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Mprc: No alla guerra dell’Ue!

di Fosco Giannini*

Un appello alle forze comuniste, antimperialiste, pacifiste che lottano per la pace: uniti subito nelle piazze e di fronte ai luoghi di lavoro!

Questa fase difficile e drammatica sul piano internazionale e nazionale è caratterizzata da due questioni essenziali: prima questione, la vittoria militare della Russia in Ucraina, conseguita contro uno sterminato fronte economico, politico e militare costituito da Usa-Nato-Ue, Gran Bretagna e Australia, un fronte concreto che ha reso razionale la dicitura “guerra della Nato contro la Russia” e che ha investito, nel conflitto strategico contro la Russia, circa 350 miliardi di dollari per il foraggiamento continuo dell’esercito ucraino e delle sue milizie nazifasciste e inviato in Ucraina, in buona parte attraverso la Polonia similfascista e i paesi dell’est europeo ora inglobati nella Nato, un immenso arsenale costituito da sistemi anticarro “panzerfaust”, sistemi antiaereo “stinger”, mortai, lanciarazzi “milan”, mitragliatrici leggere e pesanti, munizioni di ogni calibro, missili, bombe, droni, i samp-t (intercettatori di missili nemici, forniti in gran numero dall’Italia dai governi Draghi e Meloni) e, di grande importanza tattica e strategica, un forte e vasto sistema aerospaziale, un vero e proprio “scudo stellare” fornito da Elon Musk, col beneplacito di Biden, per la difesa e il contrattacco dell’Ucraina.

Tra gli aiuti militari spicca quello della Germania che, ipocritamente sottaciuto, ha raggiunto, dal febbraio 2022, la cifra di 20 miliardi circa di dollari, più enormi “pacchetti” militari specifici.

Una spesa generale, questa del fronte imperialista, che ricorda quella per una guerra mondiale. E nonostante tutto ciò, la Russia ha vinto sul campo e ha vinto attraverso una strategia militare che sin dall’inizio ha voluto essere contraria a quelle dispiegate sui terreni del conflitto dagli Usa, dalla Nato e da Israele contro la Jugoslavia, l’Iraq, la Libia, la Siria, lo Yemen, contro Gaza, il Libano e l’intero popolo palestinese, guerre imperialiste, tutte queste, di deliberato sterminio di popoli e distruzioni di interi Paesi. E’ stato riconosciuto anche da generali Usa e Nato: l’esercito russo non ha mai bombardato e colpito deliberatamente il popolo ucraino, non ha mai dispiegato la sua immensa potenza di fuoco in modalità “distruzione cieca”, poiché se ciò fosse accaduto, se la guerra russa fosse stata come la guerra Usa – Nato e Israele contro il popolo intero di Saddam Hussein, il popolo intero di Gheddafi, il popolo intero di Assad e contro l’intero popolo palestinese, questa guerra contro il fascismo ucraino dedito a trasformare la propria patria in una totale base Nato ai confini della Russia, dedito al tradimento del proprio popolo vendendolo agli Usa (e ora svenderà a Trump le proprie terre rare), questa guerra sarebbe stata portata a termine molto prima.

La seconda questione che abbiamo evocato consegue alla prima: è stata la vittoria militare russa sul campo a far decidere Trump di praticare – come già fecero le armate napoleoniche e quelle nazifasciste di Hitler e Mussolini – la ritirata e la resa. Poiché di ritirata e di resa occorre, all’osso delle cose, parlare quando parliamo di “linea Trump”. Una linea, questa dell’Amministrazione Trump – Musk, che mira al disegno strategico (come chiaramente dichiarato dal presidente del Centro Studi Economici della Russia e tra i primi consiglieri di Putin, Dmitri Suslov) di ritirarsi transitoriamente, raccogliere le forze, dare nuovo impulso al complesso militare-industriale Usa e avviare un nuovo processo di accumulazione capitalistica nordamericana (ed è a partire da questi motivi che oggi Trump lancia la vasta guerra dei dazi, soprattutto contro Pechino) di una guerra contro la Cina, vero nemico e ormai incubo storico, assieme all’ormai planetario sistema Brics-plus, dell’imperialismo Usa.

