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Chi si è arricchito con la Grecia e come

di Alberto Bagnai

(un post telegrafico della serie “pe’ malati c’è la china...”, o, forse, speriamo, della serie “forse non tutti sanno che”. Rimango debitore di risposte a marco e marco, la darò, ma qui si segue il principio “facit indignatio”, e quello che sto per dire serve anche a voi)

Sul blog  Voci dall'estero dell’ottima Carmen trovo, a commento di un intervento di Ambrose Evans Pritchard sul ritorno alla dracma (tema sul quale vi segnalo le parole di buon senso dell'Economist) questa sparata di un lettore:

Non saranno certo i dipendenti pubblici ad aver rovinato la Grecia (i numeri presentati da Bagnai parlano chiaro). Sono dati altrettanto incontrovertibili, comunque, il Debito Pubblico che è esploso e la bilancia corrente che è crollata dal 2000 in poi: molti greci hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità!

Io vengo da una famiglia che mi ha insegnato 2 cose:

1° i debiti si fanno se si ha la (quasi) certezza di ripagarli con il risparmio futuro.

2° per rispamiare devi avere un reddito adeguato che ti assicura solo se sei in gardo di assicurarti un lavoro (superandi, ma questa è una mia aggiunta data dall'esperienza, la voglia di spendere il tempo in modo differente). Forse molti in Grecia, negli anni scorsi, hanno pensato che qualcuno avrebbe pagato per loro?

“Pater, dimitte illis, non enim sciunt quid faciunt” (Luca, 23-34).

Perché questa sequenza di ovvietà moralistiche, che ci sentiamo ripetere da giornali, “economisti” e, naturalmente, dai nostri lettori, si basa sull’ignoranza più bieca della realtà dei fatti. Ignoranza che, ovviamente, nel caso degli “economisti” è colposa o dolosa.

La visione che si tende a diffondere è questa: i greci (come gli italiani) avrebbero dilapidato i benefici conseguiti con l’entrata nell’euro, benefici rappresentati dal calo dei tassi di interesse. A sostegno di questa tesi si mostrano normalmente i grafici riferiti al costo medio del debito pubblico, che manifestano una convergenza impressionante:

 

 Nel caso della Grecia, questa convergenza si è riflessa, ovviamente, in un calo della spesa per interessi sul debito pubblico:

 

 Fra il 1995 e il 2002 la spesa per interessi (spezzata celeste) è scesa di ben 6 punti, e il governo greco ha mantenuto un surplus primario (cioè al netto degli interessi). Lo si vede dalla spezzata violetta, che è sotto lo zero (un disavanzo negativo, ovviamente, è un surplus). Certo, dal 2000 il surplus primario si riduce, poi ridiventa un (moderato) disavanzo a partire dal 2003. Il grafico mostra bene che se il governo greco avesse mantenuto un surplus primario intorno fra i 3 e i 5 punti, sarebbe riuscito abbastanza rapidamente ad azzerare il fabbisogno complessivo (linea rossa). Può aver fatto male a non farlo, e ci possono essere tanti motivi per i quali non lo ha fatto (inclusa la necessità di effettuare politiche anticicliche in seguito alla recessione del 2000-2001, e la “necessità” di acquistare da Francia e Germania ingenti quantitativi di armi), ma di questo parliamo un’altra volta. Quello che vorrei ribadire è che lo scoppio della crisi, qui come in Italia, ha poco a che fare con il debito pubblico, perché questo era sì alto, ma lo era da sempre, e, se pur non in calo come in Italia, se pure non sotto al 40% del Pil come in Irlanda e Spagna, era però stabile.

