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Scommesse sul futuro: G7 o 5G?

di Pierluigi Fagan

L’argomento che affronteremo è molto complicato e faticherà a stare dentro un post. Chi scrive non ha conflitti di interesse sul tema (la sua vita non dipende da lavori e contatti con americani, cinesi, UE, governo, opposizione, entità di interesse geopolitico o di telecomunicazioni). Sulla competenza giudicherà chi legge.

Il recente viaggio di Xi Jinping in Italia, ha scatenato una serie di giudizi, timori, entusiasmi e smarrimenti su cosa sarebbe per noi giusto fare nella relazione col gigante cinese. Innanzitutto si tenga sempre conto di questo, quello cinese è un gigante, per popolazione, per Pil, per potenza complessiva e prospettive future. Poiché ogni relazione, idealmente, dovrebbe basarsi sulla reciprocità, tra pesi mosca e pesi massimi è assai difficile avere reciprocità, tant’è che nel pugilato si hanno categorie differenti. Altresì, il mondo non è governato da una super-parte Federazione Planetaria delle Regole e quindi è norma che si stia tutti nella stessa categoria, grandi e piccoli, forti e deboli, giovani ed anziani. Le stesse regole sono oggetto di competizione, prima della competizione in quanto tale. E’ così che il gigante americano ha governato il nostri sistema fino ad oggi, lui peso massimo, noi peso mosca.

Alcuni dei commenti che avrete letto cercando di farvi una opinione in merito, sono fatti da incompetenti.

Non è una accusa specifica, la nostra società dell’opinione è paradossalmente basata su una certa incompetenza diffusa. Naturalmente è molto difficile stabilire chi è competente ed in base a cosa, ma se la definizione positiva è problematica, quella negativa è abbastanza facile. Alcune persone letteralmente vivono di pubblica visibilità, i media sono tanti, i contenuti pochi, chi sa dire e sembra dirlo in modo interessante ha il suo pubblico, a prescindere da ciò che dice. Meglio poi se lo dice in maniera semplice e molto polemica, fa audience, le audience fanno pubblicità, la pubblicità dà il profitto che è ciò di cui i più vivono.

Altri commenti sono in conflitto d’interesse. Tronchetti Provera, ad esempio, è AD di una società in buona parte posseduta da cinesi, che ha sviluppo di business in Cina ed il suo interesse è positivamente correlato a gli sviluppi delle relazioni Italia-Cina. Berlusconi invece, teme che l’avvento del 5G crei le condizioni per un ulteriore marginalizzazione delle reti Fininvest (della "televisione" in generale) con calo dei fatturati pubblicitari e rovine conseguenti.

Poi ci sono ovviamente gli esperti di relazioni internazionali (in genere collegati ad ambienti NATO per ragioni professionali) o di geopolitica (qui c’è più pluralismo, molti collegati a gli USA direttamente o indirettamente, altri filo-cinesi per interesse materiale o per simpatia geo-politica o anche solo per antipatia verso gli americani). I giornalisti e le redazioni che decidono chi far parlare ovviamente sono l’ennesima strozzatura C’è chi ha conflitti d’interesse in atto e chi cerca solo di rendersi “simpatico” ad un potere o all’altro.

Infine, anche se la materia è internazionale, gli attori almeno italiani, sono nazionali, Quindi abbiamo amici del governo, amici del’opposizione, amici della fazione filo-cinese del governo (M5S) o di quella filo-americana che sarebbe più preciso dire filo-trumpiana (Lega). Quest’ultima finisce col sovrapporsi con la fazione anti-governativa che per altro è contro-trumpiana ma che in base al più generale filo-americanismo finisce col convergere col Salvini sul “sospetto anti-cinese”. Si ricordi i veri e propri legami di strategia politica tra la Lega e Bannon, il più anti-cinese membro dalla già variegata pattuglia anti-cinese dell’entourage dell’anti-cinese Trump.

Su tutto, si tenga conto che non siamo in una favola morale dei fratelli Grimm, non esistono “buoni” o “cattivi”, esistono solo interessi e loro conflitti.

Detto ciò che è solo la premessa, già siamo lunghi. Facciamo allora che a questo punto riassumiamo velocemente l’oggetto del contendere e rimandiamo il suo approfondimento nei commenti. Il gioco principale che dà le regole a tutti gli altri è il passaggio storico da un mondo governato dall’Occidente e di un Occidente governato dalle nazioni anglosassoni e loro volta sovra-ordinate dagli Stati Uniti d’America, ad un mondo con più poli. La prima fascia di questa multipolarità vedrà sempre gli USA ma più da soli che non con il proprio codazzo atlantista (europeo in particolare), la Cina, la Russia (solo per alcuni versi), forse l’India tra qualche anno. Segue una fascia di medie potenze tra cui i principali stati europei, ma non solo. Segue una pletora di medi e piccoli stati, circa il 90% del Resto del Mondo.

