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Ripensare marx oltre la destra e la sinistra
Intervista con il Prof. COSTANZO PREVE a cura di LUIGI TEDESCHI
1) La conflittualità con il capitalismo è il tema dominante che rappresenta l’origine e la ragion d’essere della sinistra. Evocare la sinistra significa, sia storicamente che psicologicamente riferirsi ad un complesso di culture ed ideologie che si contrappongono ad uno stato di rapporti economici e politici prestabiliti nella società capitalista. la sinistra è nata storicamente a seguito delle contraddizioni interne del capitalismo, in tema di eguaglianza sociale, produzione e redistribuzione della ricchezza, stratificazione della società in classi. Le crisi ricorrenti del capitalismo hanno posto storicamente in risalto il ruolo critico e antagonista della sinistra, in funzione di una alternativa che prefigurasse l’avvento di una nuova società che sostituisse a quella capitalista. Il fondamento economicista della società capitalista avrebbe quindi dovuto essere rovesciato in senso rivoluzionario con la creazione di una società socialista prima e comunista poi. Il fenomeno rivoluzionario comunista si rivelò, oltre che illusorio, un clamoroso fallimento. L’economia del socialismo reale non seppe competere con quella capitalista, né, tantomeno, fu in grado di sostituirsi ad essa. Il socialismo reale, anzi, nell’intento di emulare e superare il capitalismo fordista, ne esasperò gli aspetti negativi, quali l’esasperato produttivismo, la centralizzazione pianificatrice, l’omologazione di massa, la rigidità gerarchica delle strutture, senza conseguire gli stessi risultati. L’economia, vista l’impossibilità di creare nuovi sistemi che sostituissero il capitalismo, fu emarginata dai temi ideologici di una sinistra che, visto il fallimento dell’esperienza sovietica, si guardò bene dal riproporre la ricetta dell’economia pianificata in occidente, ma, nello stesso tempo, non fu in grado nell’ovest capitalista di elaborare modelli alternativi che non fossero socialdemocratici, cioè ispirati ad un riformismo moderato, quali correttivi istituzionali interni alla logica dell’economia di mercato. In realtà, a mio parere, l’ideologia marxista ha impostato il conflitto di classe basandosi unicamente sui rapporti di produzionee di redistribuzione della ricchezza non tenendo in dovuto conto la dinamica dei processi produttivi, della ripartizione tecnica delle funzioni specifiche nell’ambito di un processo produttivo estremamente parcellizzato e specializzato. La ricchezza, prima che essere ridistribuita diffusamente, dovrebbe essere prodotta secondo criteri ispirati alla massima diffusione.
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AZZARDI CLIMATICI
Quel rischio a misura di un pianeta precario
Ma il clima e l'economia sono realtà in cui opera l'incognita dei rapporti sociali. La sua irruzione nell'agire collettivo restituisce la pregnanza politica tanto del degrado ambientale che della gestione del bilancio pubblico Un percorso di lettura che mette a confronto i modelli di previsione dei mutamenti climatici e dell'andamento dei conti pubblici. Entrambi possono essere usati per elaborare condizioni di equilibrio nel breve, ma non nel lungo periodo
Luigi Cavallaro
«Facciamo un lavoro precario in un pianeta a rischio oppure il pianeta è precario perché il lavoro è a rischio?». Il dilemma lucidamente (e genialmente) sintetizzato in una vignetta di Pat Carra, pubblicata su questo giornale il 10 novembre scorso, non sembra aver suscitato particolare attenzione, almeno a giudicare dagli interventi che da allora in poi si sono succeduti su queste pagine in merito alla «questione ambientale». Eppure, è un dilemma centrale: dalla sua risoluzione, infatti, dipende la nostra possibilità di porre finalmente la questione ambientale come problema politico e sbarazzarci di quell'attitudine neoluddista di cui l'hanno ricoperto frotte di profeti di sventura, ai quali va una responsabilità non secondaria nel perdurare di una situazione che vede l'ambiente ridotto al rango di «questione tematica» o di «problema trasversale», come notava su queste stesse pagine Roberto Marchesini l'11 marzo scorso.
Proviamo allora a prendere sul serio il dilemma di Pat Carra, e chiediamoci anzitutto: cosa significa «rischio»? In senso tecnico, il rischio è la probabilità che un dato evento, che comporta danni per persone, animali o cose, si verifichi in un tempo definito. Poiché la sua misura si ottiene moltiplicando la probabilità dell'evento considerato per l'entità del danno che esso produce, ogni discussione intorno ad un qualunque rischio presuppone che si disponga di un modello teorico in grado di spiegare, sulla base di certe assunzioni ed ipotesi, il comportamento del sistema fisico e/o sociale di cui quell'evento è, propriamente parlando, «elemento». Diversamente, non potremmo mai «predire», ad esempio, che entro il 2100 il livello del mare crescerà da 18 a 59 centimetri e le temperature si innalzeranno fino a 4 gradi oltre le medie attuali, come affermato dal Rapporto 2007 dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc). Né che eventi del genere potrebbero generare perdite economiche comprese fra lo 0,1 e lo 0,5 per cento del Pil, come pronosticato dall'Istituto per lo sviluppo economico di Kiel.
