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“Dialectics of liberation”

di Elisabetta Teghil

La fase dell’attuale modo sociale di produzione, il neoliberismo, è lo stadio del capitale nella sua dinamica auto espansiva, caratterizzato dalla guerra fra gli Stati e fra le multinazionali per la ridefinizione dei rapporti di forza, che vede all’offensiva le multinazionali anglo-americane e i loro rispettivi Stati. Questi, usati come braccio esecutivo, in attesa che gli USA diventino lo Stato del capitale. Lo aveva già previsto Stokely Carmichael, nel luglio del ’67, nel Convegno di Londra “Dialectics of liberation”, per il quale l’occidente avrebbe teso in futuro a identificarsi e/o a subire lo strapotere egemonico degli Stati Uniti e la contrapposizione non sarebbe stata tanto tra l’occidente e il terzo mondo, quanto fra gli USA e il resto del globo.

I popoli del terzo mondo, in questo processo, sono destinati ad essere schiacciati e a rivivere le pagine più nere del colonialismo.

La borghesia transnazionale acquisterà i tratti e i connotati di una nuova aristocrazia.

La restante parte della borghesia sarà ricondotta al ruolo di servizio che aveva prima della rivoluzione francese.

I paesi europei non sono in grado di resistere e/o di ostacolare questo processo. Ma, siccome c’è spazio solo per una super potenza e una multinazionale per settore, lo scontro finale avrà i caratteri di una resa dei conti particolarmente cruenta.

Per noi materialisti questo è l’ “Armageddon” che ci aspetta.

Le condizioni del capitalismo, al massimo livello di sviluppo, vengono assunte a modello ideale di ogni altra forma passata e contemporanea europea e non europea, borghese e non borghese, di sfruttamento e di alienazione dei lavoratori.

L’individuo non esiste più, la stessa personalità è rappresentata solo come adeguamento ad un modello uguale per tutti. La stessa borghesia, così come l’abbiamo conosciuta, tende a scomparire, dove non è già scomparsa. Grazie alla proprietà dei mezzi di produzione e alla relativa autonomia economica, aveva conquistato le connesse libertà politiche, intellettuali e culturali. La condizione di non libertà che era la condizione dei proletari, degli oppressi/e, è oggi la condizione della quasi totalità degli esseri umani, è la sostanza e l’essenza dell’odierno vivere. Essere borghesi, nella stragrande maggioranza dei casi, esclusa l’iper borghesia, non è più una zona di privilegio. Oggi una minoranza della borghesia stessa, quella che abbiamo definito iper borghesia, tiene soggetta la maggioranza dei cittadini/e grazie al controllo della produzione e al connesso potere politico, scientifico, ideologico.

Ciò che era nato come occasione di libera iniziativa e autonomia dell’individuo, sia pure riservato alla sola borghesia, si sta concludendo nella programmazione omologante sempre più generale, nella predeterminazione del comportamento di ciascuno, nella più radicale esclusione della libertà che si sia mai verificata, giacché il condizionamento avviene all’interno della stessa coscienza individuale.


Da tutto questo ne consegue un rovesciamento nello sviluppo del capitalismo rispetto all’approccio e all’approdo.

Oggi ci troviamo in una situazione reale che appare radicalmente nuova rispetto alle formulazioni “ideali” della borghesia. Pertanto gli oppressi/e, compresa la piccola e media borghesia, si trovano a combattere il nemico ,declinato in parole semplici, l’iper borghesia, e lo Stato del capitale, gli USA, a mani nude sul piano della scienza e dei valori teorici così come lo sono sul piano del potere e della proprietà.

La fase attuale è quella del dominio reale del capitale, e la tendenza è ad esserlo sempre di più. Il capitale non solo è metabolismo sociale, ma in questa fase sostituisce tutte le forme di organizzazione sociale proprie ed altre, in un processo di sottomissione di tutta la vita ai propri bisogni di auto valorizzazione.

Il capitale sussume tutto il corpo sociale ai suoi meccanismi, tendendo sempre più a farsi società e presentando quest’ultima, la società del capitale, come l’unica società possibile imponendosi in ogni piega dell’esistente individuale e collettivo.

Il capitale, in quanto rapporto sociale, diventa società, mentre lo Stato si fa carico di assumere, legittimare, promuovere e difendere tutte le relazioni di dominio del capitale stesso. Pertanto sottopone a comando e a controllo preventivo e repressivo tutti i nodi in cui si produce antagonismo sociale. Da qui ogni ipotesi rivoluzionaria non può che incardinarsi ed approdare alla conclusione che si deve porre fuori e contro di esso in quanto affermazione della vita sulla morte, dell’attività creativa sulla merce.

