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sinistra

Due o tre cose sul clima e i Fridays for Future

di Piero Pagliani

fridays for future marcia per la pace 535885.660x368«Your ancestors did not end slavery by declaring an emergency … I vostri antenati non hanno posto fine alla schiavitù dichiarando un'emergenza e sognando soglie artificiali per il numero “tollerabile” di schiavi. Ma l'hanno chiamata per quello che era: un'industria incredibilmente profittevole, la base di buona parte della prosperità dell'epoca, fondata su una fondamentale ingiustizia. E' tempo di fare la stessa cosa per il cambiamento climatico.»

(Myles Allen: Why protesters should be wary of ‘12 years to climate breakdown’ rhetoric. Myles Allen è docente di Scienze Geosistemiche, Leader dell'ECI Climate Research Programme, Università di Oxford, autore del capitolo riguardante le previsioni sul cambiamento climatico globale dell'IPCC Fourth Assessment Report e coautore dello Special Report on Global Warming of 1.5ºC dello stesso IPCC)

Nutro non solo sospetti, ma ho una reale paura dei movimenti suscitati dall'alto. Perché in alto ci sono le élite e spesso, come ci ricordava con chiarezza Antonio Gramsci, queste élite sono abilissime a mimare le forme di mobilitazione popolari (“del proletariato”), e lo fanno esclusivamente per i propri interessi e, in subordine, dei ceti sociali ad esse afferenti.

Ho quindi paura del “fenomeno Greta Thunberg” (non della giovane Greta), proprio perché per me il fenomeno Greta Thunberg, cioè il bandwagon che si è costruito in tempi record sulla base delle sue primitive - e io penso genuine - intenzioni e azioni, è un prodotto progettato e impacchettato a freddo (si veda di Cory Morningstar, giornalista investigativa e ambientalista, The Manufacturing of Greta); un prodotto immediatamente utilizzato da alcuni settori delle élite che infatti sin da subito hanno richiesto e ottenuto che la giovane Pasionaria del clima fosse accolta laddove si celebrano alcuni dei loro riti più appariscenti: i media mainstream, parlamenti e capi di stato vari, il World Economic Forum di Davos, il papa, l'Onu.

A tal proposito, ricordo che nel 1992, cioè ben 27 anni fa, la dodicenne canadese Severn Suzuki tenne un discorso a una conferenza ONU “sulle questioni ambientali dal punto di vista dei giovani. Il video di quel discorso suscitò grande attenzione in tutto il pianeta”. Così ci diceWikipedia. Eppure poco dopo la giovane Severn era stata dimenticata e io non mi rammento alcun interesse globale e nessuna mobilitazione globale a seguito delle sue parole.

I famosi scioperi per il clima di Greta Thunberg sono durati dal 20 agosto 2018 al 9 settembre 2018 (elezioni legislative svedesi) e già il 4 dicembre 2018 era stata invitata alla COP24, cioè alla conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che quell'anno si teneva a Katowice, in Polonia.

Un'accresciuta attenzione ai temi ecologici? Oppure Greta Thunberg si avvale di una miglior organizzazione che a sua volta si avvale di lei?

Le parole di Greta Thunberg, a volte così terroristiche da dover essere riprese e corrette severamente anche dal sopra citato professor Myles Allen, vengono rilanciate da tutti i media e da una moltitudine di uomini politici che fino ad oggi non avevano di certo l'ecologia come punto prioritario in agenda (e io personalmente penso che non ce l'abbiano nemmeno oggi, nonostante tutti i loro bla bla).

A che servono le parole e l'ormai famoso tono dell'intelligente ragazzina svedese, che io - sia chiaro fin da subito - non dubito sia in buonissima fede e realmente spaventata dal riscaldamento globale (lo sono anch'io)? Servono a mobilitare i giovani (cioè i prossimi protagonisti politici ed economici) non su obiettivi chiari e razionali, ma affinché essi si autoimpongano uno stato di emergenza innanzitutto mentale. E su uno stato d'emergenza, specialmente se introiettato, le élite possono legittimare uno stato d'eccezione che permette di sospendere ogni diritto e far passare ogni misura senza resistenza.

Non è la prima volta che succede e per questo ho paura.

«Gli adulti continuano a dire che abbiamo l'obbligo di infondere speranza ai giovani. Ma io non voglio la vostra speranza. Io non voglio che abbiate speranza. Io voglio che siate presi dal panico. Voglio che voi sentiate la stessa paura che io sento ogni giorno. E dopo voglio che voi agiate, voglio che voi agiate come se foste dentro a una crisi. Voglio che voi agiate come se la casa fosse in fiamme, perché è così.» (Greta Thunberg, parte conclusiva del discorso al World Economic Forum di Davos, gennaio 2019. Una notevolissima ed egocentrica retorica, concepita non per parlare di clima ma per dar risalto al personaggio “Greta”, in cui il messaggio che risalta di più rischia di essere il “Io non voglio che abbiate speranza. Io voglio che siate presi dal panico”)

 

Identità e stato d'eccezione

Una lezione esclusiva e personale su cosa vuol dire “stato d'eccezione” me la fece, nel 1981 quando lo andai a trovare nel suo studio alla Camera per una faccenda grave ma che esula dall'argomento di oggi, il compianto Stefano Rodotà, allora deputato indipendente del Partito Comunista Italiano, a proposito della giurisprudenza e (ancora più subdolamente) della prassigiuridica che stava prendendo piede a fronte degli Anni di Piombo. L'illustre giurista mi spiegò come questa giurisprudenza “eccezionale” stava entrando in rotta di collisione con “la civiltà giuridica europea”.

All'epoca Stefano Rodotà era considerato un guru dalla sinistra. Altri tempi. Oggi lo stesso Rodotà, dalla sinistra sarebbe visto di sottecchi e con sospetto.

Il notorio Patriot Act emesso da Bush jr dopo l'11/9 è l'esempio recente più preclaro di stato d'eccezione moderno.

All'epoca la sinistra statunitense e mondiale urlò a squarciagola, deprecò, accusò, insultò, minacciò, si stracciò le vesti e si mobilitò. Oggi, sdoganato da Obama, il Patriot Act fa parte del panorama legislativo accettato da tutte le forze politiche. Anzi, fa parte del clima culturale.

Perché se qualcuno fa il Capitan Fracassa di destra, la sinistra si inalbera. Ma se qualcuno porta avanti agende di destra facendo il Capitan Fracassa di sinistra, la sinistra uggiola e scodinzola: non è legata alla verità, ma all'identità.

Ad esempio, Trump è un interessantissimo caso di un presidente USA di destra che nemmeno ancora insediato si è visto accusare, per il futuro, di tutti i disastri che il suo predecessore di sinistra aveva già combinato nel passato. E questa è la narrazione che la sinistra ha eletto a verità rivelata per non fare i conti con la propria identità. Ancora, l'unico muro di confine col Messico finora esistente lo hanno costruito in sequenza Bush jr e Obama. Ma si parla solo del non (ancora) costruito “muro di Trump”. O si veda la questione “razzismo”: la sinistra è pronta ad accusare ogni parola di Trump e ogni tweet, dimenticandosi che sotto le due tenures di Obama si sono consumate - materialmente e non a parole - le più grandi stragi di afroamericani della storia degli USA da parte di una polizia militarizzata.

Infine, e qui , come si vedrà, ci stiamo riavvicinando al tema principale in questione, urta l'identità di sinistra ammettere che Donald Trump finora non si è mai imbarcato in una nuova guerra mentre Obama ha continuato tutte quelle iniziate da Bush jr e ne ha lanciate altre, direttamente o “from behind”: Libia, Siria, Yemen.

Il problema non è se Trump sia più “buono” o più “cattivo” di Obama. Il problema è politico, analitico, razionale e culturale. E questo vuol dire innanzitutto “scavare sotto le apparenze”, non adagiarvisi per evitare di porsi domande fastidiose. Per il bene di tutti è meglio smetterla di abbeverarsi al biberon della propria infanzia politica, perché ormai il latte è rancido.

Perché è importante? Perché l'identità è un fattore fondamentale della risposta o della non-risposta a uno stato d'eccezione. Se lo stato d'eccezione si sposa con l'identità, la risposta non ci sarà. Fare domande, anche brutali, alla propria identità – che non significa mettere in questione i propri valori – vuol dire mantenere la mente libera, in senso letterale.

 

Clima e guerre

E dalle guerre si arriva direttamente al clima.

Greta Thunberg ha accusato (vagamente) tutto e tutti per i cambiamenti climatici. Ma si è ben guardata dal puntare l'indice sulle guerre. Lo avesse fatto, le casse di risonanza occidentali si sarebbero silenziate in un istante. Perché dalla caduta del Muro di Berlino ad oggi tutte le guerre sono state scatenate direttamente o indirettamente dagli USA col sostegno della Nato a beneficio geopolitico loro e a beneficio economico di potenti multinazionali (quelle che inquinano di più) e di quei gruppi di potere che controllano i media mainstream (quelli che accusano gli altri di fakenews).

Parlare di pace e di guerra è un argomento tabù da quando le proteste contro le guerre del cattivo Bush jr hanno lasciato il posto alle guerre del bravo Obama e della brava Clinton. Un cambiamento gestaltico di portata tale che nemmeno sotto il mandato del cattivissimo Donald Trump le guerre che gli Usa continuano a combattere o a foraggiare sono considerate “cattive”. Anzi, solitamente sono considerate un male necessario (contro il cattivo al-Assad, per contenere il cattivo Putin, per tenere al suo posto la cattiva e per di più gialla Cina, per contrastare i cattivi ayatollah iraniani che lapidano-ma-non-lapidano, e via elencando un novello Hitler dopo l'altro – già, perché solo noi siamo santi!). Se proprio va bene sono considerate un dato naturale, parte del paesaggio. Un paesaggio con milioni di morti (il 90% civili).

Dopo la Thunberg alcuni giovani delegati sono stati ricevuti dal segretario generale dell'Onu, António Guterres, a cui hanno fatto sapere che il “Climate Change is the world’s political issue number one”. Mr. Guterres non li ha contraddetti. Ebbene, il signor Guterres dovrebbe sapere benissimo che il compito numero uno dell'organizzazione di cui è segretario generale è quello di preservare la pace mondiale perché per l'ONU, istituzionalmente, il problema numero uno è la guerra!

Doveva quanto meno ricordarlo a quei giovani.

E la guerra, avrebbe dovuto ricordare ma non l'ha fatto, è anche il problema numero uno del clima:

«Secondo il rapporto A Climate of War. The war in Iraq and global warming, i primi quattro anni di pesantissime operazioni militari in Iraq dal 2003 hanno provocato l’emissione di oltre 140 milioni di tonnellate di gas serra (CO2 equivalente), più delle emissioni annuali di 139 paesi".

