlandese. Come mostra questa lunga attesa, dopo la Svezia [1] anche la Finlandia è entrata in un periodo di instabilità politica. Tagli allo stato sociale, riduzione dei salari e le relazioni con la Nato e con la Russia saranno i temi centrali dei prossimi mesi.
Un altro paese scandinavo vira a destra
Le elezioni di aprile hanno infranto nuovamente la distorta visione, ancora prevalente nel senso comune del nostro paese, di una Scandinavia socialdemocratica, civile, accogliente e neutrale.
Da un punto di vista economico, la Finlandia sta attraversando una fase estremamente difficile, paragonabile per gravità a quella del nostro paese. Il Pil finlandese arretra ormai dal 2011, con un crollo degli investimenti (dovuto sia al settore industriale che alle costruzioni) e una bilancia commerciale ormai costantemente in negativo. La disoccupazione ha ormai superato il 10% (con l'aumento contemporaneo di lavori part time e precari), mentre il debito delle famiglie aumenta. La Nokia, principale società finlandese, protagonista della rinascita del paese dopo la crisi del 92-95, sembra aver seguito una via simile a quella della nostra Fiat: tuttora formalmente indipendente, è ormai sotto il controllo degli americani di Microsoft, tramite una serie di accordi e compartecipazioni che nascondono una vendita di fatto.
- Details
- Hits: 2832
Qualche considerazione critica sull'enciclica francescana
Sebastiano Isaia
«Ciao vecchio Marx, è arrivato Francesco»: così titolava l’altro ieri l’articolo di fondo del Garantista; ovviamente il «vecchio Marx» non ha nulla a che fare, nemmeno in forma mediata, né con il giornale diretto da Piero Sansonetti, né col Papa né con i papisti di “sinistra”. Come si evince con solare chiarezza anche dai passi che seguono: «Oggi abbiamo scelto per aprire il giornale un titolo un po’ giocoso: “Ciao Marx, è arrivato Francesco”. Che però non è solo giocoso. Vogliamo dire questo: oggi il papa assume su di sé, sulla chiesa cattolica, sul mondo cattolico, il compito di dare guerra all’ingiustizia sociale, ai danni culturali e di coscienza provocati dal mercato inteso non come strumento dell’economia – da limitare, da governare attraverso la democrazia e la politica – ma come sistema di pensiero, anzi di pensiero unico, e come insieme di valori» (P. Sansonetti). Già concepire il mercato, nella sua connotazione “positiva”, «come strumento dell’economia» (capitalistica!), e non come espressione e sostanza di rapporti sociali di dominio e di sfruttamento, significa affermare quella concezione feticistica e apologetica del Capitalismo contro cui Marx non smise mai di polemizzare e ironizzare. Il fatto che si continui a tirare inopinatamente la barba del comunista di Treviri per coinvolgerlo nel salvataggio del Capitalismo dalle sue stesse contraddizioni, secondo la moda progressista di questi tempi, la dice lunga sulla cultura politica di ex, neo e post “comunisti”. Piuttosto, questi signori dovrebbero chiamare in causa il filosofo della miseria, quel «signor Proudhon» che «è dalla testa ai piedi filosofo ed economista della piccola borghesia» (Marx).
- Details
- Hits: 2199

Il modello-panopticon. Dalla Nsa al Jobs Act
di Lelio Demichelis
Controllo, sempre e comunque. Al crescere della complessità dei sistemi – siano essi sociali, industriali o virtuali – cresce in parallelo la necessità del controllo. E più i mezzi tecnici lo permettono, più cresce il controllo, la sua facilità, la sua inevitabilità, la sua accettazione sociale.
Anche gli uomini sono ‘impianti produttivi’
Prima notizia. Nei decreti attuativi del Jobs Act il governo ha allargato le maglie dello spionaggio aziendale, permettendo di controllare tutte le informazioni raccolte tramite cellulari, smartphone, tablet e portatili in dotazione ai dipendenti. Superando (modernizzando?) quello Statuto dei lavoratori che risale alla preistoria tecnologica (era il 1970) – quando il controllo era più difficile e soprattutto era più visibile – mentre oggi l’innovazione (innovazione?) tecnologica permette di fare ciò che allora era impensabile (e vietato).
Dati raccolti via rete che potranno essere utilizzati ‘per ogni fine connesso al rapporto di lavoro’, anche se la foglia di fico è: ‘purché sia data al lavoratore adeguata informazione circa le modalità d’uso degli strumenti e l’effettuazione dei controlli sia sempre nel rispetto del codice della privacy’. Ovvero, informazione al singolo ma non al gruppo o al sindacato (dove la difesa degli interessi e della privacy sarebbe più forte), nella ulteriore individualizzazione dei rapporti non solo di lavoro ma anche di sorveglianza.
