Fai una donazione
Questo sito è autofinanziato. L'aumento dei costi ci costringe a chiedere un piccolo aiuto ai lettori. CHI NON HA O NON VUOLE USARE UNA CARTA DI CREDITO può comunque cliccare su "donate" e nella pagina successiva è presente (in alto) l'IBAN per un bonifico diretto________________________________
- Details
- Hits: 1900
Il gorgo: globalizzazione, guerra, USA, Cina ed Europa nell'incerto presente
Alberto Deambrogio intervista Raffaele Sciortino
Raffaele Sciortino, già attivista nel movimento no global e no Tav e dottore di ricerca in studi politici alla Statale di Milano, è oggi ricercatore indipendente autore di studi critici sulla globalizzazione e sulle relazioni sino-americane. Ha pubblicato, con Asterios, Obama nella crisi globale (2010), I dieci anni che sconvolsero il mondo. Crisi globale e geopolitica dei neopopulismi (2019) e, sul rapporto sino- americano, Un passaggio oltre il bipolarismo. Il rapprochement sino-americano 1969-1972 (2011). A fine settembre per Asterios pubblicherà un nuovo saggio dal titolo: Stati Uniti e Cina allo scontro globale. Strutture, strategie, contingenze.
* * * *
Alberto Deambrogio: La situazione che stiamo vivendo è caratterizzata sicuramente da alcuni punti fermi, visibili e da alcune tendenze la cui traiettoria finale è difficile da individuare. Siamo in guerra, in presenza di uno shock energetico e della scarsità di materie prime, l’inflazione si sta accoppiando con la recessione mentre si è aperta una nuova imponente stagione di riarmo. Quali sono, secondo te, le caratteristiche salienti del conflitto in atto?
Raffaele Sciortino: Sull’Ucraina è necessario un breve résumée delle puntate precedenti. Dopo la fine dell’Unione Sovietica la Nato si è allargata fino ai confini russi; nel dicembre 2001, sotto l’amministrazione Bush jr., Washington si è ritirata dal più importante trattato sulle forze strategiche, l’Abm, firmato nel lontano 1972; intanto, dopo il lungo e sanguinoso conflitto in Cecenia degli anni Novanta, con ingerenza statunitense, negli anni Duemila hanno iniziato il loro corso le rivoluzioni colorate filo- occidentali in Georgia (2003), Ucraina (2004), Kirghizistan (2005); è poi arrivato nel 2008 il conflitto aperto provocato dalla Georgia.
- Details
- Hits: 1121
L’errore fatale del potere
di Domenico De Simone
Ci sono momenti nella storia in cui gli uomini al potere commettono degli errori tattici che si rivelano a posteriori essere tragici errori strategici. In genere questo accade quando il potere è più forte e dominante, e la causa è spesso l’arroganza, la presunzione e la superficialità degli uomini di potere. Un esempio classico è quello commesso da Augusto quando affidò a Publio Quintilio Varo le province germaniche appena conquistate e presuntuosamente ritenute già pacificamente romane. Varo era un burocrate che sapeva poco o nulla di guerra e tanto meno dei Germani e dei Cherusci, la tribù alla quale apparteneva Arminio. Si fidò completamente di lui allontanando gli ufficiali romani che cercarono di metterlo in guardia, e finì nella trappola di Teutoburgo nella quale perì insieme a due legioni e alle speranze romane di una rapida espansione nell’est europeo. L’errore tattico fu fatale per le mire espansionistiche romane, e si trasformò in un limite strategico, poiché da quel momento il fiume Reno rappresentò il limite invalicabile all’espansione romana ad est.
Quel limite all’espansione territoriale segnò anche l’inizio del declino dell’impero, la cui economia si fondava essenzialmente sulla tratta degli schiavi che rappresentavano il motore dell’economia romana e consentivano agli imperatori di tenere bassa la pressione fiscale interna e alimentare le legioni con nuova linfa vitale. Commentando le imprese di Giulio Cesare in Gallia notai che durante i nove anni di campagne militari, la resa di gran lunga maggiore fu la vendita del milione circa di schiavi che Cesare mandò a Roma, e che rappresentò i nove decimi di tutti i ricavi delle sue campagne in Gallia. Il rimanente, era costituito dai tributi che tutte le tribù della Gallia furono costrette a mandare a Roma durante lo stesso periodo.
- Details
- Hits: 1352
L’individualizzazione del lavoro da remoto nel capitalismo delle piattaforme
di Andrea Fumagalli
Ripetutamente, nell’ultimo anno, abbiamo dedicato spazio e contributi della rubrica ad analisi, opinioni, approfondimenti all’esplosione del cosiddetto «smart working», che l’autore del contributo che segue, opportunamente e in accordo con la maggioranza degli studiosi che hanno esplorato l’argomento, preferisce definire «remote working». Sullo stesso tema pubblichiamo la trascrizione di un intervento di Andrea Fumagalli, economista e militante politico, che in queste pagine non richiede ulteriori presentazioni, autore da almeno tre decenni di saggi e articoli sulle trasformazioni del capitalismo e del lavoro contemporanei, e tra i principali promotori di sperimentazioni politiche e iniziative editoriali. Fumagalli rilegge i risultati di alcune delle numerose inchieste «ufficiali» realizzate nell’ultimo anno sul tema, inquadrando la svolta del remote working nelle trasformazioni più complessive dell’organizzazione produttiva e dell’accumulazione, con l’emergere del «platform capitalism» e dei nuovi livelli consentiti dall’impiego delle nuove tecnologie nella cooperazione tra macchine digitali e capacità umana viva.
* * * *
Parto dicendo che il termine «smart working», diventato ormai di uso comune, secondo me è un abuso, perché in questo tipo di lavoro di «smart» c’è ben poco. Se dovessimo utilizzare una definizione corretta, dovremmo utilizzare «remote working». Il termine «smart», infatti, implica una suggestione di benessere che non sempre cattura la condizione effettiva di chi lo svolge.
Fatto questo breve inciso, queste brevi considerazioni che propongo si svilupperanno su tre livelli per poi concludere con la discussione di alcuni risultati di una ricerca svolta dal «Laboratorio Futuro» dell’Istituto Toniolo dell’Università Cattolica, intitolata Il futuro delle città. Smart working nelle imprese milanesi al tempo del Covid-19 da cui emergono dati empirici particolarmente interessanti.
- Details
- Hits: 2783
Emergenza pandemica. Un’analisi epistemologica
di Tommaso Palmieri
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Introduzione
A marzo 2022 si è istituzionalmente conclusa l’emergenza pandemica dichiarata a marzo 2020, la cui gestione (e il meccanismo emergenziale in generale) non ha sicuramente concluso le sue istanze, dato che evidentemente e per ammissione delle stesse istituzioni i procedimenti di allerta e in generale tutta una serie di misure e pratiche persevereranno, mostrando fin da ora le ampie istanze di “normalizzazione” sviluppatesi. Nonché le perduranti modalità di “emergenza permanete” che trapassano prontamente dall’ambito medico, a quello bellico, terrorista, energetico o ambientale, con ampie possibilità di applicazione. In tutto questo le criticità in ballo durante la gestione sono molte. Due anni in cui si è pubblicamente evitato di affrontare qualsiasi argomento di critica, mostrando disinteresse o andando a screditarne la fonte, tramite l’utilizzo di pregiudizievoli etichette.