Lo studio Pentagon Fuel Use, Climate Change, and the Costs of War di Neta Crawford della Boston University nell’ambito del progetto Cost of war, analizza il consumo di carburante nelle guerre Usa “antiterrorismo” post-11 settembre (non dimentichiamo che l’Italia è corresponsabile avendo partecipato). Dal 2011 al 2017: la stima al ribasso, per il solo consumo di combustibile, arriva all’emissione di 1,2 miliardi di tonnellate di gas serra (CO2 equivalente). Ma queste stime non comprendono la produzione di armi e il suo zaino ecologico e climatico, né l’impatto sul clima e sull’ambiente delle distruzioni massicce di infrastrutture, case, servizi, tutto da ricostruire. Milioni di tonnellate di cemento (fra le produzioni industriali più energivore), combustibili per i macchinari ecc. Un cappio al collo del pianeta, come sintetizzava l’appello “Stop the Wars, stop the warming” lanciato dal movimento World Beyond War(Wbw) alla vigilia della Conferenza sul clima di Parigi (2015):

L’uso esorbitante di petrolio da parte del settore militare statunitense serve a condurre guerre per il petrolio e per il controllo delle risorse, guerre che rilasciano gas climalteranti e provocano il riscaldamento globale. È tempo di spezzare questo circolo: farla finita con le guerre per i combustibili fossili, e con l’uso dei combustibili fossili per fare le guerre”.

Stesso tono nel rapporto Demilitarization for Deep Decarbonization curato da Tamara Lorincz per l’International Peace Bureau (Ipb):

Ridurre il complesso militar-industriale e ripudiare la guerra è una condizione necessaria per salvare il clima, destinando le risorse risparmiate all’economia post-estrattiva e alla creazione di comunità resilienti”. Si consideri anche – dice Lorincz – che per avere speranze, “l’80-90% dei combustibili fossili dovrebbe rimanere sottoterra”, dunque “tutto quello che viene estratto andrebbe usato per la transizione a un sistema a zero emissioni, non per i militari”.»

(Marinella Correggia e Angelo Baracca: Non dimentichiamo che anche le guerre e il complesso militar industriale uccidono il clima, oltre ai popoli!).

Come vedete, i testi e gli appelli citati sono anteriori agli scioperi di Greta Thunberg. Hanno mai avuto una qualche risonanza? No! Ed è impossibile che ne avranno! Toccano punti da non toccare.

Continuiamo a fare le guerre, continuiamo la corsa alle armi, sempre più potenti e sempre più energivore. Le lotte imperiali lo richiedono.

 

Non cambierà nulla ma si faranno danni in nome del nulla

Fermi restando i cataclismi guerreschi, e facendo finta che le industrie non siano legate in nessun modo all'apparato militare, concentriamoci sul benedetto e famoso obiettivo del mondo carbon-free. Ripeto, facciamo finta che ci possa essere un mondo carbon-free anche se si continuano a fare le guerre.

Come si raggiunge questo obiettivo? Appellandoci a chi ha come unico obiettivo l'accumulazione infinita in un mondo con risorse finite?

Sembra di sì. O per lo meno, chi guida il bandwagon di Greta Thunberg sembra puntare proprio in quella direzione e voler infilare le mobilitazioni dei giovani in quel cul-de-sac. In fondo è riproposto un vecchio modello politico: lo praticavano nell'Ottocento ad esempio i sansimoniani che per avere il socialismo si appellarono a Napoleone III, a Metternich e persino al Pascià d'Egitto. Noi dovremo appellarci ai potenti di oggi per avere un mondo carbon-free. Greta Thunberg, e questo è un comportamento normale, rimprovera chi lei pensa dovrebbe far qualcosa che invece non fa. E chiede anche a noi di rimproverare, persino aspramente, gli unici che – ci viene detto – hanno la facoltà di fare qualcosa.

Quindi le élite dovrebbero fare.

La risposta corale è “Tap tap Greta! Certo che faremo!”. Ma che cosa?

Innanzitutto bisogna essere consapevoli che quello che Myles Allen chiamerebbe nella sua metafora «numero “tollerabile” di schiavi» è calcolato in base all'energia che le élite stimano sia necessaria per il suddetto processo di accumulazione senza fine e senza (un) fine (credit: Giovanni Arrighi). Non fa certo riferimento a quella che sarebbe necessaria in un mondo governato da un altro rapporto sociale.

Che cosa comporta ciò?

«Dallo spazio la miniera di Bayan Obo, in Cina, dove è estratto e raffinato il 70% mondiale di Terre Rare, sembra quasi un dipinto. I motivi cachemire dei bacini di decantazione radioattivi, lunghi chilometri, concentrano i colori nascosti della terra: l'acquamarina minerale e l'ocra del tipo che un pittore potrebbe impiegare per adulare i governanti di un impero morente".

Per venire incontro alle richieste del Green New Deal, che propone di convertire l'economia USA a zero emissioni con le energie rinnovabili entro il 2030, ci dovranno essere molte di queste miniere scavate nella crosta terrestre. Questo perché quasi tutte le fonti di energia rinnovabile dipendono da energie non-rinnovabili e da minerali che di frequente sono di difficile accesso: i pannelli solari usano l'indio, le turbine usano il neodimio, le batterie usano il litio e tutte richiedono migliaia di tonnellate di acciaio, stagno, argento e rame. La supply chain dell'energia rinnovabile è un complicato gioco della campana attorno alla Tavola Periodica e attorno al mondo. Per avere un pannello solare ad alta capacità occorrono rame (numero atomico 29) dal Cile, indio (49) dall'Australia, gallio (31) dalla Cina e selenio (34) dalla Germania. Molte delle più efficienti turbine eoliche richiedono un chilo di neodimio, una terra rara, e in ogni Tesla ci sono 64 chili di litio.

Non per nulla i minatori di carbone sono stati l'immagine stessa dell'immiserimento capitalistico per gran parte del diciannovesimo e ventesimo secolo …»

(Jasper Bernes: Between the Devil and the Green New Deal. Per avere un'idea di cosa sta già avvenendo si legga di Julianne Geiger, Pentagon Looks To Break China’s Monopoly On Rare Earth Minerals. Il sito OilPrice.com ospita altri articoli snelli e aggiornati sull'argomento)

Il Green New Deal, lanciato per il suo Paese dalla giovane rappresentante democratica statunitense Alexandria Ocasio-Cortez, è la proposta più ambiziosa e ardita ecologicamente e socialmente finora avanzata in Occidente per contrastare il cambiamento climatico (i Paesi emergenti sono più avanti di noi; si veda di Ngozi Okonjo-Iweala: Developing Countries are Already Tackling Climate Change. What's Your Rich Nation's Excuse?, senza contare che la Cina è la nazione che più investe in energie rinnovabili).

Il Green New Deal della Ocasio-Cortez è un progetto magnifico sotto molti aspetti. Ma è infattibile nell'ambito dei rapporti sociali esistenti (si veda di Douglas Holtz-Eakin e altri, The Green New Deal: Scope, Scale, and Implications https://www.americanactionforum.org/research/the-green-new-deal-scope-scale-and-implications/). E' infattibile economicamente perché da qui al 2030 costerebbe trilioni e trilioni di dollari, un ordine di grandezza superiore alla spesa combinata di tutte le guerre americane dal Vietnam ad oggi. Quindi non bisognerebbe fare più guerre. E questo è oggi improponibile negli USA protagonisti, come sono, di un feroce confronto geopolitico. E poi è dubbio che nemmeno la Ocasio-Cortez lo voglia (si veda https://worldbeyondwar.org/why-it-matters-that-peace-is-gone-from-ocasio-cortez-website/. Se fossi uno statunitense, oggi come oggi voterei per la democratica Tulsi Gabbard, non certo per la Ocasio-Cortez o Bernie Sanders). E in secondo luogo, per sostenere il PIL, per sostenere lo “sviluppo”, ovvero l'accumulazione materiale di cui quella finanziaria non può fare a meno in ultima istanza, beh, l'articolo di Jasper Bernes vede più avanti del naso di molti esperti – come spesso succede all'intuizione artistica – e dice in termini chiari a cosa andremmo incontro.

Insomma, il Green New Deal è infattibile nell'ambito di una società capitalista e imperialista.

 

Una “climate opportunity”

Come c'era da aspettarsi i vari centri economici e di potere vedono in quella che noi poveri e comuni mortali percepiamo come una crisi o emergenza climatica, un'opportunità: https://www.atlanticcouncil.org/blogs/energysource/the-climate-finance-partnership-mobilizing-institutional-capital-to-address-the-climate-opportunity/). Esattamente quello di cui si sentiva la mancanza, di cui c'era bisogno: un'alleanza clima-finanza!

Quando i padroni del vapore parlano di opportunità, c'è sempre da tremare (sia detto incidentalmente, nelle aziende quando un capo deve tirare una “sola” a un dipendente, persino quando lo deve licenziare, è stato istruito a dirgli: “C'è un'opportunità per te”).

E' così difficile prevedere tasse sul macinato chiamate “tasse ecologiche” o “tasse per la riconversione ecologica”? No! Le tasse sulle (dannose) merendine ne sono, scusate il non proprio preterintenzionale spirito, un assaggio. E' difficile prevedere l'emissione di bond ecologici, da far pesare sul pubblico, sui quali lasciar scatenare capitali alla ricerca sempre più famelica di “opportunità” (speculative) d'investimento? No!

Qualcuno sta già rispolverando il nucleare. Certo, dal punto di vista dei processi fisici è un'energia quasi pulita (a parte il problemino dello stoccaggio dei rifiuti radioattivi). Ma attorno al mirabile processo fisico c'è un complicatissimo congegno industriale suscettibile di ogni danneggiamento come lo è ogni apparato industriale, dal mal funzionamento di una valvola (incidente di Three Miles Island) a difetti di saldatura (centrali nucleari francesi) a errori umani (disastro di Chernobyl). E infine, non bisognerebbe proprio parlare di nucleare dopo i danni che il disastro di Fukushima ha provocato all'ozono (si veda di Yoichi Shimatsu: Arctic Ozone Hole & Polar Melt Triggered By The Fukushima Catastrophe).

Le compagnie estrattive stanno già esultando. I contadini di tutta la Terra no (si veda, per esempio, cosa sta succedendo da tempo in India, specialmente nelle aree abitate dai Tribali, o come sono contenti i nativi americani). E ciò confermerà ancora di più la previsione del compianto Samir Amin: la questione contadina sarà una delle più impellenti e importanti nel XXI secolo.

E la questione contadina è tout court una questione ecologica oltre che sociale. Perché Greta Thunberg non ne parla? Perché non ne fa menzione chi le prepara e/o rivede i testi (avete in mente una qualche adolescente di 16 anni che parla di se come di una "bambina"?)? Perché non parla mai della società e delle sue linee di divisione, di sfruttamento e di emarginazione? Perché non dice mai che il cambiamento climatico non tocca tutti allo stesso modo, che anche qui ci sono i sacerdoti sacri del tempio, i figli di un dio minore e infine quelli da sacrificare, così come ci saranno nella lotta-opportunità contro il cambiamento climatico affidato a élite malamente e approssimativamente ritruccate e imbellettate ma ispirate sempre dallo stesso obiettivo: accumulare denaro e potere?

Se Greta Thunberg non lo dice (e se il suo entourage non permette che nessuno glielo spieghi, come c'è da aspettarsi), dovremo dirlo noi ai giovani che dalle sue parole vengono trascinati in piazza.

Prenderli in giro è la cosa più sciagurata e supponente da fare. Cercare di parlargli, in piazza, nelle scuole, nelle agorà fisiche e digitali disponibili, è l'unica strada da seguire.