- Details
- Hits: 2155
Complottando un po’
di ilsimplicissimus
Non passa giorno che qualche voce intelligente o ottusa non si levi contro il cosiddetto complottismo, che con lo sviluppo della rete è passato dai discorsi da bar o dalle conventicole degli adepti, a vero e proprio filone informativo. Ultimamente ci è messo anche Umberto Eco a restituire con un po’ di ritardo, come è testimoniato dal suo nome, il rullo dei tamburi che proviene dalla “buona informazione” ufficiale. Cosa sorprendente per chi abbia avuto la ventura con qualche accenno di “s” di seguire i suoi corsi nei quali decretava che i mezzi di comunicazione di massa, ovvero giornali e televisioni non potevano fare cultura in nessun caso, mentre adesso gli stessi veicoli di informazione sono diventati misura di verità e dunque anche di formazione.
Comunque sia la polemica contro le “balle”non è rivolta verso questa o quella tesi inconsistente, ma genericamente contro l’atteggiamento “paranoico” e spia di “disadattamento sociale ” di chi sostiene tesi alternative senza alcuna prova o sulla base di semplici indizi o ancora più spesso in base ad atteggiamenti fideistici, ma senza minimamente verificare la consistenza delle tesi accreditate dal potere, né di operare distinzioni tra chi per esempio sostiene di essere un portavoce degli alieni o di aver scoperto che i templari governano il mondo o di chi non crede che sia stato solo Oswald a sparare a Kennedy, circostanza che fra l’altro diede vita per la prima volta all’espressione teoria del complotto.
- Details
- Hits: 2818
L'origine del linguaggio e il socialismo scientifico
Enrico Galavotti
Spesso non ci si rende ben conto che, per quanto riguarda l'essere umano, non è di alcuna importanza sapere quando si è passati, sul piano del linguaggio, dai primi suoni, emessi in maniera simile alle scimmie, alle frasi di senso compiuto. Nessuno di noi si ricorda quando, da neonato, emetteva i primi vagiti. Non ci ricordiamo neppure quando balbettavamo frasi inarticolate.
Per gli esseri umani il linguaggio comincia a diventare davvero significativo quando le parole vengono memorizzate per il loro significato. In questa maniera infatti ci diventa possibile procedere alla loro rielaborazione. Il linguaggio non è che un uso intelligente delle parole. È uno strumento in più. Non si diventa più capaci di parlare quanto più ci si ricorda di tutta l'evoluzione del nostro dire.
Più ancestrale del linguaggio è la sensibilità. Vi è umanità semplicemente là dove esiste sensibilità. Un cerebroleso resta comunque una persona "sensibile" e non ci sogneremmo neanche lontanamente di eliminarlo, come facevano i nazisti coi loro disabili.
Il linguaggio può dare un significato razionale alla nostra sensibilità, può cioè renderla consapevole di sé, ma non ne aumenta la fisicità, la realtà corporea. La sensibilità può essere aumentata, cioè approfondita ed estesa, soltanto da se stessa.
- Details
- Hits: 2983
Mario Draghi e il Santo Graal
di Frances Coppola
In questo articolo di Frances Coppola, il Santo Graal di Mario Draghi è l’euro, la moneta unica per cui interi popoli sono pronti a sacrificarsi in nome della redenzione dalla loro condizione. Perché la moneta non è solo fatto economico, ma sociale, storico e identitario, e l’euro è stato vissuto dai paesi periferici come biglietto per il club dell’Europa ricca e come promessa di prosperità. Ma l’euro, sostiene la Coppola, non ha radici nella storia e nella cultura europea, è una moneta unica fasulla fondata sulla menzogna: sostiene di promuovere l’unità europea, ma è impostata per creare e mantenere frammentazione e diffidenza; sostiene di preservare la sovranità, ma per garantire la propria sopravvivenza richiede ai suoi Stati membri di cedere il controllo delle loro economie e, sempre più, delle loro politiche; sostiene di portare prosperità, ma la sua eredità è la depressione. L’euro non sopravviverà, ma prima di crollare dovrà essere spogliato di tutta la sua lucentezza fasulla, e nel modo in cui viene trattata la Grecia dalle “istituzioni” ne stiamo vedendo le prime avvisaglie.
In risposta ad un commento sul mio recente post su Target2 e ELA, ho detto questo:
Non ci sono “euro greci” o “euro tedeschi”. Ci sono solo euro europei. Quindi la BCE non scambia euro greci e tedeschi alla pari. Entrambi i paesi stanno usando la stessa moneta, che è prodotta dall’Eurosistema. Le Banche Centrali Nazionali non sono enti autonomi, fanno parte dell’Eurosistema. Non creano le proprie valute: insieme, creano la moneta unica.
Ecco come funziona una moneta unica. Se ci sono più “banche centrali” all’interno di un’area a moneta unica – come ce ne sono ad esempio negli Stati Uniti – esse non emettono le proprie valute. La Federal Reserve di St. Louis non emette dollari di St. Louis. Produce dollari degli Stati Uniti. Come fa la Fed di Minneapolis, e la Fed di New York, e la Fed di Atlanta, e così via. Le dodici banche della Federal Reserve producono collettivamente una sola valuta, il dollaro USA.