Un (non-)dibattito pubblico che vorrebbe negare una enorme serie di contraddizioni manifeste nella gestione pandemica, dove il complesso scientifico appare diviso, lontano dalla narrazione di un sistema mediatico e istituzionale che batte senza sosta la campana del “lo dice La Scienza”. Il fatto è che “La” scienza non esiste, esistono semmai il metodo scientifico e le teorie scientifiche: sempre rivedibili e dipendenti dal contesto nel quale sono calate e si sono sviluppate e che più volte hanno fatto danni.
Il (non)dibattito scientifico: La scienza non come metodo ma come istituzione
Sarebbe sciocco considerare il sistema scienza come avulso dal complesso storico-sociale; in tal senso l’interdisciplinarietà e la valutazione dubbiosa sarebbero sempre d’obbligo.
- Details
- Hits: 1229
Schedare per dominare
di Mediapart
Una storia critica della schedatura di polizia in particolare in Francia
La campagna di azione collettiva contro la tecnopolizia si conclude tra poche settimane. La nostra denuncia contro il Ministero dell’Interno prende di mira in particolare due enormi fascicoli statali: il fascicolo TAJ e il fascicolo TES. Attraverso di loro, attacchiamo gli strumenti onnipresenti e strutturanti di sorveglianza della polizia. Perché archiviare è organizzare il controllo e il dominio dello Stato sulla sua popolazione. Come si spiega che queste pratiche hanno potuto emergere, persistere e radicarsi così profondamente nel funzionamento dell’amministrazione francese al punto da sfuggire ora a qualsiasi controllo reale?
Se possiamo ovviamente trovare una moltitudine di spiegazioni, proponiamo di tornare qui, senza pretendere di essere esaustivi, sull’evoluzione nel tempo della registrazione in Francia.
La creazione della conoscenza statale
Il desiderio dello Stato francese di identificare formalmente la sua popolazione iniziò nel XVIII secolo[1]. Lo scopo originario era formalmente quello di “combattere contro la criminalità, l’accattonaggio o il vagabondaggio” richiedendo ad alcune persone la registrazione e il possesso di “carte” contenenti il loro cognome[2]. Molto rapidamente, questa pratica è stata utilizzata principalmente in ambito giudiziario al fine di identificare le persone accusate che avrebbero fornito false identità, impedendo così al sistema giudiziario di ripristinare la loro precedenti penali. È quindi il perseguimento e il riconoscimento dei recidivi – una giustificazione che si troverà molte volte nel corso della storia – che incoraggia il miglioramento delle pratiche di identificazione e in particolare la creazione di polizie scientifiche[3].
- Details
- Hits: 1552
Qiao Liang: Il dominio finanziario degli Stati Uniti sul mondo
di Giordano Sivini*
Per Qiao Liang in L’arco dell’Impero (Leg 2021) gli Stati Uniti sono un impero finanziario egemone. Ne traccia la parabola dal periodo in cui il dollaro viene condiviso dal mondo in quanto strumento di sviluppo della produzione e del commercio manifatturiero, a quello in cui il centro dell’impero lo utilizza per appropriarsi delle ricchezze del mondo, fino al loro esaurimento e persino dei “dividendi” su quelle già appropriate (p. 67).
Secondo i “discorsi cinesi” (p.75), il termine ‘egemonia’ qualifica tutto questo percorso storico, non solo quello dello sviluppo produttivo e commerciale in cui, nel contesto della guerra fredda, gli Stati Uniti hanno coinvolto l’Occidente nella ricostruzione postbellica. Qualifica anche il periodo successivo dell’espansione finanziaria, ma è riferito non agli Stati Uniti bensì al dollaro, che gli Stati Uniti utilizzano per esercitare un dominio espropriativo sul mondo. Questa egemonia “negli ultimi quarant’anni è riuscita a trasformare tutte le valute del mondo in accessori del dollaro, gestendo le transazioni tramite la creazione di credito negli Stati Uniti, e allo stesso tempo, controllando tutta la produzione (tutta la produzione è espressa in dollari e, in definitiva, prodotta per i dollari). E questo risultato ha profondamente cambiato e ricostruito la nostra attuale civiltà” (p.78).
In questa ‘civiltà finanziaria’ la funzione egemonica del dollaro è di coprire il dominio degli Stati Uniti: si guarda al movimento del dollaro quando si analizzano le crisi, non ha chi produce questo movimento. “Quando si tratta dei misteri dell’egemonia e della realtà degli Stati Uniti, ‘meglio non rivelare gli arcani del cielo’. Questo antico detto cinese sembra essere diventato un tabù per gli esperti e per gli studiosi di tutto il mondo. Una specie di falla collettiva nel discorso.
- Details
- Hits: 1354
Ma quale “green deal”, qui casca l’asino neoliberista
di Claudio Conti - Guido Salerno Aletta
La comunicazione imperiale, di questi tempi, è decisamente schizofrenica. Da un lato c’è l’esibizione di forza incontrastabile (sanzioni alla Russia, minacce alla Cina, fiducia nella “vittoria Ucraina”, pretesa che il resto del mondo segua – come negli ultimi 30 anni – i propri ordini, ecc).
Dall’altra la corsa all’accaparramento di nuove forniture per le materie prime energetiche che dalla Russia arrivano sempre meno, con piani di razionamento per i consumi della popolazione (sorpassando la “delicatezza” dei “consigli per consumare meno”).
Per capirci qualcosa di più, come spesso facciamo, andiamo a vedere come la stanno prendendo gli specialisti dell’economia, dato che dei fogliacci di propaganda euro-atlantica (Corriere e Repubblica su tutti) non c’è proprio da fidarsi.
Un disperato editoriale di TeleBorsa – non proprio un foglio bolscevico – chiarisce molto.
Intanto che modo di produzione capitalistico e ambientalismo non possono proprio “coesistere”. Tutta la retorica della “transizione ecologica”, tra eventi come il Cop26 e il Recovery Fund, viene smontata come una follia (capitalisticamente parlando).
In effetti, già l’Unione Europea aveva fatto robustissime marce indietro già prima dell’inizio della guerra in Ucraina. La revisione della “tassonomia” relativa alle varie fonti energetiche aveva chiarito che gas, nuceare e perino il carbone sono “ecologici”. E quindi che nulla, in realtà, doveva cambiare, tranne qualche robusto finanziamento alle infrastrutture con tecnologie “innovative”.