«Nonostante le illusioni, le prospettive e il flusso ininterrotto di app, il ritmo dei cambiamenti tecnologici è diminuito invece di accelerare. In ogni caso se il capitalismo improvvisamente si scoprisse capace di mitigare il cambiamento climatico, potremo passare a parlare di una delle altre dieci ragioni per porvi fine.» (Jasper Bernes, cit.)


 

NOTA. Quanto detto è indipendente dalle ipotesi che spiegano il cambiamento climatico in modo alternativo a quella della causa antropica. Si noti che chi osa anche solamente discuterne è attaccato dal mainstream come “negazionista”, “antiscientista” e, da qualche tempo, anche come “odiatore di Greta” (basta scorrere i giornali e i siti). Io qui non ne discuto ma accenno solo a due di esse. Per inciso una l'ho letta su un sito della Nasa  e l'altra su quello del US National Library of Medicine, National Institutes of Health  ed è stata pubblicata anche su Nature. Mah, saranno scienziati che odiano se stessi.
L'ipotesi ricordata dalla Nasa, riguarda sostanzialmente la variazione d'orbita della Terra e altri fenomeni collegati. La seconda riguarda invece l'attività solare. Secondo quest'ultimo modello il riscaldamento globale continuerà fino al 2600 (quando sarà raggiunta una temperatura di 2,5°C-3°C superiore a quella di oggi passando per un +1,3°C nel 2100).
Il modello tuttavia prevede all'interno di questo trend verso l'alto, delle oscillazioni, per cui tra quest'anno (2019) e il 2055 e tra il 2370 e il 2415 dovremmo andare incontro a due minimi locali.
Questi ricercatori affermano esplicitamente che il loro modello non tiene conto degli effetti antropici. A questo riguardo le alternative sono due, a mio modo di vedere: gli effetti antropici potrebbero interagire se non proprio interferire con quelli dell'attività solare oppure gli effetti dell'attività solare potrebbero prevalere su di essi così che nei prossimi decenni, primo minimo locale, dovremmo andare incontro a una temperatura più rigida. Ma in entrambi i casi la trasformazione chimica dell'atmosfera dovuta all'attività umana è un effetto da contrastare assolutamente. Non sarebbe di sicuro una gran consolazione vedere i ghiacciai riprendersi, l'acqua ritornare dove era sparita e le temperature abbassarsi ma in un'atmosfera sempre più alterata e inquinata.

Comments

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Paolo Selmi
Sunday, 06 October 2019 23:12
Caro Franco,

non sono un moderatore, non ne è peraltro neppure prevista la figura, ma chiunque interviene, a patto che sia senza "insulti o accuse non motivate verso chiunque", è mia personalissima opinione che debba essere il benvenuto. Il sito si chiama sinistra in rete, quella sinistra ormai ridotta a schema atomico da prima parte della tavola degli elementi. Viviamo tempi difficilissimi, non difficili. E il contributo di ciascuno è bene accetto, anzi, mi spingo a dire che sia indispensabile.
La tua lettura della società non sarà risolutiva, come non lo è sicuramente quella di nessuno che qui pubblica, ospitato da Tonino, o interviene a commento. Tuttavia, ogni elemento in più può aiutare tutti noi, anche nel disaccordo, a fare un passo in avanti. Io, per esempio, partendo da questa pagina ho approfondito una pagina di Storia, quella dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, su cui fino a oggi non mi ero fermato se non per preparare un esame di Storia del Giappone o per vedere qualche filmato e, film che mi aveva particolarmente colpito, Rapsodia in agosto (八月の狂詩曲 Hachigatsu no kyōshikyoku) di Akira Kurosawa.
Non si sa mai da dove un ragionamento, anche complesso, possa partire, nella testa di uno che ti legge o che riflette su quanto hai scritto.

Premesso questo, integro un contributo e uno stimolo di Mario Galati... perché mi hai fatto venire la curiosità di vedere come la tutela dell'ambiente fosse stata storicamente vista, anche e soprattutto da un punto di vista giuridico, da noi e da loro. Alla conclusione di cui nel primo intervento ero infatti giunto per via logica: l'attenzione alla costruzione di un modo di produzione e riproduzione della merce, inteso come CICLO COMPLETO, dalle materie prime allo smaltimento, ECOCOMPATIBILE sia SINCRONICAMENTE (quantità di merce prodotta, circolante, smaltita in un dato lasso di tempo e in una data situazione locale, ottimizzando la rete logistica senza la necessità di compiere decine di migliaia di km per una maglietta di cotone) sia DIACRONICAMENTE (ciclo di vita della merce stessa, TESO A UN PROLUNGAMENTO COSTANTE perché non vi è nessuna gola avida di profitto da soddisfare con una domanda costante figlia di una logica usa e getta, anzi L'ESATTO CONTRARIO!) E' NON SOLO MAGGIORE, MA UNICAMENTE POSSIBILE (non automatica, nessuno sostiene questo, possibile, abbiamo il campo di esistenza per) in un modo socialistico di produzione, ovvero a proprietà interamente sociale dei mezzi e conduzione pianificata secondo una "legge fondamentale" (secondo il lessico sovietico) che non sia più il profitto ma il progressivo allineamento delle risultanze date dalla produzione di beni e servizi ai bisogni sociali.

Andavo per via logica, perché avevo sotto gli occhi il modo attuale di produzione, la "legge fondamentale" che lo regge, e ragionavo che, finché ci fosse stata una fetta determinante di ciclo economico dominata da tale legge, A PRESCINDERE SE GOVERNATA DA SOGGETTI PUBBLICI O PRIVATI, E A PRESCINDERE DALL'ESISTENZA DI CIRCUITI ECONOMICI ALTERNATIVI DI RILEVANZA MARGINALE RISPETTO AL VOLUME DI MERCI PRODOTTO, CIRCOLANTE E SMALTITO DAL MODO DI PRODUZIONE EGEMONE, il saccheggio, la distribuzione ineguale e il consumo ancor più ineguale di risorse (nonché LO SPRECO DELLE STESSE), sarebbe stato di impedimento a qualsiasi SUA REVISIONE STRUTTURALE NEL SENSO CUI SOPRA ACCENNAVO.

Ebbene, parlavo per ignoranza. Ignoravo, fino a qualche ora fa, che L'URSS FU FRA I PRIMI PAESI A DOTARSI DI UNA LEGISLAZIONE AMBIENTALE. Sicuramente CIO' AVVENNE PRIMA DELL'ITALIA.

Ecco i dati. Un breve riassunto dell'ITALIA. La nostra Costituzione non ne parla: la Costituzione, infatti, non conteneva alcuna norma espressamente e direttamente enunciativa del concetto di ambiente, non considerandolo oggetto di una specifica tutela, fino alla modifica costituzionale dell’art. 117 Cost., così come sostituito dall’art. 3 della legge cost. n. 3 del 18 ottobre 2003, che adesso al 2° comma, lettera s), stabilisce che la tutela dell’ambiente rientra tra le materie di legislazione esclusiva dello Stato. Per inciso, neanche quella sovietica se ne occupava direttamente. I tempi erano decisamente diversi.

Tuttavia, in Italia tali tempi restarono parimenti diversi anche dal punto di vista puramente legislativo, per parecchi anni a seguire. La prima legge che si preoccupa di colmare le lacune nel frattempo allargatesi risale all'Italia del BOOM, ed è la LEGGE 13 luglio 1966, n. 615 "Provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico." (https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=1966-08-13&atto.codiceRedazionale=066U0615&elenco30giorni=false)
che cerca di normare "l'esercizio di impianti termici, alimentati con combustibili minerali solidi o liquidi, a ciclo continuo o occasionale, nonche' l'esercizio di impianti industriali e di mezzi motorizzati, che diano luogo ad emissione in atmosfera di fumi, polveri, gas e odori di
qualsiasi tipo atti ad alterare le normali condizioni di salubrita' dell'aria e di costituire pertanto pregiudizio diretto o indiretto alla salute dei cittadini e danno ai beni pubblici o privati".
Filippo Gargallo in un agevole articolo "1966–2006: Quaranta anni di legislazione ambientale in Italia". (28/02/2007 https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=9124) ricostruisce via via i passi successivi, fra cui il 1986 (creazione ministero ambiente) e 2006 per la prima legge che cercasse di occuparsi della questione in maniera organica.

In URSS, la PRIMA LEGGE QUADRO, A OPERA DELLA RSFSR (REPUBBLICA SOCIALISTA FEDERATIVA SOVIETICA DI RUSSIA), "SULLA DIFESA DELLA NATURA NELLA RSFSR (ОБ ОХРАНЕ ПРИРОДЫ В РСФСР) RISALE AL 27 OTTOBRE 1960.

E inizia con questo preambolo e con un Art. 1 che ci tengo a tradurre integralmente:

ЗАКОН Legge

Природа и ее ресурсы в Советском государстве составляют естественную основу развития народного хозяйства, служат источником непрерывного роста материальных и культурных ценностей, обеспечивают наилучшие условия труда и отдыха народа.
La natura e le sue risorse nello Stato sovietico costituiscono il fondamento congenito dello sviluppo economico nazionale, servono da fonte per una crescita ininterrotta dei valori materiali e culturali, consentono condizioni di lavoro e di riposo migliori per il popolo.

Советский общественный строй, плановое ведение хозяйства создают возможность рационально использовать природные богатства Российской Федерации.
L'ORDINAMENTO SOCIALE SOVIETICO, LA CONDUZIONE PIANIFICATA DELL'ECONOMIA CREANO LA POSSIBILITA' DI UN IMPIEGO RAZIONALE DELLE RICCHEZZE NATURALI DELLA FEDERAZIONE RUSSA (scusate lo stampatello maiuscolo, ma qui secondo me c'è già messa nero su bianco - in una legge dello Stato - la chiave del ragionamento logico di cui sopra, la differenza QUALITATIVA enorme che esso sottende, data da un modo socialistico di produzione che, proprio per questo, è qualitativamente più evoluto del capitalistico, N.d.T.)

За годы советской власти в РСФСР проделана большая работа по организации охраны природы и рационального использования природных ресурсов. Однако в деле охраны природы все еще имеются существенные недостатки.
In tutti gli anni di potere sovietico nella RSFSR è stato svolto un grande lavoro di organizzazione della difesa della natura e di impiego razionale delle risorse naturali. Tuttavia, nella pratica di difesa della natura, nonostante tutto vi sono ancora carenze sostanziali.

В период развернутого строительства коммунизма повышается интенсивность вовлечения в хозяйственный оборот богатых природных ресурсов нашей страны, существенно улучшается размещение производительных сил на ее территории. Это вызывает необходимость установления системы мероприятий, направленных на охрану, рациональное использование и расширенное воспроизводство природных ресурсов.
Nel periodo di espansione della costruzione del comunismo, aumenta l'intensità con cui sono immesse nel circolo economico le ricche risorse naturali del nostro Paese, e migliora in maniera sostanziale la distribuzione delle forze produttive sul territorio. Questo conduce alla necessità di stabilire un sistema di misure, dirette alla difesa, all'impiego razionale e alla riproduzione allargata delle risorse naturali.

