Una nuova Storia alternativa della Filosofia
di Salvatore Bravo
L’ultima fatica di Costanzo Preve fu Una nuova Storia alternativa della Filosofia del 2013, un’opera voluminosa nella quale è ricostruita la storia della filosofia secondo il paradigma dell’ontologia dell’essere sociale. L’opera è la configurazione netta e senza sbavature del suo percorso di ricerca. In essa l’ontologia dell’essere sociale non solo prende forma nella chiarezza dei principi, ma si traduce in rielaborazione razionale e sistematica della storia della filosofia. La filosofia è il katechon contro il dissolvimento della comunità assediata dall’interno dalle spinte crematistiche, pertanto la storia della filosofia è testimonianza razionale del “compito eterno della filosofia”. Essa ha l’arduo scopo di definire la natura umana nel suo sinolo di materia (storia) e forma (natura umana) e di testimoniarne la sua esistenza nella storia con i suoi bivi e con le sue trasformazioni. La filosofia è dunque pensiero dell’eterno che si materializza nella storia. La natura umana e la verità non si possono dissolvere con i mutamenti repentini o lenti delle vicende storiche, esse permangono in forme nuove e storicizzate che non obliano il fondamento ontologico della natura umana. La filosofia non è “cupio dissolvi”, ma concetto che definisce la natura umana e ha il fine teoretico di difenderlo dalle forze nichilistiche. La nuova storia della filosofia di Costanzo Preve, non vuol essere nuova nel senso postmodernista, ma è “nuova” rispetto ai processi di attacco e di disintegrazione della filosofia; essa è trasgressiva rispetto a un sistema che vorrebbe ridurre la filosofia a chiacchiera da salotto. La filosofia con la sua visione olistica ha lo scopo di definire il “bene-verità” mediante il metodo dialettico. Essa è prassi, poiché mediante le sue categorie e il suo metodo valuta la conformità del sistema sociale e politico alla natura umana. Costanzo Preve con l’ontologia dell’essere sociale riporta al centro la verità e il pensiero forte (metafisico). Il pensiero non è mai astratto, esso risemantizza la teoretica dei filosofi per poter riaprire i chiavistelli della storia. Tale postura è già comunitaria, la filosofia è dialogo, è logos che cresce qualitativamente nella rete dei concetti comunicati logicamente. Il logos è linguaggio e calcolo dei veri bisogni, il logos è dunque attività teoretica, etica e politica, in quanto “calcola” le condizioni per l’umanizzazione reale e razionale dell’essere umano. É rete sociale e si potenza nello scambio dialogico mediante il quale si riconosce l’alterità e si conosce se stessi.
Ontologia…
Il logos fu centrale nella riflessione di Costanzo Preve, esso fu parte della riflessione teoretica per ringiovanire il mondo ed ebbe al centro tre grandi filosofi: Aristotele, Hegel e Marx.
L’ontologia dell’essere sociale, dunque, per poter oltrepassare la palude del nichilismo e del relativismo, sovrastrutture del capitalismo nella sua fase “assoluta”, si è assunta il fine di ricostruire la relazione tra pensiero ed essere (ontologia). La scissione tra pensiero ed essere è parte dell’immobilismo in cui verso il nostro tempo. La realtà non è concettualizzata e pertanto le strutture economiche e sociali che condizionano scelte, gusti e costumi non sono pensati nella loro verità oggettiva. La derealizzazione è la conseguenza della scissione. Il soggetto in tale cornice diventa oggetto di forze irrazionali, benché si percepisca libero, in quanto si limita a sopravvivere e persegue gli obiettivi che il sistema osanna senza comprenderne la genesi. Non solo il pensiero si frammenta in rappresentazioni irriflesse, per cui l’irrazionalità è la cifra che connota la scissione tra pensiero e realtà, ma la separazione che subentra diviene modo di pensare e di essere. Si è atomi che scambiano la solitudine per libertà. Il soggetto che per natura è logos, è gettato in un sistema incomprensibile e ipostatizzato, pertanto è soverchiato nella sua malinconica solitudine da forze a cui si adatta senza speranza. La percezione della libertà si ribalta in adattamento al sistema che resta incompreso e incomprensibile. L’ontologia dell’essere sociale, indica nel termine ontologia la ricostituzione metafisica di una drammatica scissione che divide il soggetto dalla realtà sociale e lo aliena:
“Il primo grande ciclo storico di ristabilimento ontologico dell’unità fra le categorie del pensiero e le categorie dell’essere è stato caratterizzato dalla successione di tre grandi pensatori profondamente “ontologici”, e cioè Fichte, Hegel e Marx. Possiamo qui trascurare il fatto, peraltro non indifferente, per cui questi tre grandi pensatori si autorappresentavano e si autocertificavano in modo diverso, e cioè come idealista soggettivo Fichte, come idealista assoluto Hegel, e infine come critico materialistico dell’idealismo Marx1”.