In secondo luogo, che la dimensione della riduzione dei consumi dovuti alla carenza di rifornimenti energetici (sbrigativamente chiamati “gas russo”) sarà di dimensioni drammatiche, che fanno impallidire il ricordo della crisi petrolifera del 1973.
- Details
- Hits: 1901
La finanza e il mercato dell'energia
di Raffaele Picarelli
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Premessa
L’articolo che segue vorrebbe dare una risposta (o cercare di farlo) ad alcune domande che sorgono spontanee in ordine alle ragioni dell’andamento fuori controllo del mercato dell’energia europeo, che si traduce, per la stragrande maggioranza delle popolazioni, in aumenti sproporzionati delle bollette energetiche (gas e luce) e, quindi, in un cospicuo immiserimento delle loro condizioni di vita.
Come è possibile che una materia prima come il gas naturale, che ha un costo di produzione per le aziende produttrici da 2 a 5 euro per megawattora (MWh), arrivi a raggiungere sul mercato un prezzo da 40 a 80 volte tanto?
I prezzi del gas, da oltre sei settimane, si sono stabilizzati oltre 200 euro a MWh, fino a toccare punte di 340. Ci si potrebbe chiedere: il fenomeno è dovuto a un aumento reale della domanda e/o a una riduzione reale dell’offerta? Di questo sono certi i molti commentatori economici e politici che affollano i talk show e scrivono sui giornali.
Ma come è possibile questo se la domanda industriale di gas è calata di oltre il 9% tra la seconda metà del 2021 e la prima del 2022, e se la riduzione dell’offerta russa causata dalle sanzioni occidentali sarebbe compensata, come dicono, da offerte di gas di altra provenienza?
Per “considerazione del rischio geopolitico”, dichiara solennemente Francesco Starace, amministratore delegato di Enel (Il Sole – 24 Ore del 4 settembre).
Per la guerra in Ucraina, blaterano maldestramente i tanti sicofanti di mainstream.
- Details
- Hits: 2871
La Filosofia imperfetta di Costanzo Preve
di Salvatore Bravo
La Filosofia imperfetta è un’opera di Costanzo Preve del 1984, è un testo introvabile nelle librerie e online, la qualità è una categoria che il tempo del totalitarismo della merce non conosce.
È il libro della svolta, in cui Costanzo Preve liquida il materialismo dialettico per fondare la metafisica umanistica. La stesura della Filosofia imperfetta nel prologo di Una nuova storia alternativa della filosofia è definita dal filosofo “liberatoria1”, benché a correzione del titolo dell’opera del 1984 Costanzo Preve affermi e chiarisca che le filosofie sono imperfette, in quanto non esiste e, mai vi potrà essere, la fine della storia della filosofia per perfezione raggiunta.
La filosofia marxiana non ha fondazione filosofica forte, per cui il materialismo storico e la prospettiva comunista sono state irrigidite dalla camicia di forza, l’immagine è di Costanzo Preve, delle leggi scientifiche della storia del marxismo che ha, così, risolto le “contraddizioni filosofiche” presenti nella filosofia marxiana.
Karl Marx è filosofo del possibile, all’interno della sua opera vi sono fessure ed ipotesi che lasciano intravedere percorsi differenti per giungere al comunismo, sono presenti categorie interpretative che oscillano tra la necessità e la possibilità. Costanzo Preve osa deviare il percorso dalle certezze granitiche del marxismo ufficiale e per rifondarlo è opportuno ripercorrere il cammino dei marxisti eretici: Karl Kautsky, Ernst Bloch e Gyorgy Lukàcs. Nel saggio l’obiettivo è liberare il pensiero marxiano dalla trappola dell’economicismo e della dialettica unidirezionale.
Costanzo Preve riattiva le potenzialità non pensate di taluni plessi in Marx. Il testo La filosofia imperfetta con il suo sottotitolo Una proposta di ricostruzione del marxismo contemporaneo ripercorre gli eretici del marxismo per dimostrare e condividere le possibilità celate ed ostracizzate dal marxismo ufficiale.
- Details
- Hits: 2055
Il grande ircocervo e la mutazione genetica dello Stato
di Guido Cappelli
In principio è stata l’emergenza. Emergenza percettiva, interiore e interiorizzata, emergenza come Weltanschauung, come profezia che si autoavvera saldando il percepito col reale.
L’emergenza è legata all’Eccezione, e l’attesa della catastrofe offre il campo – logico e psicologico, cioè politico – ai salvatori, ai messia, agli illuminati da qualche ragione superiore e qualche tecnica salvifica. Ne sono apparsi a bizzeffe, in questo tempo bisognoso di promesse: i più risibili sono quelli dell’astensione rivoluzionaria, ma questa è un’altra storia su cui prima o poi dovremo tornare.
Intanto, gli ingredienti della distopia sono belli e serviti. Bastava un nulla, l’annuncio di un pericolo, qualche immagine convenientemente manipolata, un po’ di ammuina mediatica, la goccia che ha fatto traboccare il vaso dell’ossessione securitaria che ha invaso la nostra opulenza ormai da mezzo secolo – proprio in concomitanza, guarda caso, con l’esplosione del consumismo compulsivo di massa, con l’illusione di un benessere per default, di una felicità in servizio permanente effettivo.
E così, eccezione dopo eccezione, uno shock dopo l’altro, il cittadino medio sembra aver dimenticato i fondamenti elementari della convivenza democratica, per lasciarsi condurre a precipizio dai nuovi conducatores, siano il truce super Mario, l’esaltata britannica, il transumanista francese o qualche altro umanoide formato alla scuola di zio Klaus (Schwab).
Non sappiamo che cosa ci sia esattamente in fondo al precipizio, ma nella discesa abbiamo già incontrato alcuni “amici” di cui difficilmente ci libereremo nei prossimi secoli, a meno di uno scatto deciso e collettivo che non si sa se sia all’orizzonte.
- Details
- Hits: 1731
Noi siamo tutto. La miseria del (post-)operaismo
di Robert Kurz
«Il fatto che io sia paranoico, non vuol dire che io non sia perseguitato.» ( Woody Allen )
La svolta del marxismo occidentale verso la teoria dell'azione - una svolta che nella prassi ideologica postmoderna rimane separata dalla teoria di Marx in generale - invece di continuare a svilupparsi, lascia uno scheletro nell'armadio, vale a dire, la critica dell'economia politica: la critica che affronta le complicate "legalità" della macchina sociale capitalista sulla base della costituzione feticista, l'analisi continuata del processo capitalista "trasformatore della società", nella sua unità di oggettivazione e trattamento (soggettivo) della contraddizione, tra cui le ideologie assassine. La soluzione apparente di questa problematica non liquidata, ha prodotto la corrente forse più importante della nuova sinistra, sorta in Italia, parallelamente al marxismo strutturalista di conio althusseriano e all'atomizzazione foucaltiana della critica: il cosiddetto operaismo. Il punto di partenza fu la situazione specifica della giovane popolazione proveniente dal Mezzogiorno, che affollava le industrie fordiste del nord dell'Italia negli anni '60 e non aveva ancora interiorizzato la disciplina di fabbrica del "lavoro astratto". Mentre i regimi della "modernizzazione ritardata" del capitalismo di Stato, nella periferia del mercato mondiale, avevano imposto la frusta dell'azione disciplinatrice, fatta in nome dell'ideologia di legittimazione "marxista"; in Italia, a partire da una situazione simile, si sviluppa una determinata "militanza operaia" contro il regime produttivo fordista occidentale; una resistenza legittima, nella prospettiva adottata, ma immediatamente anche una forma specifica del trattamento limitato della contraddizione, la quale, nella sua immediatezza, poté diventare un campo di riferimento teorico per gli intellettuali di sinistra.
