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Figli non riconosciuti. Chi è mia madre?

di Alba Vastano

Fino a un decennio fa i figli non riconosciuti, restavano esclusi dalla possibilità di conoscere la madre biologica, vita natural durante. ‘La legge dei cento anni’ creava un ulteriore discrimine e un disagio sia psicologico che sociale nella vita dei figli di madre ignota. Accadeva negli anni passati, fino al 2013, quando è intervenuta in merito la Corte Costituzionale, con la sentenza 278, dichiarando l’incostituzionalità, sia pur parziale, del comma 7 della legge 184/83 art.28

In Italia, da inchieste recenti, sembra siano oltre 400mila i figli di madre ignota. Una collettività che un tempo era segnata con l’odioso marchio N.n (Nomen nescio) a sminuire l’identità, come fossero figli di un dio minore. Accadeva quando la madre biologica non riconosceva il figlio e chiedeva alle autorità competenti il diritto all’anonimato. La legge protegge a vita l’anonimato della madre. Di contro, però, la legge attuale non riconosce, né può risolvere automaticamente, così come è automatico per legge il diritto all’anonimato della madre, il desiderio legittimo del figlio, non riconosciuto alla nascita, di sapere chi è la madre biologica.

Sono due diritti legittimi, è inconfutabile, ma nello specifico resta la diversità. La legge in vigore, infatti, tutela il diritto all’anonimato della madre, ma ancora oggi risulta cavillosa per il figlio desideroso di conoscere le proprie origini. Ogni singola richiesta di risalire alle origini biologiche è un caso a sé e verrà affidata al vaglio del Tribunale dei minori. Il motivo consiste nel vuoto legislativo che si è creato, in seguito alla sentenza 278 del 2013 della Corte costituzionale che ha dichiarato incostituzionale la legge 184, art. 28, comma 7, conosciuta anche come legge dei cento anni. Per tale vergogna legislativa al figlio non riconosciuto dalla madre biologica era, in ogni caso, interdetto accedere ai dati anagrafici della madre per un secolo, ovvero vita natural durante.

Differente è la situazione del figlio riconosciuto, ma dato in adozione subito dopo la nascita, la cui madre biologica chiede espressamente il diritto all’anonimato. In tal caso l’attesa per accedere ai dati e conoscere le generalità della madre biologica termina con il 25esimo anno di età. Ѐ a quell’età che il figlio potrà attivare la procedura, tramite richiesta al Tribunale preposto, per l’accesso ai dati che gli consentiranno di conoscere le sue origini. Sempre, però, con il consenso della madre naturale.Gli N.n. (acronimo fortunatamente obsoleto), restavano tagliati fuori da questa possibilità. La legge dei cento anni creava quindi un ulteriore discrimine e un disagio sia psicologico che sociale sui bambini abbandonati alla nascita e non riconosciuti.

Nel 2013 è intervenuta in merito la Corte Costituzionale con la sentenza 278 dichiarando l’incostituzionalità, sia pur parziale, della legge 184/83 art. 28 comma 7. Secondo Il giudizio della Corte è incostituzionale che se il figlio di madre ignota desideri risalire alle sue origini biologiche non ne abbia diritto. Un superamento, sia pur non risolutorio, una sorta di sanatoria sulla legge dei 100 anni, ma il richiedente dovrà percorrere un determinato iter stabilito dalla legge che dia la possibilità alla madre di scegliere se sciogliere l’anonimato o mantenerlo.

 

Legge 149/2001

Occorre ricordare, nel caso dei figli non riconosciuti alla nascita, anche specifiche condizioni esplicitate nella legge 149/2001 comma 7. La legge citata esplicita i tre casi che limitano l’accesso ai dati corrispondenti alle origini biologiche del figlio: il mancato riconoscimento della madre biologica, la richiesta dell’anonimato del padre biologico, il consenso all’adozione, ma con il vincolo dell’anonimato. Qualora anche uno solo dei genitori biologici abbia dichiarato di non voler essere nominato, o abbia manifestato il consenso all’adozione a condizione di rimanere anonimo.

Le ragioni di questi vincoli, in ogni caso, non rendono paritari i diritti di chi vuole conoscere le sue origini e di chi, avendo comunque generato un figlio e poi averlo voluto o dovuto abbandonare, non gli consenta neanche il diritto umano (ndr, diritto civile non è ancora realizzabile per le capziosità della legge ancora arenata in Parlamento dal 2013 e mai più discussa) di conoscere le proprie origini. E’ evidente, secondo la legge in vigore, che prevalga sempre il diritto all’anonimato della madre biologica. Che sia giusto o meno occorrerebbe un Tribunale etico a dichiararlo.