Quindi la persona che ha sostenuto che gli euro greci e quelli tedeschi sono scambiati alla pari dalla BCE, che è il prezzo sbagliato, è nel torto, no?
Se l’euro fosse davvero una moneta unica, sarebbe nel torto. E questo era l’assunto dal quale partivo nella mia risposta.
Ma a pensarci bene, qualcosa non quadra del tutto. La struttura dell’Eurosistema non è quella di una moneta unica. Nessun’altra area monetaria ha “banche centrali” individuali per ciascuno dei suoi stati membri.
- Details
- Hits: 2316
Jobs Act: la fine del diritto del lavoro in Italia
di Clash City Workers
Cosa sia e a cosa serva il Jobs Act lo abbiamo detto e ridetto: è la misura che più caratterizza e più è stata voluta dal Governo Renzi, attraverso cui vengono ridefiniti i rapporti tra padroni e lavoratori italiani, sancendo la totale subordinazione dei primi ai secondi.
Gli ultimi decreti attuativi della legge delega di Dicembre, di cui tanto si sta parlando in questi giorni, lo dimostrano definitivamente: dopo essere intervenuto nella fase di accensione del rapporto di lavoro attraverso il decreto del 2014, aumentando la “flessibilità in entrata”, cioè la possibilità per i padroni di assumere come meglio credono; dopo aver aumentato quella “in uscita”, intervento nella fase di chiusura del rapporto di lavoro eliminando l'articolo 18 e rendendo possibile il licenziamento senza giusta causa a Marzo di quest'anno; ora questi ultimi decreti attuativi intervengono nel rapporto di lavoro stesso nell'ambito della cosiddetta “flessibilità funzionale”, rendendo possibile il demansionamento e il controllo a distanza del lavoratore. In questo quadro essere flessibili significa quindi essere alla totale mercé del padrone e a poco servono le rassicurazioni del Governo e della stampa allineata sul rispetto della privacy del lavoratore o sul fatto che in vari casi dovrà essere chiesto previamente il consenso al lavoratore stesso: come ha spiegato bene l'avvocato del lavoro Giovanni De Francesco ai microfoni di Corrispondenze Operaie, a fronte di sempre meno tutele e sempre più grandi ricatti queste formalità sono solo chiacchiere.
- Details
- Hits: 2579
Record di rifugiati nel mondo: chiediamoci perché
Patrick Boylan
Azzeccato lo spot che l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) ha diffuso oggi, 20 giugno, per la Giornata Mondiale del Rifugiato. Denuncia il record assoluto di sfollati nel mondo verificatosi nel 2014 – sono stati costretti ad abbandonare casa 60 milioni di persone, equivalente all'intera popolazione dell'Italia – e quella cifra potrebbe essere addirittura superata quest'anno. Davanti a questa impennata vertiginosa, mai vista prima, il video lancia allo spettatore un invito pressante: “Chiediti perché.”
Noi della Redazione di PeaceLink ci siamo chiesti perché – peraltro, è da tempo che ce lo chiediamo – ed ecco le nostre risposte. Sono due. Una individua una causa push (ciò che spinge un soggetto ad andar via dal proprio paese, suo malgrado). L'altra, che sarà oggetto di un successivo editoriale, individua una causa pull (ciò che noi facciamo, pur lamentandoci dei nuovi arrivi sulle nostre coste, per farli arrivare comunque).
Né l'una né l'altra di queste due cause hanno a che fare con le spiegazioni razziste o comunque autoassolventi che circolano oggi con sempre maggiore insistenza, grazie anche ad una certa stampa e a certi ambienti politici demagogici.
- Details
- Hits: 3125
Fine della rivoluzione e tramonto dell’Occidente
A chi andrà il Mandato Celeste?
Amina Crisma*
La storia dell’Occidente è stata incessantemente animata dalla capacità di immaginare e di progettare un mondo diverso dal presente, ci ricorda Paolo Prodi ne Il tramonto della rivoluzione (ed. Il Mulino 2015), ma tale capacità di visione e di progetto appare oggi perduta: quale futuro ci attende senza quella tensione trasformatrice?
1.Il tramonto della rivoluzione e il declino dell’Occidente.
“Libertà è poter immaginare un nuovo inizio”: tornano in mente le parole di Hannah Arendt, leggendo Il tramonto della rivoluzione di Paolo Prodi (Il Mulino 2015), che sarà presentato insieme all’autore da Massimo Cacciari a Bologna, allo Stabat Mater dell’Archiginnasio giovedì 18 giugno alle 17,30.
Il libro ci propone una limpida riflessione su un tema che troppo spesso viene eluso, e che invece ci riguarda tutti, e da vicino:
“Il mito della rivoluzione è finito. Ma l’Europa, l’Occidente sono nati e cresciuti come “rivoluzione permanente”, cioè come capacità nel corso dei secoli di progettare una società alternativa rispetto a quella presente: ora questa capacità di progettare un futuro diverso sembra essere venuta meno. (…) Credo che l’innegabile declino dell’Europa non possa essere compreso soltanto sul piano geopolitico o geoeconomico (…) ma debba essere spiegato con il venir meno della capacità rivoluzionaria dell’Europa nelle sue coordinate antropologiche di fondo”.
