Haavelmo e la crescita impossibile nel 2014
Francia, Italia e la recessione "competitiva"
di Quarantotto
Come suggerito da Arturo , laddove si vede incidenza di competitività di prezzo e dei tassi di cambio reali. Come dire: l'euro in sè.
La Francia è messa malino per il futuro immediato? Di più, a rigore, la Francia non ha un futuro nell''euro, dato che attualmente è impegnata, con Hollande in piena "svolta Hartz" , a correggere lo squilibrio delle partite correnti con l'uccisione della domanda interna. Come dire che si piegano alla Merkel mentre fanno la voce grossa con Putin. Ma come si fa quando ci si priva della domanda estera, grazie al cambio folle dell'euro (tranne che per la Germania) e non si può ricorrere alla domanda pubblica? Non si fa.
Il fatto è che questo problema è generale in UEM.
E ce lo dicono sia alla BCE che alla Commissione UE: solo che per loro non cambia nulla, mentre cambia molto per i popoli coinvolti...che è l'ultima delle loro preoccupazioni. E infatti la BCE azzarda mirabolanti previsioni di crescita dell'Eurozona che non stanno nè in cielo nè in terra.
E, con riguardo alla situazione italiana, quella "vera", che non può essere cambiata neppure lontanamente con nessuna delle cose oggi messe sul tappeto dal governo, i crudi dati di Commissione e BCE significano recessione 2014, come avevamo anticipato
La presunta crescita italiana dipendeva dalla difficile confluenza di alcuni fattori che abbiamo così elencato
"Un paper Bankitalia del luglio 2013 , ci fornisce dei dati che si rivelano, ora più che mai, alquanto "crudi": in effetti, tutte le previsioni effettuate erano sottoposte a "condizioni" e perciò espresse al condizionale in relazione ad tendenze che, a distanza di sette mesi, non si stanno realizzando.
- se un miglioramento (relativamente) consistente saldo attivo delle partite correnti appare via via irrealizzabile;
- se la disoccupazione risulterà inevitabilmente crescente, alla luce dello stesso "non avveramento" delle condizioni sperate indicate da Bankitalia,
Prendiamo casa nostra. Il rilancio (miserello) del nostro Pil dovrebbe dipendere pressoché interamente dalla domanda domestica, che nel 2014 dovrebbe cresce di 0,3 punti e nel 2015 di 1,3. In gran parte tale domanda è privata, visto che spesa del governo si presume ancora negativa per 0,6 punti nel 2014 e positiva per 0,4 nel 2015. Il contributo dell’export netto è previsto in calo dai 0.9 punti del 2013, agli 0,2 del 2014, fino allo 0 tondo del 2015. Qualcosina dovrebbe arrivare dagli investimenti. Insomma, pure per l’Italia lo sprint mercantilista è finito (leggi crescita guidata pompando l’export e comprimendo l’import) ma non abbiamo le munizioni per fare quello che farà la Germania, ossia pompare la domanda interna. Anzi, ci aspetta altra austerità.
...Cosa ci raccontano queste previsioni? Che il riequilibrio dell’eurozona è ancora lungi dall’esser completato. I paesi più fragili devono ancora giocare la carta mercantilista (quindi compressione delle importazioni e pressione per esportare di più, tramite aumento della competività), mentre quelli più ricchi, o semplicemente più blasonati come la Francia e, nel suo piccolo l’Italia, possono (o devono) puntare di più sul mercato interno perché non sono abbastanza flessibili per gareggiare con i PIIGS. Per loro, insomma, ma finirà così anche per noi, serve ancora una robusta dose di medicina tedesca per risanarsi e un bel po’ di tempo.
Non pare proprio possibile.
Infatti, la correzione interna operata per non riespandere le importazioni implica inevitabilmente la contrazione prolungata dei consumi in un rapporto superiore all'unità, come abbiamo visto più volte.
Ma questa contrazione dei consumi sarà addirittura accentuata da misure ipotizzate come la riforma del mercato del lavoro (flessibilità in uscita) in fiscalità con "pareggio di bilancio" (quindi senza prospettive di nuovi investimenti e occupazione), che ad altro non mira che alladeflazione salariale reale e, in verità, anche nominale. Cioè ad una riduzione del reddito disponibile e quindi dei consumi e dell'intera domanda interna.
Ed infatti: la domanda pubblica 2014, dandosi concordemente atto di una correzione negativa dello 0,6 (peraltro reputata insufficiente dalla stessa Commisione e recentemente da Olli Rehn) inciderà sulla domanda-PIL per 0,9 punti, applicando un moltiplicatore fiscale persino prudenziale , che la Commisisone continua a ignorare.
Vi osta...Haveelmo . Infatti, esso verrebbe realizzato con equivalenti tagli della spesa pubblica, se non addirittura con imposizione patrimoniale straordinaria.
Rispetto ai tagli, lo sgravio contributivo, infatti, agisce incrementando la domanda esattamente in misura della metà della contrazione provocata dai tagli stessi. Come ha confermato lo stesso Fm quando la recessione non era ancora a questi livelli di durata).
Quindi una fiscalizzazione degli oneri sociali "in pareggio di bilancio", (aggiuntiva), per 10 miliardi porta ad una contrazione del PIL esattamente equivalente: cioè a un -0,6, almeno.
Per compensare questa misura di domanda negativa occorrerebbe, almeno per non essere ancora in recessione, un attivo del CAB almeno pari.
Ma abbiamo visto che la fiammata mercantilistica italiana sarebbe giunta al capolinea: e i rimedi offerti non paiono minimamente "idonei". Altro che rilancio della domanda interna, occorrerebbe altra deflazione salariale e probabilmente è questo che si vuole ottenere, agendo nominalmente sullo sgravio contributivo, ma su un numero di occupati in ulteriore diminuzione.
Anche nella presunta ibridazione tra mercantilismo e rilancio presunto della domanda interna - una specie di terza via tra PIGS e Germania che noi, al pari della Francia (v.grafici sopra), non siamo realisticamente in grado di seguire, nel paradigma €uropeo attualmente incontestabile- la recessione derivante dalla linea dei "compiti a casa spontanei e per i nostri figli", dovrebbe finire a 1,3 punti.
Il che renderebbe drammatico e insostenibile l'aggiustamente a quel punt necessario per applicare il fiscal compact con la manovra di fine anno per il 2015.
E attenzione: non ho scontato gli effetti della propensione marginale al consumo della imposizione patrimoniale , straordinaria o a regime, che si vuole inasprire comunque.
In quel caso, a seconda del volume dall'inasprimento, le conseguenze sui consumi (ma anche sugli investimenti: col risparmio divenuto negativo e agli attuali costi del credito?) sarebbero ancora più negative.
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