Dell’essere sociale
La scissione soggetto-realtà è risolvibile solo nell’essere sociale. Non è un caso se Costanzo Preve ha definito la filosofia come pratica dell’ontologia dell’essere sociale. L’essere sociale è relazione comunitaria che si storicizza. Solo in tale relazione il logos può esplicare il suo passaggio dalla potenza all’atto e concettualizzare mediante il linguaggio la natura umana. La definizione di natura umana comporta la valutazione etica del sistema sociale nella sua conformità al genere. Da tale complessa intelaiatura ontologica e relazionale emerge la progettualità politica. L’ontologia dell’essere sociale esige l’uscita dalla caverna individualistica del desiderio per incontrare l’alterità all’interno della pratica dialogica veritativa, ovvero nel dialogo comunitario il soggetto si congeda da pregiudizi e da preclusioni individualistiche per riportare l’in sé al per sé. Tale attività lo rende realmente libero, in quanto nella parola condivisa la realtà diventa razionale, in quanto è pensata. L’emancipazione è dunque il fine (il bene) della prassi filosofica:
“Dobbiamo ora analizzare il secondo termine, quello di essere sociale. Qui il discorso appare ad un tempo concettualmente più semplice e più bisognoso di analisi plurale differenziata. Una intera parte sistematica dovrà successivamente essere scritta e dedicata ad un panorama analitico dell’attuale capitalismo ed ispirata appunto a questa nozione ontologica di essere sociale, e mi auguro che questo compito possa essere assolto. Per parte mia, in questa sede, mi limito a segnalare i tre aspetti fondamentali di questo essere sociale. Ancora una volta, questa segnalazione può essere fatta soltanto in base ad un metodo contrastivo: l’essere sociale si contrappone ad una visione puramente storicistica e sociologistica, che in quanto tale è di fatto anche nichilistica e relativistica, perché ignora che l’essere sociale ha come presupposto ontologico l’essere naturale dell’uomo, e più esattamente l’uomo come «ente naturale generico» (Gattungswesen), profilo storico-antropologico che lo mette in rapporto con il genere in quanto tale (Gattung), in base ad un rapporto definibile in termini di «conformità al genere» (Gattungsmässigkeit); l’essere sociale ha una sua specificità differenziale che lo separa dall’essere naturale, l’agire teleologico del lavoro come forma originaria (Urform) e modello (Vorbild) della prassi (Praxis), e questa specificità differenziale di tipo ontologico impedisce di parlare, come farà il materialismo dialettico di Engels, Lenin, Stalin, Trotzky e Mao, ecc., di «leggi dialettiche» comuni ed omogenee della natura e della società; infine, l’essere sociale richiede per sua natura ontologica che sia il pensiero (filosofico) che l’essere (sociale e comunitario) vengano esaminati rifiutando il punto di vista individualistico che parte appunto dall’atomo sociale originario come monade dell’intero sociale successivo, punto di vista che già Marx connotò correttamente come «robinsonismo»2”.