- Details
- Hits: 3835
Cose che ho notato leggendo “Il Califfato del terrore” di Maurizio Molinari
di Nicola Perugini
Questo è davvero un libro che “tutti dovremmo leggere” come suggerisce Roberto Saviano nella fascetta pubblicitaria che avvolge il libro?
La scorsa settimana ho comprato il Il Califfato del terrore. Perché lo Stato Islamico minaccia l’Occidente (Rizzoli, 2015) di Maurizio Molinari e ho notato alcune strane cose.
Apro a pagina 36 e 37, e trovo uno “scalino” nello stile di scrittura. Mi è sembrato di sentire abbastanza chiaramente la traduzione letterale da un’altra lingua. Molinari introduce la sezione “La rinascita del Califfato”, in cui spiega ai lettori religione e cultura islamica, con le seguenti parole:
L’Islam afferma di essere una religione universale, in grado di coprire ogni aspetto della vita quotidiana, e dunque ha come obiettivo ultimo uno Stato Islamico. Questa idea politica è parte integrante del concetto di ‘umma’, secondo il quale tutti i musulmani, ovunque risiedano, sono legati da una fede che trascende i confini geografici, politici, nazionali. Tale legame è la fedeltà ad Allah e al profeta Maometto. Poiché i musulmani credono che Allah abbia rivelato tutte le leggi concernenti questioni religiose e laiche attraverso il Profeta, l’intera umma è governata dalla sharia, la legge divina, applicabile in ogni tempo e luogo perché anch’essa trascende i confini.
Déja vu. Apro le pagine 16 e 17 del libro Rise of ISIS (un best seller del New York Times) di Jay Sekulow — se ne avete voglia, fate una ricerca in rete per vedere chi è Sekulow, magari se ne riparla in una prossima puntata — e trovo le stesse identiche parole, in inglese:
- Details
- Hits: 2905
La rete dall’utopia al mercato
di Carlo Formenti
Fare i conti con la Rete vuol dire addentrarsi su un terreno scivoloso, dove i limiti della cassetta degli attrezzi dell’autore di turno vengono impietosamente evidenziati. Non sfugge alla regola il saggio di Benedetto Vecchi, La Rete dall’utopia al mercato (manifestolibri - ecommons, 2015). Vecchi non affronta di petto il tema annunciato dal titolo, ma tenta di farlo emergere progressivamente, costruendo un mosaico fatto di decine di tessere, ognuna delle quali prende in esame le idee di uno dei tanti autori che si sono occupati di Internet dagli anni Novanta a oggi. Evitando di seguirlo su questo terreno, mi concentrerò sui nodi fondamentali del suo discorso e, per agevolare il compito al lettore, anticipo il punto di vista da cui prende le mosse la mia analisi critica: le tesi postoperaiste – campo teorico nel quale si inscrive il contributo di Vecchi – scontano, fra le altre, tre evidenti aporie associate alla nostalgia nei confronti di altrettanti “paradisi perduti”.
Il primo lutto è ascrivibile alla perdita delle speranze – stroncate dall’uso capitalistico dell’innovazione digitale – che l’utopia hacker aveva suscitato fra la seconda metà degli anni Novanta e i primi anni del Duemila.
- Details
- Hits: 3047
To Grexit or not to Grexit
Mauro Poggi
John Weeks è professore emerito alla University of London’s School of Oriental and African Studies, autore del bel libro “Economics of the 1%“, dove sostiene che l’egemone dottrina economica neoliberista ignora deliberatamente le proprie contraddizioni logiche per potere sostenere teorie vergognosamente reazionarie a favore dei ceti privilegiati. Mi sono imbattuto in Weeks un paio di anni fa, guardando un video di The Real News della raccapricciante intervista in inglese di Mario Monti al programma di Fareed Zaakaria. L’allora Primo ministro italiano confessava, in buona sostanza e con faccia tosta inenarrabile, che gli obiettivi di consolidamento fiscale e riforme strutturali, per i quali era stato nominato al governo, ancorché pienamente realizzati non potevano produrre miglioramenti economici a meno che la Germania non avesse provveduto ad espandere la propria domanda interna per consentire l’aumento delle esportazioni italiane, giacché con la politica economica in atto (testuale) “in effetti stiamo distruggendo la nostra domanda interna“.
Chiamato a commentare le affermazioni di Monti sui concetti di riforme strutturali e consolidamento fiscale, Weeks – prima di entrare nel dettaglio, aveva esordito con un giudizio sintetico: “Rubbish, spazzatura”. (Vale la pena ascoltare sia l’intervista di Monti che quella di Weeks nel video che ho linkato, entrambe – ciascuna per il suo verso, significative).
- Details
- Hits: 2488

Integraciòn o muerte! Venceremos?