- Details
- Hits: 1739
Questa società è troppo ricca per il capitalismo!
di Norbert Trenkle e Ernst Lohoff
Presentiamo qui l’epilogo del libro Die große Entwertung di Norbert Trenkle e Ernst Lohoff, autori del Gruppo Krisis ed esponenti di punta della cosiddetta Wertkritik (Critica del Valore), libro uscito in Germania nel 2012 e, come la maggior parte dei testi provenienti da questa ricca corrente di pensiero, purtroppo ancora inedito in Italia. Abbiamo deciso di presentarne la parte finale perché questo breve testo ci sembra racchiuda, con una formula decisamente azzeccata, una parola d’ordine che potrebbe diventare centrale per le rivolte del prossimo futuro. Il titolo, infatti, recita Questa società è troppo ricca per il capitalismo.
Il messaggio che qui risuona (ma non solo in questa occasione) appare particolarmente indicato, crediamo, per rappresentare una svolta nel desolante panorama degli “slogan” politici di movimento, poiché trasgredisce alla regola dell’auto-sofferenza a cui ci hanno abituati, almeno da fine anni ‘70 in poi, i movimenti che dovrebbero e vorrebbero sovvertire il sistema. L’ultimo di questi “slogan”, quello per il quale avremmo oltrepassato i limiti e adesso dovremmo fare tutti dei sacrifici per far tornare il mondo, e noi stessi, in uno “stato di salute”, è particolarmente insidioso nella misura in cui va incontro proprio ai più intimi desideri del sistema del capitale nella sua fase finale, quella cioè determinata dalla iper-produttività a traino microelettronico, che ne erode le fondamenta e impedisce una sufficiente redditività agli ingenti capitali in circolo – i quali, non a caso, si rifugiano nella finanza per soddisfare la propria inestinguibile fame di denaro.
Il capitale in crisi è capace solo, oramai, di fecondare poche sacche di territorio qua e là, vere e proprie “riserve” dove il meccanismo riesce in qualche modo a funzionare – ovviamente sempre più a spese del resto del mondo – mentre altre, molto estese, sono lasciate andare alla deriva e utilizzate al più come scorta di preziose materie prime da depredare e forza lavoro schiavizzata da sfruttare.
- Details
- Hits: 1173
Note sul gas di Putin
di Vincenzo Comito
Sostituire il gas russo non sarà per niente facile. E non vi è motivo di pensare che trovarne altro, di altra provenienza, sarà più facile – più rapido e meno costoso – che sostituirlo con altre fonti di energia
Introduzione
Capita di frequente che dei personaggi che hanno lasciato una importante traccia nella storia contemporanea abbiano trascurato di far crescere dei successori abbastanza degni e capaci di raccogliere in qualche modo la loro eredità; si pensi così al deplorevole stato in cui Angela Merkel ha lasciato il suo partito e più in generale la politica tedesca, mentre ci ha regalato il trasferimento dai tranquilli sonni berlinesi a Bruxelles di una così inadeguata figura nella persona di Ursula von der Leyen.
Tra le sue frasi celebri bisogna ricordare quella secondo la quale sarebbe stato facile liberarsi del gas e del petrolio russo. La realtà, almeno per quanto riguarda il gas, appare piuttosto diversa, come cerchiamo di mostrare nel testo, esplorando, parzialmente almeno, la situazione dei principali paesi fornitori di gas all’Europa, a cominciare dalla stessa Russia, nonché le prospettive del nostro continente per questo inverno.
Comunque intanto una risposta indiretta alla von der Leyen viene da Ben van Beurden, il capo della Shell, la più importante società energetica europea, che ha di recente dichiarato che affermare che staccarsi dal gas russo sarà in qualche modo facile appare una fantasia che bisogna mettere da parte.
Diamo intanto il quadro sintetico della situazione attuale; secondo i dati disponibili (fonte: Eurostat), nel primo semestre del 2021 l’UE ha importato il 46,8% del suo fabbisogno di gas dalla Russia, il 20,5% dalla Norvegia, l’11,6% dall’Algeria, il 6,3% dagli Stati Uniti, il 4,3% dal Qatar e il 10,5% da altre fonti.
- Details
- Hits: 998
Marxismo e movimenti sociali
di Alessandra Ciattini
In questa fase di grave confusione ideologica e politica è forse il caso di tornare a chiederci chi è nelle condizioni sociali di agire come agente trasformatore
In un libro pubblicato in Italia nel 1973 (Neocapitalismo e crisi del dollaro), in cui sono raccolti vari articoli scritti in precedenza che sono ammirevoli per la profondità di analisi e la lucidità dell’autore, Ernest Mandel riflette sulla “negazione della funzione centrale del proletariato dei paesi metropolitani nella lotta su scala mondiale contro l’imperialismo e il capitalismo” (p. 118). Come è noto, Mandel era un autorevole economista trotskista, che certo non può esser trascurato per questa ragione in una fase in cui siamo invitati a riflettere a fondo su tutta la nostra complicata e dolorosa tradizione.
Esamina con cura questa tesi perché polemizza con chi sostiene che la stabilità del sistema capitalista non può esser alterata se non sollecitata dalle rivoluzioni avvenute nei paesi ex coloniali (Lin Piao) e con chi invece ritiene che i seppellitori di esso saranno i “gruppi ai margini della società: le minoranza nazionali e razziali, i settori supersfruttati della popolazione, le nuove avanguardie giovanili”.
Queste tesi poggiano su una generalizzazione sbrigativa di fatti inconfutabili: “il proletariato occidentale è passato in secondo piano nella lotta rivoluzionaria mondiale durante gli ultimi 20 anni tra il 1948 e il 1968”, anche per le manipolazioni ideologiche cui è sottoposto. Le tesi su indicate si fondano su argomentazioni tutt’oggi valide che prendono le mosse dalle profonde trasformazioni economiche, sociali e tecnologiche che hanno investito il neocapitalismo o tardo capitalismo (p. 118).