Quello che ha fragilizzato la situazione della Grecia (e della Spagna, e del Portogallo, e in modo analogo dell'Italia) è l’esposizione verso i creditori esteri, esposizione che ha riguardato soprattutto il settore privato. Lo illustrano bene le tendenze riportate in questo grafico:

 

La Grecia era riuscita a stabilizzare il proprio rapporto debito pubblico/Pil, fino allo shock recessivo determinato dalla crisi dei subprime (2007) e dalla crisi Lehmann (2008). Certo che uno dovrebbe agire prudentemente in tempi tranquilli, riducendo la propria esposizione, e certo che lo Stato greco non lo ha fatto. Ma è anche evidente dalla Fig. 3 che il dato più impressionante è l’esplosione del debito delle famiglie, fortemente correlata all’aumento delle passività lorde verso l’estero. In altre parole, il debito greco era ed è soprattutto debito del settore privato (famiglie e imprese) con creditori esteri. Debito privato del quale nessuno parla, perché ovviamente fa comodo attribuire tutta la responsabilità allo Stato e ignorare il comportamento del settore privato, che deve essere mantenuto immune da qualsiasi biasimo.

Nel caso della Grecia un po’ di biasimo credo invece lo meriti. Chi non è così ingenuo da non rendersene conto aggiunge però, come il lettore sopra, che la responsabilità sarebbe stata dei privati cittadini e imprenditori greci, che avrebbero “vissuto al di sopra dei propri mezzi” (una frase così bella e rassicurante da pronunciare). Nell’attribuire tutte le colpe ai consumatori greci, si dimenticano due cose:

che l’informazione, fra debitore e creditore, è asimmetrica, e che il creditore ha la responsabilità di effettuare un minimo di screening dei prestiti che eroga;

che le grandi banche tedesche avevano un notevole incentivo a prestare alle famiglie e alle imprese greche.

 

La responsabilità delle banche

Il primo punto è sufficientemente ovvio. Chiunque di voi abbia chiesto un mutuo in Italia sa quanto esigenti e scrupolose siano le banche italiane nel concederlo. Di fatto, quelle tedesche lo sono state molto meno. Abbiamo visto in un post precedente che tutti gli indicatori macroeconomici accettati e validati dalla letteratura scientifica internazionale mostravano fin dal 2000 che la Grecia era sull’orlo del collasso. La vera domanda rimane quindi non perché i greci abbiano chiesto prestiti, ma perché i tedeschi li abbiano erogati.

 

Gli incentivi delle banche

La riposta è semplice: perché gli conveniva.

Voi mi direte: “Ma come? Scusa, brutto fesso, i tassi di interesse erano perfettamente equalizzati fin dal 2000! Perché mai un creditore tedesco avrebbe dovuto prestare soldi al governo greco, a parità di tasso di interesse, sapendo in più che correva un rischio?”

E io vi risponderò: “Ma caro, ti ho appena fatto vedere che non è il debito pubblico a essere cresciuto, ma quello privato...”

E tu: “ Sì, va bene, peggio ancora: un privato offre meno garanzie. E comunque i rendimenti erano gli stessi.”

E io: “Ecco, caro, no, qui c’è qualcosa che ti hanno tenuto nascosto. Non ci vuole molto a tenerti nascoste le cose, sai, caro. Vediamo però come reagisci se uno te le mostra.”

Quello che non sapete, e forse non dovete sapere, è che nel mercato finanziario dell’età dell’euro, perfettamente integrato, non tutti i tassi di interesse erano livellati. A una banca tedesca conveniva molto più prestare a un cittadino greco che a un cittadino tedesco. Non ci credete? Ecco i grafici dei tassi di interesse sui prestiti alle famiglie (IMF, serie 60PHSZF... delle International Financial Statistics, edizione dicembre 2010. La fonte non fornisce dati confrontabili prima del 2003, ma ci interessano anche poco, perché a me interessa farvi capire perché è esploso il debito privato nel primo decennio di questo secolo):

 

 Nell’età dell’euro una banca tedesca guadagnava in media 4 punti in più di interesse prestando a un cittadino greco. Perché? Ma per tanti motivi, incluso il fatto che siccome in Grecia l’inflazione era più alta (e nessuno se ne preoccupava) rimanevano più alti i tassi nominali (intorno al 13% anziché al 9%). Direte: “be’, ma allora il guadagno della banca tedesca viene eroso dall’inflazione, non è mica così conveniente!”. Siete proprio di coccio... Intanto, anche correggendolo per l’inflazione, il differenziale rimane alto (2.4 punti in media). Ma, soprattutto, i prestiti erano in euro, gli interessi pagati in euro, e la banca poi se li riportava, se voleva, in Germania, no? Dove i prezzi non crescono... Chiaro?

