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codicerosso

Super green pass e controllo dei corpi

di Guy Van Stratten

“Il corpo è una realtà bio-politica; la medicina è una strategia bio-politica”

(M. Foucault)

In questo articolo cercheremo di proporre una lettura, il più possibile razionale e distaccata, delle dinamiche che stanno dietro all’introduzione del green pass e, più recentemente, del cosiddetto “super green pass”, introdotto in occasione delle festività natalizie, che tende a escludere chi non si è vaccinato da svariati spazi della vita civile e quotidiana. Per farlo, come altre volte, non possiamo che rifarci alla “cassetta degli attrezzi” offerta da Michel Foucault utilizzandola nel modo più ‘neutro’ possibile, senza forzare in alcun modo il pensiero dello studioso né cercare, a ogni costo, di adattarlo – se così si può dire – alla delicata situazione contemporanea. Le osservazioni che seguono, infatti, non pretendono di avere la verità in tasca né di dire, dall’alto di uno scranno: “Le cose stanno così”. Sono, invece, appunto, delle osservazioni che, utilizzando come guida il pensiero di Foucault, intendono sollevare delle domande e porsi in discussione nonché, naturalmente, offrirsi a qualsiasi critica.

La prima idea che possiamo cogliere dal lucido pensiero del filosofo francese è che la medicina, nella società capitalistica, non possiede un carattere individualista e privato, bensì collettivo. Tale medicina collettiva esercita sui corpi un controllo di tipo bio-politico. Così Foucault afferma in una conferenza tenuta a Rio De Janeiro nell’ottobre del 1974, poi uscita in rivista nel 1977, dal titolo La nascita della medicina sociale:

Sostengo l’ipotesi che con il capitalismo non si sia passati da una medicina collettiva a una medicina privata ma che è avvenuto esattamente il contrario; il capitalismo che si sviluppa alla fine del XVIII secolo e all’inizio del XIX, ha innanzi tutto socializzato un primo oggetto, il corpo, in funzione della forza produttiva, della forza lavoro. Il controllo della società sugli individui non si effettua solo attraverso la coscienza o l’ideologia, ma anche nel corpo e con il corpo. Per la società capitalista è il bio-politico a essere importante prima di tutto, il biologico, il somatico, il corporale. Il corpo è una realtà bio-politica; la medicina è una strategia bio-politica[1].

Foucault propone un’interpretazione che va nella direzione opposta rispetto a quella offerta da altri studiosi, secondo la quale la medicina delle società antiche è collettiva mentre la medicina moderna, invece, è individuale e individualista. La medicina moderna, secondo lo studioso, è una pratica che si occupa dell’intero corpo sociale. Il sistema capitalistico, per il suo perfetto funzionamento, non può non tenere conto dello stato di salute del suo intero corpo sociale. Il primo oggetto che viene socializzato dal capitalismo è il corpo e viene socializzato esclusivamente in funzione della forza produttiva, della forza lavoro. È per difendere il corpo come forza lavoro che lo stato capitalista introduce dei provvedimenti di tipo restrittivo in occasione, ad esempio, di una epidemia oppure, come è il caso attuale, di una pandemia. Come Foucault afferma nella medesima conferenza, una direzione importante presa dalla medicina sociale è quella della forza lavoro e viene esaminata dallo studioso attraverso il modello inglese. Nelle città, i poveri e i lavoratori sono stati oggetto della medicalizzazione. Come viene osservato, “con l’epidemia di colera del 1832, che comincia a Parigi per diffondersi in tutta l’Europa, si cristallizzarono un insieme di paure politiche e sanitarie suscitate dalla popolazione proletaria o plebea[2]. Da questo momento in poi si decise che la “coabitazione tra poveri e ricchi in un ambito urbano indifferenziato costituiva un pericolo sanitario e politico per la città”[3]. Viene così creata una vera e propria differenziazione tra poveri e ricchi per mezzo della creazione di quartieri per poveri e di quartieri per ricchi. I poveri vengono sentiti dallo stato come un elemento pericoloso per le classi sociali più ricche; al giorno d’oggi, la paura dello stato si concentra non sui poveri ma sui ‘non vaccinati’, come possibili conduttori di epidemia, i quali, per mezzo del “super green pass”, vengono di fatto separati da coloro che si sono vaccinati. Lo stesso provvedimento, come sappiamo, è stato recentemente preso con misure più drastiche in Germania e in Austria, nazioni che hanno predisposto un vero e proprio lockdown per i non vaccinati.