L'America Latina nel suo labirinto
Daniele Benzi
IV. Lo sbarco cinese e altre spinte disgregatrici [Qui e qui le parti precedenti]
La presenza del gigante asiatico nelle dinamiche economiche della regione è cresciuta in modo esponenziale negli ultimi quindici anni. Per quanto riguarda gli investimenti esteri diretti e i crediti concessi l’incremento è stato enorme dopo l’inizio della crisi mondiale. Diversi autori hanno osservato che l’impatto è tale da avere ri-orientato in poco tempo le politiche commerciali e di sviluppo di vari Paesi, influenzando anche in alcuni casi decisioni strategiche relative agli allineamenti geopolitici nello scenario internazionale. Eppure, per quanto a eccezione del Paraguay lo sbarco cinese sia per il momento molto più accentuato nel Cono Sud, tutti i governi dell’area, a prescindere dagli orientamenti politici o di altra indole, considerano oggi come una priorità l’intensificazione degli scambi commerciali e l’apertura senza riserve agli investimenti asiatici. Questa è d’altronde la principale differenza tra l’avvicinamento della Cina e quello di altre potenze extra-regionali come per esempio la Russia, l’India, o l’Iran: la dimensione e l’estensione di interscambi e interventi assolutamente allettanti che, senza escluderle, hanno mantenuto sinora in secondo piano e basso profilo considerazioni esplicite di ordine geopolitico e militare. D’altra parte, sembrerebbe che al contrario dei suoi predecessori, l’attuale presidente Xi Jinping voglia dare alle relazioni con la regione un chiaro significato e orizzonte politico. Ma è ancora troppo presto per fare speculazioni al riguardo.
- Details
- Hits: 4490
L’organetto di Draghi III
Terza lezione: LTRO, Target 2, OMT (2011-2012)
di Sergio Cesaratto
Pubblichiamo alcune lezioni preparate da Sergio Cesaratto per economiaepolitica.it, dedicate alla BCE e alla politica monetaria. La serie, intitolata l'”Organetto di Draghi”, prevede quattro lezioni: 1) Moneta endogena e politica monetaria; 2) La BCE di fronte alla crisi; 3) LTRO, Target 2, Omt; 4) Forward guidance e Quantitative easing
Sappiamo che nel periodo 2008-2011 la BCE ha espanso il proprio bilancio allo scopo di tenere sotto controllo i tassi di interesse a breve termine (si rimanda a riguardo alla seconda lezione)1. Nel 2010-11 essa ha anche acquistato titoli sovrani dei paesi periferici dell’Eurozona ufficialmente per assicurare la trasmissione della politica monetaria. Abbiamo anche imparato che l’eccesso di liquidità rimane depositato presso l’Eurosistema in particolare nella deposit facility. In questa lezione vedremo come il contagio della crisi a Spagna e Italia abbia costretto nel 2012 la BCE a ulteriori e più eclatanti misure che hanno ulteriormente espanso il suo bilancio. Cominceremo con l’occuparci di uno strano meccanismo monetario chiamato Target 2 che occupò la scena nel 2011 e 2012.
1) 2011: Lo strano caso di Target 2
Nel 2011 Werner Sinn (2011), il più influente economista tedesco, sollevò un polverone mediatico e accademico sostenendo che la BCE stava effettuando un salvataggio silenzioso (stealth bail out) dei paesi periferici attraverso un arcano meccanismo chiamato Target 2.
- Details
- Hits: 3085
L’enciclica della complessità
di Pierluigi Fagan
Con l’enciclica “Laudato si’” di papa Francesco, la cultura della complessità termina probabilmente la prima fase della sua vita, la fase in cui si è formata ed in cui ha cercato di affermarsi per il riconoscimento. Con questa enciclica, si può dire che tale cultura possa ritenersi affermata. L’affermazione ovviamente non significa che tale cultura è diventata la cultura di riferimento principale, né che spetti al vertice di una istituzione religiosa timbrarne il riconoscimento ma che, data l’ampiezza e la significanza sia del testo che dell’autore, ha ottenuto lo statuto di visione del mondo nel panorama culturale. Del resto, si deve riconoscere al testo papale. la coerenza di forma e contenuto. Qui, davvero si integrano le visioni ecologiche con quelle economiche, con quelle politiche e geopolitiche, con quelle scientifiche, con quelle filosofico-etiche. Poi c’è anche la teologia ma questo è uno specifico dell’autore e della sua immagine del mondo che è nel suo pieno diritto proporre.
L’enciclica è una circolare che detta la linea o meglio, l’interpretazione del mondo, alla rete vescovile della Chiesa cattolica e quindi, dato il percolare culturale dall’alto al basso, si presume dovrebbe informare il punto di vista della Chiesa nei prossimi anni. La Chiesa però, è una istituzione più plurale di quanto ami dar a vedere e quindi non si deve immaginare un rigido allineamento alla nuova impostazione. Rimane però il segno forte di una impostazione e per questa impostazione non c’è che un termine per esprimerne il concetto: complessa.