La vittoria militare russa in Ucraina ha anche funto da Cavallo di Troia politico-ideologico per far passare la verità storica: molti, ora, anche in occidente, per arrivare allo stesso Trump, cominciano a comprendere come la guerra russo-ucraina sia iniziata ben prima dell’intervento russo (22 febbraio 2022). Essa – ammettono ormai anche parti dell’establishment complessivo Usa e imperialista – ebbe inizio con il colpo di stato delle forze fasciste ucraine appoggiate dagli Usa, dalla Nato e dall’Ue (Euromaidan, 2013–2014) contro il legittimo governo Janukovych (contrario all’entrata dell’Ucraina nell’Ue e nella Nato); proseguì, per otto lunghi anni, con l’orrendo massacro perpetrato dall’esercito e dai battaglioni fascisti dell’Ucraina contro il popolo del Donbass (“colpevole” di aver scelto, in un legittimo referendum, di non far parte dell’Ucraina fascistizzata) e prese ancor più corpo sia con il boicottaggio, da parte di Kiev, degli accordi di pace di Minsk (2014), che attraverso la trasformazione, sul terreno, dell’Ucraina in una grande base militare Nato dotata di testate nucleari in grado di colpire Mosca in 8 minuti. Caratterizzandosi, per orrore, da eventi sanguinari, orrorifici e terribilmente antiumanitari, come la strage di Odessa del 2 maggio 2014, quando i comparti militari nazifascisti ucraini, scaturiti dalla dittatura nera nata a Euromaidan, incendiarono la Casa dei sindacati di Odessa provocando la morte di 42 persone, molte delle quali furono spinte all’interno dell’edificio dato a fuoco e costrette, dai miliziani neri ucro-americani e ucro-Ue, a gettarsi dalle finestre per evitare il fuoco e morire sui selciati.

La “pace di Trump”, oggi, è dunque la stessa “pace amerikana” di Jalta, una pace già tradita dagli Usa sin dal momento della firma con Stalin e l’Unione Sovietica, quando già il vespaio della Guerra Fredda ronzava nella testa nordamericana, quando ronzava nella testa di Washington la lotta, praticata, di sterminio contro i comunisti insorti nella rivoluzione della Corea del Sud (1948, “tre minuti” storici dopo Jalta); quando il vespaio ronzava nella testa del presidente Truman per la costituzione della Nato (4 aprile 1949, “cinque minuti” dopo Jalta); della Guerra di Corea (1950, “sei minuti” dopo Jalta), del genocidio contro i comunisti vincenti in Indonesia (1965, “dieci minuti storici” dopo Jalta), quando gli Usa concepirono e organizzarono (“metodo Giacarta”) la distruzione del terzo partito comunista al mondo dopo quello sovietico e cinese, un partito comunista che se avesse vinto in Indonesia, come avrebbe vinto senza il massacro nordamericano, il socialismo si sarebbe esteso, dopo l’Urss e la Cina, a un Paese di 280 milioni di abitanti, come appunto l’Indonesia.

Tuttavia, in questa fase data, vista la sconfitta militare politica ed economica (l’inutilità delle sanzioni contro Mosca) Trump si ritira dal fronte ucraino.

Chi mette in discussione, oggi la trattativa di pace tra Kiev e Mosca?