I provvedimenti dello Health Service attuati in Inghilterra sulla popolazione più povera per mezzo di un tempestivo intervento nei luoghi insalubri, della verifica delle vaccinazioni, dei registri delle malattie (pratiche che, ricorda Foucault, avevano come obiettivo il controllo delle classi sociali bisognose) hanno provocato nella seconda metà del XIX secolo “violenti fenomeni di reazione e di resistenza popolare, piccole insurrezioni antimediche[4]. Tali pratiche messe in campo dalla medicina, organizzate come un controllo della popolazione più bisognosa, ha suscitato, non solo in Inghilterra, reazioni di protesta e di resistenza antimedica. Le proteste odierne contro il green pass e la vaccinazione non sono altro che le eredi contemporanee di queste forme di protesta che combattevano la medicalizzazione e rivendicavano il diritto alla vita, il diritto di ammalarsi, di curarsi e di morire secondo il proprio desiderio[5]. Questo desiderio di sottrarsi alla medicalizzazione è stato una delle caratteristiche principali di molteplici gruppi, religiosi e non, dalla fine del XIX secolo fino a oggi. Per cui non bisogna considerare le idee di questi movimenti come una sorta di residuo attuale di credenze arcaiche (se non, beninteso, in certi casi), quanto come una lotta politica “contro la medicalizzazione politicamente autoritaria, la socializzazione della medicina, il controllo medico che grava principalmente sulla popolazione povera[6]. C’è però un punto che merita di essere messo in rilievo: oggi non si tratta di un rifiuto ‘generico’ alla medicalizzazione; si tratta invece di un rifiuto a una medicalizzazione di emergenza sorta in seguito a una pandemia. Le misure attuate, le vaccinazioni, i green pass, i lockdown per i non vaccinati sono pratiche emergenziali (e quindi, in teoria, destinate a sparire una volta che l’emergenza sarà finita) di fronte a una situazione particolarmente grave che investe la società. Per cui, la paura degli stati, di fronte a una situazione di emergenza, è ancora più forte. Del resto, è lo stesso Foucault a ricordarci che in tutti i paesi europei esisteva, fin dal Medioevo, un “piano d’urgenza” che doveva essere applicato quando la peste o una malattia epidemica grave appariva in una città e che prevedeva diverse misure tra cui la quarantena, la sorveglianza casa per casa, la divisione in quartieri delle città, la disinfezione[7]. Le grandi città – nota lo studioso – hanno provocato sempre una “serie di panici”, di paure legate alla possibile nascita e diffusione di epidemie. Il controllo autoritario dello stato per mezzo della medicina nasce quindi probabilmente da una paura che la società capitalistica ha introiettato come paura di non poter controllare adeguatamente, in caso di epidemia, i corpi degli individui intesi come forza lavoro. Ecco, infatti, che uno dei più discussi provvedimenti, recentemente, è stato proprio l’introduzione del green pass sui posti di lavoro.

È importante, a questo punto, tornare a commentare la prima lunga citazione foucaultiana che è stata sopra riportata. Con il capitalismo – dice Foucault – siamo passati a una medicina collettiva, una medicina che unisce il medico al malato e che tiene conto della dimensione globale e collettiva della società. Si tratta quindi di una medicina che considera una collettività di individui e, come tale, è tenuta a salvaguardare il più possibile gli individui stessi. Quando, anche oggi, si parla di “bene comune”, di scelte attuate per preservare la collettività, non bisogna mai dimenticare che si tratta di una collettività all’interno di una società capitalistica. Quest’ultima ha creato questa dimensione collettiva, da un punto di vista medico, per socializzare il corpo in funzione del suo unico interesse: la forza produttiva, la forza lavoro. Se “per la società capitalista è il bio-politico a essere importante prima di tutto, il biologico, il somatico, il corporale”, lo è nella misura in cui il corpo stesso rappresenta unicamente una forza lavoro, un mezzo di produzione per accrescere le ricchezze del capitale. Il green pass e il “super green pass” sono strumenti bio-politici che agiscono direttamente sui corpi. Non sono strumenti che servono per controllare le ideologie o le coscienze, il loro controllo non prevede una ulteriore digitalizzazione dell’esistenza. Il loro controllo non è quello spettrale e fantasmatico della digitalizzazione. Come afferma Gioacchino Toni in una nostra intervista, “colpisce che qualche ministro nostrano abbia parlato del Green Pass come della «più grande opera di digitalizzazione mai fatta» e colpisce ancor di più che tale affermazione sia stata presa per veritiera anche da ambiti conflittuali. Basterebbe leggersi il volume Il capitalismo della sorveglianza (Luiss, 2019) di Shoshana Zuboff, che di certo non è un’estremista, riguardante l’universo “dentro gli schermi” ma anche il cosiddetto “Internet delle cose”, per rendersi conto che viviamo, già da qualche tempo, immersi in un sistema di sorveglianza digitale che ricorrendo a un immaginario orientato al conformismo ha saputo sfruttare al meglio la frenesia imposta dalla società della prestazione e della parcellizzazione dell’apprendimento”.

Il green pass e il “super green pass” sono strumenti profondamente moderni che agiscono direttamente sui corpi per mezzo di un controllo bio-politico, biologico e corporale. Ecco perché “il corpo è una realtà bio-politica; la medicina è una strategia bio-politica”. Concludendo la sua conferenza, Foucault afferma che nel XIX secolo, soprattutto in Inghilterra, compare “una medicina che consisteva principalmente in un controllo della salute e del corpo delle classi bisognose, perché esse fossero più adatte al lavoro e meno pericolose per le classi ricche”[8]. Adesso, quella stessa medicina, in una situazione di emergenza, in una società che non è paragonabile a quella del XIX secolo, consiste principalmente nel controllo del corpo degli individui (soprattutto di chi ha scelto di non vaccinarsi), intesi sempre come forza lavoro, perché non rappresentino un pericolo per l’intero corpo sociale, il quale è a sua volta composto dai corpi dei singoli.


Note
[1] M. Foucault, La nascita della medicina sociale, ora in Id., Il filosofo militante. Archivio Foucault 2. Interventi, colloqui, interviste. 1971-1977, trad. it. Feltrinelli, Milano, 2017, p. 222.
[2] Ivi, p. 236.
[3] Ivi, p. 237.
[4] Ivi, p. 238.
[5] Cfr. ivi, p. 239.
[6] Ibid.
[7] Cfr. ivi, pp. 229-230.
[8] Ivi, p. 239.

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