Porsi fuori e contro la società del capitale a partire dal rifiuto della sua ideologia al fine di far valere la volontà di riscatto e di liberazione degli oppressi/e. Una pratica di riappropriazione e soddisfazione dei propri bisogni, fuori e contro il lavoro salariato, i ruoli, la meritocrazia, le gerarchie….. sapendo che dovremo fare i conti con il riformismo e la socialdemocrazia tutti tesi ad amministrare l’oppressione delle donne, dei lavoratori, dei popoli del terzo mondo….. Infatti, sono soprattutto riformisti e socialdemocratici che premono maggiormente per le “riforme”, parola di cui hanno stravolto il significato originale, per ridefinire i rapporti lavorativi, lo Stato sociale ,il sistema giuridico mentre spetta a noi praticare direttamente i nostri bisogni reali con la consapevolezza della portata liberatoria che questo ha nei confronti dei miti volutamente fallaci e fuorvianti della legalità e della non violenza.

Mentre si infittiscono i queruli richiami alla non violenza e alla legalità, lo Stato supera questi limiti e abbatte le ultime apparenze della sua “democrazia” ed intere aree sociali e geografiche si trovano prive di ogni “garanzia”, occupate, rastrellate, perquisite, represse.

Una simile guerra il capitale non può combatterla solo militarmente, con i soli corpi “separati” dello Stato. In questa guerra vengono esaltate le funzioni ideologiche dei Think Tank, dei Troll, delle prefiche della non violenza, delle vestali della legalità e delle “guerre umanitarie” nonché dei partiti e partitini socialdemocratici.

Tutte queste figure supportano le funzioni poliziesche di snidare e annientare gli oppressi che si organizzano, ghettizzandoli e demonizzandoli e ,attraverso questo, immunizzando gli oppressi/e tutti/e.

I socialdemocratici hanno rinunciato al loro compito storico di intendere la politica come arte della mediazione e del compromesso e sono diventati i missionari del verbo neoliberista in partibus infidelibus.

Noi vogliamo invece essere dentro gli infiniti processi individuali e collettivi per farli rivivere come un processo unico di liberazione.

I riformisti si trovano a loro agio in questa società a cui vendono la loro testa e il loro cuore in cambio di promozione sociale personale a danno anche di tutti e tutte quelli/e dalle cui file provengono.

Noi non ci stiamo ,non abbiamo nessuna intenzione di renderci complici del riportare gli oppressi/e… le donne…le diversità.. i neri/e….al loro posto, del perpetuare gerarchie, ruoli, sistemi di lavoro che sono quelli che caratterizzano questa società. Paradossalmente, sembrerebbe una contraddizione ma tale non è, nel momento in cui i riformisti si fanno Stato, la legalità diviene patrimonio portante dei partiti e dei partitini socialdemocratici e la condotta antisociale ,anche quella della sfera comportamentale che non veniva assunta come giuridicamente rilevante, è soggetta al sistema punitivo e condotta dentro i canoni della criminalità generica, e tanto più tutto ciò vale per la militanza politica.

E le teoriche/i e le piazziste/i della non violenza e della legalità così come i partiti e partitini socialdemocratici, diventano vere e proprie figure istruttorie nel concorrere nella definizione della pericolosità del soggetto. Il potere esecutivo, giuridico, poliziesco ha le sue protesi politiche ramificate dentro il corpo sociale riottoso all’omologazione e alla subordinazione.

E’ un proliferare di figure nuove , dall’esperto che riduce tutto ad un caso singolare che va studiato, dal giornalista che suona la carica,dal dirigente del partito socialdemocratico al bonzo della triplice che dà il suo assenso preventivo al giudice a cui detta per certi versi la motivazione della condanna.

Da questo punto di vista, scontiamo un grave ritardo, quello di non aver fatto i conti con l’humus in cui è nato il 7 aprile a Padova. L’avviso di garanzia, da strumento di tutela dell’imputato ,è diventato un giudizio preventivo. L’immunità parlamentare da difesa della minoranza è un’occasione di manifestazione di forza della maggioranza. Si assiste ad un uso/abuso delle denunce e condanne per sovversione, associazione , saccheggio e devastazione…. che non sono altro che modalità di repressione di ogni forma di antagonismo. E’ stata sdoganata come valore la delazione, la corsa al successo comunque. Nella società gli individui si sono trasformati nelle tartarughe appena nate che devono correre il più velocemente possibile verso il mare per sopravvivere.