È l’Unione europea, nel suo irresponsabile appoggio a Zelensky. Questa Ue che ha già speso circa 150 miliardi di dollari a favore della dittatura di destra ucraina (l’Italia circa 2,5 miliardi) e che ora punta a raccoglierne, per Kiev, altri 800 (ordine della von der Leyen). E ciò attraverso un rialzo della spesa militare di ogni Paese dell’Ue, in rapporto al Pil, dal 2 al 3,5% e con ulteriori e durissimi tagli al lavoro e alle spese sociali, a partire dalla distruzione finale, in Italia, della Sanità pubblica. Questa Ue che, pur attraversata da gravi convulsioni economiche, ribadisce (al contrario degli Usa), le suicide, per i lavoratori europei, sanzioni economiche contro la Russia. Sanzioni soprattutto contrarie, come si è visto dalla vittoria russa, agli interessi delle economie dell’Ue.

Il progetto di riarmo dell’Ue è stato così delineato dal think tank Bruegel, a firma Burilkov e Wolff: per l’Ue altre 250 Brigate militari, altri 300 mila soldati, 1500 carri armati, 4mila veicoli da combattimento e un’enorme quantità di pezzi di artiglieria pesante subito. Un grande arsenale che dovrà aggiungersi alle 290 testate nucleari francesi e alle 225 britanniche. Un arsenale atomico che già Macron e il capo di governo laburista (estrema destra, ormai) Keir Starmer hanno offerto per questa Ue ormai in preda alla più isterica russofobia di ritorno. Ed è impressionante rimarcare come la russofobia sia biecamente utilizzata oggi dall’Ue, per preparare la campagna militare contro la Russia, esattamente come Napoleone la utilizzò per la sua campagna di Russia (“Mosca vuol conquistare l’Europa”) e come Hitler la “agì” definendo il popolo russo “comunista-giudaico”.

A dimostrazione della mobilitazione di guerra dell’Ue, la prima proposta del leader della Cdu vincente nelle recenti elezioni in Germania, Friedrich Merz, ha annunciato un riarmo tedesco immediato di 200 miliardi dollari. Un riarmo antirusso che sta perseguendo, senza fanfare, ma concretamente, anche il Giappone illegalmente, contro la stessa Costituzione nipponica, rimilitarizzato dagli Usa. Mentre in Italia il governo Meloni non solo ha già deciso un rialzo della spesa militare di 25 miliardi (a fronte della miseria dei 2 miliardi per la Sanità pubblica che altro non farà che accelerare la privatizzazione della stessa Sanità), ma sta avviando, nell’ombra e in modo dannatamente pericoloso e sotto la parola d’ordine “le auto non si vendono? Costruiamo carri armati!”, una gigantesca riconversione dell’industria dell’automotive in senso militare.

Un riarmo generale rivolto contro la Russia, che va interpretato come il tragico tentativo, da parte dell’Ue (tutta Moneta, l’euro, e niente Stato, niente sistema fiscale, niente parlamento democratico legiferante) di darsi, attraverso la via della guerra, l’identità storica e politica che (essendo l’Ue un’invenzione storica del capitale transnazionale europeo) non possiede; di sopperire con il riarmo generalizzato e la classica via “keynesiana” di guerra alla propria crisi economica; di cercare una disperata autonomia dall’imperialismo Usa attraverso la più folle delle competizioni interimperialiste: la sfida militare alla Russia, a questa Russia imbattibile, per un’altra disfatta napoleonica, nazifascista e Usa-Nato, una follia che può portare i popoli europei alla guerra e che certamente li sottometterà ad altre, e gravissime, sofferenze sociali. A cominciare da quelle del popolo italiano.

Il governo Meloni e il Partito Democratico sono uniti nella subordinazione a questa Ue di guerra e alla Nato!

Il Movimento per la Rinascita Comunista dice NO!

NO alla guerra dell’Ue!

NO al riamo dell’Italia e dell’Ue!

Il Mpec auspica e lavora sin da subito per la costruzione di un vasto fronte di massa e di popolo contro la guerra e per l’uscita dell’Italia dall’Ue e dalla Nato!

* Coordinatore nazionale Movimento per la Rinascita Comunista

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