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Mercato e democrazia : A Trento il Festival dell'economia (liberista)
di Zenone Sovilla
Da oltre un ventennio, in un crescendo che sfiora l'apoteosi, assistiamo a celebrazioni quotidiane del mercato senza regole e del primato dell'impresa. Una macchina propagandistica impermeabile a ogni indicatore di sofferenza: dalle vittime dell’inquinamento ai crac finanziari. Nei Tg si riferisce spensieratamente dell’ennesimo bollettino sui cambiamenti climatici e un attimo dopo si esalta la crescita del mercato dell’auto. Qualunque pensiero critico è assente o soverchiato dall'incessante rumore di fondo della propaganda mercantile.
Bene. A Trento hanno pensato che tutto ciò non bastasse.
Per glorificare la dimensione economica della vita umana ci vuole un bel festival. Detto, fatto: nel 2006 la prima edizione. La Provincia autonoma vi ha destinato 600 mila euro, altri 100 mila vengono dal Comune di Trento e ai rimanenti 450 mila pensa una serie di sponsor privati con in testa Banca Intesa [250 mila] e le assicurazioni Generali [150 mila]. Nel comitato promotore non manca l'Università di Trento e in quello organizzatore trovano posto Il Sole 24 ore [giornale della Confindustria] e l'editore Laterza. Quest'anno ci sono tutte le premesse per replicare in grande stile, dal 30 maggio al 3 giugno, la simpatica kermesse: una sfilata di Vip del liberismo e dintorni, da Romano Prodi a Pietro Ichino. Possibilmente, però, in salsa agrodolce e «politicamente corretta»: il Trentino, si sa, è margheritino. Ecco affiorare l'impronta del noto gruppo di economisti de Lavoce.info: il coordinatore scientifico del festival è Tito Boeri, docente di economia alla Bocconi (come altri protagonisti del festival) secondo il quale l’obiettivo è «spiegare l’economia a tutti». Proprio così: spiegare.
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Rai: scoperta una struttura a difesa del “Segreto di Stato”
Marco Marsili
Ne farebbero parte 50 giornalisti con potere di censura
La notizia emersa durante una riunione dell’Autorità nazionale per la sicurezza
Roma, 22 mag. – La notizia è clamorosa: secondo quanto appreso da fonti dell’intelligence militare, in Rai sarebbe attivo un “organo esecutivo sicurezza” (Oes), alle dirette dipendenze del ministero delle Comunicazioni, con il compito di “vagliare” le notizie da diffondere. Stando a quanto scoperto dalla Voce, farebbero parte di questa struttura segreta circa 50 giornalisti – tra cui alcuni caporedattori – che avrebbero il potere di autorizzare il “Nulla osta di sicurezza” (Nos) sulla divulgazione di notizie sulle reti della tv pubblica. La rivelazione dell’esistenza di un organo preposto alla tutela del segreto di Stato in Rai, sarebbe stata fatta la settimana scorsa, durante una riunione dell’Autorità nazionale per la sicurezza (Ans), da parte del rappresentante del dicastero delle Comunicazioni - attualmente guidato da Paolo Gentiloni della Margherita -, dal cui Organo centrale di sicurezza (Ocs) dipenderebbe la struttura di viale Mazzini.
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Appunti dal terremoto del divenire
Roberto Ciccarelli
«Conversazioni» di Gilles Deleuze e Claire Parnet (ombre corte). Un dialogo sulla crisi della modernità che prende le distanze dai cultori del frammento a favore di un'«altra rivoluzione»
Chiunque legga i Dialogues di Gilles Deleuze e Claire Parnet (Conversazioni, Ombre Corte, pp.174, euro 14) capirà quale grande ingiustizia sia stata quella di affibbiare a Deleuze la patente di «postmoderno». In realtà, quella di postmoderno sarebbe una categoria tutta da ridefinire, proprio dai fondamenti, in un momento in cui testi, proclami e manifestazioni coniugano l'elogio delle virtù divine con la difesa della modernità sgomitando per conquistare i titoli dei giornali. Non esiste nulla di più ironicamente postmoderno, infatti, che la mescolanza degli stili realizzata dagli «atei devoti», o dai teologi politici, che scompaginano il senso comune novecentesco con il colorato patchwork dei loro ibridi ideologici.
Il potere del pensiero
Al di là di questi paradossi, il cosiddetto «postmoderno» ha registrato tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta, la crisi della fiducia nell'universalità del pensiero. Di quella crisi ne ha fatto la chiave di volta per teorizzare, da un lato, l'impossibilità di ridurre la realtà ad una matrice unica, dall'altro l'apologia della complessità e dell'estetica del frammento e della citazione. Di solito, quando si parla di postmoderno, si preferisce la seconda strada, quella più «debole» e compiaciuta.
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