E’ stata solleticata la parte peggiore della società e ne sono stati smossi i fondali melmosi. E’ stato scardinato il principio della separazione dei poteri.

Tutto è chiaro, però, come mai in passato.

Il blocco sociale che, allo stato attuale, va dalla media borghesia ai sottoproletari, deve difendersi da chi vuole ridurlo o mantenerlo, in uno stato di oppressione, l’iper-borghesia.

La dislocazione territoriale decentrata delle attività produttive dall’Italia e dai paesi occidentali a quelli del terzo mondo, con l’obiettivo di indebolire la base contrattuale della classe operaia nei paesi occidentali, nonché attuando lo sfruttamento intensivo degli operai nei paesi dove vengono insediate le grandi concentrazioni produttive, conferma che non ci sono effetti negativi non previsti e situazioni di crisi non preventivate, ma tutto fa parte di un unico progetto.

Contemporaneamente si ottiene il risultato di tagliare drasticamente la capacità di acquisizione di reddito attraverso lo strumento del salario. Man mano che si attua il processo di riconversione industriale il lavoro marginale, che prima era fonte aggiuntiva di reddito o tappa verso il lavoro garantito, si allarga a dismisura.

La caccia all’evasore fiscale ,l’imposizione di un sempre maggior numero di balzelli, sempre più esosi per il cittadino/a, le campagne sulla legalità e la non violenza, la distruzione delle conquiste inerenti allo Stato sociale, la destrutturazione del mondo del lavoro, l’annullamento delle differenze tra forze di polizia, servizi di sicurezza e forze armate, sono le tappe di un processo di trasformazione dello Stato in senso terroristico.

Terrorismo di Stato e terrorismo riformista sono la prospettiva storica verso la quale il capitale tende, attraverso la quale ripropone il proprio regime di sfruttamento.

La distruzione della piccola proprietà,in maniera particolare di quella contadina, nei paesi del terzo mondo , che ha provocato il fenomeno dell’inurbamento ed ora l’esodo biblico verso le fortezze occidentali, conferma l’impianto ideologico e la scelta di fondo del capitale e le conseguenze sono messe in preventivo dal neoliberismo.

Pertanto la strategia terroristica del capitale è divenuta la forma costruttiva del dominio. Non più una politica legata a determinate persone o partiti, ma una condizione scelta per la riproduzione del rapporto di produzione capitalistico.

Intanto avanza rapidamente il processo di adeguamento della sovrastruttura politica alle esigenze del capitale nella stagione neoliberista .Qui in Italia, il Pd è parte fondante di questo processo e si offre, altresì, con il concorso dei partitini –satellite, come costruzione del consenso. Quello che sta accadendo è la crisi dell’alleanza tra l’iper-borghesia che potremmo chiamare altrimenti borghesia imperialista, e la borghesia burocratica o di Stato e la media e la piccola borghesia.

La riduzione del ruolo delle classi intermedie è accompagnata da un ridimensionamento altrettanto grande del loro peso economico.

L’iper borghesia tende ,quindi, a definire nuovi sistemi di consenso non più basati sullo Stato sociale, su una distribuzione della ricchezza “attenta” ai bisogni dei cittadini e delle cittadine,e, magari, su un consenso basato su un sistema clientelare e consociativo.

Nello specifico attuale, il così detto polo riformista, progressista, socialdemocratico, oggi imperniato sul PD, ha emarginato il polo conservatore proponendosi come puntello al governo dei banchieri e delle multinazionali, altrimenti privo di qualsiasi base elettorale e di qualsiasi legittimità politica.

In questo contesto è fondamentale l’apporto dei partiti e partitini della così detta sinistra che si prestano a far apparire come nemico principale dei lavoratori la frazione di borghesia nazionale perdente, leggi Berlusconi.

Occorre scardinare la logica che tende a separare la crisi economica dal processo stesso di produzione capitalistico, la logica che rimanda sempre a fattori esterni o transeunti. Per cui l’iper borghesia si presenta come vittima della situazione. I media usano il malcontento popolare per trasformarlo in consenso verso il PD e quest’ultimo, aiutato dai partitini così detti radicali, indirizza la rabbia verso i corrotti ,gli incapaci, gli evasori fiscali, i fannulloni, i falsi invalidi…..E’ omesso che la produzione capitalistica è essenzialmente produzione di plusvalore e trasformazione di quest’ultimo in profitto.

Il processo di pauperizzazione nei confronti di un numero sempre più crescente di cittadini/e, ha ampliato il fronte degli oppressi, allargando a dismisura i luoghi dello scontro, dalle fabbriche al territorio, dalla casa alla salute, all’istruzione.