Охрана природы является важнейшей государственной задачей и делом всего народа.
LA DIFESA DELLA NATURA E' IL COMPITO PIU' IMPORTANTE DELLO STATO E OBBIETTIVO DELL'INTERO POPOLO. (anche qui, scusate il maiuscolo, ma ti ringrazio Mario perché senza il tuo stimolo chissà quanto tempo sarebbe passato prima di andare a svolgere questo tipo di ricerca e leggermi questa legge! Che negli anni Sessanta era avanti anni luce rispetto a quelle di oltre cortina! N.d.T)

При решении народнохозяйственных задач по освоению новых и реконструкции освоенных районов, перестройке речных систем, переводу обширных территорий на искусственное орошение и по использованию отдельных природных ресурсов министерства и ведомства должны учитывать интересы смежных отраслей и всего народного хозяйства в целом, а также потребности населения.
Nel portare a compimento i compiti economici di sviluppo di nuove regioni, di ricostruzione di regioni già sviluppate, di ristrutturazione delle reti fluviali, nel passaggio di estese regioni all'irrigazione artificiale e all'impiego di singole risorse naturali, ministeri e agenzie devono tener inoltre conto dell'interesse dei settori contigui a quelli interessati, dell'intera economia nazionale nel suo complesso, e dei bisogni della popolazione (in altre parole, si ribadisce la concezione organica del modo socialistico di produzione, dove non si deve operare per compartimenti stagni, dove, per usare un'immagine, una diga a monte già in fase di progettazione deve tener conto delle ripercussioni del volume d'acqua drenato a valle, e via discorrendo, NdT).

В целях усиления охраны природы, обеспечения рационального использования и воспроизводства природных ресурсов Верховный Совет Российской Советской Федеративной Социалистической Республики постановляет:
Con l'obbiettivo di rafforzare la difesa della natura, di consentire un'impiego razionale e la riproduzione delle risorse naturali, il Soviet Supremo della Repubblica Socialista Federativa Sovietica di Russia delibera:

Статья 1. Объекты природы, подлежащие охране
Articolo 1. Oggetti della natura, sottoposti a difesa

Государственной охране и регулированию использования на территории РСФСР подлежат все природные богатства - как вовлеченные в хозяйственный оборот, так и неэксплуатируемые:
A difesa statale e a regolazione dell'impiego sul territorio della RSFSR, soggiaciono tutte le ricchezze naturali, SIA QUELLE IMMMESSE NEL CIRCOLO ECONOMICO, SIA QUELLE NON UTILIZZATE in tal senso:

а) земля;
a) terra;

б) недра;
b) sottosuolo;

в) воды (поверхностные, подземные и почвенная влага);
c) acque (di superficie, sotterranee e freatiche)

г) леса и иная естественная растительность, зеленые насаждения в населенных пунктах;
d) foreste e altra vegetazione naturale, aree verdi nei centri abitati;

д) типичные ландшафты, редкие и достопримечательные природные объекты;
e) paesaggi tipici, oggetti naturali rari e degni di attenzione;

е) курортные местности, лесопарковые защитные пояса и пригородные зеленые зоны;
f) aree terapeutiche, cinture a difesa dei parchi forestali e zone verdi suburbane;

ж) животный мир (полезная дикая фауна);
g) mondo animale (fauna selvatica sotto osservazione)

з) атмосферный воздух.
h) aria e atmosfera

La legge quindi passa in rassegna tutte le voci, specificando e ribadendo importanza della loro tutela, mezzi e risorse per l'applicazione pratica di tale tutela, strutture da creare ex novo a livello locale e nazionale per il controllo di tale applicazione.
http://www.libussr.ru/doc_ussr/usr_5607.htm

Tale legge fu quindi promulgata in tutte le Repubbliche dell'Unione, e via via aggiornata e rafforzata.

PER INCISO, è la categorizzazione su cui si fonda anche vent'anni più tardi l'economista sovietico Syroežin, nel manuale che sto traducendo e usando come fonte di ulteriori ricerche e studi, parla nel capitolo III dei CEN, dei Complessi Economici Nazionali (CEN, народнохозяйственные комплексы, abbr. НXК https://www.sinistrainrete.info/teoria/14661-ivan-mikhajlovic-syroezin-pianificabilita-pianificazione-piano-3.html?highlight=WyJwYW9sbyIsIidwYW9sbyIsInNlbG1pIiwiZmF1bmEiLCJwYW9sbyBzZWxtaSJd
pp. 130 e segg. della versione pubblicata in ciclinprop (o samizdat che dir si voglia) liberamente scaricabile qui: https://www.academia.edu/38614456/La_semina_e_il_raccolto._Ricerche_analisi_e_traduzione_integrale_di_Pianificabilit%C3%A0_pianificazione_piano_di_Ivan_Michajlovi%C4%8D_Syroe%C5%BEin_I_parte).

Ritorno a te, Franco. Abbiamo bisogno di te, di teste pensanti, anche di idee diverse, di esperienze diverse, ma accomunate dagli stessi ideali. Perché da una riflessione non può nascere nulla, ma anche uno stimolo a un'ulteriore riflessione. Per crescere, e continuare a crescere, chiarire equivoci, mettere a punto difese immunitarie da cantonate che sono sempre dietro all'angolo, in un momento dove possiamo permetterci ben poco, men che meno tempo prezioso. Il quadro politico è desolante, micropartiti comunisti sono divisi su tutto, meno che sull'IGNORARE BELLAMENTE i passi teorici e pratici, concreti, di una transizione reale a un modo socialistico di produzione cui dicono, al suono roboante di significanti ormai svuotati di qualsiasi significato, di richiamarsi.

Altri momenti di confronto come questa piattaforma, rigorosamente autogestita, senza moderatori, senza filtri, per noi comunisti, socialisti, ecologisti o, semplicemente, di sinistra, sulla rete praticamente non ce ne sono. RESTIAMO QUI E GUARDIAMO AVANTI. La nostra non può essere una battaglia di retroguardia, di difesa, di fronte ad accuse infondate, a dibattiti dominati da piazzari, da venditori di pentole, che LIQUIDERANNO SEMPRE i tuoi argomenti tirando fuori, SEMPRE A SPROPOSITO, prima Stalin e poi Pol Pot (basta che la tua idea sappia un po' di rosso... mi ricordo che lo facevano neanche con Bertinotti, ma con D'Alema! negli anni Novanta, il che è tutto dire...). La critica a una concezione storiografica consistente quanto la carta per gli affettati, ci mancherebbe, va fatta. Ma non possiamo continuare a fermarci a questo. Faremmo solo il loro gioco.

A me viene sempre in mente quell'aneddoto riportato da Ron Suskind il 17/10/2004 sul NYT, circa una confidenza a lui fatta nell'estate del 2002 da un "senior adviser" di Bush. La riporto da quell'articolo, in rete si trova in ogni salsa (Ron SUSKIND, "Faith, Certainty and the Presidency of George W. Bush", NYT, 17/10/2004, https://www.nytimes.com/2004/10/17/magazine/faith-certainty-and-the-presidency-of-george-w-bush.html):

"The aide said that guys like me were "in what we call the reality-based community," which he defined as people who "believe that solutions emerge from your judicious study of discernible reality." I nodded and murmured something about enlightenment principles and empiricism. He cut me off. "That's not the way the world really works anymore," he continued. "We're an empire now, and when we act, we create our own reality. And while you're studying that reality -- judiciously, as you will -- we'll act again, creating other new realities, which you can study too, and that's how things will sort out. We're history's actors . . . and you, all of you, will be left to just study what we do." "

"L'assistente disse che la gente come me viveva "in quella che noi chiamiamo la comunità basata sulla realtà", da lui definita come persone che credono "che le soluzioni emergano dal giudizioso studio di una realtà comprensibile." Io annuii e mormorai qualcosa sui principi dell'illuminismo e sull'empirismo. Lui mi troncò subito: "Oggi il mondo non funziona più cosi", continuò. "Adesso noi siamo un impero. E mentre agiamo, creiamo noi la nostra realtà. E mentre voi starete studiando quella realtà - giudiziosamente, come sicuramente farete - noi agiremo di nuovo, producendo altre nuove realtà, che voi potrete studiare, e così andremo avanti, ancora e ancora. Noi siamo gli attori della storia... E a voi, a tutti voi, resterà solo di studiare ciò che faremo" ".

Vero o falso che sia l'aneddoto, è così che sono andate finora le cose e così stanno tutt'ora andando. Occorre invertire la rotta. Passare all'offensiva. Imporre noi l'agenda. E se i rapporti di forza non lo consentono, così come oggi non lo consentono, con percentuali di consenso a livelli di prefisso telefonico, almeno cercare di NON fare il loro gioco, ma usare le poche forze rimaste per elaborare qualcosa di nuovo.

Il buon Confucio, oltre duemila anni fa, RISCRIVEVA DE FACTO le regole di una società cinese preda di continue lotte intestine e delle più svariate scuole di pensiero, ma non solo, la grammatica intera di tali regole, ovvero la protologica che sottendeva persino alla visione del mondo mediata dai segni fono-ideografici, che da allora non furono più gli stessi, e dallo Yi Jing (il classico dei mutamenti), compiendo un'operazione senza eguali nella storia dell'Umanità... "richiamandosi ai Classici"!
述而不作,信而好古 (Io semplicemente trasmetto, non creo nulla. Credo nel passato e lo amo, Lunyu (论语), Shu er (述而), 1).

Ovviamente, non c'è bisogno neppure di sottolinearlo, non solo non "copiava", non "ripeteva a pappagallo", ma rielaborava. E costruiva. Noi oggi siamo un intellettuale collettivo potente, ciascuno con competenze assenti in altri, ciascuno in grado di dare un contributo... proviamoci!

Un abbraccio a tutti e
buona settimana.

Paolo Selmi
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Mario M
Sunday, 06 October 2019 22:34
Greta può rientrare in questa sequenza di falsità: una riedizione di Savonarola, di angelo sterminatore.

Sinistra in rete, riguardo all'attentato dell'11 settembre, settimane fa ha ospitato un articolo dove si denunciava le incongruenze della versione "ufficiale" del crollo delle torri, https://www.sinistrainrete.info/politica/15845-francesco-cappello-il-collasso-di-una-falsa-verita.html. Già in precedenza, se non vado errato, aveva anche ospitato Giulietto Chiesa; e Fulvio Grimaldi, che è quasi un ospite fisso del sito, non ha dubbi circa l'organizzazione dell'attentato all'interno del governo statunitense. Anche io non ho dubbi, e ho certezze sul fatto che le Twin Tower - e non dimentichiamo anche il terzo edificio, il WT7 - siano state "preparate" con dell'esplosivo. Quindi, alla luce dell'attentato dall'interno, come giudichiamo il Patriot Act e le guerre scatenate dagli Stati Uniti in Medio Oriente? Mi chiedo perché la nostra sinistra non acquisisce la consapevolezza di questo potere spregiudicato dei governi, che non sembra sia solo prerogativa degli Stati Uniti.

Andiamo più indietro, con i racconti dei viaggi spaziali, ormai già abbondantemente sbeffeggiati (suggerisco i film montati da Massimo Mazzucco). In questo caso prima l'URSS e poi gli Stati Uniti hanno messo in scena una leggenda e una mitologia edificanti: dell'uomo alla conquista di nuovi territori grazie alla scienza e alla tecnica.

Il successivo passo a ritroso, sulla falsificazione della costruzione delle bombe nucleari, è più difficile da accettare, e anche più difficile da spiegare, perché sono in ballo aspetti di fisica nucleare: cammino medio dei neutroni, sezione di cattura, velocità di reazione ecc.