L’Europa non esiste in questa descrizione perché non è un soggetto geo-politico, non è uno stato e questo gioco è riservato a gli stati per ovvie ragioni di potenza (potere + facoltà di esercitarlo con unica intenzione e coerenza su tutti gli item che definiscono la potenza ovvero economia, finanza, demografia, potere militare e soft power). A riguardo non è che l’Italia stia lasciando il G7, il G7 è già stato minato dalla nuova postura “America first” di Trump, di fatto non si riunisce più e quando lo fa non produce posizioni comuni.

Per dovere di sintesi saltiamo bruscamente alla seconda sigla del contenzioso, la rete 5G. Il 5G è un nuovo standard di rete delle comunicazioni mobili che supporterà l’internetizzazione di ogni cosa. Tutto quello che leggete su Big Data, Internet of Things, virtualizzazione di molti aspetti del fare economico (sanità, smart city, auto senza conducente etc,) e financo finanziario (tra cui blockchain et similia) oltreché social, richiede una nuova rete molto potente. Sulla tecnologia di questa rete, che ci metterà molti anni ad esser operativa (a partire dal 2020), sono di gran lunga in vantaggio la Huawei, cinese come la ZTE (privata la prima, pubblica la seconda).

Ci si potrebbe domandare perché gli occidentali che scrivono articoli, libri e fanno convegni da più di un decennio sull’avvento del 5G, non abbiamo sviluppato una propria tecnologia a riguardo o siano comunque in grave ritardo (Nokia, Ericsson, Samsung). La risposta sarebbe lunga ma, in breve, si può dire sia un problema di massa. Le imprese cinesi, come già quelle americane con quelle britanniche tra fine XIX ed inizio XX secolo, come già quelle britanniche con quelle dei Paesi Bassi, come già quelle di Paesi Bassi con quelle di Genova e Venezia (banche incluse), sono più grandi perché vengono da un paese più grande ed essendo più grandi fanno più grandi investimenti nel medio-lungo periodo. Poiché le tecnologie di questo livello non le sviluppano i geni pazzerelli e creativi nei garage, vince chi è più grosso ed indipendente dalle logiche a breve termine delle borse.

Gli USA aborrono l’idea che l’infrastruttura (il 5G) su cui viaggerà l’economia del futuro, sia cinese. Non c’entra niente lo spionaggio, non sono le reti il problema ma i software con cui si carpiscono i dati, si spia dai terminali non dal flusso in rete (sostiene F. Bernabè di cui mi fido per varie ragioni, oltre a non risultarmi in conflitto d’interesse ed altresì competente). Addirittura c’è chi sostiene (P. Escobar che però è in conflitto di interessi essendo filo-cinese ed anti-americano e non tecnicamente competente) che il problema del 5G cinese è che non ha le backdoor a cui può accedere e di solito accede, la NSA americana. Già oggi gli utenti Apple rischiano di esser intercettati dai cinesi visto che gran parte dei loro apparati sono lì prodotti. Poiché vi so di corta memoria, vi ricordo del recente scandalo delle backdoor nei prodotti Samsung a cui ha accesso l’americana NSA. Ma al di là dello spionaggio, fa certo effetto trovarsi con: 1) l’unica promessa di sviluppo economico futuro legato ad una tecnologia; 2) avere poche società al mondo che sviluppano quella tecnologia; 3) avere di gran lunga in vantaggio quelle cinesi.

Tra desiderio di futuro le cui sorti strutturali abbiamo lasciato in mano ai cinesi poiché noi dediti alla religione che crede che la mano invisibile del mercato risolve tutto (peggiorata dal divieto di intervento statale e dissennate politiche di austerity), e la paura di finire per la prima volta a non controllare tutto l’ambaradan che supporta quello sviluppo economico (reti tlc, reti logistiche), c’è il panico.

Questa, una prima descrizione sommaria del “panico del commento” che ha seguito la venuta in Italia di Xi Jinping. Come vedete la questione: a) non è facile da comprendere; b) non è facile da giudicare. E’ questa la tipica condizione in cui sempre più ci troveremo nell’Era Complessa.

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