 

2013: La sentenza della Corte costituzionale

Con la sentenza n. 278 del 2013 la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità parziale del comma 7 dell’articolo 28 della legge 184 del 1983, nella parte in cui non prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza – la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio, di interpellare la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata ai sensi dell’art. 30, comma 1, del DPR 396/2000, ai fini di una eventuale revoca dell’anonimato

 

2016: La voce del Parlamento sul diritto a conoscere le proprie origini

‘Alla conclusione della legislatura era ancora all’esame del Senato l’AS. 1978, già approvato dalla Camera (AC. 784), finalizzato ad ampliare la possibilità del figlio adottato o non riconosciuto alla nascita di conoscere le proprie origini biologiche. Il provvedimento, anche per dare seguito a una sentenza con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità della disciplina vigente, prevedeva la possibilità di chiedere alla madre se intendesse revocare la volontà di anonimato, manifestata alla nascita del figlio’.

 

Cenni storici sui Nomen nescio

Nella Roma antica il cognome non era un tratto personalizzato, ma sovente caratterizzava l’appartenenza generica ad una ‘gens’. I Greci adottavano un mononimo. Solo con il Medioevo e i primi censimenti appare il ‘cognomen’. Più che altro era un soprannome che si riferiva a precise peculiarità fisiche o all’attività familiare. Apparvero così ai primi censimenti i cognomi: Scarparo, Pegoraro, Massaro. Nelle famiglie nobili era in uso il doppio cognome, perché anche la madre, in assenza di figli maschi poteva trasmettere il proprio cognome al discendente della stirpe nobiliare

Proprio in quel periodo nascono moltissimi bimbi figli di madre ignota, a causa della grande e diffusa povertà, dell’ignoranza molto diffusa sui diritti della persona e, soprattutto, a causa delle relazioni extraconiugali fra personaggi potenti e giovani donne che lavoravano presso le famiglie più abbienti. Nonché molti figli non riconosciuti dalle donne che esercitavano il mestiere più antico del mondo. I bambini venivano registrati come figli N.N (Nomen Nescio) o di madre ignota. Speso interveniva un ufficiale dello stato civile che poneva rimedio all’infamia sui senza nome e registrava i trovatelli con cognomi beneauguranti, come ‘Diotallevi, Bentivoglio, Casadei, Laudadio’. A volte però ai piccoli trovatelli veniva affibbiato un cognome che ricordava la loro triste origine come ‘Trovato, Buttò D’Avanzo’. Tanto per ricordare loro a vita l’abbandono subito alla nascita da parte dei genitori biologici. Altro che Diotallevi o Bentivoglio. Sicuramente quel marchio N.n. li avrà fatti sentire diversi, emarginati e umiliati a vita.

 

Oggi cosa è cambiato?

Non molto rispetto ai secoli scorsi. Sebbene le persone, grazie a un maggior approccio alla cultura, si siano emancipate, rispetto ai secoli passati, da stereotipi popolari che ghettizzano o promuovono socialmente a seconda delle origini biologiche o di ceto. Sebbene, inoltre, siano vigenti le leggi costituzionali, specie l’art.3 che garantisce il principio di uguaglianza, come diritto inviolabile per ogni persona (ndr, diritti costituzionali sia pur compromessi dai poteri della destra al governo e da un’autorità da Stato di polizia), e sebbene sia in vigore, nel caso specifico, il verdetto di incostituzionalità della Corte costituzionale sulla legge 184/83, comma 7. Oggi il Piccolo Esposto Diotallevi nato nel 15esimo secolo, citato come N.n è solo un ricordo pessimo dovuto a leggi medievali inique.

Resta ancora molto capzioso il diritto di conoscere le proprie origini e ogni caso è soggetto al vaglio del Tribunale preposto, perché la legge 184/ 83 comma 7 si è arenata in Parlamento dal 2013. E quindi per quel popolo di figli abbandonati alla nascita e mai riconosciuti dalla madre biologica, quei figli che vorrebbero risalire alle proprie origini, se non altro per conoscerle e non per piombare nella vita di una sconosciuta (ndr, a tutti gli effetti), si affaccia alla mente e al cuore ancora la domanda, a cui sembra proprio non sia facile rispondere, tramite un iter legale: Chi è mia madre?


Fonti: 
“Non è sempre vero”, scritto da Cynthia Russo per Marsilio Editori
‘Il Più bel secolo della mia vita’ Film
https://comitato-origini-biologiche.webnode.it/chi-siamo/
https://volontariatolazio.it/diritti-e-conoscenza-i-figli-abbandonati-alla-nascita-e-il-diritto-alla-conoscenza-delle-proprie-origini-convegno-f-a-e-g-n-figli-adottivi-e-genitori-naturali-odv/
https://www.diritto.it/il-diritto-allanonimato-della-madre-biologica-ha-termini-temporali/#:~:text=La%20legge%20(art.,identificazione%20come%20madre%20del%20bambino.

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