Però ci sono tante evidenze indirette che smentiscono l'esistenza e quindi l'esplosione delle bombe atomiche:

Libro : https://www.amazon.com/Death-Object-Exploding-Nuclear-Weapons/product-reviews/1545516839

Sito: http://heiwaco.tripod.com/bomb.htm

Video, NUCLEAR WEAPONS DO NOT EXIST T https://www.youtube.com/watch?v=jo7Ytg9ckC0&feature=c4-overview&list=UU9y1hfjdOMBboMgC8BE70UA

Capisco che , quando avanzo accuse di colossali falsità dei governi di mezzo mondo su eventi che hanno plasmato la storia, agli occhi dei più io possa passare per un mitomane; io comunque applico sempre la regola di Sherlock Holmes: tolto l'impossibile, quello che rimane, sebbene improbabile, è la verità.

Paolo Selmi giustamente sostiene che le bombe su Hiroshima e Nagasaki hanno fatto da spartiacque nella storia, ma a mio giudizio sotto un diverso aspetto: sul potere che i governi hanno nel manipolare le coscienze, sulla tendenza dell'uomo ad costruirsi un mondo immaginario di eroi buoni e cattivi, della presenza di intelligenze superiori che soddisfano la nostra fantasia.

Greta può rientrare in questo filone: una riedizione di Savonarola, di angelo sterminatore
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AlsOb
Sunday, 06 October 2019 22:00
L'ottimo Piero Pagliai ha toccato con intelligenza i punti salienti della vicenda o questione. La giovane ragazza viene usata come distrazione e promotrice di un processo di accumulazione basato sulla guerra al cambiamento climatico. La classe dominante ha stravinto la guerra di classe e per gli schiavi liberi l'inferno è appena all'inizio, il caldo del clima potrebbe non essere il destino peggiore.
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AlsOb
Sunday, 06 October 2019 21:50
L'ottimo Piero Pagliai ha toccato con intelligenza tutti i punti salienti della questione o vicenda.
La giovane ragazza viene usata come una distrazipne e promozione di una accumulazione basata su una guerra al cambiamento climatico dipinto in modo catastrofico. Gli altri disastri causati dal capitalismo coevo con i più accentuati processi di schiavizzazione passano in secondo piano, la classe dominante ha stravinto la sua guerra di classe e per gli schiavi liberi l'inferno è appena all'inizio, il caldo del clima potrebbe non essere il destino peggiore.
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Franco Trondoli
Sunday, 06 October 2019 11:58
Non voglio continuare ad intervenire su argomenti così complessi. Penso che smetterò di fare commenti sul blog. Quello che mi ha fatto scrivere qualcosa e' la rabbia di vedere che siamo circondati a tutti i livelli da persone che senza nessuna remora etica (non morale ) fanno i più indicibili danni a tutto e tutti, o quasi, arrogandosi anche il diritto di proporsi con sicurezza come sapienti e detentori della verità. Facendo, questo si, la morale ai poveri cristi che devono sbarcare il lunario per vivere. Se ci riescono. Allora dico ancora questo: il grande problema mentale, così lo definisco, e' che ,per prima cosa, il socialismo o il comunismo NON ESISTONO già scritti e belli fatti su teorie e pratiche del passato. Anche se prodotte da grandi studiosi e dirigenti politici, Marx compreso. Se la realtà del mondo e' questa, vuol dire che quello prodotto in passato non e' stato sufficiente a modificare le cose in meglio. Non ha dato prodotto pratico. Perché ?. Questo bisogna domandarsi. Non lo ha dato NON perché non sono seguiti certi indirizzi teorici-pratici già preconfezionati. I concetti, purtroppo, devono inseguire i processi dinamici messi in atto dall'insieme sociale. Che nel nostro caso chiamiamo Capitalismo. I concetti ,oltretutto , bisogna crearli, fabbricarli, non esistono in cielo già fatti per sempre. Bisogna produrne costantemente di nuovi. E' una fatica di Sisifo ?. Può darsi. Per seconda cosa, dato ma non concesso, anche se Socialismo e Comunismo esistessero già belli e fatti la' dietro, qualcuno li dovrà realizzare !?. Perché non viene fatto ?. Vuol dire che il mondo pratico non funziona come il mondo teorico che ci siamo costruiti o costruiamo. Questo dobbiamo ancora capire secondo me. Nel salutare tutti, debbo dire, senza presunzione, quali sono gli autori che a mio parere, danno più spunti per cercare di capire come funziona (non per sempre) il mondo. Sono: Spinoza, Nietzsche e Deleuze. Grazie e scusate. In bocca al lupo a tutti.
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Mario Galati
Sunday, 06 October 2019 08:44
Paolo Selmi parla di "un'aspettativa minima di successo in un sistema a proprietà sociale dei mezzi di produzione e a gestione pianificata degli stessi". E mi sembra che centri la questione e risponda alle obiezioni di Andrea sulle esperienze contraddittorie dei socialismi realizzati.
Solo l'autogoverno dei produttori associati può decidere cosa e come produrre. Come ho scritto, questa è una precondizione minima. Poi sarà la collettività a decidere. O tutti o nessuno, anche per parafrasare Brecht. Ma ciò apre una possibilità preclusa dal sistema capitalistico, nel quale, invece, decidono i capitalisti e non vi è alcuna possibilità che decidano diversamente dalla logica del profitto e dell'accumulazione. E poi, credo che questa possibilità diventi probabilità e certezza a causa del capovolgimento della logica sociale complessiva e di una nuova antropologia in un diverso contesto di relazioni socio-produttive.
Nel corso storico concreto, non quello tendenziale o, spesso, immaginario, il socialismo non è qualcosa che si instaura istantaneamente e contemporaneamente in tutto il mondo. Questa aspettativa messianica è pura fantasia infantile. Le rivoluzioni e i regimi socialisti si sono presentate perlopiù nell'anello debole e in un contesto mondiale prevalentemente capitalistico. Da ciò la necessità di resistere all' accerchiamento e all'egemonia capitalistica, non solo militare. Anche da questo fatto, non solo da una necessità intrinseca al socialismo moderno, la necessità di elevare le forze produttive e di guardare alla quantità. Le visioni idilliache del processo storico e del socialismo sono prive di ogni fondamento. Il processo storico è una lotta strenua; non è una passeggiata asettica e pulita, ecologica, e, purtroppo, questa lotta è sporca. Chi non è disposto a lottare nelle condizioni che gli si presentano in realtà non vuole fare niente, tranne ipocrita moralismo, e intimamente è un conservatore che vuole mantenere l'esistente, ossia, il dominio capitalistico e la sua logica distruttiva. Vuole mantenere il suo piccolo privilegio di classe, piccolo o medio borghese, eliminando gli "inconvenienti" collaterali: ecco da dove scaturisce la logica pragmatica della correzione "verde" del sistema capitalistico in tanto ambientalismo (ciò non vuol dire che non bisogna adottare anche misure correttive immediate nell'attuale sistema, soprattutto se si tratta di misure che tendono a fuoriuscire dal sistema. Essendo, però, coscienti, che senza la conquista del potere tali misure non scardineranno mai il sistema. Le misure di capitalismo "verde" non contrastano il sistema, ma creano solo un altro settore di mercato e approfondiscono le differenze di classe).
Infine, se si confrontassero i dati sui consumi energetici, il consumo di risorse e i disastri ambientali tra regimi capitalistici e regimi socialistici non credo che sarebbero equivalenti.
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Andrea
Saturday, 05 October 2019 16:59
Quoting Mario Galati:
Quando gli studenti di ekain chiedono "tattiche e strategie" per risolvere il problema ambientale, non sarebbe bene dire che non esistono scorciatoie e indicare loro la lotta di classe come unico mezzo per superare il capitalismo e costruire il socialismo? E indicare il socialismo come unico sistema che può dare soluzione al problema?
È necessariamente la forma delle relazioni sociali che media tra umanità e natura. Se invece si rifiuta l'antroponcentrismo marxiano e i più alti risultati della filosofia idealistica in esso assorbiti, questa prospettiva socialista è solo un flatus vocis e può venir sostituita da un minestrone naturalistico, moralistico e giuridico perfettamente interno al postmoderno capitalistico, identitario "plurale" ed eclettico.
Si mettono insieme la despecificazione, il consumo critico, la decrescita "felice", il modello resistenziale indigeno, gli strumenti fiscali incentivanti e disincentivanti, la via giuridica del normativismo moralistico attraverso il "riconoscimento di diritti" (addirittura delle piante o degli enti naturali. Ma almeno si sa che un "diritto", sul piano giuridico, non è altro che una pretesa azionabile dal soggetto che ne è portatore? Mi si dovrebbe spiegare come farebbe una quercia a rivolgersi ad un tribunale); ma di tutto si parla meno che dell'indefettibile presupposto per decidere produzioni non distruttive che rispondano solo ai bisogni sociali e non alla logica onnivora del profitto: l'autogoverno dei produttori sulla base della proprietà collettiva dei mezzi di produzione (che non è un modello semplicemente "economico" e non può scaturire se non che da un processo di superamento dialettico del capitalismo. Ciò che presuppone necessariamente la lotta di classe. A meno che non si intendano per socialismo forme comunitaristiche arretrate o, persino, reazionarie).
Oltre una società "antropocentrica" (nel senso di società armonica e non violenta con il resto del mondo naturale, non nel senso che l'uomo non sia più il centro della sua stessa vita, che sarebbe un assurdo sul piano teorico filosofico e sul piano morale) si può andare solo attraverso una nuova formazione economico-sociale e una nuova antropologia che, a sua volta, può formarsi soltanto entro una formazione economico-sociale diversa (socialismo e comunismo). Il resto è gingillo o ipocrisia. Basti pensare ai "miti" monaci tibetani che rispettavano le formiche e opprimevano ferocemente i contadini. Loro la despecificazione l'avevano già realizzata.
Che, poi, il mezzo per pervenire al socialismo, la rivoluzione, debba far riferimento ai microbi e non al proletariato mi lascia come minimo perplesso. E non credo che se Marx o Lenin, per superare il capitalismo, avessero usato di più il microscopio e meno l'economia e la filosofia avrebbero indicato le tattiche rivoluzionarie microbiche al posto delle lotte di classe del proletariato.


Certo, bisogna prender atto, che l'aneddotica e e la storiografia non supportano le sue proposte. Se anticapitalismo deve essere, va ristudiato. E bene.
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Paolo Selmi
Saturday, 05 October 2019 16:49
Cari compagni e sodali (in quanto vedo in ciascuno degli intervenuti la stessa preoccupazione per le sorti di questo pianeta),
provo a dare un piccolo contributo a questa discussione.