- Details
- Hits: 2417
La requisitoria di Sahra Wagenknecht e i suoi limiti
di Marx XXI
Il titolo del libro di Sahra Wagenknecht – dirigente storica della Linke, partito di cui è stata vicepresidente dal 2010 al 2014 – rischia di suscitare aspettative eccessive: Contro la sinistra neoliberale (Fazi editore) evoca infatti una svolta radicale, una presa di congedo netta e senza tentennamenti da ciò che le sinistre – non solo la tedesca, bensì tutte le sinistre occidentali – oggi rappresentano. Ci si aspetterebbe, insomma, di leggere una condanna senza appello, del tenore di quella contenuta nella lettera aperta di Hans Modrow alla Linke che abbiamo rilanciato su questa pagina https://socialismodelsecoloxxi.blogspot.com/2022/02/lettera-di-hans-modrow-alla-linke-hans.html
Viceversa il punto di vista della Wagenknecht è più sfumato e contraddittorio. Non che manchino accenti durissimi nei confronti di quella che l’autrice definisce “sinistra alla moda”: come vedremo fra poco, la sua requisitoria è lunga, dettagliata e argomentata, così come è corretta la sua analisi delle radici di classe del fenomeno politico in oggetto. A lasciare perplessi è però il tentativo di tracciare un confine fra neoliberalismo “di sinistra” e liberalismo tour court; un approccio che legittima l’idea secondo cui il liberalismo di sinistra tradizionale, o liberal socialismo, non è il grembo che ha partorito l’attuale sinistra neoliberale, bensì qualcosa di completamente diverso, un patrimonio di idee e valori da cui si potrebbe trarre il materiale per rifondare una “vera” sinistra. Ma procediamo con ordine.
- Details
- Hits: 1526
"Nell'inferno dei quartieri di Donetsk"
di Sara Reginella
Al ritorno da un’esperienza di tre settimane nel Donbass, credo sia doveroso ritrarre lo scenario articolato con cui mi sono interfacciata.
Il primo aspetto sui cui vorrei porre l’attenzione riguarda la complessità. Non è possibile fare generalizzazioni su un quadro variegato come quello del conflitto ucraino, comprensibile solo nella misura in cui si evitano facili generalizzazioni.
Nel Donbass è in atto un conflitto dal 2014, i cui primi anni sono stati quasi totalmente censurati dai mass media occidentali. Non entrerò in merito alle cause che hanno portato al conflitto, a partire dal golpe di Kiev, durante l’Euromaidan, già oggetto di miei precedenti lavori e reportage, né disputerò sulle questioni geopolitiche legate al pericoloso espansionismo della NATO ai confini della Russia. Mi limiterò a riferire sulla situazione osservata nell’estate 2022 nei territori del Donbass, che ho personalmente visitato.
A Lugansk, capitale della LNR (Luganskaya Narodnaya Respublika – Repubblica Popolare di Lugansk), la popolazione vive in una condizione di pace relativa. Sono in molti a combattere al fronte, ma l’ultimo bombardamento risale a circa un mese e mezzo fa. Con l’arrivo dell’esercito russo, da febbraio 2022, il fronte si è spostato di oltre settanta chilometri in avanti, rispetto alla capitale. Nel territorio di Lugansk, ho potuto appurare come la popolazione sia grata all’esercito russo, in quanto le persone riferiscono come dal suo arrivo, nei territori dell’omonima Repubblica, dopo otto anni, l’esercito ucraino non può più colpire.
A Donetsk invece, capitale della DNR (Donetskaya Narodnaya Respublika – Repubblica Popolare di Donetsk), il fronte si sviluppa a partire dalle aree periferiche della città.
- Details
- Hits: 1554
Il futuro dell’energia
di Fabrizio Russo
Nessun politico vuole raccontarci la vera storia: la disponibilità di combustibili fossili si sta esaurendo. Siamo infatti già a corto di petrolio, carbone e gas naturale perché i costi diretti e indiretti di estrazione stanno raggiungendo un punto in cui il prezzo di vendita del cibo e di altri beni di prima necessità deve essere fissato ad un livello talmente alto, ed inaccettabile, da compromettere l’operabilità del sistema economico globale, nel suo assetto attuale. Allo stesso tempo, l’energia eolica, solare e altre fonti di “energia pulita” non sono ancora in grado, neppure in misura parziale ma tale da consentire un funzionamento “sui minimi” del sistema, di sostituire la quantità di combustibili fossili perduta.
Il problema economico, che ha per protagonista l’energia, è essenzialmente un problema di fisica. L’energia pro capite e, di fatto, le risorse pro capite (qualsiasi produzione richiede infatti energia), devono rimanere sufficientemente elevate in presenza di una crescita della popolazione a cui fa capo una determinata realtà economica. Quando ciò non accade, come la storia ci dimostra, le civiltà tendono a – o perlomeno rischiano di – crollare.
I politici non possono però ammettere apertamente che l’economia mondiale possa oggi essere diretta verso il collasso, come peraltro già accaduto a molte/tutte le civiltà precedenti. Devono dare invece l’illusione di essere al comando, di avere la situazione sotto controllo. Ciò spinge i politici a dare al pubblico, in qualche modo, motivazioni per cui i cambiamenti futuri potrebbero essere o desiderabili, (ad es. per evitare il cambiamento climatico) o, perlomeno, che le difficoltà sollevate siano temporanee/condizionate (ad es. a causa delle sanzioni contro la Russia).
- Details
- Hits: 3202
Operazione Z
The Postil Magazine intervista Jacques Baud
Siamo lieti di presentarvi questa nuova intervista a Jacques Baud, in cui copriamo ciò che sta accadendo ora nella lotta geopolitica che è la guerra Ucraina-Russia. Come sempre, il signor Baud porta una visione profonda e un’analisi chiara alla conversazione
The Postil (TP): Hai appena pubblicato il tuo ultimo libro sulla guerra in Ucraina — Operazione Z , edito da Max Milo. Per favore, raccontaci qualcosa: cosa ti ha portato a scrivere questo libro e cosa desideri trasmettere ai lettori?
Jacques Baud (JB): Lo scopo di questo libro è mostrare come la disinformazione propagata dai nostri media abbia contribuito a spingere l’Ucraina nella direzione sbagliata. L’ho scritto sotto il motto “dal modo in cui comprendiamo le crisi deriva il modo in cui le risolviamo”.
Nascondendo molti aspetti di questo conflitto, i media occidentali ci hanno presentato un’immagine caricaturale e artificiale della situazione, che ha portato alla polarizzazione delle menti. Ciò ha portato a una mentalità diffusa che rende praticamente impossibile qualsiasi tentativo di negoziare.