La filosofia non è da confondersi con lo storicismo, in cui il marxismo è degenerato, in quanto per lo storicismo l’essere umano è il prodotto della storia, esso è anti-umanesimo conservatore, in quanto l’essere umano è soggetto passivo determinato e mosso dalle leggi della storia. Lo storicismo è una forma di nichilismo, poiché l’essere umano è ente plastico infinitamente determinabile, poiché non ha una natura:
“Lo storicismo rifiuta questa impostazione antropologica ed ontologica, ed attua una riduzione integrale dell’uomo alla storicità. La riduzione integrale dell’uomo alla storicità implica necessariamente la conclusione filosofica che l’uomo è al cento per cento storia, e senza la storia non è nulla, perché la storia è il suo unico fondamento. Parafrasando Lenin, diremo allora che il nichilismo è necessariamente la fase suprema dello storicismo. A sua volta, lo storicismo deve cercare in tutti i modi un criterio di autocertificazione e di autoaccertamento, e poiché non può trovarlo al di fuori di esso (avendo escluso sia Dio, sia la natura umana – e restandogli solo lo scorrere insensato della storia), cerca di trovarlo in se stesso, e generalmente lo trova nel successo o nell’insuccesso dei progetti storici3”.
Il sociologismo è “la creatura” dello storicismo, essa definisce il soggetto sociale a cui spetta l’emancipazione. Il soggetto che ha il fine di condurre l’umanità verso l’escatologia non ha fondamento metafisico, è solo il prodotto profetico e sociale delle leggi della storia. L’ontologia dell’essere sociale diverge dai nichilismi nelle sue forme palesi e criptiche:
“Il sociologismo è quella forma “applicata” di storicismo che aspetta la salvezza dall’azione di un soggetto definito in modo esclusivamente sociologico. Nel caso del marxismo, come è noto, se ne sono date molte varianti diverse, ma tutte basate su di un presupposto angustamente sociologistico. In Karl Marx si è trattato del lavoratore collettivo cooperativo associato, dal direttore di fabbrica all’ultimo manovale, alleato con le potenze della scienza e della tecnica, definite a sua volta dallo stesso Marx con il termine inglese di general intellect”.4
L’ontologia dell’essere sociale è denuncia palese dei limiti dell’ideologia borghese. Il logos connota la natura umana nella sua verità relazionale. L’individuo astratto è rappresentazione ideologica funzionale alla legittimazione della borghesia capitalistica. L’individuo astratto è menzogna, in quanto l’essere umano è relazione sociale, si diventa umani mediante la pratica del logos. L’intero precede la parte. Quest’ultima è sempre in relazione con l’interalità. Il robinsonismo è l’innaturale condizione in cui versa l’essere umano al tempo del modo di produzione capitalistici; è atomistica delle solitudini, in cui l’essere umano perisce, poiché è negato nella sua verità:
“In terzo luogo, l’ontologia dell’essere sociale è del tutto incompatibile con l’auto rappresentazione apologetica che il pensiero borghese fa della propria genesi storica. Questa autorappresentazione apologetica si fonda su di una indebita individualizzazione del soggetto storico, sviluppata gradualmente da Hobbes, Locke, Hume e Smith (non a caso, tutti e quattro inglesi o scozzesi, in ogni caso britannici ed anglofoni), individualizzazione indebita cui si oppose precocemente Hegel, la cui filosofia politica è tutta rivolta contro questa impostazione individualizzante, che poi Marx connotò mirabilmente come «robinsonismo». Sull’analisi di questo cruciale passaggio rimando ovviamente alle specifiche pagine del libro. Questa corrente individualistica di pensiero, tuttavia, non è neppure in grado di costruire un’accettabile ontologia dell’essere individuale, e cioè dell’ente storico moderno specifico. L’essere individuale, infatti, è un’astrazione del tutto artificiale. È vero, e ciò deve essere sottolineato, che nella modernità capitalistica l’essere individuale si rapporta direttamente e senza mediazioni “castali” al genere, e per questo dato ontologicamente irreversibile la modernità non deve essere rimossa e rifiutata con impossibili “ritorni” alla tradizione precapitalistica. Questo dato, di importanza inestimabile, sarà evidenziato perché senza la sua piena comprensione diventerebbe impossibile scrivere un’ontologia dell’essere sociale adatta ai tempi che stiamo vivendo5”.