Parto prima da Mario. Non è un puntiglio storiografico, ma penso che abbia MOLTA attinenza rispetto a quanto discusso finora.
Le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki rappresentarono uno spartiacque nella storia di questo essere antropomorfo chiamato uomo: per la prima volta poteva, e nel giro veramente di poco, autodistruggersi.
Il poco giapponese appreso in Università mi ha portato a navigare sul sito dei musei delle due rispettive città:
lo Hiroshima heiwa genbaku kinen shiryōkan (広島平和記念資料館 http://hpmmuseum.jp/) e il Nagasaki genbaku shiryōkan (長崎原爆資料館 https://nagasakipeace.jp/)
Hanno anche una versione in inglese.
La TV di Stato giapponese NHK ha un'intera pagina dove raccoglie tutti i servizi e dossier pubblicati sull'argomento: https://www.nhk.or.jp/archives/shogenarchives/no-more-hibakusha/library/bangumi/
Per esempio, le 54 foto scoperte nel 2015 in un faldone del NARA (National Archives and Records Administration) dove compaiono i volti di persone uccise due volte, prima allo scoppio della bomba, a cui sopravvissero e poi, negli anni successivi, come cavie umane presso il laboratorio di ricerca sugli effetti a lungo termine delle radiazioni (放射線影響研究所 https://www.nhk.or.jp/archives/shogenarchives/no-more-hibakusha/library/bangumi/ja/186/).
Un altro filmato, invece, ci parla sempre di queste persone morte due volte, questa volta per la colpevole assenza di qualsiasi aiuto psicologico e materiale, per ben 10 anni: "i dieci anni di vuoto delle vittime dell'atomica" (被爆者 空白の十年). Pregiudizi e ignoranza, emarginazione, predominarono per dieci anni, in una realtà come quella giapponese dove i confini fra "puro" e "impuro" (hare 晴れ e kegare 汚れ) ricordano, molto da vicino, l'antica concezione giudaica di purezza riscontrabile ancora oggi sfogliando le prescrizioni sull'argomento di cui è pieno, per esempio, il Levitico (una pagina veramente ben fatta l'ho trovata qui: http://www.mariannazanetta.com/2016/10/13/kegare-guest/ con una citazione illuminante, in questo senso, di Mary Douglas, Purity and Danger. An Analysis of Concepts of Pollution and Taboo - per inciso, un abbraccio e un immenso ringraziamento a distanza al Prof. Massimo Raveri e all'eccezionale lavoro da lui svolto in questi trent'anni a Venezia). Nel 2007, questa vergognosa verità cominciò a venire a galla, da cui il filmato che segue: https://www.nhk.or.jp/archives/shogenarchives/no-more-hibakusha/library/bangumi/ja/164/
Torniamo ai fatti di quell'agosto terribile. Le due bombe atomiche sganciate erano ancora rudimentali, rispetto al potenziale attuale (vengono usate come riferimento per esprimere oggi quanto siamo "avanti"... sei volte, dieci volte, quelle bombe, ecc.)
Diciamolo pure, la parte "radioattiva", nel danno inflitto, non era predominante, in quel mix mostruoso per cui, ancora oggi, gli americani non hanno ancora chiesto scusa ai giapponesi (e non la chiederanno mai, così come non chiederanno mai scusa per l'uranio impoverito disseminato nei Balcani, ecc.). Per la precisione, parliamo di:
– Blast (50%)、Heat (35%)、Radiation (15%)
https://humanhealth.iaea.org/HHW/RadiationOncology/RadiationBiology/Biological_Dosimetry/Biodose-21/13.pdf
Questa presentazione del Dott. Kotaro OZASA, del RERF (Radiation Effects Research Foundation) di Hiroshima alla AIEA, è molto utile per trattare il tema successivo.
I primi due effetti sono "sostituibili" con "bombardamenti a tappeto con bombe incendiarie", ma l'ultimo? A p. 14 del lavoro di Ozasa troviamo un grafico che descrive l'andamento dei fenomeni leucemici e oncologici negli anni successivi allo scoppio della bomba:
• Leukemia began to increase a few years after the exposure, then decreased
• Other cancers began to increase around ten years or later and the increased risks continue throughout the life

Sempre Ozasa, pagina dopo: "The risk of leukemia peaked within 10 years after the bombings, especially higher in people who were exposed at young age (e.g., around 70-times in those who were 10 years of age at exposure, but around 10 times in those 20 years of age and almost none in those 30 years or older at exposure)"

Parlando dei tumori solidi, più avanti afferma: "Risk of mortality/ incidence of all solid cancer increased at the level of 40 to 50% of unexposed people among those at age 70 after exposure at age 30"

In un altro documento, per esempio, si afferma come i "solid cancer risks remain elevated more than 60 years after radiation exposure. " (Solid cancer incidence among the Life Span Study of atomic bomb survivors: 1958–2009 https://www.rerf.or.jp/library/rr_e/rr1605.pdf)

Tutti gli studi del RERF sono liberamente scaricabili (previa registrazione, e in due lingue)
https://www.rerf.or.jp/en/library/data-en/
https://www.rerf.or.jp/library/data/

In altre parole, le bombe furono veramente "atomiche" e i loro effetti sono riscontrabili, purtroppo, ancora oggi.

Questo ci conduce a un secondo punto, che riguarda da vicino la discussione in corso fra noi, su questa pagina.

Lasciamo perdere il discorso che tale, immane, catastrofe, non è servita neppure di lezione all'oggi, per la questione del disarmo, parola sotterrata sotto tre metri di terra insieme, per esempio, a un trattato del 1987 (Договор о ликвидации ракет средней и меньшей дальности (ДРСМД, РСМД) Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty, IRNFT)) fra le due superpotenze di allora.
Facciamo finta che non ci stiamo riarmando, e peggio di allora, e con un numero di attori superiore a quello di allora.

Torniamo alla questione ecologica, e a questo "turbocapitalismo e ciclo produttivo... di rifiuti". Non ripeto quanto già ebbi modo di scrivere qualche anno fa e che, peraltro, CONCORDA con tutto quanto affermato finora (https://www.sinistrainrete.info/teoria/12764-paolo-selmi-appunti-per-un-rinnovato-assalto-al-cielo-iii.html?highlight=WyJzZWxtaSIsInR1cmJvY2FwaXRhbGlzbW8iXQ==)

In tutto quel lavoro (https://www.academia.edu/37305627/Riportando_tutto_a_casa._Appunti_per_un_nuovo_assalto_al_cielo), peraltro, di cui quella puntata costituiva un capitolo, la tematica ecologica era una caratteristica molto presente nella critica all'attuale modo capitalistico di produzione.

A questo punto, ekain, tu poni delle domande non da poco!
"Che cosa ha da dire la sinistra su questo e sulle tattiche microbiche rivoluzionarie?" Ci si può muovere "nella direzione di tale "sostituzione""? "Siamo abituati a criticare e lasciare i lettori senza opzioni: il capitalismo deve essere sostituito, come? Quali parti di esso? Accumulazione del surplus, proprietà privata, un'economia basata sul mercato, distribuzione del surplus?"

Io, francamente, in un sistema a proprietà privata (o mista) dei mezzi di produzione, dove è impossibile pianificare alcunché, ma tentare, tutt'al più, di "programmare" obbiettivi a breve termine agendo su leve dirette o indirette dell'economia, non vedo via d'uscita. Se la legge fondamentale che governa tale modo di produzione è, e così è, il profitto, le 16 maggiori al mondo navi portacontenitori continueranno a inquinare più di tutto l'attuale parco autoveicoli mondiale messo assieme. Di conseguenza, oltre alle emissioni per il trasporto, avremo anche le emissioni per avere imballi idonei a sostenere trasporti per oltre 10.000 km per merci comuni che, in altro modo di produzione, potrebbero e dovrebbero essere disponibili "a km zero". In questo senso, il codice Y923 da introdurre sulle bollette doganali per gran parte delle voci doganali (Prodotto non soggetto alle disposizioni del regolamento (CE) n. 1013/2006 (GUCE L 190) (Y923) legge sui rifiuti), è una dichiarazione ipocrita, visto che immediatamente dopo l'acquisto avremo lo smaltimento immediato di rifiuti dati da cartoni più spessi, imballi di plastica, regge, libretti di carta in diciotto lingue, il tutto per un volume di un contenitore maggiore di venti volte rispetto al contenuto (nel calcolo al cubo, si fa in fretta ad aumentare le proporzioni...). Rifiuti non richiesti, ma dovuti altrimenti la merce non potrebbe né essere trasportata riducendo il danno, né importata secondo le direttive comunitarie. Rifiuti di cui nessuno parla, insieme alle navi che arrivano piene a Genova e partono mezze vuote, all'inquinamento di cui sopra, ecc.

Ho il difetto di essere ancora comunista, e di vedere una prospettiva con un'aspettativa minima di successo in un sistema a proprietà sociale dei mezzi di produzione e a gestione pianificata degli stessi. Se la legge che governa tale modo di produzione NON è più il profitto, ma il soddisfacimento dei bisogni sociali, allora certi indicatori come il PIL passano in secondo piano, seguendo la riproduzione allargata della merce altre dinamiche che comportano, per esempio, riconversione di apparati produttivi senza impattare sui posti di lavoro esistenti, magari aggiungendone, ecc. E in questo, la questione ecologica DOVREBBE svolgere un ruolo di orientamento decisivo. Un ruolo che, abbiamo già visto, nell'attuale modo di produzione è improponibile, nei fatti.