Guardatevi gli spread sui prestiti a famiglie, imprese e Stato (sempre International Financial Statistics, per le imprese la serie è la 60PCSZF...):

 

Chiaro, no? Lo spread sui titoli di Stato, quello in verde, quello del quale tutti vi parlano, effettivamente era esiguo. Per lo Stato le cose si mettono male dal 2007 in poi, per i noti motivi. Ma per i creditori tedeschi le cose si erano messe piuttosto bene fin dall’inizio, direi, soprattutto se decidevano di prestare alle famiglie.

 

La contraddizione degli omodossi

Gli economisti omodossi o prekeynesiani che dir si voglia vengono a raccontarci che il problema è la produttività, che bisogna produrre, lavorare di più, svegliarsi all’alba, tirare notte a produrre, produrre, produrre. Se qualcuno chiede: ma a chi vendiamo? La risposta è: l’offerta crea la propria domanda.

Sarà... Prendiamola per buona...

Ma allora vale anche nel caso dei prestiti, giusto? Non sarà un po' vero anche qui che è l'offerta di prestiti (da parte delle banche) a creare la domanda (da parte dei cittadini)? E allora perché ci dite che qui la colpa è solo della domanda? Cioè: perché ci dite che la colpa è delle cicale greche che non sapevano che sarebbe arrivato l’inverno. Vogliamo prendere almeno in considerazione quella che a me sembra l’ipotesi più plausibile, cioè che l’offerta di prestiti da parte di banche desiderose di collocare ingenti eccedenze finanziarie (risultato di surplus commerciali drogati dall’euro), abbia in qualche modo (attraverso strategie di marketing, attraverso il naturale desiderio di “recuperare posizioni” da parte di cittadini di un paese relativamente meno avanzato, attraverso la percezione del costo reale del debito distorta da un tasso di inflazione elevato, ecc.), abbia, dicevo, favorito la “domanda”? Che siano cioè state le banche, che sapevano che esisteva un rischio, a indurre i cittadini e le imprese greche a indebitarsi, perché ci guadagnavano, e perché sapevano che tanto alla fine i loro Stati (Germania, Olanda, Belgio, Francia) ci avrebbero messo una toppa, o avrebbero costretto il governo greco a farlo. E questo è il solito meccanismo della crisi fotocopia, descritto così bene da Roberto Frenkel: imposizione (dal Fmi o dall’“Europa”) di un tasso di cambio sopravvalutato, innalzamento degli spread, arrivano i capitali, fanno profitti, li rimpatriano, e poi se ne vanno lasciando le macerie, o comprandosele a prezzo stracciato. Salvo il caso che qualcuno non ci stia, come in Argentina. Leggetelo Frenkel, cari, leggetelo. Se avete problemi con l’inglese ditelo, che ve lo traduco.

In altre parole, amico caro, so che è più difficile e meno rassicurante da dire, ma... non sono stati i cittadini greci a vivere al di sopra dei propri mezzi. Sono state le banche tedesche a farlo, sapendo di poterlo fare, perché alle brutte i loro mezzi sarebbero stati i nostri, come i fatti stanno dimostrando. Non sono stati i cittadini greci a pensare che qualcuno avrebbe pagato per loro: sono state la banche tedesche a sapere che qualcuno avrebbe pagato per loro. Tu (caso mai non te ne fossi accorto). I cittadini greci, loro, potevano anche illudersi di farcela, perché possiamo anche concedergli, visto che anche tu tante cose non le sai, che loro non capissero che la crescita che stavano sperimentando era drogata dal capitale estero. Ma le banche, i pusher, che stavano vendendo droga lo sapevano.

Se hai capito, chiedi scusa ai greci. Se non hai capito, capirai quando toccherà a te. Perché ti toccherà, nonostante quello che ti hanno insegnato il tu’ babbo e la tu’ mamma (semper certa). Cordialmente (ma solo perché so, come diceva Lui, che non è colpa tua).

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