La filosofia “è il proprio tempo appreso nel pensiero”, l’affermazione di Hegel non può che essere condivisa da Costanzo Preve, in quanto la natura umana si svela nella storia. L’esperienza storica svela la verità, in quanto l’esperienza è concettualizzata, pertanto la scissione tra pensiero ed essere è trascesa. L’alienazione è nella scissione che rende il soggetto estraneo e straniero a se stesso e alla comunità. La ricomposizione della scissione consente il graduale passaggio dall’ideologia alla filosofia. Si è sempre situati in una specifica prospettiva all’interno della struttura economica, ma mediante la razionalità dialogica e la deduzione sociale delle categorie gradualmente ci si può emancipare dalla prospettiva ideologica per approdare alla verità mediante la navigazione tra i marosi dell’ideologia. L’emancipazione è in questo viaggio verso la verità che parte sempre da una posizione ideologica nella quale si può sempre ricadere:
“Il metodo dell’ontologia dell’essere sociale non può che essere un metodo che ha come titolare un soggetto socialmente determinato e non aprioristicamente fondato in modo “eterno” (l’approccio trascendentale ha appunto la funzione di costituirlo in modo programmaticamente destoricizzato e desocializzato), e come oggetto una totalità logico-ontologica (nel senso di Hegel), costruita dialetticamente in modo rigorosamente monomondano (sempre nel senso di Aristotele e di Hegel) e non bi-mondano (nel senso di Platone e di Tommaso d’Aquino). E tuttavia questa totalità logico-ontologica presenta alcune ambivalenze ed alcune difficoltà. Da un lato, infatti, questa totalità è in una certa misura “sferica” e non “piramidale”, e quindi tutti gli elementi che la costituiscono dovrebbero farne parte organicamente in modo non gerarchico (nel senso, grosso modo, della totalità dialettica della Scuola di Francoforte, e di Adorno in particolare). Dall’altro, se ci si colloca all’interno del metodo di Marx (come ha fatto a suo tempo Lukàcs, e come intendo fare io stesso), è impossibile evitare del tutto una concezione “topologica”, cioè caratterizzata spazialmente da un “sotto” e da un “sopra”, il “sotto” della struttura (e cioè dal rapporto all’interno di un modo di produzione determinato fra lo sviluppo delle forze produttive sociali e la natura classista dei rapporti sociali di produzione) ed il “sopra” delle sovrastrutture (forme di coscienza sociale dì tipo ideologico, ecc.). , Non potendo certamente risolvere il problema del rapporto fra la concezione “sferica” e la concezione “topologica” della totalità unitaria dell’essere e del pensiero, nel lavoro futuro ancora da compiere ritengo giusto scegliere la successione di tipo topologico, per cui parto dal “sotto”, e cioè dal basso, per risalire a poco a poco verso il “sopra”, e cioè l’alto delle forme ideologiche6”.
La filosofia non è storicismo e non è sociologismo e non sarà mai l’ancella delle scienze le quali perseguono l’esattezza e non certo la verità. Costanzo Preve ha riportato la filosofia al suo senso profondo liberandola dalle incrostazioni dello storicismo e del sociologismo che ne hanno ridimensionato radicalmente la teleologia e l’hanno resa pallida copia di se stessa. Solo la passione durevole (Bestimmung) ha sostenuto la lotta del filosofo torinese contro gli spettri multiformi del nichilismo, la passione per la verità e per la libertà è la causa dell’ostilità del potere verso i filosofi, in quanto essi testimoniano che è possibile vivere umanamente incarnando i valori comunitari e veritativi dell’umanesimo. La filosofia non è gnoseologia, ma ricerca e attuazione comunitaria della verità nella storia:
“La gnoseologia è infatti il succedaneo della religione per questi professori senza Dio. Dall’altro, esso curiosamente, pur chiamandosi “criticismo”, permette di criticare soltanto l’Aldilà, laddove è una vera macchina da guerra teorica che non permette in alcun modo di criticare l’Aldiquà. Il criticismo, quindi, permette di criticare solo il mondo celeste, mentre non permette di criticare il mondo terrestre, e questo è infatti il motivo del suo successo anche per i prevedibili tempi futuri del breve e del medio termine (sul lungo termine, invece, nutro una moderata speranza sulla vittoria del “buoni”, di cui fanno parte sia Lukàcs sia il sottoscritto)7”.
Comments
L'alternativa è quella in prosecuzione degli studi di Bergson, Whitehead e
Deleuze.
Cordiali Saluti