La rappresentazione unilaterale e parziale fornita dai media mainstream non ha lo scopo di aiutarci a risolvere il problema, ma di promuovere l’odio nei confronti della Russia. Così, l’esclusione dalle competizioni di atleti disabili, gatti , persino alberi russi , il licenziamento dei direttori d’orchestra, il de-platforming di artisti russi, come Dostoevskij , o anche la ridenominazione dei dipinti mira ad escludere la popolazione russa dalla società! In Francia, i conti bancari di persone con nomi che suonavano in russo sono stati persino bloccati. I social network Facebook e Twitter hanno sistematicamente bloccato la divulgazione dei crimini ucraini con il pretesto di “incitamento all’odio”, ma consentono l’appello alla violenza contro i russi.
- Details
- Hits: 2089
L’invenzione della classe operaia
di Maria Grazia Meriggi
Vent’anni fa veniva pubblicato il volume L’invenzione della classe operaia di Maria Grazia Meriggi, frutto di una straordinaria ricerca su sopravvivenza e rottura delle dimensioni comunitarie in Francia, su costruzione di forme di partito e sovrapposizione fra rivendicazioni economiche e avventure insurrezionali, tra tramonto del popolo degli artigiani e alba del movimento operaio, fra la svolta della Rivoluzione francese e il 1848. In questo articolo l’autrice ripercorre un viaggio affascinante in mondi del lavoro complessi, composti in molti casi da operai ancora padroni dell’autorevolezza del mestiere ma che gli avversari vedono invece immersi nelle classi pericolose in cui la disoccupazione può farli precipitare.
* * * *
Ancora una volta mi preparo a scrivere per «Machina», una rivista affascinante anche quando a volte non se ne condividono tutti i contenuti e sono stata sollecitata a riflettere sui temi di (e a partire da) una mia ricerca che è poi quella che mi è probabilmente più cara anche se studi, saggi e monografie su periodi più recenti hanno suscitato più attenzione e dibattito. Si tratta di L’invenzione della classe operaia. Conflitti di lavoro, organizzazione del lavoro e della società in Francia intorno al 1848 [1]. Tuttavia in un percorso che dura ormai da più di quarant’anni le domande che ponevo come centrali di quel volume nei Ringraziamenti [2], che riguardavano e riguardano tuttora «i contributi delle trasformazioni economiche e delle culture diffuse nel produrre i soggetti sociali» lo sono ancora nelle mie ricerche. In queste righe sono riassunte le ragioni per cui vale la pena di tornare ai contenuti e ai metodi di quella ricerca, al di là della tentazione della ego-histoire.
- Details
- Hits: 1315
La politica statunitense “pericolosa” e la “falsa narrativa dell’Occidente” alimentano le tensioni con Russia e Cina
Amy Goodman e Juan Gonzàlez intervistano Jeffrey Sachs
Discutiamo dell’egemonia occidentale e della politica statunitense in Russia, Ucraina e Cina con l’economista della Columbia University Jeffrey Sachs, il cui nuovo articolo è intitolato “La falsa narrativa dell’Occidente su Russia e Cina”. Sachs afferma che l’approccio bipartisan degli Stati Uniti alla politica estera è “inspiegabilmente pericoloso e storto” e avverte che gli Stati Uniti stanno creando “una ricetta per l’ennesima guerra” nell’Asia orientale.
Politico riporta che l’amministrazione Biden si prepara a chiedere al Congresso di approvare una nuova vendita di armi da 1,1 miliardi di dollari a Taiwan. Secondo quanto riferito, il pacchetto include 60 missili antinave e 100 missili aria-aria. Ciò avviene dopo che due navi da guerra statunitensi hanno navigato domenica attraverso lo Stretto di Taiwan per la prima volta da quando il presidente della Camera Nancy Pelosi ha visitato Taiwan all’inizio di questo mese. La Cina ha condannato la visita e ha lanciato importanti esercitazioni militari vicino a Taiwan.
Nel frattempo, la scorsa settimana il presidente Biden ha annunciato 3 miliardi di dollari in più di aiuti militari per l’Ucraina, compresi i soldi per missili, colpi di artiglieria e droni per aiutare le forze ucraine a combattere la Russia.
Iniziamo la puntata di oggi guardando la politica degli Stati Uniti su Russia e Cina. Siamo raggiunti dall’economista Jeffrey Sachs, direttore del Center for Sustainable Development della Columbia University. È presidente della Rete di soluzioni per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Ha servito come consigliere di tre segretari generali delle Nazioni Unite. Il suo ultimo articolo è intitolato “La falsa narrativa dell’Occidente su Russia e Cina”.
- Details
- Hits: 1516
Robert Kurz, il Capitale Mondo e la Cina
di Giuliana Commisso e Giordano Sivini
Ricevo da Giordano Sivini, che ringrazio, un interessantissimo articolo sulla Cina odierna, in cui - a partire da "Il capitale mondo" di Robert Kurz, e dal libro sulla Cina dello stesso Sivini ("La costituzione materiale della Cina") - viene svolta un'ampia riflessione sulla "modernizzazione ritardataria" e sulle possibilità di crisi e di sviluppo che interessano alcuni di questi paesi orientali. Il preambolo all'articolo, chiarisce l'intento per cui, come sempre, è finalizzato a una miglior comprensione della realtà che, a partire dalle categorie marxiane e dall'analisi di Kurz, ci possa permettere di muoverci meglio in quella che è la crisi finale sistemica del capitale nella sua totalità
La pubblicazione in italiano di "Il capitale mondo" (Meltemi 2022) induce a riflettere sulle ragioni teoriche che avevano spinto Kurz nel 2005 a dare una interpretazione liquidatoria della Cina e delle sue prospettive di crescita. «La Cina - aveva scritto - è l’esempio più eclatante di come la periferia del mercato mondiale sia vincolata al capitalismo transnazionale di crisi generato dalla terza rivoluzione industriale e dal collasso, a esso legato, di tutti i progetti di sviluppo basati sullo Stato nazionale o sull’economia nazionale. In tutti i casi abbiamo a che fare con zone insulari più o meno vaste, in cui lo stock di capitale delle imprese transnazionali ha creato una peculiare struttura rizomatica all’interno di un territorio che ha totalmente perso ogni capacità autonoma di riproduzione capitalistica» (p. 219).
Al tempo della pubblicazione di Das Weltkapital (2005) la storia già consentiva di cogliere le specificità della Repubblica Popolare Cinese e le sue potenzialità di crescita rispetto agli altri paesi che avevano cercato di affrancarsi dall’imperialismo. Questo è documentato in "La costituzione materiale della Cina" (Giordano Sivini, Asterios, 2022). Per tentare di capire il diverso assunto di Kurz, è opportuno ripercorrere per sommi capi le tappe teoriche e storiche della sua esposizione, distinguendo, pur nella loro connessione, tra capitali individuali, capitale complessivo, contesti in cui essi operano - dalle economie nazionali a quella globale - e Stati come entità ad essi funzionali, per concludere con il capitale fittizio. Il capitalismo "con caratteristiche cinesi" andrà riletto con riferimento a questo quadro teorico.