- Details
- Hits: 2293
Grentry. Il dominio della finanza in Europa e la sua crisi
∫connessioni precarie
Il dato tecnico è semplice: le cosiddette «istituzioni» (il nuovo nome della Troika ottenuto dal governo greco) hanno molto di più da perdere che non la Grecia. Nei quotidiani economici più importanti questa verità è ormai affermata non solo tra le righe: in caso di default greco, e ancor di più di Grexit, a rimetterci maggiormente sarebbero i paesi più esposti nei confronti della Grecia, in particolare Francia e Germania, e gli altri creditori. In modo impietoso Wolfgang Munchau ha recentemente scritto che, se questa circostanza si verificasse, Angela Merkel e Francois Hollande «passerebbero alla storia come i più grandi perdenti finanziari». Il meccanismo di stabilità europeo (ESM) è sì una gabbia per i paesi che ricevono e contraggono debiti, ma è anche un dispositivo attraverso il quale il problema dell’esigibilità dei crediti maturati si riversa inevitabilmente sui paesi creditori. Il fallimento dei primi è un problema finanziario anche e soprattutto per i secondi. L’articolo è stato pubblicato sul «Financial Times» e tradotto dal «Sole24ore»: lo hanno dunque potuto leggere anche quei commentatori, redattori e governanti italiani che pure si ostinano a ripetere un mantra privo di fondamento, secondo il quale al centro della contesa vi sarebbero i nostri soldi o, variazione sul tema, la «credibilità» della Grecia. Hans-Werner Sinn, economista membro del consiglio consultivo del ministero dell’economia tedesco, ha inoltre osservato che un altro mantra, quello della «fuga dei capitali» privati dalla Grecia, dovrebbe preoccupare i paesi riceventi quanto e forse più della Grecia.
- Details
- Hits: 2956
Democrazia fine corsa: la Grecia, l’Europa e noi
Intervista a Etienne Balibar
L’intervista, rilasciata ad Atene da Etienne Balibar il 4-5-2015, è stata pubblicata originariamente dalla rivista Grèce Hebdo La redazione di TYSM ringrazia sia Etienne Balibar che la rivista per le autorizzazioni a tradurre e pubblicare. La traduzione è di Alessandro Simoncini
A metà del 2012 lei ha dichiarato: “siamo tutti greci, siamo tutti europei”, e ha affermato che la distruzione della Grecia susciterebbe quella dell’Europa nel suo insieme. A che punto siamo oggi?
Innanzitutto, non sono il solo a dire questo. Si tratta di una formula utilizzata da un gran numero di intellettuali interni alla sinistra, nella quale vi sono divergenze di giudizio molto profonde sulla questione dell’Europa. Verosimilmente, nella situazione attuale queste divergenze si sono aggravate. La questione non si limita al fatto che occorra un’Europa unita, ma ci impone di sapere qual è il rapporto tra la sopravvivenza dell’Europa e la salvezza del popolo greco. Dal canto mio, mantengo una posizione per la quale questa sopravvivenza e questa salvezza non vadano affatto da sé. Penso che l’avvenire della Grecia sia nell’Europa, non un’Europa qualsiasi ma un’Europa che bisogna costruire. O, per dirla in modo più negativo, penso che l’espulsione, l’uscita della Grecia dall’Europa avrebbe delle conseguenze molto gravi per la Grecia stessa. Mi sembra di intendere che questo sia il punto di vista della maggioranza del popolo greco, ma non è necessariamente il punto di vista di tutti i greci.
- Details
- Hits: 3245
La realtà. Hegel oggi
Alberto Gaiani intervista Luca Illetterati
Wirklichkeit è una delle parole tedesche che significano realtà ed è una delle parole-chiave della filosofia di Hegel. Su questo concetto si terrà dal 3 al 5 giugno a Padova un importante convegno internazionale. Vi parteciperanno, tra gli altri, studiosi della filosofia classica tedesca del calibro di Robert Pippin, Jean-François Kervégan, Birgit Sandkaulen. Ne abbiamo parlato con Luca Illetterati, che, con Francesca Menegoni, è l’organizzatore del convegno.
Sembra che Hegel sia tornato, se non al centro della scena, perlomeno sulla scena. Siamo di fronte a un neo-neoidealismo? A una Hegel-Renaissance in senso generale?
Non credo si possa parlare di una Hegel-Renaissance. Tanto meno di un neo-neoidealismo (che rimane comunque, soprattutto nella sua versione gentiliana, per quanto sostanzialmente non studiato, l’apice della filosofia italiana degli ultimi centocinquant’anni). C’è però indubbiamente a livello internazionale una rinascita di interesse nei confronti della filosofia di Hegel. Molto è dovuto ai cosiddetti neohegeliani di Pittsburgh, John McDowell e Robert Brandom, che hanno ‘usato’ Hegel all’interno di dibattiti e contesti tradizionalmente ostili o indifferenti nei confronti della filosofia dell’idealismo tedesco. Al di là di questo è però interessante che in varie parti del mondo siano attivi in questo momento progetti di ricerca che connettono la filosofia di Hegel alle dinamiche del mondo contemporaneo.