Un caro saluto.
Paolo Selmi
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Andrea
Saturday, 05 October 2019 16:45
Anche solo commentare un articolo così ben argomentato e fitto o di dati di prima mano, o di fondati rimandi bibliografici, risulta veramente arduo (e forse in questo caso anche poco utile). Per amore di argomento, però, qualche osservazione mi piacerebbe farla. Se non ho compreso male (ovviamente taglio con l’accetta e semplifico) mi sembra che la tesi di fondo sia il prendere atto di una impossibilità, o meglio una illogicità, di contrastare il climate change (sempre che esso sia dovuto a cause antropiche) all’interno del sistema capitalista, in quanto quest’ultimo, per costituzione e funzionamento, impedisce da un lato l’esistenza di qualsiasi processo che possa minarne le fondamenta, dall’altro utilizza ogni elemento di quel processo a proprio favore, ovvero per il suo fine ultimo: l’accumulazione. Pertanto, l’unica maniera di affrontare il problema è ristrutturarne completamente il contesto. E l’unica ristrutturazione possibile, nel nostro caso, sarebbe l’opzione anticapitalista. A questo punto potrebbe essere interessante una messa punto, anche sommaria, di come potrebbe configurarsi un sistema non capitalistico capace (o per sua natura o per vera e propria volontà) di frenare e di arrestare la degenerazione climatica, che si differenzi dai modelli reali fino ad ora esistenti, di stati ad indirizzo non capitalistico, che hanno non solo fallito, ma hanno prodotto effetti disastrosi sulle popolazioni, oltre che essere grandi inquinatori. Mi par di capire che se un tale modello, diciamo per ipotesi (o per magia), venisse imposto anche solo agli USA ci sarebbero moltissime possibilità che le guerre abbiano fine e, a catena, che le dittature e cripto-dittature mondiali diventassero più virtuose (dato che non avrebbero più il contrasto naturale, cioè gli americani siano essi cattivi quando governati dalla destra o buoni quando governati dalla sinistra). Di conseguenza le emissioni calerebbero e il clima si stabilizzerebbe. Certamente, il nuovo modello non può certo essere plasmato sulle proposte semi-serie di Acemoglu-Robinson di Perché le nazioni falliscono (pur riconoscendo ovviamente il valore dei due studiosi), o simili. Forse, la “debole” forza di Greta sta proprio nel non criticare i grandi problemi (che sicuramente stanno alla base del climate change, questo non voglio negarlo) che sono espressi nel suo acutissimo articolo, perché almeno per ora l’azione da parte dei giovani va fatta all’interno del sistema vigente. Il pericolo che il sistema stesso li fagociti (ed anzi li usi per riprodurre se stesso) è grande, ma già il fatto che esso venga messo alla prova, penso sia un segnale positivo. Uscire dalle scuole e dalle case e rendere chiaro a tutti che c’è un problema, al di là delle mille contraddizione dei giovani studenti, mi sembra un buon inizio.
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Mario Galati
Saturday, 05 October 2019 15:12
Quando gli studenti di ekain chiedono "tattiche e strategie" per risolvere il problema ambientale, non sarebbe bene dire che non esistono scorciatoie e indicare loro la lotta di classe come unico mezzo per superare il capitalismo e costruire il socialismo? E indicare il socialismo come unico sistema che può dare soluzione al problema?
È necessariamente la forma delle relazioni sociali che media tra umanità e natura. Se invece si rifiuta l'antroponcentrismo marxiano e i più alti risultati della filosofia idealistica in esso assorbiti, questa prospettiva socialista è solo un flatus vocis e può venir sostituita da un minestrone naturalistico, moralistico e giuridico perfettamente interno al postmoderno capitalistico, identitario "plurale" ed eclettico.
Si mettono insieme la despecificazione, il consumo critico, la decrescita "felice", il modello resistenziale indigeno, gli strumenti fiscali incentivanti e disincentivanti, la via giuridica del normativismo moralistico attraverso il "riconoscimento di diritti" (addirittura delle piante o degli enti naturali. Ma almeno si sa che un "diritto", sul piano giuridico, non è altro che una pretesa azionabile dal soggetto che ne è portatore? Mi si dovrebbe spiegare come farebbe una quercia a rivolgersi ad un tribunale); ma di tutto si parla meno che dell'indefettibile presupposto per decidere produzioni non distruttive che rispondano solo ai bisogni sociali e non alla logica onnivora del profitto: l'autogoverno dei produttori sulla base della proprietà collettiva dei mezzi di produzione (che non è un modello semplicemente "economico" e non può scaturire se non che da un processo di superamento dialettico del capitalismo. Ciò che presuppone necessariamente la lotta di classe. A meno che non si intendano per socialismo forme comunitaristiche arretrate o, persino, reazionarie).
Oltre una società "antropocentrica" (nel senso di società armonica e non violenta con il resto del mondo naturale, non nel senso che l'uomo non sia più il centro della sua stessa vita, che sarebbe un assurdo sul piano teorico filosofico e sul piano morale) si può andare solo attraverso una nuova formazione economico-sociale e una nuova antropologia che, a sua volta, può formarsi soltanto entro una formazione economico-sociale diversa (socialismo e comunismo). Il resto è gingillo o ipocrisia. Basti pensare ai "miti" monaci tibetani che rispettavano le formiche e opprimevano ferocemente i contadini. Loro la despecificazione l'avevano già realizzata.
Che, poi, il mezzo per pervenire al socialismo, la rivoluzione, debba far riferimento ai microbi e non al proletariato mi lascia come minimo perplesso. E non credo che se Marx o Lenin, per superare il capitalismo, avessero usato di più il microscopio e meno l'economia e la filosofia avrebbero indicato le tattiche rivoluzionarie microbiche al posto delle lotte di classe del proletariato.
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ekain
Saturday, 05 October 2019 13:48
prova a risponderti, e premetto che il mio fine non è quello di difendere Greta, non mi interessa e d'altra parte no ne ha bisogno. Il mio fine era solo dire quello di provare a scrivere quello che penso e discuterne. Tu scrivi: ''Non mi consta che il professor Moore sia stato ricevuto dal segretario dell'ONU, dal papa, da Macron, dal Parlamento Europeo, eccetera eccetera. Non mi consta neppure che tutti i media mainstream ne abbiano parlato quotidianamente per mesi e mesi.''
Certo, qui non siamo al livello di fenomeni di massa, carichi di contraddizioni. Certo che né il professor Moore né gli altri studiosi che si occupano in maniera seria di clima e del fenomeno della sesta estinzione o meglio, secondo me, del Necrocene, verranno mai accolti dal papa o da Obama. (O forse dal papa sì, chi lo sa.. :- ) E per fortuna, dico io. Sappiamo che bene che le leggi contro gli attivisti e i protettori ambientali diventano sempre più dure, che difendere l' ambiente è mettersi contro gli stati e un sistema economico talmente pervasivo che facilmente si dimentica che è un sistema economico storicamente determinato, che ha caratterizzato quest ultimi secoli, ma non è l' unico, né è stato l'unico negli ultimi tre secoli. https://theintercept.com/2019/10/04/dakota-access-pipeline-sabotage/?fbclid=IwAR1DJ1pzeVDPuxi0IQ5mbFSt-Ps9RSjsiE0afp7KcsSi-7-QDuLZuMKzxb4&fbclid=IwAR0IXevhz8CRTN5j2Zrg91bLk-BJKPHBUgJStvGy-ziQMUg57lt6veJuQ6Q, sappiamo quanti difensori della terra vengono uccisi per conto dei vari governi un po' ovunque, e che la lotta per l'ambiente è diventata una guerra o meglio una guerriglia, contro lo sterminio sistematico che ogni momento ad un ritmo insostenibile sta divorando le ultime risorse del pianeta. Chi fa lotta ambientale ha contro i governi, lotta contro le leggi di quei governi, contro il sistema capitalismo (e anche spesso contro chi lo subisce ma che da questo trae la propria sussistenza), contro gli eserciti la polizia e gli squadroni privati pagati dalle multinazionali e dai governi, è un fuorilegge, e sappiamo anche che non esiste un strategia di lotta che possa frenare il neoliberismo. Non è nemmeno più questione di lotta di classe, perché qui si tratta di estendere i diritti che piano piano vengono tolti anche agli esseri umani, (almeno a quelli che prima erano tutelati da quei diritti, dato che molti popoli e persone sono ancora considerati di fatto dei non-umani, dunque non hanno mai nemmeno goduto di quei diritti e di quelle tutele), ai territori, ai fiumi e agli animali....''La politica di sinistra dominante fallisce, tuttavia, non portando la critica abbastanza lontano, murando l'analisi delle relazioni interne alla specie.''
Qui cito Jody Emel, Graduate School of Geography, Clark University, Worcester, MA:
che sta parlando del problema di '''associare la conservazione a aspetti sociali, ambientali, e di giustizia economica per raggiungere ciò che Dawson chiama "conservazione radicale". Ma come possiamo raggiungere questo obiettivo?''
Sempre Jody Emel: 'Mi viene in mente il "crudele ottimismo" di Berlant (2011). Ha scritto su come le persone preferiscono "cavalcare l'ondata di attaccamento a cui sono abituati" piuttosto che "interferire con le varietà di immiserazione" (23). Tuttavia, penso anche alle pratiche di vita quotidiana di de Certeau (1984) che si riappropriano dello spazio "organizzato dalle tecniche di produzione socioculturale" e alle tattiche microbiche (revolutionary microbial tactics) che possono riorganizzare, in definitiva, istituzioni e sistemi più grandi. Che cosa ha da dire la sinistra su questo e sulle tattiche microbiche rivoluzionarie? Per anni, i marxisti hanno criticato l'ambientalismo come un prodotto non necessario del pensiero e dell'azione della classe media. L'etica del consumatore è stata criticata; la semplicità volontaria è stata criticata; l'economia ecologica e le economie di stato stazionario (leggi più piccole) furono criticate; l'attivismo per i diritti degli animali è stato criticato, e ora c'è un sostegno alla conservazione radicale, alla decrescita, alla ridistribuzione delle tasse e così via. Quanto sono diversi gli obiettivi di questi gruppi? D'accordo, l'aspetto della giustizia sociale, ambientale ed economica a volte mancava alla politica dei gruppi criticati. Finché gli attivisti mantengono contemporaneamente in mente e in pratica questi obiettivi, possiamo essere tutti nella stessa squadra
Tuttavia, come possiamo raggiungere il più grande obiettivo di sostituire il capitalismo con qualche altro sistema economico più giusto, ecologicamente corretto e amico degli animali? Gibson-Graham (2006) e gli altri soggetti coinvolti nelle alt-economy si muovono nella direzione di tale "sostituzione". Crescere qualcosa al di là del capitalismo è un modo che gli anarchici e altri sostengono e praticano. Morton (2016) ha scritto in Dark Ecology che il marxismo è stato ostacolato dall'antropocentrismo. Ha sostenuto piccoli esperimenti che si uniscono ad altri esperimenti: li ha chiamati "giocattoli". Ha sostenuto che "siamo pigramente abituati alla nostra ontologia che arriva con un'etica o una politica facile da discernere, a scatto e viceversa, piuttosto che come pezzi di Lego complessi che dobbiamo assemblare ”(Morton 2016, 143). Come Guthman (2004) ha avvertito, tuttavia, le società e le loro pratiche stanno ancora andando forte, indicando l'azione basata sullo stato come una necessità per realizzare un cambiamento su vasta scala. Scriviamo lettere a Congresso al Parlamento? Votare e candidarsi per l'ufficio? Praticare l'etica del consumatore e la semplicità economica? Unirsi alle organizzazioni che stanno già lavorando per apportare cambiamenti istituzionali? Cosa fare con lo stato è un grosso problema per la strategia e le tattiche a sinistra. Possiamo ignorare lo stato con economie alternative; non possiamo ignorare lo stato se vogliamo cambiare i sistemi di produzione e distribuzione, accordi commerciali, accordi sul clima, sussidi energetici, fiscalità, giustizia per animali umani e non umani, migrazione e così via.
Penso che siamo abituati alle nostre ontologie e teorie della cultura senza un'etica o una politica istantanee. Siamo abituati a criticare e lasciare i lettori senza opzioni: il capitalismo deve essere sostituito, come? Quali parti di esso? Accumulazione del surplus, proprietà privata, un'economia basata sul mercato, distribuzione del surplus? Sembra ovvio che è necessaria una riduzione dei consumi e della produzione. Sembra ovvio che l'agricoltura industrializzata e intensiva (come opposta all'agro-ecologia) debba essere drasticamente scoraggiata (attraverso la tassazione dell'uso di pesticidi? Attraverso la tassazione progressiva della grande proprietà terriera?). Sembra ovvio che noi (nel Nord del mondo) dobbiamo abbandonare i combustibili fossili il prima possibile (attraverso sussidi alle energie rinnovabili). Abbiamo bisogno di un manifesto di solidarietà come il LEAP Manifesto canadese con obiettivi e strategie specifici per raggiungerli.
Penso che la sinistra conosca abbastanza bene il problema. I miei studenti conoscono abbastanza bene il problema. Ciò che vogliono ora sono strategie e tattiche per risolverlo o mediarlo. Il primo passo è costruire la solidarietà e smettere di criticare i nostri amici e alleati. Non sono nemici. Come accademici e scrittori, il nostro compito è ora quello di offrire soluzioni, incluso il modo di affrontare efficacemente un capo del governo (e sostenitori) pericoloso, pirata, razzista e sessista, se viviamo negli Stati Uniti. Dobbiamo svolgere il complesso lavoro di demolire le cose e ricostruirle con obiettivi di sostenibilità ecologica, diritti umani, diritti degli animali e le molteplici forme di giustizia che la sinistra abbraccia. "Noi" siamo lavoratori socialisti, attivisti per i diritti umani, ambientalisti, attivisti della Black Lives Matter, attivisti diversamente abili, seguaci della semplicità volontaria, femministe, attiviste per i diritti degli animali da allevamento, attiviste per i diritti transgender e così via: "noi" siamo molti e è una buona cosa, poiché c'è un'enorme quantità di lavoro da fare!'' eccetera eccetera...Tratto da https://www.researchgate.net/publication/328235856_Extinction_A_Radical_History
Detto questo, personalmente sempre mi stupisco dell'accanimento contro Greta, che a me se mai fa più pena che altro, perché partendo da una giusta intuizione e da idee incontestabili, si sta impantanando e viene sempre più intrappolata dentro le ruote dentate di quel sistema onnivoro che lei stessa vorrebbe accusare, o peggio ancora portare sulla retta via...Ma forse anche lei lo sa che non c'è nessuna strategia di lotta contro il neoliberismo, e comunque Greta non è il problema.
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Franco Trondoli
Saturday, 05 October 2019 11:27
"Nutro non solo sospetti, ma ho una reale paura nei movimenti creati dall'alto". Sig. Pagliani ha ragione. Quando gli stessi che conducono la società umana nelle attuali condizioni si mettono alla testa dei movimenti che dovrebbero cambiarla c'e' veramente qualcosa di molto profondo che non si capisce, sicuramente al livello delle persone "comuni". Me compreso ovviamente. Quando il "potere" ti usa adoperando i tuoi possibili argomenti, forse vuol dire che esso e' ormai sicuro di avere sotto controllo il "cervello" delle persone. Questo la dice lunga quali tipi di complessi meccanismi economico-sociale ed pisco-fisici consci e incosci regolino ormai le intere relazioni sociali. Vuol dire che sanno che il movimento che mettono in campo e' maturo per portar loro "vantaggi e profitti" di tutti i tipi. Una società diabolicamente "distopica", si chiama cosi ?, viene progressivamente creata e diretta verso il trionfo assoluto del capitalismo nel mentre si procede per altro verso alla distruzione scientifica del genere umano. Non e' il massimo convivere con queste prospettive. Grazie infinite Caro Sig. Pagliani. Continui a proporre le Sue colte ed umane riflessioni. In bocca al lupo.
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Mario M
Saturday, 05 October 2019 10:49
Un altro episodio del teatro mondiale del falso si è coagulato intorno alla figura di Greta. Il primo episodio riguardava l'olocausto nucleare con le false bombe su Hiroshima e Nagasaki, già distrutte da convenzionali bombardamenti a tappeto con bombe incendiarie. Il teatro del falso è proseguito con i viaggi spaziali, impossibili con l'attuale tecnologia. Infine, prima di Greta, il teatro del falso in mondovisione ha mandato in scena i terroristi arabi per far crollare le Twin Tower, già ben confezionate con esplosivo.