- Details
- Hits: 921
Lavoro, reddito, consumo
di La redazione di Malanova
Il lavoro, nella sua essenza di processo trasformativo, non è una prerogativa dell’essere umano; macchine e animali possono svolgere molte mansioni, ma soprattutto le macchine le quali, in ragione dell’avanzamento tecnologico, tendono a sostituire il lavoro umano. Quindi il lavoro in sé, come fonte di profitto per chi lo utilizza, organizzandolo in un processo razionale, potrebbe fare a meno dell’essere umano se si potesse affidare ogni mansione ad un sistema meccanizzato o elettronico. Per quanto fantascientifico possa apparire, è quello che si sta realizzando, seppur in alcune aree economiche circoscritte dell’Occidente, ma questo non è un problema nuovo che attanaglia la contemporaneità, esso fu ipotizzato già nel momento stesso in cui si ravvisavano le prime innovazioni tecnologiche nel campo industriale. Ricardo, già nel 1817 nei “Principi di economia politica e dell’imposta” difatti scriveva: l’opinione della classe lavoratrice secondo la quale l’impiego delle macchine è spesso dannoso ai propri interessi non si basa sul pregiudizio e sull’errore, ma è conforme ai corretti principi dell’economia politica. Ciò che Ricardo non immaginava era che l’evoluzione dei mezzi di trasporto e di comunicazione, avrebbero diviso il mondo sostanzialmente in aree di due categorie, da un lato le aree a capitalismo avanzato che implementando lo sviluppo tecnologico richiedono meno forza lavoro, e le aree con un capitalismo in via di definizione, che attraggono quote crescenti di produzione dai paesi avanzati grazie al vantaggio competitivo costituito in primis il costo del lavoro, in secondo luogo da norme assai lasche o inesistenti circa salute, sicurezza e ambiente.
- Details
- Hits: 1293
La passività del proletariato nella crisi
di Michele Castaldo
Non ho nessuna difficoltà ad ammettere che la questione della passività del proletariato, in modo particolare in questa crisi, richiederebbe un approfondimento ben più corposo che queste poche note. Chiarisco innanzitutto, perciò, che la metafora dei girasoli l’ho usata per definire il modo d’essere del proletariato nei confronti del capitale, cioè come i girasoli che guardano al sole. Dunque un modo teorico per definire un rapporto fra due diverse componenti coesive per la produzione delle merci, o – come avrebbe detto Hegel – due diverse schiavitù: il capitalista che non può fare a meno dell’operaio e l’operaio che non può fare a meno del capitalista. Stabilito il principio teorico è necessario poi osservare i comportamenti tanto dell’uno quanto dell’altro nell’andamento del processo di accumulazione capitalistico e della vita sociale e politica nel suo complesso. Fatta questa premessa cerchiamo di analizzare in che modo si vanno disponendo le varie categorie sociali rispetto al voto del 25 settembre e agli sviluppi di della crisi.
C’è poi una terza componente che all’improvviso è entrata in scena e in modo molto clamoroso, è il ruolo delle materie prime e innanzitutto di gas e petrolio che sta sconvolgendo l’insieme dell’assetto del modo di produzione e che richiama una serie di questioni come gli assetti istituzionali dei vari paesi. Insomma mai come oggi è applicabile il famoso detto di Mao «grande è il disordine sotto il cielo », e in una situazione di disordine generale e di caos è sempre più difficile rintracciare le linee di tendenza del moto.
Faccio un passo indietro, al Referendum del 4 dicembre 2016, perché le questioni di allora si vanno riproponendo con una potenza decuplicata proprio a causa della crisi energetica. Per quanto inelegante possa apparire, non di estetica stiamo trattando, propongo perciò la rilettura di quell’intervento.
- Details
- Hits: 2039
Analisi di laboratorio negli studi clinici dei vaccini COVID-19: missing in action?
di Marco Cosentino
Aver omesso durante le sperimentazioni gli esami di laboratorio e continuare a ignorarli oggi, impedisce la corretta valutazione degli effetti avversi e più in generale il razionale impiego dei vaccini. È, invece, urgente valutare i profili dei parametri di laboratorio e strumentali che si verificano nei soggetti sia prima che dopo la vaccinazione
Nella maggior parte dei paesi occidentali, le campagne di vaccinazione di massa contro la malattia da Coronavirus-19 (COVID-19) in corso dalla fine del 2020 si basano su due vaccini mRNA contro SARS-CoV-2 (BioNTech/Pfizer BNT162b2 e Moderna mRNA-1273) [1,2]. Entrambi i prodotti hanno ricevuto l’autorizzazione all’uso di emergenza (EUA dalla FDA negli Stati Uniti) e l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionale (CMA dall’EMA nell’UE), sulla base dei risultati di studi clinici che hanno sollevato molte polemiche [3,4]. In particolare, la sicurezza del prodotto in quegli studi è stata valutata solo attraverso la segnalazione di eventi avversi (EA) da parte dei partecipanti e non è stata presa in considerazione alcuna valutazione clinica di laboratorio se non nella piccola parte di fase I del programma di sperimentazione, in cui sono state arruolate solo poche dozzine di partecipanti. Tuttavia, anche un campione così piccolo è stato sufficiente per identificare diversi alterazioni di parametri di laboratorio: ad esempio, lo studio di fase I BioNTech/Pfizer ha registrato diminuzioni clinicamente importanti tra l’8,3% e il 33,3% nella conta dei linfociti in ciascun gruppo di dose e neutropenia in altri due partecipanti [5]. Nonostante questi risultati, nessuna valutazione clinica di laboratorio è stata successivamente inclusa nello studio di fase III.[1]
Secondo le linee guida del Consiglio internazionale per l’armonizzazione dei requisiti tecnici per i prodotti farmaceutici per uso umano (ICH), le valutazioni cliniche di laboratorio sono una parte fondamentale della valutazione complessiva della sicurezza di qualsiasi nuovo farmaco. In particolare, secondo il Common Technical Document (CTD) Efficacy (M4E),[2] che descrive la struttura e il formato dei dati clinici ai fini della documentazione di una domanda di autorizzazione di nuovo farmaco, una specifica sezione dovrebbe descrivere i cambiamenti nei test di laboratorio con l’uso del nuovo farmaco, con confronti appropriati tra i gruppi di trattamento e di controllo.
- Details
- Hits: 1717
La prigione più grande del mondo
di Carlo Formenti
L'editore Fazi pubblica un libro che fin dal titolo – La prigione più grande del mondo. Storia dei territori occupati - lascia intuire l’opinione dell’autore in merito alla politica israeliana nei confronti del popolo palestinese. Ove non bastasse il titolo la dedica dissipa ogni dubbio: “Ai bambini palestinesi, uccisi, feriti e traumatizzati dal vivere nella più grande prigione del mondo”. Opera di un intellettuale comunista pregiudizialmente ostile nei confronti di Israele, di un esponente della destra antisemita, di un simpatizzante di Hamas o di un pacifista “a senso unico”? No, a firmare il libro è Ilan Pappé, autorevole storico israeliano (docente all’Università di Exeter, in Inghilterra) già autore di diversi bestseller fra i quali Palestina e Israele: che fare? ( con Noam Chomsky).