- Details
- Hits: 4014

Egemonia: Gramsci, Togliatti, Laclau
di Toni Negri
(la conferenza che pubblichiamo è stata tenuta alla Maison de l’Amerique Latine, a Parigi, il 27 maggio 2015)
Il discorso di Laclau rappresenta per me una variante neo-kantiana di quello che si potrebbe definire socialismo post-sovietico. Già ai tempi della Seconda Internazionale il neo-kantismo funzionò come approccio critico nei confronti del marxismo: il marxismo non fu considerato come il nemico, ma quell’approccio critico aveva tentato di assoggettarlo e, in certo modo, di neutralizzarlo. L’attacco fu portato contro il realismo politico e l’ontologia della lotta di classe. La mediazione epistemologica consistette, allora, a questo uso e a questo abuso del trascendentalismo kantiano. Mutatis mutandis, tale mi sembra anche, se ci si pone in epoca post-sovietica, la linea di pensiero di Laclau, considerata nel suo movimento. Sia chiaro – qui non si discute di revisionismo in generale, talora utile, talora indigesto. Si discute dello sforzo teorico e politico di Laclau in età post-sovietica a confronto con la contemporaneità.
Partiamo da un primo punto. La moltitudine caratterizza le società contemporanee – ci dice Laclau – ma la moltitudine non conosce determinazioni ontologiche e tantomeno – oggi – regole che possano presiedere alla propria composizione. Solo dall’esterno (pur rispettandone la natura) sarà possibile ricomporre la moltitudine. L’operazione è quella kantiana dell’intelletto che si confronta con la “cosa in sé”, inconoscibile altrimenti che col suggello della “forma”. L’operazione è quella della sintesi trascendentale.
È possibile e desiderabile che eterogenee soggettività sociali organizzino se stesse spontaneamente o debbono piuttosto essere organizzate? La domanda è consueta e sta alla base del criticismo. A questa questione Laclau risponde che oggi non c’è alcun attore sociale per sé, “classe universale” (com’era definita marxianamente la classe operaia), e neppure un soggetto semplicemente prodotto dalla spontaneità sociale, da una self-organization che potrebbe pretendere egemonia.
- Details
- Hits: 2079

Studenti, filosofi e rivolte: alle origini del pensiero minoritario
Militant
Nonostante il superamento del marxismo come ideologia “ufficiale” del campo delle sinistre non abbia portato alla produzione di un altro “pensiero forte”, cioè strutturalmente definito e abbastanza univoco nella sua interpretazione e applicazione, non per questo le sinistre, tanto “di movimento” quanto partitico-istituzionali, sono rimaste prive di una loro guida ideologica. Almeno in Italia, il pensiero tendenzialmente dominante all’interno delle sinistre radicali è scaturito dall’incontro tra il post-strutturalismo francese (Foucault, Deleuze, Guattari), un pezzo di scuola di Francoforte (Marcuse), e la speculazione politico-filosofica post-operaista di Tronti e Negri (descrivendo una sorta di “decrescendo rossiniano”: da Marcuse, uno dei più importanti filosofi del ‘900, a Foucault, uno dei massimi critici del potere costituito e delle sue articolazioni, a Negri, l’esegeta di Spinoza). Non c’è solo questo, ovviamente, ma il cuore del pensiero radicale contemporaneo può situarsi all’incrocio di queste tre “scuole” politico-filosofiche. La sintesi di queste tendenze politico-culturali determina da quarant’anni abbondanti la sostanza del pensiero radicale e conflittuale italiano. Tale pensiero, al di là del giudizio che se ne voglia dare, è caratterizzato però da una contraddizione decennale: sempre più egemone all’interno della mobilitazione politica, fra i militanti, gli studenti, i dirigenti della sinistra, ma sempre più minoritario per la società nel suo complesso e all’interno delle classi subalterne.
- Details
- Hits: 3146

Spigolature economico-filosofiche
Sebastiano Isaia
1. Il “comunismo” di Porro e il vino di Marx
Per il liberale-liberista Nicola Porro «il comunismo» si ha quando lo Stato diventa «l’unico imprenditore» presente sulla scena economica: lo Stato “comunista” organizza il lavoro, stabilisce i salari, adegua la produzione al consumo e all’occupazione e via di seguito. Questo, osserva Porro, lo aveva già capito Alexis de Tocqueville, il quale tra l’altro intuì l’intimo nesso esistente fra «il diritto al lavoro per tutti i cittadini garantito da parte dello Stato» e, appunto, «il comunismo», o quantomeno «una forma di socialismo i cui metodi trasformano, riducono, intralciano la proprietà individuale» (1). Di qui, il discorso di chiaro impianto liberale pronunciato da Tocqueville all’Assemblea francese il 12 settembre 1848, poi pubblicato in un opuscolo il cui titolo entusiasma molto il liberale-liberista dei nostri tempi: Discorso contro il diritto al lavoro. «Avete letto bene: contro il diritto al lavoro», precisa maliziosamente Porro, convinto, a ragione, di irritare soprattutto i feticisti della Costituzione Italiana. Una frecciata che non può certo colpire neanche di striscio chi ha sempre considerato il lavoro salariato (perché di questo ovviamente si tratta) non un «diritto umano», come proclamano i progressisti tipo Camusso e Landini, ma una condanna per chi è costretto a vendersi al Capitale in qualità di merce viva. Una condanna per i salariati («La sua attività appare a lui come tormento, la sua propria creazione come potenza estranea, la sua ricchezza come miseria») e il fondamento della società capitalistica, come insegna lo Spettro di Treviri.