Per rimanere in Italia, l’imposizione da parte dell’iper borghesia o borghesia imperialista, della propria valorizzazione come priorità assoluta, determina la rottura del patto sociale e la necessaria ridefinizione degli assetti istituzionali. Nel contempo, esplicita le contraddizioni interne alla borghesia, amplificate in un paese storicamente a sovranità limitata. Per questo il quadro politico istituzionale, così come lo conoscevamo, sta per essere spazzato via e per essere sostituito dal processo di concentrazione del potere reale nelle mani dell’iper borghesia.

Da qui il ruolo di partiti e partitini, così detti di sinistra, di presentare la ristrutturazione borghese come un problema di tangenti, di moralità e di guerra alla mafia.

Nella stagione in cui non si usano più i mezzi economici per sollecitare il consenso, si ricorre sempre di più alla mobilitazione delle masse in funzione reazionaria, all’opinione pubblica moralista e acritica contro la mafia, contro il proporzionale, contro l’immunità parlamentare, contro gli evasori fiscali…In un quadro di scomposizione di classe così forte e lacerante, si riapre, allo stesso tempo, concretamente, la prospettiva della ricomposizione di classe, un processo di ricostituzione e di ricomposizione politica all’altezza della situazione che si va determinando.

E’ la forma politico-giuridica Stato-Nazione che, se pur lentamente,con resistenze, sta scomparendo per far posto ad una forma sovra-nazionale di comando non solo economico, ma anche politico- istituzionale- militare.

E’ in questa prospettiva che vanno letti gli avvenimenti degli ultimi mesi e il posizionamento dei partiti. Allora è chiara l’inconsistenza della lettura che mistifica il tutto riducendolo ad una questione di funzionalità dello Stato, di corruzione o di evasione fiscale. Queste posizioni non sono errori ma vere e proprie operazioni fraudolente tese a dividere i cittadini/e, lavoro dipendente contro lavoro autonomo, classe operaia contro pubblico impiego, italiani contro immigrati, uomini contro donne, “normali” contro “diversi”..

Occorre rompere la compatibilità del sistema capitalistico –patriarcale. Il territorio può essere il luogo della ricomposizione e delle alleanze di tutti i gruppi sociali colpiti dalla crisi.

La distruzione dello Stato sociale, delle conquiste del lavoro, la messa alla disperazione di milioni di italiani/e, chiarisce molto bene il carattere oligarchico, autoritario e reazionario dell’iper borghesia che non si limita, come nel passato,a scaricare le conseguenze delle proprie scelte sui lavoratori, ma oggi,dopo aver ridotto i profitti delle altre fazioni della borghesia, mette mano ai loro risparmi e alle loro proprietà.

E’ in questa stagione che l’iper borghesia trova alleati i riformisti che presentano tutto come un problema di etica, di ingegneria istituzionale, di democrazia diretta (primarie) , di corruzione, di mafia e di evasione fiscale. Non è casuale che la stessa persona possa passare, indifferentemente,dal fare il magistrato impegnato nella lotta contro la mafia, al guidare un cartello di partitini si sinistra e al dichiararsi disponibile a dirigere l’Agenzia per le riscossioni in Sicilia.

E’ in questo contesto che bisogna leggere le vicende degli ultimi spezzoni dell’industria pubblica,tutte tese a creare le premesse, magari arrestandone i vertici,della loro privatizzazione, maniera elegante per dire della svendita alle multinazionali anglo-americane.

L’ultima frontiera è il ruolo di ascaro dell’esercito italiano che, nell’ambito della Nato , partecipa alle varie guerre neocoloniali in giro per il mondo, spacciate per guerre “umanitarie”, con la strumentalizzazione dei diritti umani e della difesa delle donne che vede in prima fila gli stessi/e che hanno votato a suo tempo l’istituzione e l’introduzione in Italia dei Cie.

Guerre “umanitarie” nel corso delle quali viene commessa ogni forma di barbarie, ogni tipo di crimine, però chi le promuove si arroga il diritto di giudicare chi resiste e ne condanna ipocritamente alcuni aspetti odiosi, compresi gi stupri, e si autoassolve in partenza. Come uno sciacallo si nutre della disumanizzazione di un numero crescente di vittime minacciate da quei crimini che finge di combattere. Il crollo delle Nazioni Unite consumato nei Balcani non permette più alcuna illusione. I tribunali penali internazionali, le leggi internazionali sono ghetti minacciosi in cui rinchiudere l’Altro e attraverso la sua condanna, autoassolversi.

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