Pappé è una mosca rara in un Paese dove le uniche forze che denunciano la politica israeliana nei Territori Occupati come ingiusta, crudele, per non dire criminale, sono il piccolo Partito Comunista, qualche minuscolo movimento anti sionista e quella esigua minoranza di intellettuali “illuminati” di cui lo stesso Pappé è un esponente. Tuttavia il suo lavoro non è una perorazione ideologica né una predica morale (o peggio moralistica), bensì una rigorosa esposizione di fatti storici corredata da un’ampia documentazione (verbali di riunioni di governo, memorie dei protagonisti, cronache nazionali e internazionali, sentenze di tribunali militari e civili, testi di legge, decreti, regolamenti emanati dalle autorità di occupazione, dichiarazioni di leader di partito, ecc.). Una mole di materiali talmente ingente che chi non abbia seguito con particolare attenzione gli eventi del conflitto palestinese dalla Guerra dei sei giorni (1967) a oggi rischia di perdercisi dentro (parlando di attenzione, non mi riferisco tanto all'attività militante dei movimenti filo palestinesi quanto a un costante impegno di documentazione sulla realtà dei fatti).
Page 140 of 611
Gli articoli più letti degli ultimi tre mesi
Carlo Di Mascio: Diritto penale, carcere e marxismo. Ventuno tesi provvisorie
Carlo Lucchesi: Avete capito dove ci stanno portando?
Carlo Rovelli: Una rapina chiamata libertà
Agata Iacono: Cosa spaventa veramente del rapporto di Francesca Albanese
Barbara Spinelli: La “diplomafia” di Trump: i dazi
Domenico Moro: La prospettiva di default del debito USA e l'imperialismo valutario
Sergio Fontegher Bologna: L’assedio alle scuole, ai nostri cervelli
Giorgio Lonardi: Il Mainstream e l’omeopatia dell’orrore
Il Pungolo Rosso: Una notevole dichiarazione delle Brigate Al-Qassam
comidad: Sono gli israeliani a spiegarci come manipolano Trump
Alessandro Volpi: Cosa non torna nella narrazione sulla forza dell’economia statunitense
Leo Essen: Provaci ancora, Stalin!
Alessio Mannino: Contro la “comunità gentile” di Serra: not war, but social war
L'eterno "Drang nach Osten" europeo
Sonia Savioli: Cos’è rimasto di umano?
Gianni Giovannelli: La NATO in guerra
BankTrack - PAX - Profundo: Obbligazioni di guerra a sostegno di Israele
Alessandro Volpi: Come i dazi di Trump mettono a rischio l’Unione europea
Marco Savelli: Padroni del mondo e servitù volontaria
Fulvio Grimaldi: Siria, gli avvoltoi si scannano sui bocconi
Mario Colonna: Il popolo ucraino batte un colpo. Migliaia in piazza contro Zelensky
Enrico Tomaselli: Sulla situazione in Medio Oriente
Gianandrea Gaiani: Il Piano Marshall si fa a guerra finita
Medea Benjamin: Fermiamo il distopico piano “migliorato” di Israele per i campi di concentramento
Gioacchino Toni: Dell’intelligenza artificiale generativa e del mondo in cui si vuole vivere
Fulvio Grimaldi: Ebrei, sionismo, Israele, antisemitismo… Caro Travaglio
Elena Basile: Maschere e simulacri: la politica al suo grado zero
Emiliano Brancaccio: Il neo imperialismo dell’Unione creditrice
Gli articoli più letti dell'ultimo anno
Carlo Di Mascio: Hegel con Pashukanis. Una lettura marxista-leninista
Giovanna Melia: Stalin e le quattro leggi generali della dialettica
Emmanuel Todd: «Non sono filorusso, ma se l’Ucraina perde la guerra a vincere è l’Europa»
Andrea Del Monaco: Landini contro le due destre descritte da Revelli
Riccardo Paccosi: La sconfitta dell'Occidente di Emmanuel Todd
Andrea Zhok: La violenza nella società contemporanea
Carlo Di Mascio: Il soggetto moderno tra Kant e Sacher-Masoch
Jeffrey D. Sachs: Come Stati Uniti e Israele hanno distrutto la Siria (e lo hanno chiamato "pace")
Jeffrey D. Sachs: La geopolitica della pace. Discorso al Parlamento europeo il 19 febbraio 2025
Salvatore Bravo: "Sul compagno Stalin"
Andrea Zhok: "Amiamo la Guerra"
Alessio Mannino: Il Manifesto di Ventotene è una ca***a pazzesca
Eric Gobetti: La storia calpestata, dalle Foibe in poi
S.C.: Adulti nella stanza. Il vero volto dell’Europa
Yanis Varofakis: Il piano economico generale di Donald Trump
Andrea Zhok: "Io non so come fate a dormire..."
Fabrizio Marchi: Gaza. L’oscena ipocrisia del PD
Massimiliano Ay: Smascherare i sionisti che iniziano a sventolare le bandiere palestinesi!
Guido Salerno Aletta: Italia a marcia indietro
Elena Basile: Nuova lettera a Liliana Segre
Alessandro Mariani: Quorum referendario: e se….?
Michelangelo Severgnini: Le nozze tra Meloni ed Erdogan che non piacciono a (quasi) nessuno
Michelangelo Severgnini: La Libia e le narrazioni fiabesche della stampa italiana
E.Bertinato - F. Mazzoli: Aquiloni nella tempesta
Autori Vari: Sul compagno Stalin
Qui è possibile scaricare l'intero volume in formato PDF
A cura di Aldo Zanchetta: Speranza
Tutti i colori del rosso
Michele Castaldo: Occhi di ghiaccio
Qui la premessa e l'indice del volume
A cura di Daniela Danna: Il nuovo volto del patriarcato
Qui il volume in formato PDF
Luca Busca: La scienza negata
Alessandro Barile: Una disciplinata guerra di posizione
Salvatore Bravo: La contraddizione come problema e la filosofia in Mao Tse-tung
Daniela Danna: Covidismo
Alessandra Ciattini: Sul filo rosso del tempo
Davide Miccione: Quando abbiamo smesso di pensare
Franco Romanò, Paolo Di Marco: La dissoluzione dell'economia politica
Qui una anteprima del libro
Giorgio Monestarolo:Ucraina, Europa, mond
Moreno Biagioni: Se vuoi la pace prepara la pace
Andrea Cozzo: La logica della guerra nella Grecia antica
Qui una recensione di Giovanni Di Benedetto