- Details
- Hits: 2911

Il Financial Times delude nuovamente
Francesco Giavazzi sulla Grecia
di Karl Whelan
Ospitando regolarmente le opinioni di persone del calibro di Hans-Werner Sinn e Niall Ferguson, la pagina editoriale del Financial Times sta guadagnando la sfavorevole reputazione di pubblicare spazzatura sull’economia. Questo nuovo articolo del professore italiano Francesco Giavazzi sulla Grecia (“I greci hanno scelto la povertà, facciamoli andare per la loro strada”) primeggia con la sua combinazione di imprecisione e infelici stereotipi nazionali
Giavazzi ritiene che dopo “Cinque anni di negoziati che non hanno conseguito praticamente nulla” l’UE starebbe meglio senza la Grecia. Sostiene che l’attenzione dell’Unione Europea sulla Grecia l’ha distratta da altre questioni e conclude
“Ma l’euro non può essere un sostituto per una maggiore integrazione politica. Infatti, senza tale integrazione, l’euro non può sopravvivere – e oggi, la Grecia si frappone su questa via”.
Voglio offrire alcuni commenti sul pezzo di Giavazzi, a cominciare con la sua affermazione che siano state fatte poche riforme negli ultimi cinque anni.
Nessun progresso in cinque anni? Pubblico Impiego
L’analisi di Giavazzi degli ultimi anni in Grecia è la seguente:
“Cinque anni di negoziati che non hanno ottenuto praticamente nulla (le poche riforme che erano state adottate, come una piccola riduzione del numero esagerato di dipendenti del settore pubblico, da allora sono state rovesciate dalla coalizione guidata da Syriza). E’ abbastanza chiaro che i greci non hanno alcun desiderio di modernizzare la loro società. Si preoccupano troppo poco di un’economia rovinata dal clientelismo“
Prima di tutto esaminiamo una specifica affermazione nell’articolo di Giavazzi, che la riduzione dei dipendenti del settore pubblico è stata piccola ed ha fatto marcia indietro. La relazione del 2014 della Commissione Europea sulla Grecia contiene la seguente tabella sull’occupazione pubblica greca.
- Details
- Hits: 1895
Occupazione, c’è qualcosa che non torna
di Paolo Pini, Roberto Romano
I dati dell'Istat segnalano che l’occupazione cresce più del reddito. Significa che la produttività del lavoro, e quindi anche la competitività, sta scendendo pericolosamente
Svuotare il mare della disoccupazione reale, quasi 6 milioni di persone, con un secchio, forsanche non bucato, è una impresa titanica. Le politiche dell’offerta, più o meno, funzionano come quel secchio che vorrebbe svuotare il mare della disoccupazione secchiata dopo secchiata. I commentatori e politici giorno dopo giorno, con il loro secchio, svuotano il mare e sostengono che le cose stanno migliorando perché hanno cominciato a lavorare assieme. Nella centrifuga delle secchiate sono entrati anche gli ultimi dati occupazionali diffusi il 3 giugno scorso dall’Istat. La pubblicistica, inoltre, evita accuratamente di spiegare la differenza tra persone occupate e le unità di lavoro equivalente tempo pieno1. Potrebbe anche crescere il numero degli occupati, ma le ore complessivamente lavorate possono diminuire. Solo per fare un esempio: 2 part time – magari involontari - equivalgono ad una unità di lavoro equivalente. Un modo per dire che la statistica ha diverse sfaccettature, e l’utilizzo di alcune informazioni al posto di altre è, spesso, una scelta politica, non solo tecnica.
L’Istat comunica che ad aprile 2015 rispetto al mese precedente gli occupati salgono di 159mila unità, e ben di 261mila rispetto ad aprile dell’anno prima. Si tratta di incrementi consistenti: +0,7% il primo in un mese (ma il dato di marzo era davvero negativo) e +1,2% il secondo in un anno. Merito del jobs act dagli effetti esplosivi in meno di un mese che si somma al vantaggio decontributivo previsto da tre mesi per ben 8.000 euro annuali e 24.000 triennali, sempre che le imprese non licenzino prima della scadenza dell’incentivo i nuovi assunti a monetizzazione crescente pagando una manciata di euro per l’indennizzo previsto per recedere dal nuovo contratto2.
Page 435 of 612