Non c'è bisogno di particolari investimenti finanziari per realizzare impianti di produzione da rinnovabile. Una tecnologia poco costosa, inferiore perfino al petrolio, per il rinnovabile è già stata dimostrata nel 2006-8, e uno dei progetti più all'avanguardia è stato concepito proprio in Italia, con il KiteGen, e varianti meno efficienti si sono diffuse in Europa. Le risorse e gli investimenti in questo caso sono piuttosto... intellettuali, e queste mancano, perché controllare in volo un aquilone di potenza, farlo decollare, e farlo ciclare in su e in gù, da 500 a oltre 1000 metri, è un'impresa da far tremare le vene ai polsi dei tecnici. Purtroppo i progetti rischiano di naufragare per dissidi interni, per la perniciosa mentalità finanziaria e di mercato che ha corrotto l'ambiente che ha ruotato attorno al progetto.
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Trifone
Friday, 04 October 2019 22:27
Concordo con molte osservazioni dell'articolo, ma c'è un fenomeno nuovo per cui questi giovani finalmente si mobilitano ed escono di casa e da scuola. E questo ci deve rallegrare.
Vero che ci sono molti avvoltoi pronti a saltar loro addosso, ma questo movimento non si può nemmeno vedere solo teleguidato (come tanto complottismo di sinistra fa).
Il consiglio di parlarci mi pare il più sensato accompagnandolo con la speranza che la loro lotta si radicalizzi e non si afflosci.
Nella mia città, Firenze, il movimento FFF mi pare molto maturo e cosciente che, senza anticapitalismo, l'ambientalismo è solo giardinaggio
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Piero Pagliani
Friday, 04 October 2019 21:53
Il concetto di “Capitalocene” è stato introdotto dal Jason Moore, un allievo del compianto Giovanni Arrighi. E' un concetto importante e oltre al suo “Antropocene o Capitalocene?” (Ombre Corte) suggerisco anche il chiarissimo e a mio avviso ancor più fondamentale “Ecology, capital, and the nature of our times: accumulation & crisis in the capitalist world-ecology” che si trova nel journal dell' “American Sociological Association”, Vol. XVII, N. 1, 2011, pp. 107-146.
Non mi consta che il professor Moore sia stato ricevuto dal segretario dell'ONU, dal papa, da Macron, dal Parlamento Europeo, eccetera eccetera. Non mi consta neppure che tutti i media mainstream ne abbiano parlato quotidianamente per mesi e mesi.
Lei, signor o signora Ekain, verso la fine del suo commento riporta alcuni concetti molto seri di Justin McBriench e afferma: “Nessuno lo nega, nemmeno Greta”. Io penso che Greta non neghi quanto affermato da Justin McBriench perché non conosce nulla della tematica toccata da lui, o da Moore o Ashley Dawson. Non credo nemmeno che la giovane Greta abbia ben in testa i concetti di “capitalismo” e di “accumulazione”. E penso che è per questo che è glorificata. Glorificata proprio da quella che apparentemente dovrebbe essere la sua controparte. E' paradossale ma, se ci pensa, è così.
Nessuno che osasse coniugare “capitalismo” e “cambiamenti climatici” e men che meno “imperialismo” (ovvero guerre e apparati militari) e “cambiamenti climatici” verrebbe, non dico glorificato, ma nemmeno proposto per l'ascolto dai grandi media mainstream.
Quel che le élite vogliono è che, per l'appunto, “si continui a parlare di cambiamenti climatici in modo così vago”. Quel che non si capisce è perché lei imputi a me (o a un non meglio identificato “voi”) di farlo. Se si sta rivolgendo a me le rispondo: Non è forse chiaro che quando parlo della contraddizione tra ecologia e accumulazione senza (un) fine sto proprio parlando di capitalismo?
Se si rivolge agli autori degli altri articoli su questo tema pubblicati su Sinistrainrete, beh, anche in questo caso non capisco perché.

Piero Pagliani
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ekain
Friday, 04 October 2019 19:13
correggo il refuso: 'Gli studiosi più lucidi definiscono questo periodo storico Necrocene.''
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ekain
Friday, 04 October 2019 17:17
ma perché continuate a parlare di cambiamenti climatici in modo così vago? Tutti gli studiosi seri dell'ambiente e del clima, in qualsiasi parte del mondo, dicono chiaramente che siamo entrati nella sesta estinzione di massa ad opera dell'uomo o meglio, chiamano l'era in cui siamo Capitalocene, perché sia chiaro che chi l'ha causata è :il sistema economico che da più di 300 anni ha imposto il suo modello di produzione al mondo: il Capitalismo
. Lo sanno bene e lo sa bene anche Greta che non è scema. Ma tutti ci siamo dentro, noi come Greta, è non è facile uscirne...Gli studiosi più lucidi definiscono questo periodo storico Nercocene. la morte accelerata di ogni forma di vita sulla terra per il profitto di una minoranza di attori economici, un' elite per lo più bianca, ma nemmeno i cinesi scherzano in quanto a capitalismo necrofilo...... Si sa, solo noi italiani ci ostiniamo a fare finta di non vedere e non sapere che nelle università e nei centri di ricerca americani e non solo, parlano di Marx e riattualizzano il suo discorso in chiave ambientalista, andando naturalmente oltre il suo antropocentrismo che gli deriva dall'influenza di Hegel e del secolo in cui è vissuto. Nessun ambientalista serio nega che i danni della sesta estinzione derivano dal sistema economico che ha dominato negli ultimi secoli. Naomi Klein, lo scrive e lo ripete nel suo ultimo libro, Una rivoluzione ci salverà; la stessa Klein che elogia e incoraggia Greta e il suo messaggio così controverso ...
Nel suo libro Extinction, a Radical History, Ashley Dawson, del Princeton Environmental Institute, Princeton University, Princeton, NJ, sostiene che la crisi dell'estinzione contemporanea è il risultato dell'attacco incessante del capitalismo ai beni comuni globali per circa 500 anni. L' Estinzione deve essere "definita chiaramente come un "attacco alla ricchezza comune del pianeta", proprio come i cambiamenti climatici - un "limite delle contraddizioni del capitalismo contemporaneo" (p. 19). Il capitalismo produce estinzione in virtù della sua stessa logica, un processo di replicazione metastatica che richiede che "le persone siano i distruttori del loro ambiente" (p. 77). Dawson ci mostra come l'ecocidio e il genocidio siano lo stesso processo, collegati attraverso lo sviluppo della sesta estinzione della vita sulla terra sotto l'egida dell'accumulazione di capitale (p. 124)
"Estinzione: una storia radicale" illumina una delle domande più cruciali della nostra crisi contemporanea: in che modo il capitalismo è stato in grado di capitalizzare costantemente le proprie catastrofi? La relazione del capitale con l'estinzione è dialettica: l'annichilimento della biodiversità "rappresenta una minaccia diretta alla riproduzione del capitale", eppure allo stesso tempo questo annientamento presenta al capitalismo una nuova opportunità di crescita ...Non è semplicemente lo sfruttamento delle risorse che sta guidando l'estinzione: il capitale ora "considera la crisi dell'estinzione come un'opportunità per rastrellare la commodificazione della vita stessa" (p. 119). ....La crisi di estinzione è anche una crisi di energia: il tasso metabolico di accelerazione dell'accumulazione del capitale arriva al prezzo di una dissipazione entropica accelerata delle condizioni ecologiche necessarie per la sua continua riproduzione. Dawson ha ragione nel dire che la Exxon e altri estrarranno l'ultima oncia rimanente di valore dalla terra anche se ciò significasse la sua totale distruzione (p. 137).Ma non c'è motivo di credere, come afferma Dawson, che stiamo assistendo alla crisi terminale del capitalismo se il capitale stesso procede sfruttando l'estinzione. ...''commento di Justin McBrien, Department of History, University of Virginia, Charlottesville, VA
Nessuno lo nega, nemmeno Greta, Nemmeno la Klein, si sa.
''Il capitale è nato dall'estinzione, e dal capitale l'estinzione è scaturita. Il capitale non solo deruba il suolo e il lavoratore, come osserva Marx, ma necrotizza l'intero pianeta. Ecco una "frattura metabolica" (Foster 2000) - tra terra e lavoro - guidata dalle contraddizioni dell'accumulo infinito. Quell'accumulo non è solo produttivo; è necrotico, sviluppa una lenta violenza, occupa e produce temporalità storiche, biologiche e geologiche sovrapposte. Il capitale è la sesta estinzione personificata: festeggia con i morti e, nel farlo, divora tutta la vita.'' Justin McBrien
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